Dario Fo da piccolo
A Milano giovanissimo, frequenta l'Accademia di Brera. Si iscrive al
Politecnico, che frequenta fino a sette esami dalla laurea. È questo un
periodo di enorme entusiasmo per Fo, il quale inizia a scoprire i rapporti
umani che gli si aprono e che gli crescono intorno.
Studiando architettura, si interessa alle chiese romaniche e rimane stupito
dal fatto che la maggior parte di esse è opera di scalpellini semplici,
ignoranti ed analfabeti. In questo stesso periodo inizia ad improvvisare
storie che lui stesso recita: sono storie il cui obiettivo è rappresentato
dal mettere a nudo le banalità e le idiozie della cultura scolastica. Tutto
ciò ruota su alcuni cardini: l'infrazione alla norma ed al conformismo, la
provocazione del potere, il gusto della sorpresa, ecc.
Nel 1952 conosce Franco Parenti che lo introduce alla RAI, dove inizia una
vera e propria attività di produzione: recita per radio le trasmissioni del
"Poer nano" (al bell'Abele, aristocratico ed educato si contrappone il goffo
fratello Caino che con le sue grosse manone sciupa ogni cosa, fino a quando
non si stufa ed, esasperato, ammazza l'Abele con una legnata). "Storie
assurde, ma con dentro dei temi ben precisi: l'ironia sui luoghi comuni e la
liturgia della gente per bene, l'orrore per il mondo dei ricchi, l'amarezza
e la ribellione per la propria condizione e il senso del bisogno e della
paura."
I testi del "Poer nano" vengono rappresentati al Teatro Odeon di Milano: è
il primo contatto di Fo con il teatro ufficiale (conclude quindi la
collaborazione con la radio, che limitava fortemente le sue capacità
espressive). In seguito entra in collaborazione con autori come Giustino
Durano e lo stesso Franco Parenti.
Dalla collaborazione con Parenti e Durano nasce nel '53 "Il dito
nell'occhio" (chiara e decisa affermazione della satira politica e sociale):
in questo spettacolo vengono colpiti sui loro piedistalli gli "eroi" a cui
viene contrapposto il buon senso, lo sghignazzo e si ride sui valori di
cartapesta della storiografia ufficiale.
Il testo del '54 "Sani da legare", dove l'arma della satira viene portata
nella vita quotidiana dell'Italia della "legge truffa", viene massacrato
dalla censura di Scelba.
Finisce l'epoca della collaborazione "a tre" e Fo avvia un periodo di
esperienze nel campo del cinema.
Scrive con altri e recita nel film "Lo svitato", regia di Lizzani. Con Age
Scarpelli, Pietrangeli, Pinelli lavora a varie sceneggiature.
Nel 1959 Dario Fo e Franca Rame decidono di organizzarsi in "compagnia"; dal
'59 al '67 recita nelle "commedie": "Gli Arcangeli non giocano a flipper"
(1959-60), "Aveva due pistole con gli occhi bianchi e neri" (1960-61), "Chi
ruba un piede è fortunato in amore" (1962-62), "Isabella, tre caravelle e un
cacciaballe" (1963-64), "La signora è da buttare" (1967-68). È questo il
cosiddetto periodo "borghese" dell'attività di Fo, "borghese" perché agisce
all'interno del teatro borghese, davanti ad un pubblico sostanzialmente
borghese. Il teatro di Fo è sempre più politico, inizia a delinearsi
l'esigenza di ricollegarsi fino in fondo alla cultura popolare, sempre meno
lontana.
Con la nascita del primo governo di centrosinistra Fo viene chiamato a
lavorare in televisione: gli viene inizialmente affidata la direzione di una
rivista musicale "Chi l'ha visto?", subito dopo gli viene affidata "Canzonissima".
Nelle sue trasmissioni Fo mette sotto accusa il clero, gli industriali, la
mafia, parla dei problemi di vita delle masse popolari; la satira rimane
sempre l'arma principale di comunicazione.
