t/Tl/cw. Cos’è?
t/Terra e libertà/critical wine è una iniziativa che parte dalla
materialità della terra per concepire e creare forme diverse di
produzione e consumo. Non solo, è anche un forcone terragneo piantato
dritto al suo obiettivo: sovvertire le catene di distribuzione e
commercializzazione dei beni, ridurre la distanza alimentare, svelare le
modalità di privazione della sensorialità che si sviluppano a livello
globale mediante l’espropriazione dei produttori e l’idiotizzazione dei
consumatori.
La polarizzazione della ricchezza non è solo un fatto economico; si
produce anche come impoverimento della socialità, delle relazioni
sociali. t/Tl/cw è un modo rivoluzionario di immaginare e disegnare un
circuito virtuoso tra qualità dell’ambiente, qualità della produzione e
qualità delle relazioni sociali; un prototipo che a partire dal vino è
dipanabile in ciascun elemento della materialità delle condizioni del
vivere, in ogni luogo del pianeta.
t/Tl/cw raccoglie idee ed esperienze di una battaglia appena iniziata
per costruire una reinvenzione pratica della vita materiale, un’apertura
al divenire capace di ricombinare vita e spazio pubblico, intelligenza
creativa ed esperienza sensoriale.
La lezione del Gino
Tre anni fa un gruppo di compagni e compagne di varie realtà di
movimento ha raccolto le sollecitazioni di Luigi “Gino” Veronelli ad
occuparsi dei problemi della terra, cercando concatenazioni,
riflessioni, sviluppi, soluzioni pratiche. Per problemi della terra
intendiamo quel grumo di questioni divenuto ormai centrale per la vita
di ognuno: agricoltura, alimentazione, ambiente, acqua, ogm,
multinazionali, modelli di sviluppo e di consumo, squilibri tra Paesi
ricchi e Paesi impoveriti, sovranità alimentare, una politica planetaria
di dominio che perpetua l’ingiustizia.
Nel gennaio del 2003 al centro sociale La Chimica di Verona abbiamo
organizzato il primo evento – tre giorni con seminari, dibattiti,
contadini, degustazioni, musiche e happening – in concomitanza al
Vinitaly, maggior fiera internazionale del settore. È iniziato così il
progetto libertario Terra e libertà/Critical wine.
Altre manifestazioni tl/cw si sono poi svolte in molti centri sociali,
ricordiamo quelli del Mag 47 di Brescia, Forte Prenestino di Roma, Bulk
e Leoncavallo di Milano, Ex collocamento di Torino. Eravamo (e siamo)
convinti che la costruzione di una sensibilità planetaria possa partire
anche da un frutto della terra, con la volontà di una difesa “pratica”
della vita materiale, contro le nocività politiche, culturali, sociali,
tecnologiche che l’assediano al fine di svalutarne l’esperienza
sensoriale, le capacità dialettiche del linguaggio, la coscienza del
vissuto individuale e dei processi storici.
La Terra, la terra, la Terra, la terra, la Terra, la terra, la Terra? il
vino frutto della terra e del lavoro dell’uomo; compagno dialettico che
ci riporta alla terra e ci invita alla comunanza e ad altri modi
percettivi; intercessore privilegiato uomo/terra.
Dal vino abbiamo voluto partire (subendo i risolini imbecilli di
compagni moralisti e "miopi"), dalla bottiglia che arriva sulla tavola,
dal bicchiere che beviamo, per compiere un percorso a ritroso: che ci
porti a chi il vino lo vende, a chi lo produce, a chi coltiva le viti.
Vogliamo farne uno strumento di conoscenza, che dal piacere, dal gusto,
da un approccio personale e soggettivo, ci porti ad affrontare temi che
riguardano tutte e tutti, a ragionare di contadini e di lavoro
contadino, di terra e di ambiente, di come e cosa produce l’agricoltura.
E, seguendo un filo del discorso che si dipana sempre più, discutere
insieme di prodotti dei campi, di tutela della biodiversità, di varietà
ormai rare sacrificate sull’altare del Mercato, dell’omologazione del
gusto, di un’agricoltura in armonia con l’ambiente e di un’agricoltura
industriale che divora l’ambiente. E, ancora, ragionare sulla qualità,
sul prezzo dei prodotti che consumiamo, sul tempo che dedichiamo al loro
acquisto e alla loro preparazione.
Dai Gas ai
Sem Terra e oltre
Svelare le contraddizioni, mettere assieme cose apparentemente
distanti, cercare connessioni per una sensibilità ricombinante.
