Schede di libri sulla mafia

 


Per conoscere la mafia. Una bibliografia, a cura di G. R. Lanfranchini e B. Marin, Milano, Strumenti editoriali, 1993.

Nata da un'iniziativa de "La Rivisteria", e' la piu' completa bibliografia sulla mafia - sia pure limitata agli scritti in volume - che sia stata edita in Italia negli ultimi anni. Comincia inevitabilmente ad invecchiare, ma è utilissima per la conoscenza di tutto ciò che è stato scritto sull'argomento fino al 1993.


 

La mafia. Economia politica società, a cura di E. Morosini e F. Brambilla, Torino, Einaudi Scuola, 1995.

Antologia molto ben curata di scritti sulla mafia, corredata da un'ottima bibliografia e da una completa filmografia.

Di particolare interesse gli ampi brani tratti dal libro di Diego Gambetta, La mafia siciliana. Un'industra della protezione privata, Torino, Einaudi, 1992.

 


 

Umberto Santino, La mafia interpretata, Soveria Mannelli (CZ), Rubbettino, 1996.

L'autore, un sociologo dell'Università della Calabria, ha cercato di fare il punto sui diversi approcci al fenomeno mafioso presenti nella letteratura scientifica. Lo scopo dichiarato del libro è quello di creare un maggiore collgamento tra studi di discipline diverse (sociologici, economici, politici, giuridici, criminologici).

Molto utile per le indicazioni bibliografiche, estese anche a quanto è stato scritto in altri paesi sull'argomento. Ad esempio, è possibile farsi una bibliografia essenziale sugli approcci all'economia criminale che sono stati tentati nei paesi anglosassoni.

 


 

Marcelle Padovani e Giovanni Falcone, Cose di cosa nostra, Milano, Rizzoli, 1991, anche in edizione economica BUR (Milano, 1993) e in edizione annotata per le scuole (Bompiani, 19..)

E' il libro ideale per iniziare delle letture sulla mafia. E' composto di una lunga intervista che M. Padovani, una giornalista francese, ha fatto al giudice Falcone poco tempo prima della sua morte. Viene considerato come il testamento politico e culturale del coraggioso magistrato siciliano.

Il quadro di Cosa Nostra negli anni Settanta e Ottanta è delineato con straordinaria lucidità, e con benemerita facilità di lettura.

 


 

Antonino Caponnetto, I miei giorni a Palermo, Milano, Garzanti, 1993.

Scritto da un magistrato di prima linea, racconta, con un equilibrio davvero sorprendente per chi è così direttamente coinvolto nei fatti, l'esperienza vissuta a fianco di Falcone e Borsellino, nel ruolo di Capo dell'Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo.

Il libro arriva fino alle stragi di Capaci e di via D'Amelio e le pagine sui funerali di Borsellino sono così vive da risultare strazianti anche per il lettore più indifferente.

 


 

Nando Dalla Chiesa, Storie di boss ministri tribunali giornali intellettuali, Torino, Einaudi, 1990

Nando Dalla Chiesa, Il giudice ragazzino, Torino, Einaudi, 1992

La facilità di scrittura, la lucidità dell'analisi ed il trasporto di chi ha vissuto direttamente certe pesantissime situazioni sono anche le caratteristiche più evidenti di questi due libri.

Il primo racconta alcune significative storie di quella che siamo oggi abituati a chiamare Prima Repubblica. Interessanti, per quel che ci riguarda, la testimonianza sui "Carusi di Fava" (un gruppo di giovani che ha raccolto l'eredità di Pippo Fava, giornalista catanese ucciso dalla mafia) ed il racconto diretto del processo per la morte del generale Dalla Chiesa (padre dell'autore), con l'episodio molto significativo della testimonianza di Andreotti.

Il giudice ragazzino ricostruisce invece la carriera - anch'essa finita con la morte - del giudice Rosario Livatino, sostituto procuratore di Agrigento che cercava di fare seriamente, e senza compromessi, il proprio dovere.

Da quest'ultimo libro è stato tratto un omonimo film - di Alessandro di Robilant, con ... (1993) - piuttosto ben fatto, ma che si scontra con il fatto che la vicenda è più legata al lavoro sulle carte dei processi che non all'azione: il libro finisce così per essere ben più appassionante.

 


 

Corrado Stajano, Un eroe borghese, Torino, Einaudi, 1991

Riferito ad una mafia di alto livello, quella legata a Sindona e alla grande finanza internazionale, il libro racconta la storia di uno dei tanti morti di mafia che conta l'Italia, e tra i più dimenticati: l'avvocato milanese Giorgio Ambrosoli, incaricato di fare da curatore fallimentare della banca privata di Michele Sindona e scontratosi prima con le furbizie dei politici collusi, e poi con il piombo dei sicari venuti dagli USA.

Dal libro è stato tratto un film, di Michele Placido, con ... (1995). Gli autori hanno dovuto raccontare una storia molto centrata su documenti (i conti della banca, gli esposti, le lettere...).

La visione del film è soprattutto l'occasione per rileggere il libro, che è molto bello.

 


 

Marco Bettini, Pentito. Una storia di mafia, Torino, Bollati Boringhieri, 1994

L'autore è un giornalista del "Resto del Carlino", ed è dotato di naturali doti di narratore, tanto che il libro si legge come un appassionante giallo. Racconta la vita di un pentito di mafia dall'infanzia alla decisione di collaborare con la giustizia.

L'interesse è tutto sul personaggio, su come abbia vissuto le vicende italiane da una visuale distorta che lo ha condotto ad aderirea Cosa Nostra. Si tratta di una figura di secondo piano nella gerarchia mafiosa, divenuta però importante nel momento in cui la Commissione gli ha affidato l'incarico di uggidere il giudice Borsellino. Una volta arrestato, egli comincerà a collaborare proprio con Borsellino, instaurando con lui un rapporto umano molto intenso, intriso di sensi di colpa e di sentimenti di ammirazione.

 


 

Pino Arlacchi, Gli uomini del disonore. La mafia siciliana nella vita del grande pentito Antonino Calderone, Milano, Mondadori, 1992, ora anche in edizione economica Oscar Mondadori, 1994

Resoconto della vita di uno dei primi e più importanti pentiti di mafia, dà un quadro significativo di Cosa Nostra fino all'inizio degli anni Ottanta. L'importanza di Calderone nella gerarchia mafiosa (il fratello Pippo fu negli anni Settanta segretario della Commissione regionale di Cosa Nostra), i suoi rapporti con l'imprenditoria e la politica catanese, sono elementi che rendono il libro molto significativo.

L'autore, docente di sociologia all'Università di Firenze, deputato progressista e membro della Commissione Parlamentare Antimafia, consulente della DIA, è uno dei massimi studiosi di cose di mafia in Italia.

 


 

Salvo Vitale, Nel cuore dei coralli. Peppino Impastato, una vita contro la mafia, Soveria Mannelli (CZ), Rubbettino, 1995.

La vita di Peppino Impastato, una vittima della mafia spesso dimenticata, è raccontata con dovizia di particolari da un giornalista che gli fu amico.

Il protagonista era un giovane di Terrasini, militante della sinistra extraparlamentare, ucciso su ordine del boss Tano Badalamenti, infastidito dalle cose che aveva il coraggio di dire dai microfoni di una radio locale. La storia è molto significativa, in quanto racconta anche dell'isolamento nel quale si veniva a trovare chi lottava contro la mafia. Tanto è vero che al momento dell'omicidio l'autorità giudiziaria stava archiviando il caso sostenendo che Impastato era morto mentre preparava un attentato ad una linea ferroviaria, e solo l'intervento volontario di un gruppo di suoi giovani amici, che andò sul posto a raccogliere le prove dell'accaduto che le forze dell'ordine avevano incredibilmente trascurato, fece riaprire il caso.

 


 

Claudio Fava, Nel nome del padre, Milano, Baldini & Castoldi, 1996.

Un figlio parla al padre ucciso dalla mafia a distanza di 12 anni dal delitto, e cerca di raccontargli ciò che è accaduto nel frattempo, come egli abbia continuato le sue lotte, con gli stessi mezzi (il giornalismo e la politica).

Claudio Fava riesce a muoversi sempre con equilibrio tra la passione (civile e personale) e l'intelligenza nel capire. In questo libro l'equilibrio è ancora più difficile, perché la storia investe rapporti umani difficili, lacerati da un evento esterno terribile ed irrimediabile come l'assassinio.

Il lettore vi troverà una storia avvincente, lo studioso annoterà alcuni elementi da non dimenticare: tra gli altri, che la procura di Catania, dopo la morte di Pippo Fava, giornalista che tutta la città conosceva per il suo impegno contro la mafia, abbia indagato soprattutto sulla sua vita privata, sui suoi poveri conti bancari, sulla sua famiglia (l'unico telefono messo sotto controllo fu quello del figlio Claudio); e che il sindaco della città, al termine del funerale - nel 1984 e non nella preistoria - si affannava a ripetere che non si trattava di mafia....