Sono pochi mesi di apertura della RAI, apertura che si chiude in occasione
di uno sketch sulle speculazioni degli impresari edili, proprio mentre è in
corso nel paese una dura lotta dei lavoratori di quel settore. La censura
televisiva fa a pezzi il copione della trasmissione. Dario Fo e Franca Rame
denunciano la repressione dell'ente pubblico nei loro confronti.
In un intervista del 1967, dice: "Non è un caso che io mi sia rifatto a una
nostra tradizione, ai gesti della commedia dell'arte e alle musiche antiche
popolari, in quanto ritengo che a teatro, tanto più si va sperimentando
verso il nuovo, tanto più occorre affondare nel passato… ed a me interessa
soprattutto un passato che sia attaccato alle radici del popolo... sulla
base del concetto del "nuovo della tradizione" al quale sono legato".
La sua sensibilità al nuovo lo porta da artista "amico del popolo" ad
artista al servizio del movimento rivoluzionario proletario, "giullare" del
popolo, in mezzo al popolo, nei quartieri, nelle fabbriche occupate, nelle
piazze, nei mercati coperti, nelle scuole.
Al termine della stagione teatrale la "compagnia Fo - Rame" si scioglie, e
viene costituita la "Associazione Nuova Scena", che afferma nel proprio
statuto, di porsi "al servizio delle forze rivoluzionarie non per riformare
lo stato borghese con politica opportunista, ma per favorire la crescita di
un reale processo rivoluzionario che porti al potere la classe operaia".
Nel '68 Fo scrive e mette in scena "Grande pantomima con bandiere e pupazzi
piccoli, grandi e medi", sulla continuità dello stato del fascismo alla
"repubblica democratica", sulla lotta di classe tra il drago del
proletariato e il pupazzone della borghesia. Chiarissimo il collegamento con
il teatro popolare nell'uso delle maschere, dei burattini e delle
marionette.
Dario Fo in Cina
Alla stagione teatrale 1969-70 appartengono "Mistero Buffo", "Legami pure
che tanto spacco tutto lo stesso", "L'operaio conosce 300 parole, il padrone
1.000, per questo lui è il padrone".
In "Mistero Buffo" sviluppa ed approfondisce la ricerca di Dario Fo sulle
origini della cultura popolare: per più di tre ore si susseguono testi
medioevali, recitati in dialetto ("padano") di sapore arcaico, da un
"giullare" del popolo che riesce a coinvolgere il "pubblico" in uno
spettacolo corale di straordinaria efficacia, di satira violenta degli
antenati dei padroni di oggi. È il più popolare spettacolo di Fo, che viene
richiesto nelle situazioni di lotta più diverse. In "Mistero Buffo" si pone
concretamente l'insostituibile ed irrinunciabile necessità di scoprire "da
dove veniamo" per "scoprire andare": conoscere la dinamica dello scontro di
classe nel suo sviluppo storico, non in una dimensione statica di astratta
constatazione sociologica.
Nel 1970 Fo ed altri compagni si costituiscono in "Collettivo Teatrale la
Comune".
All'indomani del "suicidio" del ferroviere Pinelli, Fo mette in scena lo
spettacolo "Morte accidentale di un anarchico" (che prende spunto da un
episodio accaduto in America di un anarchico scaraventato a forza dalle
finestre della questura centrale di New York).
Solo grazie all'enorme consenso di massa che lo spettacolo conquista in
pochi mesi riesce a salvarlo dalla repressione della polizia e della
magistratura, impotenti di fronte ad uno spettacolo che dice tutto senza
fare nomi o cognomi, stabilendo un immediato e diretto rapporto con
l'intelligenza critica del pubblico.