Ecco, siamo partiti dal vino per molti motivi: per l’amicizia con Gino
Veronelli (anarchenologo, lo abbiamo affettuosamente chiamato); perché,
come lui ci ha insegnato, il vino ci parla.
Come tutti i prodotti della terra, anzi meglio, grazie al rapporto
dialettico che con esso si può instaurare, dovuto al potere
dell’ebbrezza, che già gli antichi conoscevano.
Veronelli (recentemente scomparso, vedi il bell’articolo
che Gianni Mura gli ha dedicato su A 305) partendo dalle sue conoscenze
specifiche ha avuto grandi intuizioni, una di queste era di aver
individuato l’estrema diversificazione della terra che “dà vini e
prodotti diversi metro via metro anche partendo dalla stessa varietà di
seme”.
I prodotti della terra, ossia l’interrelazione tra peculiarità
territoriali e varietali, dobbiamo valorizzarli esigendo di sapere
origine e trasformazione. In questa maniera difenderemo la biodiversità
e metteremo un bastone tra le ruote di multinazionali e grande
distribuzione, che altro non vogliono che l’attuazione del principio
dell’“ultima trasformazione sostanziale” (il luogo dell’impacchettamento),
ossia la standardizzazione dei frutti della terra. Proprio per questo se
può essere criticabile ogni industria, quella agroalimentare è una vera
e propria aberrazione da abolire, sosteneva Veronelli.
Negli anni passati sono nate esperienze significative, ma settoriali (a
volte deboli): dai gruppi di boicottaggio dei marchi multinazionali, a
quelli di acquisto solidale (che danno importanza al potere e alla
coscienza dei consumatori, che hanno allargato l’attenzione verso un
modo non consumista di avvicinarsi al cibo), dal commercio equo e
solidale (quale pratica responsabile di rifiuto dello sfruttamento dei
paesi del Sud del mondo), al movimento ecologista (che, nelle posizioni
più radicali, ha contribuito ad allargare il “sentire” la T/terra).
Negli anni passati è nato anche un movimento internazionale (e
organizzato) dei contadini, raccolto essenzialmente attorno al
coordinamento di Via Campesina, che comprende i Sem Terra brasiliani, la
Conféderation Paysanne francese e molte altre organizzazioni. Terra e
libertà/Critical wine aggiunge idee e pratiche a queste esperienze.
Con la sua radicalità e dimensione più politica, nata da esperienze di
autogestione nelle città come nelle campagne, vuole mettere in relazione
produzione e comunicazione sollecitando anche un circuito virtuoso anche
con le esperienze apparentemente lontane come quella mediattivista, per
sperimentare connessioni creative.
Il libro. Pratiche e teorie
A giugno del 2004 è uscito il libro Terra e libertà/Critical wine
(edizioni DeriveApprodi). Raccoglie interventi di Gianni Emilio
Simonetti, Mariarosa Dalla Costa, Giordano Sivini, John Zerzan,
interviste ai poeti della t/Terra (contadini e vignaioli) e molto altro.
Sempre in bilico tra elaborazioni teoriche e proposte paratiche.
L’introduzione (scritta da Simonetta Lorigliola, Maurizio Murari, Marc
Tibaldi, Pino Tripodi, Luigi Veronelli) è scandita dagli “atti della
sensibilità planetaria”, nel primo atto interroghiamo il rapporto tra
saperi e sapori, cercando di denunciare l’anestetizzazione della
percezione e quindi del pensiero.
Il rapporto tra saperi e sapori rischia, come tante altre cose della
nostra esistenza, di scivolare nel laboratorio di marketing
dell’industria agroalimentare contemporanea la quale cerca di surrogare
la distruzione metodica, progressiva, scientifica dei sapori della vita
presentando i suoi prodotti incommestibili. Più che un legame,
l’insistenza su saperi e sapori della propaganda dell’industria
agroalimentare contemporanea, denuncia una discrasia, un antagonismo
profondo, il definitivo compiersi di un divorzio sospettato da tempo tra
produzione e cultura.
Segnala il definitivo dominio della produzione industriale di massa non
solo sui produttori ma anche sui saperi. I saperi di cui cianciano i
rotocalchi di tutto il mondo non hanno alcun legame coi sapori. Sono
semplicemente saperi addomesticati per sapori insensati, falsi,
ingabbiati nella produzione seriale. Ciò che al sapore risulterebbe
offesa viene addomesticato con saperi consolatori e carezzevoli intorno
al buon tempo antico. Siamo così costretti a digerire un insulso sapere
come surrogato del sapore. Man mano che si distruggono i sapori ci
abituiamo a consolarci con il sapere fino a quando avvertiamo la
percezione, terribile e tremenda, che quel sapere che aveva surrogato,
tollerato, argomentato la distruzione dei sapori, conduceva alla
medesima insensatezza del sapere, della conoscenza, della scienza. La
sensibilità planetaria è atto di resistenza contro la distruzione dei
sapori, contro l’annichilimento dei saperi ma anche contro la
deprivazione sensoriale che porta all’ottundimento della nostra facoltà
di udire, di vedere, di tastare, di gustare e di annusare... e quindi
pensare.