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Enrico Deaglio, Raccolto rosso. La mafia, l'Italia, Milano, Feltrinelli, 1993, ora anche in edizione economica, 1995.

Volume ricco di testimoniante interessanti, di storie minori ma ugualmente significative, che descrivono molto bene il clima politico e culturale siciliano - e per molti aspetti italiano - degli anni Settanta e Ottanta.

L'autore, un affermato giornalista, ha il dono di una scrittura molto scorrevole ed affascinante.

 


 

Renate Siebert, La mafia, la morte il ricordo, Soveria Mannelli (CZ), Rubbettino, 1995.

Il libro legge in una prospettiva particolare, attenta agli aspetti antropologici della mafia, alcune esperienze di donne coinvolte in vicende di mafia. L'importanza della memoria, il rapporto con la paura della morte e con il lutto sono descritti con molto acutezza.

L'autrice, nata in Germania, allieva di Adorno, da molti anni residente in Italia, è docente all'Università della Calabria, ed attualmente anche assessore alla cultura della provincia di Cosenza.

 


 

Giancarlo Caselli, Luigi Ciotti, Gherardo Colombo, Maurizio De Luca, Giancarlo Lombardi, Luciano Violante, Dalla parte di libera, Torino, Edizioni Gruppo Abele, 1955.

Libro presentazione di Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie, di cui contiene in allegato lo statuto e gli organi.

Il libro è composto dei seguenti articoli:

Libera significa liberi, di don Luigi Ciotti

Le regole della libertà, Intervista a Giancarlo Caselli

Realizzare la legalità, Intervista a Gherardo Colombo

Per una scuola di consapevolezza, Intervista a Giancarlo Lombardi

La sfida dei valori, Luciano Violante

L'acquisto del volume, dal prezzo di L. 10.000, costituisce una forma di contribuzione a Libera. E' possibile ordinarlo via Internet, inviando un e-mail a Libera.

 


 

Nonostante donna. Storie civili al femminile, Torino, Edizioni Gruppo Abele, 1996. Introduzione di Maurizio De Luca. Prefazione di Sandra Bonsanti.

Sei giornalisti hanno raccolto le storie di sei donne impegnate contro la mafia. Le prime cinque storie sono sotto frutto di un'intervista, esposta sotto forma di breve monologo della protagonista.

Tina Anselmi, Una solitudine ostinata (testo raccolto da Sandra Bonsanti) è la storia della commissione P2 vista attraverso gli occhi della sua presidente;

Saveria Antiochia, Senza mai lacrime (testo raccolto da Giuliano Gallo) narra di come una donna ha vissuto la morte del proprio figlio poliziotto e ha iniziato una nuova vita alla ricerca di una giustizia per troppo tempo negata;

Rita Borsellino, A testa alta (testo raccolto da Maurizio De Luca) è ancora la vicenda di una parente di una vittima, strappata ad una vita "normale" per dedicarsi con impegno incessante alla sensibilizzazione dei giovani;

Doris Lo Moro, Una normale rivoluzione (testo raccolto da Antonio Roccuzzo) racconta di un magistrato calabrese che sceglie la strada dell'impegno politico per combattere la mafia;

Nora Rizzi, Voglia di vivere (testo raccolto da Guido Ruotolo) è la storia di una preside di scuola media che - tra mille difficoltà, minacce, attentati alle sue scuole - cerca di instaurare con i giovani un rapporto nuovo, che consenta loro di prendere coscienza delle opportunità della propria vita, al di là della camorra. E' forse la storia più interessante, in un contesto scolastico.

L'ultima storia non poteva essere raccontata direttamente dalla protagonista, perché Maria Consuelo Suarez Abriego, giovane magistrato di Bogotà, è morta sotto i colpi dei sicari mafiosi. Eppure Claudio Fava ne "raccoglie" lo stesso il testo, facendo parlare la protagonista in prima persona, dopo morta, in un racconto bellissimo, commovente ma scritto con perfetta misura. Il titolo del racconto è Fiori di Bogotà. Abbiamo sperimentato la lettura in classe ad alta voce di questo testo (dura circa 20 minuti) e forse mai avevamo sentito un così nitido silenzio, una così partecipe attenzione. Riportiamo l'incipit del racconto, per convincere chi legge queste righe a comprare il libro, leggerlo, e rileggerlo più volte in classe, o altrove:

"Il primo colpo è un pugno che spezza il fiato nei polmoni e schiaccia le spalle contro il sedile e ti sembra che sia uno scherzo, un brutto scherzo e hai voglia di dire qualcosa, di fare qualcosa ma senti che le braccia si fanno torpide e le parole ti muoiono in bocca. Il secondo colpo è un chiodo che si conficca dentro il petto e lo ascolti che scava, rompe, piega, frantuma senza fermarsi più. Il terzo colpo è come un ago di ferro: spacca il cuore, dritto, affilato. Poi arriva il quarto colpo. Poi il quinto e tutti gli altri: ma io non ci sono più. Sono morta, ormai. Perduta. Stupita per quelle raffiche che si accaniscono invano sul mio corpo e intanto si alza un ruggito di schegge di vetro e l'urlo delle lamiere che si accartocciano sotto le pallottole e gli sguardi della gente attorno a noi, gli sguardi muti che si riempiono di orrore..."

 


 

Dossier Libera n. 1, Il caso Mandalari, a cura di Sandra Bonsanti, Maurizio De Luca, Corrado Stajano, Roma, 1995, dattiloscritto.

Fascicolo edito da Libera in cui sono raccolti documenti e dati sul caso del commercialista palermitano Giuseppe Mandalari, consulente di Riina e di altri boss mafiosi, grande riciclatore di denaro sporco, massone, tessitore di campagne elettorali per alcuni parlamentari di Alleanza Nazionale e Forza Italia alle elezioni del 1994.

Molti documenti e pochi commenti. Utile per aggiornare il capitolo sui rapporti tra mafia e politica.

 


 

L'alfabeto del cittadino, Firenze, Fatatrac, 1996. Testi di Gastone Tassinari, Mariangela Giusti, Rosaria Bortolone, Vanna Cercerà. Introduzione di Luciano Violante.

Con questo volume l'editore Fatatrac inaugura la collana per una educazione alla legalità "Contromafia". Il primo volume è diretto ai bambini della scuola elementare ed è composto da 21 filastrocche sulle lettere dell'alfabeto che suggeriscono i valori di cittadinanza e di legalità.

 


 

Commissione Parlamentare Antimafia

Le relazioni della Commissione Parlamentare Antimafia sono numerose e disponibili in diverse edizioni. Vanno in particolare segnalate quelle del periodo in cui la Commissione era presieduta da Luciano Violante, approvate per altro con il concorso di quasi tutti i parlamentari presenti.

Si tratta di documenti tra i più significativi recentemente pubblicati, proprio perché hanno il tenore dell'ufficialità e denuncianoun sistema di rapporti tra mafia e potere politico che è singolare trovare così ben descritto in un documento parlamentare.

Esistono delle versioni Internet delle relazioni della Commissione. Chi invece preferisse averle in volume, può trovare un'edizione molto economica Laterza sia della relazione sui rapporti tra mafia e politica del 1993 sia di quella sulla camorra dello stesso anno.

Ne esiste un'altra versione, per entrambe, dell'editore Rubbettino (Soveria Mannelli, 1993 e 1994), curate da Orazio Barrese, con i titoli: Mafia politica pentiti e Camorra politica pentiti. Si tratta di volumi decisamente più cari, il che è giustificato dal fatto che ripotano anche le testimonianze dei pentiti di mafia e camorra fatte direttamente alla Commissione, le quali consentono di prendere contatto diretto con un mondo molto lontano dalla nostra comune mentalità.

L'editore Rubbettino ha pubblicato nell'autunno 1994 anche gli atti della relazione della Commissione sulla Mafia al Nord, dalla quale è possibile prendere molte informazioni utili a comprendere come il fenomeno mafioso non sia una caratteristica soltanto delle regioni meridionali.

 


 

Commissione Parlamentare Antimafia, Dossier mafia per le scuole. Documenti e materiali raccolti dalla Commissione Parlamentare Antimafia. XI Legislatura, Roma, Camera dei Deputati, 1994.

Interessantissimo volume nel quale sono riportati:

- Ampi brani per delle Relazioni della Commissione su Cosa Nostra (approvata il 6-4-93), la Camorra (del 21-12-93), la 'Ndrangheta (del 12-10-93), Sacra Corona Unita (del 5-10-93) e sulla Presenza della mafia nelle aree di non tradizionale insediamento (del (13-1-94).