"Noi facciamo del teatro popolare. Il teatro popolare ha sempre usato del
grottesco, della farsa - la farsa è un'invenzione del popolo - per
sviluppare i suoi discorsi più drammatici. Perché la risata rimane veramente
nel fondo dell'animo con un sedimento feroce che non si stacca più. Perché
la risata fa evitare uno dei pericoli maggiori, che è la catarsi… Partendo
dall'VIII secolo in poi, si ritrovano sempre storie drammatiche raccontate
in forma grottesca. Questo in tutta la tradizione. Se poi andiamo con i
Greci, ancora di più. Con i Romani lo stesso… Noi non vogliamo liberare
dall'indignazione la gente che viene. Noi vogliamo che la rabbia resti
dentro e non si liberi, che diventi operante con lucidità nel momento della
lotta". Nella stagione 1971-72, Dario Fo e Franca Rame scrivono e mettono in
scena: "Morte e resurrezione di un pupazzo" (riedizione de "Grande pantomima
ecc. ecc." del '68: lo spettacolo è mordente, violento, duro; la satira non
permette respiro), "Fedayn" e "Ordine per DI0.000.000.000!".
Dario Fo truccato da Franca Rame
Il periodo tra il '70 ed il '72 rappresenta un momento di crisi. Occorre far evolvere il collettivo verso forme di rappresentazione nuove superando il concetto di teatro itinerante. Del periodo è lo spettacolo "Pum! Pum! Chi è? La polizia!". Dura la repressione dello Stato. La magistratura ipotizza contatti di Dario Fo e di Franca Rame con le Brigate Rosse. A Milano nel quartiere periferico di Quarto Oggiaro, teatro di forti tensioni sociali, viene affittato un cinema per rappresentare gli spettacoli della "Comune". Per la prima volta si tenta di stringere un legame forte tra il teatro e la strada. È in questa situazione di aperto scontro tra la "Comune" ed il potere che, nel '73, Franca Rame viene sequestrata, a due passi dalla sede della DC, da un commando fascista per essere percossa e violentata. Stanchezza, amarezza, la fatica accumulata in anni ed anni di scontri, rotture spesso violente sullo stesso terreno della sinistra extraparlamentare (si era da poco allontanato dalla "Comune") portano Fo ad un breve, ma sofferto, periodo di crisi. A Sassari per la rappresentazione di "Guerra di popolo in Cile" (ispirato al colpo di stato del '73) la Questura fa irruzione con la forza nel cinema affittato. Lo spettacolo viene sospeso. Il giorno seguente dovrebbe essere rappresentato "Mistero Buffo", ma la polizia arriva in forze prima ancora dell'inizio dello spettacolo. Fo si oppone all'ingresso dei poliziotti. Viene arrestato, ma la sua prigionia dura solo 19 ore: viene liberato a furor di popolo. Nel '74 la "Comune" porta in Francia il "Mistero Buffo". Dopo 15 anni di esilio, Fo torna alla RAI nel 1977. Continua comunque a scrivere opere quali: "Fabulazzo osceno" ('82), "Coppia aperta" ('83), "La fine del mondo 2" ('85), "Il Papa e la strega" ('89), "Zitti! Stiamo precipitando" ('90), "Dario Fo recita Ruzzante" ('93). Le opere di Fo vengono poi rappresenta te in giro per il mondo: in Argentina, in Australia, in Austria, in Belgio, in Brasile, in Bulgaria, in Canada, in Cina, in Danimarca, nello Zimbabwe, in Venezuela, negli USA, in Uruguay, in Svezia, in Svizzera, in Olanda, in Messico, in Inghilterra, in Israele, in Scozia, in Romania, in Cile, in Francia, in Germania, in Giappone, in Norvegia, in Irlanda, in Islanda, in Spagna, in Sud Africa, ecc. ecc...
Dario Fo recita alla FIAT
Nel 1997 Dario Fo è stato insignito del premio Nobel per la Letteratura: Fo non vince il Nobel per le sue 40 e più commedie, ma per la sua lingua incomprensibile ed altamente comunicativa, Grammelott, Gramelot o Grammelot che riportar si voglia. Fo è l'uomo di cultura italiano più famoso all'estero perché il suo linguaggio è universale, perché parla con il corpo, perché parla di ciò che ci accomuna ai nostri simili, perché ci riporta alle radici rituali, festose e carnevalesche del teatro.
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