Scintille creative
Analisi economica, sociologica, inchiesta di rottura, poesia e altri
accostamenti curiosi... l’idea di comporre gli interventi di t/Terra e
libertà/critical Wine nasce dalla volontà dei contrasti, per creare
frizioni che producano scintille creative, per il desiderio di
riruralizzare il mondo partendo da una nuova sensibilità che ci fa
percepire la T/terra come casa propria, contro l’attaccamento
conservatore e l’invenzione localista delle radici, contro il rapporto
razzista sangue-suolo di infausta memoria, oseremmo dire con un ossimoro
concettuale – per un’agricoltura nomade, per un rapporto nomade con la
Terra: sentirsi a casa propria in ogni luogo della Terra, su ogni zolla
di terra.
Un’idea che viene da lontano. Forse qualcuno ricorda ancora quel canto
proletario dell’Ottocento: “nostra patria è il mondo intero, nostra idea
la libertà”. Per un futuro di gioia, creatività, intelligenza.
Ci piacerebbe incontrare nello stesso luogo le sensibilità di un
musicista come John Cage che raccoglie i funghi, di un artista come
Joseph Beuys che pianta mille querce, di un vignaiolo come Josko Gravner
che come un angelo di Benjamin guarda alla storia millenaria della
civiltà del vino per proporre prodotti e riflessioni per il futuro,
l’urlo di Per finire con il giudizio di Dio di Artaud che già
ci indicava l’artificialità dei frutti della scienza asservita, il senno
antico di una scienziata come Vandana Shiva, la rabbia degli Assalti
Frontali.
Ed infine i propositi molto concreti come il prezzo sorgente e
l’autocertificazione, per creare quel rapporto di fiducia tra produttori
e consumatori che ci permetta di disegnare il circuito virtuoso tra
qualità e tracciabilità della produzione, del prodotto, del prezzo e
delle relazioni sociali.
Verso l’EuroMayDay
Una delle lotte più interessanti degli ultimi anni è quella che
riguarda la proprietà dell’informazione genetica contenuta nei semi. Qui
i termini “proprietà” e “informazione” ci segnalano
immediato il nesso tra le tematiche della t/Terra e l’insorgenza della
comunicazione, così come le tematiche del consumo (o della coproduzione,
come noi sosteniamo) sono legate ai temi del precariato, del reddito,
del caro-vita.
Sottolineiamo ancora che sia il processo di trasformazione
dell’agricoltura e del sistema alimentare, sia le lotte sui diritti
dipendono sempre più dalla produzione e dal controllo dell’informazione,
soprattutto per quanto riguarda l’informazione genetica.
Consumo, agricoltura, alimentazione e tutte le tematiche legate
all’ambiente e alla t/Terra non possono essere più considerate attività
produttive e forme di vita qualitativamente differenti e isolate. Come
tutti gli altri settori, diventano sempre più biopolitiche. Questo
divenire comune è una delle condizioni che rendono possibile l’esistenza
delle lotte in rete.
Le lotte di ogni settore diventano le lotte di tutti gli altri. Le lotte
più innovative non sono lotte chiuse e limitate a un singolo settore
della popolazione, ma al contrario aprono per chiunque nuove prospettive
su questioni fondamentali come l’ecologia, la povertà, lo sviluppo
sostenibile e su tutti gli aspetti della vita. In termini filosofici si
può dire che ci sono molti modi singolari di dare vita a una comune
sostanza del lavoro: ogni modo ha una propria essenza singolare, e
nondimeno tutti partecipano a una sostanza comune.