- Alcune importanti relazioni delle autorità di polizia preposte alla lotta contro la mafia;

- Alcuni interventi illustri sul problema dei rapporti tra mafia ed economia, ed in particolare quello di Guido Rey (allora presidente dell'Istat) ad un convegno su Mercati illegali e mafie del 1993 (i cui atti sono editi da Il Mulino, Bologna, 1993) e quelli di Carlo Azeglio Ciampi e Antonio Fazio al Forum Economia e criminalità tenutosi presso la Camera dei Deputati il 14 e 15 maggio 1993.

- Alcuni documenti su Edilizia scolastica e questione minorile, tratti dalla relazione della Commissione sulla delinquenza minorile (del 4 agosto 1993) e su atti del Ministero della Pubblica Istruzione e dell'Associazione Italiana dei Giudici per i Minorenni.

 


 

Mafia, politica e affari. 1943-91, a cura di Nicola Tranfaglia, Bari, Laterza, 1992

La Commissione Antimafia ha una storia molto lunga, essendo stata istituita per la prima volta nel 1963. Questo libro raccoglie una selezione dei brani più significativi delle sue relazioni e di altri documenti ufficiali (rapporti di polizia, estratti di sentenze). Si tratta di una lettura di un certo impegno (anche economico), che può essere affrontata in biblioteca, magari selezionando solo alcuni dei documenti raccolti, o limitandosi all'introduzione, dello stesso Tranfaglia, dal titolo Maria, politica e affari: una pagina oscura nell'Italia repubblicana, che è molto ben fatta. Lettura faticosa ma utile, per capire come una maggiore attenzione dell'opinione pubblica avrebbe smascherato le responsabilità politiche di alcuni personaggi anche molto in vista nel nostro paese con una ventina d'annidi anticipo, se solo ci si fosse spinti a leggere i documenti ufficiali del Parlamento.

Il volume e' essenziale per la ricostruzione di alcune fasi della storia italiana, a partire dal Dopoguerra.

 


 

Luciano Violante, Non è la piovra, Torino, Einaudi, 1994.

Nato dall'esperienza della presidenza della commissione antimafia, il volume si presenta come un manuale completo e molto chiaro per comprendere i vari aspetti del fenomeno mafioso. E' un libro da consigliare se si è alla ricerca di un testo base sul quale studiare.

I suoi pregi migliori sono la chiarezza dell'esposizione e la completezza.

Il libro è costruito intorno a 12 tesi, che costituiscono altrettanti capitoli. Vale la pena di trascriverli: Tesi 1: La mafia è un insieme di organizzazioni con caratteri criminali e politici; Tesi 2: La principale organizzazione mafiosa è Cosa Nostra; Tesi 3: La camorra: un'organizzazione prevalentemente mercenaria; Tesi 4: La 'ndrangheta: una mafia anomala; Tesi 5: La Sacra Corona Unita: una mafia minore e feroce; Tesi 6: Il carcere è il prolungamento naturale del territorio mafioso; Tesi 7: L'intervento statale nello sviluppo delle mafie moderne; Tesi 8: Logge massoniche come tramite del rapporto tra mafia e istituzioni; Tesi 9: Non servono nuove leggi; Tesi 10: La mafia russa, rischi inediti; Tesi 11: La mafia-azienda, un giro d'affari di 69 mila miliardi; Tesi 12: L'antimafia dei diritti.

 


 

Luciano Violante, Mafie e antimafia. Rapporto '96, Bari, Laterza, 1996.

Volume molto ricco che raccoglie saggi, articoli di taglio più giornalistico, dati ufficiali e materiale di documentazione. Un utilissimo strumento di lavoro, dunque, che affronta temi emergenti, a volte nuovi anche per chi si occupa da tempo di questi problemi. Per lo studioso, fondamentale la bibliografia molto dettagliata del 1995.

Un avvertenza: non abbiamo ancora aggiornato tutto il nostro materiale con il contenuto del libro (ad es. con le statistiche aggiornate). Lo stiamo facendo.

Riportiamo l'indice del volume:

Introduzione di Luciano Violante;

1. Le strategie mafiose nelle fasi di transizione politica
Leonid Fituni, I padrini della nazione. Il ruolo delle mafie nella crisi russa;
David Scanlan, I narcos e la politica in America Latina: il caso della Colombia;
Massimo Brutti, Cosa Nostra nella crisi del sistema politico italiano;
Attilio Bolzoni e Giuseppe D'Avanzo, I processi a Giulio Andreotti: Palermo;
Carlo Bonini, I processi a Giulio Andreotti: Perugia;
Piero Luigi Vigna, Le tracce di chi ordinò le stragi;
Aldo Varano, 'Ndrangheta, neofascismo e massoneria deviata.

2. Le questioni del 1996
Giulio Turone, La lotta contro il riciclaggio;
Vittorio Borraccetti, Indagini e procure antimafia. Un coordinamento difficile;
Gaetano Pecorella, Diritto di difesa e ruolo degli avvocati nei processi di mafia;
Enrico Fontana, Le ecomafie;
Carlo Smuraglia, La mafia al Nord;

Dati e documenti
Statistiche della mafia e dell'antimafia;
Cronologia 1995;
ONU, Conferenza mondiale sul crimine organizzato internazionale, Napoli, 21-23 nov. 1994: Dichiarazione politica e Piano globale di intervento
GAFI (Gruppo di Azione Finanziaria sul Riciclaggio, Rapporto annuale 1994-1995 (Estratti)
Principali leggi in tema di mafia e di criminalità organizzata approvate nel corso della XII legislatura
Principali proposte di legge in tema di mafia e di criminalità organizzata presentate nel corso della XII legislatura
Scheda di presentazione e Statuto dell'associazione <<Libera, Associazioni, nomi e numeri contro le mafie>>
Bibliografia 1995;
Gli autori;
Indice dei nomi.

 


 

Mafia. L'atto d'accusa dei giudici di Palermo, a cura di Corrado Stajano, Roma, Editori Riuniti, 1986, anche in edizione economica (1992)

Il libro è un'ampia selezione di brani della sentenza ordinanza con la quale il pool antimafia di Palermo, nel 1984, rinviò a giudizio ben 707 presunti mafiosi, in quello che viene definito il "primo maxiprocesso di Palermo", e che rappresenta un punto di riferimento fondamentale nella storia dell'antimafia in Italia.

La lettura consente di capire in modo approfondito da un lato il funzionamento di Cosa Nostra negli anni Settanta, e dall'altro il metodo di lavoro del pool antimafia, il modo con il quale venivano usate le testimonianze dei pentiti, la ricerca dei riscontri, ecc.

 


 

Andreotti e Riina: Il patto. Vent'anni di mafia e delitti nell'atto d'accusa della Procura di Palermo, Roma, Edizioni dell'Altritalia,1995.

Breve volumetto di scottante attualità, raccoglie i punti salienti della richiesta di rinvio a giudizio nei confronti del Senatore Andreotti formulata dalla procura di Palermo. Il libro è edito dalla rivista "Avvenimenti", distribuito in edicola ed oggi non più facilmente reperibile. Probabilmente si può ancora avere richiedendolo direttamente alla rivista.

Il titolo indica da quale parte stiano i curatori del volume, decisamente colpevolisti. Tuttavia nel libro è contenuto semplicemente l'atto di accusa dei giudici, senza altri commenti, il che consente di farsi un'idea più diretta del modo di lavorare della procura di Palermo.

 


 

Pino Arlacchi, Il processo. Giulio Andreotti sotto accusa a Palermo, Milano, Rizzoli, 1995.

Il libro riassume le tesi dell'accusa contenute nella richiesta di rinvio a giudizio della procura di Palermo nei confronti del senatore Andreotti.

Il lavoro dell'autore è stato anche quello di cercare di inserire le carte del processo nel contesto storico all'interno del quale le diverse vicende sono nate e si sono sviluppate.

 


 

Antonio Nicaso, Io e la mafia. Le verità di Giulio Andreotti, Vibo Valentia, Monteleone, 1995.

Il libro, dopo una breve introduzione dell'autore, contiene una lunga intervista al senatore Andreotti sul procedimento giudiziario che lo riguarda. Scritto poco prima dell'inizio del processo di Palermo, consente di chiarire le posizioni della difesa di Andreotti.

Contiene una post-fazione dello stesso Andreotti, nella quale il senatore a vita riassume la sua posizione difensiva.

 


 

Emanuele Macaluso, Giulio Andreotti tra Stato e mafia, Soveria Mannelli (CZ), Rubbettino, 1995.

Il libro prende lo spunto dall'inizio del processo Andreotti per ripercorrere la storia dei rapporti tra mafia e politica in Sicilia nel dopoguerra. L'autore - sostanzialmente innocentista in relazione alle accuse penali rivolte ad Andreotti - insiste sulle responsabilità politiche tanto di Andreotti quanto del resto della classe politica siciliana.

 

 


 

Salvatore Lupo, Andreotti, la mafia, la storia d'Italia , Roma, Donzelli, 1996.

L'autore sfugge al dilemma tra colpevolezza o innocenza di Andreotti, che è compito dei processi e dei giudici risolvere, e si sofferma sul ruolo storico e politico di Andreotti in relazione alla politica siciliana e quindi alla mafia. Un libro prezioso per la lucidità e la competenza con cui affronta problemi complessi.

 

 

 


 

Felice Cavallaro, Il caso Contrada (fra Stato e Cosa Nostra), Soveria Mannelli, Rubbettino, 1996. Prefazione di Emanuele Macaluso.

Il libro ricostruisce, con dovizia di particolari, l'andamento del processo Contrada, il vice-questore di Palermo condannato in primo grado a 10 anni di carcere per associazione a delinquere di stampo mafioso.

L'autore, giornalista siciliano del Corriere della Sera che da molti anni si occupa di fatti di mafia, è innocentista: ritiene che non vi fossero prove sufficienti per condannare Contrada. Espone la sua tesi con serietà e passione, e non fa discendere da ciò alcuna delegittimazione della procura di Palermo, che ha sostenuto l'accusa in quel processo.

Il libro è interessante proprio per questo: perché dimostra che si può criticare la procura di Palermo senza denigrarla, ci si può preoccupare con giusta passione dei diritti degli imputati senza ritenere che i magistrati siano degli aguzzini, si può non essere d'accordo con i pubblici ministeri in un processo e rimanere grati al lavoro che per nostro conto svolgono al rischio della loro vita.

 

 


 

Salvatore Lupo, Storia della mafia, Roma, Donzelli, 1994.

Si tratta del volume più completo e documentato sulla storia della mafia dall'Unità d'Italia ad oggi. E un po' arduo da leggere, ma è sicuramente prezioso per chi voglia davvero approfondire l'argomento: con impegno, ma con notevole soddisfazione.

 


 

Christopher Duggan, La mafia durante il Fascismo, Soveria Mannelli (CZ), Rubbettino, 19..

Volume essenziale per capire i diversi aspetti dell'intervento del prefetto Mori in Sicilia e la politica del Fascismo contro la mafia. Scritto da un giovane (all'epoca) ricercatore inglese è frutto di un lavoro molto serio e di lunga durata.

Con un introduzione di Dennis Mack Smith.

Proprio recensendo questo libro, Leonardo Sciascia lanciò l'infelice polemica sui "Professionisti dell'antimafia". Di quella polemica, a distanza di anni, si potrà tuttavia salvare un punto: che la lotta alla mafia non può che essere combattuta nel rispetto dello stato di diritto, senza alcuna scorciatoia autoritaria, come la storia del rapporto tra mafia e Fascismo - così ben delineata da questo libro - ampiamente dimostra.

 


 

Pino Arlacchi, La mafia imprenditrice, Bologna, Il Mulino, 1983

Il libro cerca di ripercorrere la storia della mafia dagli anni Cinquanta agli anni Settanta. E' oggi un po' datato, ed in parte lo stesso autore ha cambiato posizione su alcuni punti.

Risente in particolare del fatto di essere stato scritto prima del maxiprocesso di Palermo e quindi delle testimonianze di Buscetta e di altri pentiti che hanno consentito di riscrivere la storia della mafia su basi informative molto più robuste.

Tuttavia resta prezioso per alcuni passaggi chiave, ed in particolare per i rapporti con il potere politico siciliano negli anni Cinquanta e Sessanta, per la definizione di "mafia imprenditrice" che molto successo ha avuto in seguito, per l'accuratezza con la quale vengono per la prima volta in Italia delineati alcuni aspetti economici del potere mafioso.

 


 

Luciano Violante, I corleonesi. Mafia e sistema eversivo, Roma, L'Unità, 1994.

Libro - scritto sotto forma di intervista a Giuseppe Caldarola - e' molto documentato sulla mafia degli anni Settanta e Ottanta, ed in particolare - come suggerisce il titolo - sull'ascesa al potere in Cosa Nostra delle famiglie corleonesi di Liggio e Riina.

E' di difficile reperimento in quanto è stato pubblicato come supplemento economico al quotidiano "L'Unità".

 


 

Fabrizio Calvi, La vita quotidiana della mafia dal 1950 ad oggi, Milano, Rizzoli, 198.

Il volume, non straordinario sul piano scientifico ma di piacevole lettura, cerca di ricostruire le carriere di alcuni boss, anche minori, per entrare nella mentalità e nella vita di tutti i giorni degli uomini di Cosa Nostra. La principale fonte utilizzata da Calvi è la testimonianza di Buscetta, pubblicata in occasione del maxiprocesso.

L'autore è un giornalista francese, di chiara origine italiana.

 


 

Mario Centorrino, L'economia mafiosa, Soveria Mannelli (CZ), Rubbettino, 1986

Mario Centorrino, I conti della mafia, Soveria Mannelli (CZ), Rubbettino, 1993

Mario Centorrino, Economia assistita da mafia, Soveria Mannelli (CZ), Rubbettino, 1995

L'autore è un professore di economia dell'Università di Messina, che si dedica da molti anni al tema dei rapporti tra mafia ed economia. Dei tre libri, il primo pone le basi di un'analisi economica della mafia, il secondo fa il punto e un po' di necessaria chiarezza sulle cifre che diverse fonti producono relativamente all'ammontare dell'economia criminale in Italia, il terzo infine propone alcuni aggiornamenti dei discorsi già sviluppati in precedenza e soprattutto cerca di definire gli effetti della mafia sull'economia locale.

La tesi fondamentale di Economia assistita da mafia è che il sottosviluppo economico va considerato più un effetto della mafia che non la sua causa.

 


 

Ada Becchi, Guido Rey, L'economia criminale, Bari, Laterza, 1994

Scritto in forma di dialogo intervista, necessita di qualche conoscenza di base di economia per essere letto con profitto, ma è molto chiaro e interessante. Ha anche il pregio di affrontare i problemi dei rapporti tra mafia ed economia a 360 gradi.

 


 

Gianni Piazza, La città degli affari, Soveria Mannelli (CZ), Rubbettino, 1994

Interessante studio sui rapporti tra mafia e politica in un'amministrazione locale. L'autore ha infatti studiato gli appalti gestiti dal Comune di Catania per venti anni, cercando di vedere quante e quali imprese sono state più spesso affidatarie di lavori, quali tecniche amministrative sono state adottate dalle diverse giunte comunali, quali personaggi politici e uomini d'affari sono stati coinvolti in questa gestione. Ne esce un quadro molto preciso, utile per chiunque si voglia occupare di amministrazione locale anche in regioni di non tradizionale insediamento mafioso. Richiede discrete competenze giuridiche per essere letto.

 


 

Isaia Sales, Leghisti e sudisti, Bari, Laterza, 1993

Il libro non ha come tema centrale quello della mafia, ma trattando di problemi più generali della politica del Sud, si sofferma anche sul problema della criminalità organizzata. Viene qui segnalato perché è tra i libri più acuti nel mettere in evidenza certe abitudini politiche che oggi definiremmo da "Prima repubblica", ma la cui conoscenza è essenziale per gettare le basi di un nuovomodo di far politica in Italia.

Presentazione di Nicola Tranfaglia

 


 

Fabio Castillo, I cavalieri della cocaina, Castrovillari (CS), Teda Edizioni, 1992 (ed. originalne, 1987)

Il libro ha avuto in Italia poca diffusione, ed è un peccato perché racconta con dovizia di particolari ed uno spessore narrativo notevole la storia del narcotraffico colombiano dalle origini (quando riguardava soprattutto le droghe leggere) alla metà degli anni Ottanta.

Per noi questa storia è doppiamente utile: perché oggi i narcos colombiani hanno stretti rapporti con la criminalità italiana, ed in particolare con la 'ndrangheta, e perché alcuni momenti della storia colombiana, con la loro tragicità, sono molto vicini a quanto anche in Italia abbiamo vissuto.

 


 

Leonardo Sciascia, Il giorno della civetta, Torino, Einaudi, 1961, in edizione economica Einaudi Tascabili, Torino, 1990.

E' il più classico romanzo sulla mafia scritto in Italia, ed è anche una storia appassionante ed una lettura piacevole, come quasi sempre i libri di Sciascia.

Narra la storia di un omicidio irrisolto, del conflitto di un carabiniere venuto dal Nord con la mafia in un piccolo centro della Sicilia, delle difficoltà che esistevano nel fare indagini di mafia in Sicilia negli anni Cinquanta.