Non possono esistere conflitti che non sappiano agire, in forma
parallela, intrecciata e collegata, su due direttrici: la contestazione
e il conflitto relativo all’esistente da un lato, la creazione nel qui
ed ora delle alternative possibili e auspicabili dall’altro. Non è
questo il momento per addentrarci nella possibile disquisizione se ciò
significhi conflitto+esodo o se invece sia la declinazione corretta e
completa dell’idea di esodo. Proviamo a declinare l’esodo su una
possibile parte di quel ragionamento vasto e complesso che riguarda le
forme di vita, la precarietà di vita. La circolazione delle merci vede
nei grossi centri commerciali oggi uno degli snodi fondamentali – non
solo per la rilevanza economica che questi luoghi hanno – soprattutto
per la rilevanza “di senso”: è soprattutto grazie ai centri commerciali
(oltre che, ovviamente, con la pubblicità) che si modifica sempre più la
relazione dei soggetti con le merci, il consumo. È anche in virtù di
questo ragionamento che molto spesso proprio questi luoghi sono stati,
sin dall’inizio del percorso MayDay, investiti delle iniziative
“anti-precarizzazione” che si sono sviluppate negli anni.
Lo scorso novembre questo percorso è apparentemente andato a sbattere
contro un muro: l’azione di riappropriazione/
esproprio/shopsurfing ha scatenato un acceso dibattito all’interno e
all’esterno delle esperienze di movimento: per la prima volta o quasi
dall’inizio del percorso MayDay non tutti erano lì a tessere lodi e
sperticati complimenti, anzi tanti (da dentro e da fuori i movimenti)
hanno criticato, condannato ecc.
“Marketing politico” è un concetto che da qualche tempo circola
all’interno del movimento. Viene dall’esperienza di Adbusters (network
di artisti, agitatori, attivisti), esperienza molto americana con pregi
e difetti. Il loro scopo è produrre un’ecologia della mente attraverso
il rovesciamento delle immagini più diffuse e celebrate dell’universo
mediatico, utilizzando i loghi e gli stilemi delle marche più
prestigiose a fini politici.
È un cane che si morde la coda e la debolezza di esperienze come questa
è data dal fatto che finiscono per alimentare la politica spettacolo
senza pervenire a una critica radicale e a una pratica diffusa sui
territori di lotte concrete che, come invece noi sappiamo, sono il sale
del sapere. L’insegnamento di queste esperienze va recepito come
consapevolezza dell’importanza della conoscenza delle armi del nemico
per una più efficace lotta contro di esso.
Non deve interessarci solo la mediatizzazione dell’azione politica,
altrimenti finiamo come il protagonista freakettone-alternativo di
“Vineland” di Thomas Pinchon, che avvertiva i media prima di buttarsi
contro le vetrate dei supermercati in modo da rendere pubblica la
propria follia e recepire la periodica pensione di malato di mente.
Vogliamo sì far parlare i media delle nostre lotte ma anche sviluppare
delle pratiche di ribellione collettive che si espandono concrete sui
territori, non perchè gli altri le consumino davanti alla televisione.
Cosa centra t/Terra e libertà/critical wine (tl/cw) in tutto ciò? tl/cw
può essere la parte costituente ed esodante di questo ragionamento.
tl/cw costruisce e costruisce l’alternativa, nel qui ed ora, alla
semplice battaglia di critica alle merci e alle regole che ne
determinano la produzione e circolazione oggi, costruendo i ragionamenti
e le possibili concrete strade altre da percorrere. Prezzo sorgente,
autocertificazione, coproduzione, boicottaggio. Dall’assemblea delle
realtà dell’autogestione (Brescia, Verona, Milano, Bologna, Roma,
Firenze, Trieste, Torino, Bari, Cremona…) che nell’ultimo anno hanno
toccato l’esperienza t/Terra e libertà/Critical wine è emersa forte
l’esigenza di un meticciamento delle istanze toccate da questo progetto
con le altre insorgenze forti nel movimento, proprio perchè sono
evidenti le connessioni e le possibili sintonie. Per questo si è pensato
a una presenza singolare e comune durante la MayDay che sottolinei
l’apertura di nuove conflittualità in rete.
Punti programmatici e proposte concrete
- Autocertificazione, prezzo sorgente, denominazioni comunali
(de.co.): provocazioni, idee efficaci, applicabili e universali, in
grado nel futuro presente di trasformare i rapporti di produzione,
e/o di renderne visibili le contraddizioni. L’idea della massima
tracciabilità dei prodotti e dei prezzi, della qualità dei prodotti
e delle relazioni sociali risponde a queste idee.