Recentemente è stato criticato da Pino Arlacchi, perché, a suo dire, dà un'immagine quasi "mitica", e dunque "positiva" del boss mafioso protagonista. Una rilettura del libro, tuttavia, ha confermato i nostri ricordi: il romanzo non solo è bello, ma anche ben fatto sul piano della ricostruzione storica e politica.

Dal romanzo e' stato tratto un film (nel 1968) di Damiano Damiani, con Giuliano Gemma e Claudia Cardinale, che e' uno dei piu' classici film sulla mafia italiani.

 


 

Leonardo Sciascia, A ciascuno il suo, Torino, Einaudi, 1966, riedito a Milano, Adelphi, 1988

Ha la struttura classica del giallo. Scritto in modo magistrale, narra dell'omicidio di due notabili in un piccolo comune siciliano. La trama, cosi' come ne Il giorno della civetta, si sviluppa tra due chiavi diverse di interpretazioni del delitto: l'onore ferito di un marito tradito, o gli interessi mafiosi?

Dal romanzo e' stato tratto nel 1967 un bellissimo film di Elio Petri, con un'interpretazione impareggiabile di Gian Maria Volonte'.

 


 

Leonardo Sciascia, Il mare color del vino, Torino, Einaudi, 19..

Raccolta di racconti ambientati in Sicilia, dove spesso si trovano delle tracce di un ambiente permeato da elementi mafiosi. Di particolare interesse il breve racconto intitolato Filologia, nel quale due personaggi - che si scoprirà essere due appartenenti alla mafia - discutono sull'origine della parola mafia.

 


 

Sebastiano Vassalli, Il cigno, Torino, Einaudi, 1993.

Il libro ricostruisce il caso dell'omicidio Notarbartolo, forse il primo "omicidio eccellente" della storia della mafia, avvenuto nel 1893. Si tratta di un libro coraggioso, se non altro perche' scritto da un autore piemontese, alla ricerca - secondo quanto piu' volte ha dichiarato - delle origini storiche del carattere degli italiani.

Sul piano letterario, probabilmente non è tra le prove migliori di Vassalli (è un romanzo solo bello, mentre altri suoi sono straordinari), ma sul piano della ricostruzione della storia politica e sociale siciliana e' molto convincente, mostrando come il problema dei rapporti tra mafia e politica abbia radici molto antiche.

Cosa Nostra

Cosa Nostra è l'organizzazione mafiosa più importante d'Europa e tra le più importanti del mondo. Ha una struttura gerarchica, paramilitare, con precise regole di comportamento. Sul territorio esercita funzioni di sovranità ed impone una fiscalità illegale generalizzata, il cosiddetto" pizzo". Le sue principali sedi sono in Sicilia (Palermo, Trapani, Marsala, Agrigento, Catania), ma ha ramificazioni, oltre che in molte regioni italiane, negli Stati Uniti, in Canada, in Germania, in Svizzera, in Francia, in Gran Bretagna ed in Russia. Conta circa 5000 affiliati ed almeno 20.000 fiancheggiatori. Il vertice è costituito dalla "Cupola", una sorta di commissione che raccoglie i capimandamento . Gli attuali capi di Cosa Nostra appartengono al gruppo dei Corleonesi , i viddani, così definiti dai mafiosi di Palermo per i loro modi rozzi e violenti: Totò Riina, Bernando Provenzano, Leoluca Bagarella. Questa organizzazione è responsabile di omicidi che hanno scosso tutto il mondo civile, come le stragi di Capaci e D'Amelio, nelle quali, tra gli altri, hanno perso la vita i magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Ha scritto Luciano Violante, ex presidente della commissione parlamentare antimafia : "La mafia si comporta come un potere politico totalitario : ha ucciso politici, magistrati, poliziotti. Ma ha ucciso anche giornalisti : ed è questo il segno più evidente del totalitarismo. Solo lo stalinismo e il nazismo hanno ucciso chi combatteva con lo strumento del pensiero e delle parole".

Le origini
Cosa Nostra nasce nella Sicilia occidentale ai primi dell'Ottocento. Le sue origini sono strettamente legate a quelle del latifondo che domina la struttura produttiva della Sicilia fino ai primi del Novecento. Da una parte ci sono i contadini miserabili ; dall'altra la nobiltà terriera, erede assenteista di uno degli ultimi sistemi feudali d'Europa. Fra gli uni e gli altri, c'è un ceto spregiudicato e violento di massari, campieri, gabellotti, fattori che svolge funzioni di controllo, gestione ed intermediazione della proprietà e della produzione, tenendo a bada la latente violenza di quella smisurata platea di nullatenenti che popola le campagne siciliane. Cosa Nostra nasce nel momento in cui i gabellotti, spesso circondati da scherani dal passato di gesta violente, smettono di lavorare a nolo e, attraverso la privatizzazione della violenza, danno vita a sette, confraternite, gruppi, cosche. Il primo documento in cui si allude a una cosca mafiosa è del 1837 : il procuratore generale, presso la gran corte criminale di Trapani Pietro Calà Ulloa, scrive ai suoi superiori a Napoli, per segnalare strane fratellanze impegnate in attività criminali, come il riscatto di bestiame rubato, che corrompono anche impiegati pubblici. È comunque la rappresentazione del dramma popolare "I mafiusi di la Vicaria", scritto nel 1863 da Giuseppe Rizzotto e Gaetano Mosca, poi tradotto in italiano, napoletano e meneghino, a fare del termine mafia un'espressione corrente, usata per indicare un gruppo di individui spavaldi e violenti, legati da rapporti misteriosi e temibili, dediti ad azioni per lo più criminose.


 I Boss di Cosa Nostra

"Sono a conoscenza che la Regione (la Commissione regionale, l'organismo più importante di Cosa Nostra in Sicilia, nda) è attualmente formata da Salvatore Riina e Bernardo Provenzano, da Giuseppe Madonia, da Angelo Barbero da Catania e da Benedetto Santapaola. Il numero uno è sicuramente Totò Riina e subito dopo viene Giuseppe Madonia. Questi due membri della Regione mi sono stati anche indicati come Rappresentanti Mondiali a Palermo, nel senso che vi è un altro organismo più in alto che comanda tutte le famiglie di Cosa Nostra sparse nel mondo...". Così il 30 giugno del 1992 il pentito Leonardo Messina rivela ad un pool di magistrati la struttura e gli uomini di Cosa Nostra. Un organismo aggiornato che consente l'operazione Leopardo, con l'arresto di centinaia di mafiosi, e contribuisce alla cattura di Madonia e infine di Riina. Oggi a capo di Cosa Nostra ci sarebbe Bernardo Provenzano che molti credevano morto. S'è rifatto vivo dopo l'arresto di Riina con una lettera inviata al presidente del Tribunale di Palermo. Fotografie vecchie di 30 anni lo descrivono come un tipo biondo e tarchiato. Nessuno da allora lo ha più visto, ma tutti i pentiti sono concordi nel definirlo una belva assetata di sangue, proprio come Riina, del quale è stato compagno di giochi e di nefandezze. La sua morte era stata data per certa nell'aprile del 1992 quando la moglie, Saveria Palazzolo, ricomparve in paese assieme ai tre figli dopo un'assenza di dieci anni. Come se non fosse successo nulla in tutto quell'arco di tempo, la donna riaprì la vecchia casa e riprese a vivere in mezzo alla gente, lasciando di stucco tutti, compresi i rappresentanti delle forze dell'ordine. Accanto a Provenzano, fino al 20 maggio del 1996, c'era Giovanni Brusca, considerato il capo dell'ala militare di Cosa Nostra. Figlio di Bernardo, ex componente della "commissione" nella sua qualità di boss della famiglia di san Giuseppe Iato, è accusato di crimini orrendi come la strage di Capaci (fu lui ad azionare il congegno che fece saltare in aria il giudice Falcone, la moglie e gli uomini della scorta), gli attentati a Roma, Milano, e Firenze e l'omicidio di Giuseppe Di Matteo, 11 anni, figlio di un collaboratore di giustizia, strangolato e dissolto nell'acido. Trentasei anni, latitante dal 1990, è stato arrestato assieme al fratello Vincenzo nell'agrigentino mentre alla televisione stava vedendo il film di Michele Placido sulla strage di Capaci. Dopo la cattura di Brusca, oltre a Provenzano, capo indiscusso dell'ala "politica" di Cosa Nostra, alla macchia resta Pietro Aglieri, a cui spetta il compito di ricucire le fila e di rilanciare la mafia sfiancata dagli attacchi concentrici dei pentiti.

Le stragi di Capaci e di via D'Amelio hanno costituito uno spartiacque nella lotta contro la mafia. Molti mafiosi, tra cui boss del calibro di Totò Riina, Giuseppe Madonia e Nitto Santapaola sono finiti in galera, tantissimi altri invece hanno cominciato a collaborare con la giustizia, dando ai giudici un filo da tirare che ha smagliato tutto un tessuto di amicizie e interessi. Sono stati chiamati in causa personaggi di primo piano, come l'ex presidente del Consiglio Giulio Andreotti, l'ex presidente della prima sezione della Corte di Cassazione, Corrado Carnevale e l'ex capo dei servizi segreti in Sicilia ,Bruno Contrada
 

DOVE REGNANO LE FAMIGLIE :
Palermo
Corleonesi (Bernardo Provenzano), Madonia (San Lorenzo), Greco (Ciaculli), Vernengo e Marchese (Corso dei Mille), Fidanzati (Arenella), Aglieri (S> Maria del Gesù)
Trapani
Agate (Mazara del Vallo), Evola (Castellammare).
Agrigento :
Grassonelli (Porto Empedocle), Di Caro, Ferro (Canicattì), Ribisi, Allegro (Palma di Montechiaro), Caruana e Cuntrera (Siculiana).
Gela
Madonia, Jocolano.
Catania
Santapaola, Ferrera, Pillera, Garozzo, Pulvirenti (Misterbianco).
Messina
Costa, Garofalo, Milone (Barcellona).
Capo d'Orlando
Bontempo, Scavo, Galati, Giordano.


Il Procuratore di Firenze Piero Luigi Vigna
 

E NO, E NO CHE NON MI PENTO.....
La trascrizione dell'interrogatorio a Riina, condotto dai procuratori Vigna e Caselli

 

 

PIER LUIGI VIGNA: Oggi è il 22 aprile del 1996. Sono le ore 17.35, siamo nell'aula bunker di Firenze. Io sono Vigna, procuratore di Firenze, e accanto a me c'è Gian Carlo Caselli, procuratore di Palermo (..) Il discorso che volevo fare a lei signor Riina è questo: c'è ormai una enorme mole di sentenze, le quali dicono che Cosa Nostra esiste; c'è un numero rilevante di persone le quali dicono che lei è il capo di Cosa Nostra, allora il pensiero che è venuto a me, è di sapere se lei è disposto a parlare...
SALVATORE RIINA: La prego, non pronunzi neanche la parola.
VIGNA: Se lei era disposto...
RIINA: Dottore, la prego si fermi li'.
VIGNA: No, io finisco.
RIINA: Si fermi li' e non vada più avanti.
VIGNA: Mi scusi Riina, mi faccia finire il mio pensiero, perchè ho l'impressione ...
RIINA: Lei ha sbagliato persona.
VIGNA: No...
RIINA: Lei e il dottor Caselli avete sbagliato persona.
VIGNA: Lei non sa quello che stavo per finire di dire. Quindi è inutile mettersi ad urlare. Come mai urla così ?
RIINA: Perchè voi sbagliate persona.
VIGNA: Ma non è questione, se lei non fa finire il discorso non può sapere se io ho sbagliato persona. Non penserà mica che io sia venuto qui a chiedere atteggiamenti di collaborazione a lei?
RIINA: Lei parla di sentenze.
VIGNA: Ho detto , ho parlato....
RIINA: In quelle parole dice tanto, dice tutto, dice tante cose.
VIGNA: No, dice poco, dice decisione....di sentenze nelle quali si parla di Cosa Nostra. Le ho detto che ci sono una serie di persone che indicano lei....
RIINA: Lei non si preoccupi.
VIGNA: ...come capo di Cosa Nostra.
RIINA: Non si preoccupi, dottore Vigna, di questo.
VIGNA: Il mio discorso,io me ne preoccupo...
RIINA: Non si preoccupi per me.
VIGNA: Io me ne preoccupo, ma mica per lei, me ne preoccupo per il modo in cui si fanno le indagini. Allora era semplicemente sapere se lei era disposto a ragionare di questa realtà rappresentata da Cosa Nostra, dalla sua posizione, alla quale un monte di persone attribuiscono un monte di fatti....
RIINA: La prego di risparmiare fiato, dottor Vigna, la prego di risparmiare fiato.
VIGNA: Perchè?
RIINA: Mi manda...è stato un giorno buttato la', sono digiuno, sono....ho mal di reni, mi manda per i fatti miei, mi lasci stare tranquillo.
GIAN CARLO CASELLI: c'è questo rifiuto anche di ascoltare un'ipotesi di discorso.
RIINA: Non ho niente da ascoltare, perchè ho già capito qual'è tutto il discorso, dottor Caselli. L'aspettavo....anzi era....aspettavo che veniva proprio lei e il dottor Vigna, perchè l'aspettavo questo discorso da parecchio tempo.
VIGNA: E dal momento che lo aspettava....
RIINA: E perchè a voi altri vi preme questo discorso.
CASELLI: E quale sarebbe questo discorso?
RIINA: Questo discorso che mi state facendo questa sera.
CASELLI: Molte volte noi leggiamo così, anche dalle cronache pubbliche....
RIINA: Legga, legga pure, lo leggo pure io, quindi..
CASELLI: ...di sue affermazioni, anche molte volte perentorie, secondo cui tutto sarebbe così , usiamo questa espressione anche se non sono proprio le sue parole, combinato fra i pentiti che andrebbero a braccetto e via seguitando. Di questo avere elementi di valutazione, di conoscenza più....
RIINA: Scusi dottore mi faccia il piacere, io non parlo, ho il diritto di non rispondere. Non vorrei fare la figura del maleducato, non vorrei rispondere e la pregherei, vi pregherei di lasciarmi qua e chiudiamo come che non è successo niente.
VIGNA: Non ha una ragione da indicare..
RIINA: Le ragioni sono mie personali, e me le tengo per me.
CASELLI: Posso provare a chiederle soltanto se vuole spiegarci meglio la frase: "Vi aspettavo voi due"?
RIINA: Perchè ho letto, sento la televisione e quindi mi basta questo. Cioè dove mirate e dove volete arrivare...
CASELLI: A fare il nostro lavoro, il nostro dovere.
RIINA: Fate, fate, continuate a farlo.
VIGNA: Allora..
RIINA: Fate il vostro lavoro.
VIGNA: Certo. Vorrei vedere.
RIINA: Per l'amor di Dio, chi ve lo impedisce?
VIGNA: Lei di sicuro no. (..) Fare i procedimenti vuol dire anche sentire le ragioni degli altri. Capito?
CASELLI: È presente il suo avvocato, quindi con tutte le garanzie del mondo.
VIGNA: Allora si può porre fine all'interrogatorio e si fa un verbale riassuntivo.
RIINA: Si, si.


 

La 'Ndrangheta

La 'ndrangheta è oggi una delle organizzazioni criminali più potenti. Non priva di rapporti con uomini politici e servizi segreti deviati, è meno esposta, rispetto a Cosa Nostra, alle infiltrazioni esterne ed al fenomeno del pentitismo, ma soprattutto ha ramificazioni in mezzo mondo : dalla Lombardia, al Piemonte, dalla Valle d'Aosta alla Liguria, dalla Toscana al Veneto, dall'Emilia Romagna alla Francia, dalla Germania alla Russia, dalla Spagna alla Svizzera, dalla Bulgaria all'ex Jugoslavia, dalla Bolivia agli Stati Uniti, dal Canada all'Australia. Una delle più efficaci definizioni sulla mafia calabrese l'ha data Julie Tingwall, sostituto procuratore dello Stato della Florida a Tampa : "È invisibile, come l'altra faccia della luna". Se alla capacità di mimetizzarsi, soprattutto all'estero, si aggiunge la sottovalutazione del fenomeno, soprattutto in Italia, si può capire come la 'ndrangheta sia riuscita a prosperare, quasi indisturbata. Fino a qualche anno fa, infatti, molti la ritenevano un'accozzaglia di criminali, dedita al pizzo ed ai sequestri di persona. Secondo una recente relazione della Dia, la Direzione Investigativa Antimafia, conta 155 cosche e circa 6.000 affiliati. Il rapporto tra popolazione/affiliati ai clan è del 2,7%. Nelle altre regioni il rapporto è rispettivamente di 1,2% in Campania, 1% in Sicilia e del 2% in Puglia.

                                                      Le origini
Nasce e si afferma nella seconda metà dell'Ottocento la 'ndrangheta in Calabria, una regione dal tessuto economico fragile, priva di un significativo apparato industriale e con deboli ceti imprenditoriali. Clan di picciotti, da cui il nome Picciotteria vengono segnalati nel circondario di Palmi (Maropati, Gioia Tauro, Sinopoli, Iatrinoli, Radicena, Molochio, Polistena, Melicuccà, San Martino di Taurianova, la stessa Palmi), nella Locride (San Luca, Africo, Staiti, Casalnuovo) e nella cintura di Reggio Calabria (Fiumara, Villa San Giovanni, la stessa Reggio Calabria). Uno dei documenti più interessanti di quel periodo è una denuncia anonima inviata nel 1888 al prefetto di Reggio Calabria, Francesco Paternostro, che rivela l'esistenza a Iatrinoli, uno dei tre borghi che poi dettero vita a Taurianova, di una "setta che nulla teme"


 
Sacra Corona Unita
E' stata battezzata la quarta mafia e, secondo alcuni dati resi noti dall'Osservatorio sui fenomeni criminali dell'Eurispes, conta 47 clan e 1561 affiliati. È un'organizzazione minore rispetto alle altre mafie, per presenza sul territorio e per giro d'affari. Quasi tutti i suoi capi conosciuti sono stati arrestati.