- L’autocertificazione e la de.co. (proposta veronelliana) altro
non sono che la possibilità di conoscere l’origine e la
tracciabilità dei prodotti. L’autocertificazione è basata sul
principio di responsabilità: il produttore dichiara qual è il suo
prodotto, come viene coltivato, quanti gli ettari, quanta la
produzione, quali i concimi e prodotti utilizzati, chi e come lavora
la terra...e permetterà al consumatore di verificare tutto ciò. La
de.co. è l’autocertificazione collettiva, una certificato di nascita
dei prodotti. Per chi ci crede, la dichiarazione verrà
dall’amministrazione comunale. Meglio ancora, per chi soffre anche
il municipalismo sperimentale, sarà la comunità che conferma la
dichiarazione del singolo produttore. Oltre ad essere una garanzia
per il consumatore, autocertificazione e de.co. sono una maniera per
valorizzare la diversità e la diversificazione dei prodotti,
mettendo così in difficoltà multinazionali e grande distribuzione.
Il prezzo sorgente consentirebbe di mutare completamente filosofia
nel rapporto tra consumatori e produttori, al fine di costituire un
percorso di fiducia in tutta la filiera produttiva, distributiva e
commerciale. Il prezzo sorgente prevede che ogni produttore
inserisca in etichetta il prezzo a cui vende i suoi prodotti prima
del loro ingresso nel circuito di distribuzione e di
commercializzazione. Il prezzo sorgente non prevede alcun margine
fisso di ricarico. Il ricarico, infatti, dipende da tantissime
condizioni (costi di trasporto, manutenzione, affitti, manodopera,
servizio) che non sono omogenee e non si intende predeterminare. Il
prezzo sorgente è uno strumento efficace per mettere in rilievo i
rapporti di appropriazione e di distribuzione della ricchezza.
Un’informazione semplice e visibile che espliciti ciò che tutti
sanno e cioè che nell’attuale modalità di relazioni sociali i
produttori e i consumatori sono comunemente immiseriti da uno
sfrenato concentrarsi della ricchezza nelle mani della
distribuzione.
- Concepire che l’insensatezza planetaria deriva dai rapporti di
produzione, ovvero dalle modalità con le quali gli uomini producono
e si relazionano tra di loro. Rifiuto di produrre e di consumare
l’infelicità del mondo è uno degli atti della sensibilità
planetaria.
- Organizzare il rifiuto del modello neoliberista che vuole
l’agricoltura industriale e monocolturale delle multinazionali e
della UE da una parte e un’elitaria produzione dei cosiddetti
prodotti tipici dall’altra, quali facce della stessa medaglia.
- Pensare a un nuovo rapporto con la terra/Terra che lasci spazio
a produzioni, consumi, piaceri più sobriamente felici.
- Il consumo critico, contro il consumo produttivo. Per
"condomini" della qualità e gruppi d’acquisto autogestiti e a rete.
Fare mercato come incontro di coproduzione.
- Catalogo dei produttori, basato su rintracciabilità, origine,
qualità e sul principio della responsabilità e
dell’autocertificazione.
- Costruire in maniera cooperativa forme e strumenti di comunanza,
condurre al riconoscimento della cosa comune, dall’aria all’acqua al
cibo fino alla produzione informatizzata e alle reti.
Marc Tibaldi
sito
www.criticalwine.org
email info@criticalwine.org
Manifesto: sensibilità planetarie #1
sensibilità planetarie/ribelli/nella t/Terra che soffre c’è
l’umanità che muore/la terra non è una macchina/chiudere le
fabbriche dell’infelicità/l’oggetto vero della produzione
non è mai la merce, ma è la vita/deindustrializzare
l’agricoltura/smacchinare la vita/abolire il consumo che
distrugge//coprodurre/l’identità è disumana ed è opposta
all’uguaglianza/l’originale non ha origine--//i particolari
contro il particolarismo/l’uomo non ha radici/e se ne avesse
avrebbe ben poco da gloriarsene//l’altro sono Io. io è la
terra l’umanità è io/io non produco l’infelicità del mondo/
e non la consumo/ chi avvelena la terra avvelena anche
io/digli di smetterla//poesia della terra/massima
tracciabilità dei prodotti e dei prezzi/Ogm crimine contro
la terra, crimine contro l’umanità/obiettivo minimo
distruggere gli Ogm/fai un’opera buona//ridurre la distanza
alimentare idee semplici e concrete: accorciare la catena
commerciale/scheda di autocertificazione/prezzo sorgente/la
sensibilità planetaria è facoltà di ciascuno, ma non si può
imporre a nessuno//una rivoluzione non fa mai appello al
potere, si fonda al contrario sulle trasformazioni delle
modalità di esistere, degli stili di vita, delle forme
dell’agire//cambia lo sguardo sul mondo, agisce sui
comportamenti minuti, quotidiani, fonda modalità di
relazione tra gli uomini, le donne e ogni forma di vita del
pianeta//una rivoluzione vera distrugge gli ordini
consolidati e rifiuta le gerarchie, anche tra città e
campagna. |
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