     Le origini
È Raffaele Cutolo ad allungare per primo sulla Puglia i tentacoli della Nuova Camorra Organizzata. Il boss napoletano affida a Pino Iannelli e Alessandro Fusco l'incarico di dare vita ad una organizzazione chiamata Nuova Camorra Pugliese che, di fatto, nasce nel 1981. E almeno fino al 1982 ci riesce. Poco più tardi arriva lo sganciamento dalla camorra. Prendono corpo così le prime organizzazioni mafiose pugliesi : la Sacra Corona Unita nel Salento e La Rosa a Bari. La Sacra Corona Unita viene fondata da Giuseppe Rogoli nel carcere di Lecce la notte di Natale del 1983. Rogoli, di Mesagne, condannato in primo grado all'ergastolo per l'omicidio del titolare di una tabaccheria di Giovinazzo, in provincia di Bari, era stato iniziato alla 'ndrangheta nel carcere di Porto Azzurro da un esponente di primo piano della mafia calabrese, Umberto Bellocco, di Rosarno. Ma, come sottolinea Guido Ruotolo, nel suo libro "La quarta mafia", c'è anche chi fa risalire la scoperta dell'esistenza della mafia pugliese a qualche mese prima. Esattamente al 5 ottobre del 1983, quando uno spacciatore di eroina, Vittorio Curci, confida ai magistrati di Bari di aver assistito, in piena notte, in una casa di Acquaviva delle Fonti - piccolo centro alle porte di Bari, conosciuto in tutta Italia come la capitale delle bandi musicali - ad una strana cerimonia di affiliazione a una associazione segreta. Il capo cerimoniere si chiamava Oronzo Romano, il "battezzato", Giovanni Dalena. Dal 1987, con la "benedizione" di Rogoli, si afferma a Bari "La Rosa" che, sotto il controllo del clan dei Romano di Acquaviva delle Fonti, mantiene rapporti con la famiglia Fidanzati, per il commercio della cocaina. Il Salento, comunque, resta l'epicentro della c.d. quarta mafia.


 

Camorra

È l'unico fenomeno mafioso che ha origini urbane. Pervasiva, controlla in modo ossessivo il territorio ed ha un altissimo rapporto di integrazione con gli strati più poveri della popolazione. Ha solidi legami con gli ambienti politici come dimostra l'alto numero di richieste di autorizzazione a procedere nei confronti di parlamentari campani (tra i più noti gli ex ministri Antonio Gava e Cirino Pomicino). Attualmente in Campania opererebbero complessivamente circa 111 famiglie ed oltre 6.700 affiliati. Insediamenti della camorra sono segnalati in Olanda, Germania, dove opererebbe il gruppo Licciardi-Contini-Mallardo, in Romania (Alfieri), in Francia, con il gruppo che fu di Michele Zaza, in Olanda e Scozia (La Torre), in Spagna e Portogallo, dove sono presenti i "Casalesi" ed a Santo Domingo, dove opererebbe un gruppo del clan Bardellino.
 

Le origini
La Camorra nasce, agli inizi del secolo scorso, nella città di Napoli. In un archivio di polizia è stata trovata la documentazione di un "processo" svoltosi davanti al tribunale della camorra, la cosiddetta "Grande Mamma", risalente al 1819 . La camorra è stata più volte utilizzata dalla politica, sin dal secolo scorso : dai Borboni contro i liberali, prima ; dai liberali contro i Borboni dopo. Costituitosi lo Stato Unitario, è stata chiamata più volte in campo per condizionare risultati elettorali. È l'unica organizzazione criminale che su espresso invito è addirittura riuscita a far parte di un corpo di polizia . Nel corso della sua storia, ha avuto un andamento carsico. Ha scritto la Commissione Antimafia nel 1993 : "La sua duttilità, la sua stretta integrazione con società, politica ed istituzioni, le hanno consentito, in momenti di difficoltà lunghi periodi di mimetizzazione nella più generale illegalità diffusa che caratterizza la vita dei ceti più poveri di Napoli al termine dei quali è emersa con forza". Un importante studio di fine Ottocento (G. Alongi) la considera un relitto storico. Nel 1915 l'allora capo della camorra Del Giudice la dichiara sciolta ed il fascismo si vanta della sua soppressione.


  

La Struttura della Camorra

La camorra è costituita da un insieme di bande che si compongono e si scompongono con grande facilità. Questa struttura pulviscolare, come scrive ancora la commissione antimafia nella sua relazione sulla Camorra (1993) è stata sostituita da una organizzazione gerarchica solo in due occasioni negli ultimi decenni. "Prima, nella seconda metà degli anni Settanta, dalla Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo e poi, verso la fine degli anni Settanta, dalla Nuova Famiglia di Bardellino-Nuvoletta-Alfieri, sorta, d'intesa con Cosa Nostra, per contrastare Cutolo, e perciò modellata sugli stessi caratteri dell'organizzazione cutoliana. Nel 1992 Alfieri tentò di costruire un'organizzazione unitaria, secondo lo schema siciliano, chiamata significativamente Nuova Mafia Campana". Tutti gli esperimenti sono cessati dopo pochi anni. Spiega la commissione anti-mafia : "La Nco è finita nel 1983, per l'indebolirsi delle alleanze politiche, la riduzione delle fonti di finanziamento ed i colpi ricevuti dagli avversari. La Nuova Famiglia cessò nello stesso periodo per il venir meno della ragione dell'alleanza dopo la sconfitta di Cutolo. La Nuova Mafia Campana fu più un'aspirazione che una realizzazione". A differenza di Cosa Nostra e della 'ndrangheta, nella camorra non ci sono particolari criteri di selezione, né strutture rigide o rituali di iniziazione. L'unico a delineare uno statuto ed a dare all'organizzazione una gerarchia interna è stato Cutolo . Lui nella Nuova Camorra Organizzata era il "Vangelo", i componenti della direzione strategica erano detti "santisti", "sgarristi" e "capizona", mentre alla base c'era i picciotti. La cerimonia di affiliazione (o "fedelizzazione") doveva rafforzare lo spirito di gruppo soprattutto nei giovani chiamati a contrastare l'espansione di Cosa Nostra che, come avvertiva Cutolo, voleva colonizzare la camorra.


 

Operazione CHEQUE TO CHEQUE

1 GIUGNO 1996 : Una trentina di ordinanze di custodia cautelare in carcere con l'accusa di associazione per delinquere, traffico di armi e di materiale radioattivo, oro e titoli di credito sono state eseguite nei confronti di cittadini italiani e stranieri nell'ambito dell'inchiesta "Cheque to cheque", condotta dalla Procura di Torre Annunziata sulle organizzazioni internazionali dedite al riciclaggio di danaro. Nel corso dell'operazione dei carabinieri sono state eseguite oltre duecento perquisizioni in tutta Italia ed invitate una ventina di informazioni di garanzia. Tra i destinatari vi sarebbero il leader dei nazionalisti russi Vladimir Zhirinovski, l'arcivescovo di Barcellona Ricard Maria Charles, il notaio di Basilea Hans Keung, Licio Gelli ed il figlio Maurizio, nonché il presunto trafficante di armi Saud Omar Mugne, imprenditore di origine somala residente in Italia. Quest'ultimo sarebbe ritenuto collegato con vicende che hanno portato all'omicidio della giornalista della Rai Ilaria Alpi ed alla strage di Loockerbie. Gli ordini di custodia cautelare emessi dal gip Tommaso Mirando sono complessivamente 32, di cui 13 riguardano cittadini stranieri residenti in Germania, Slovenia, Canada, Francia, Austria, Olanda e Svizzera. Sono stati inoltre notificati 31 avvisi di garanzia per reati che vanno dal riciclaggio di denaro, al traffico di armi e materiale radioattivo, all'intermediazione valutaria abusiva, al contrabbando di titoli di credito. Tra i destinatari delle informazioni di garanzia figura il professore di diritto economico dell'Università di Barcellona, Ignazio Sala. Le perquisizioni eseguite, circa 150, sono state compiute tra l'altro nelle abitazioni di Gelli e nelle sedi della società "Scifco", e della impresa "Edilter" di Bologna, collegate a Said Omar Mugne.

Il leader dei nazionalisti russi Zirinowski è accusato di traffico di materiale radioattivo (mercurio rosso, osmio e plutonio), fornitigli da alcuni trafficanti della Bielorussia. L'arcivescovo di Barcellona è accusato di intermediazione valutaria abusiva, per la vendita di 100 milioni di dollari attraverso lo Ior, la banca vaticana, realizzata con l'intermediazione del professore Sala e del notaio Keung. Tra i destinatari delle ordinanze di custodia figura Rodolfo Meroni, socio dello studio Meroni-Muller-Lanter di Zurigo, legato all'agente della Cia Roger D'Onofrio, arrestato nei mesi scorsi nell'ambito della stessa inchiesta. Gli sviluppi dell'inchiesta "cheque to cheque" sono basati, in particolare, sulle rivelazioni di Francesco Elmo, un "faccendiere" arrestato nell'ottobre 1995, legato al Sismi e al colonnello Mario Ferraro. Collaborazione è stata offerta anche dal maggiore dell'Esercito Pierangelo Quinti, coinvolto nell'inchiesta, da Enrico Urso e da Riccardo Marocco. Questi sarebbero intermediari che il "ramo italiano" dell'organizzazione utilizzava per il riciclaggio e la vendita di oro e valuta. L'inchiesta ha messo in luce una "rete" di rapporti finanziari internazionali realizzati attraverso un meccanismo denominato "Roll Program".

10 GIUGNO 1996 - Trenta grammi di osmio (metallo raro utilizzato anche per costruire testatenucleari); documenti ritenuti «interessanti»; conti correnti per circa tre miliardi di lire. E' quanto hanno sequestrato i carabinieri nell'agenzia 2 della Banca di Roma di Mestre, nell'ambito dell'inchiesta «Cheque to cheque» sul traffico internazionale di armi e riciclaggio. Il sequestro era stato disposto dai pm del tribunale di Torre Annunziata Paolo Fortuna e Giancarlo Novelli. Sia i conti correnti sia le cassette con l'osmio sarebbero intestate al latitante Lorenzo Mazzega e al trafficante internazionale di armi Nicolas Oman, l'uomo che secondo gli inquirenti avrebbe avuto contatti con il leader nazionalista russo Vladimir Zhirinovsky. Gli sviluppi dell'operazione sono collegati alle rivelazioni del faccendiere Francesco Elmo, che da mesi sta collaborando con i magistrati della procura di Torre. Sarebbe stato Elmo a fare riferimento all'osmio, materiale che avrebbe notato durante la permamenza nel castello di Bland, in Slovenia, dove si trovavano Oman e il leader nazionalista russo. Tra il materiale sequestrato vi sono anche 14 carte di credito e documenti relativi alla donazione di un gruppo elettrogeno alla Croazia attraverso un centro della Caritas. Un decreto di sequestro di tutti gli eventuali depositi bancari in Italia che potrebbero riferirsi a Oman e a Mazzega è stato trasmesso dai pm all'Abi, l'agenzia interbancaria italiana.

24 GIUGNO 1996: Dodici ordini di cattura internazionali sono stati emessi dai magistrati della Procura di Torre Annunziata nell'ambito dell'inchiesta "Cheque to cheque" sul traffico di armi, valuta e materiale radioattivo. Si tratta di provvedimenti di "arresto provvisorio" nei confronti di persone gia' coinvolte nelle indagini che, in attesa di estradizione, saranno eseguiti attraverso le autorita' di diversi Paesi. Tra i destinatari figurano l'avvocato svizzero Rodolfo Meroni, il notaio viennese Franz Helm, lo sloveno Nicholas Oman ed il canadese Dennis Moorby.

Cosa Nostra negli Stati Uniti         gangsterpic.GIF (26330 byte)

GENOVESE  :
È la famiglia mafiosa più forte d’America. Conta circa 300 affiliati. Il boss è Vincent "Chin" Gigante, 68 anni, ex braccio destro di Vito Genovese. Dopo l’arresto di Gotti, boss della famiglia Gambino, è quella sua la voce più autorevole in seno a Cosa Nostra americana. Il quartier generale della famiglia è a Manhattan, presso il Triangle Civic Improvement Association nel Greegwich Village..
ATTIVITÀ
 :
Estorsioni, appalti, raccolta dei rifiuti (New York e New Jersey), controllo dei porti di Newark ed Elizabeth e del Fulton, il mercato del pesce. La famiglia Genovese è coinvolta anche nel gioco d’azzardo, usura, traffico di droga (New York, nella parte nord del New Jersey e nel Connecticut). In calo l’influenza che aveva sul sindacato dei muratori e dei carpentieri e sul Jacob K. Javits Convention Center, storico crocevia degli intrecci politico-mafiosi.
GAMBINO :
Conta circa 200 affiliati. Il boss John Johnny Boy Gotti, Sr., 55 anni, gambino.gif (11461 byte)sta scontando una condanna all’ergastolo in un carcere di massima sicurezza dell’Illinois. A farne le veci, a capo della famiglia, sarebbe il figlio, John Jr., 32, che vive a Massapequa (Long Island). Tre sarebbero i capiregime : Peter Gotti, 54, di South Ozone Park, Queens ; Nicholas Corozzo, 56, di Brooklyn e Jack D’Amico, 62, di Lower Manhattan. Due i quartier generali: il Bergin Hunt and Fisch Club (lato sud della 101st Avenue ed il famigerato Ravenite Social Club, sito al 247 di Mulberry Street, nella Little Italy, dove l’Fbi, attraverso una serie di intercettazioni ambientali, ha raccolto molte prove che hanno poi confermato in sede dibattimentale le accuse di Sammy Gravano contro John Gotti.
ATTIVITA’ :
La famiglia Gambino è coinvolta nel gioco d’azzardo, usura, traffico di droga (New York City e nella periferia nord, New Jersey, Connecticut e Long Island). In calo l’influenza della famiglia sul racket delle assunzioni, sul trasporto dei rifiuti solidi urbani e dei generi alimentari, nonché sul sindacato dei camionisti.
BONANNO :
Conta circa 100 affiliati. Joseph C. Massino, 53 anni, sarebbe il capo. Suo vice sarebbe invece Salvatore A. Vitale, 48, di Dix Hills (Long Island) mentre James Tartaglione, 59, svolgerebbe funzioni di consigliere.
ATTIVITÀ :
La famiglia Bonanno è coinvolta nel gioco d’azzardo, usura, traffico di droga e videopoker. Il potere di questa organizzazione mafiosa, secondo le autorità americane, sarebbe in crescita.
LUCCHESE :
Conta 50-60 affiliati. Vittorio Amuso, 61 anni, attualmente in carcere, dove sta scontando una condanna all’ergastolo, è il boss. A fare le sue veci sarebbe Joseph DeFede, 62, coadiuvato da Steven Crea (vicecapo ad interim), 48.
ATTIVITÀ :
La famiglia Lucchese è coinvolta nel giro dell’usura, traffico di droga, estorsione nel settore dell’edilizia. In calo la sua influenza nel settore dei trasporti industriali, controllo degli aeroporti, ma anche nel gioco d’azzardo e nell’usura nel New Jersey.
COLOMBO :
Conta circa 50-60 affiliati. Carmine Persico Jr., 63 anni, condannato all’ergastolo, detenuto, è il capo. Al suo posto ci sarebbe ora Andrew T. Russo, 62, di Old Brookville (Long Island), mentre Vincenzo Aloi, 62, sarebbe il consigliere della famiglia.
ATTIVITÀ :
La famiglia Colombo è coinvolta nel grosso giro del gioco d’azzardo e dei prestiti ad usura nell’area di Brooklyn, Queens e Long Island. È attiva anche nel traffico di droga.


20 GIUGNO 1996: La mafia russa investe in occidente, ed in particolar modo in Italia, gli ingenti proventi delle sue attivita' criminose. I suoi boss occupano posizioni strategiche nella finanza, nel commercio e nell'industria. Secondo una ricerca della Confcommercio, illustrata dal presidente Bille', la mafia russa tra il 1993 ed il 1995 avrebbe investito in Italia almeno 18-20.000 miliardi di lire, mentre sarebbero circa 800 mila i miliardi investiti nel mondo occidentale. Gli investimenti di mafia, 'ndrangheta e camorra, nel 1995, sarebbero stati di circa 70-80 mila miliardi.

 

La Mafia messicana
Per anni sono stati i corrieri dei narcos colombiani. A loro spettava il compito di eludere la sorveglianza dei yankee lungo quella striscia di terra che separa il Messico dagli Stati Uniti. Duemila miglia di confine: una brughiera, attraverso la quale passava di tutto. Oggi, dopo i duri colpi subiti dai cartelli di Medellin e Cali, le organizzazioni criminali messicane si sono messe in proprio e, come ha sottolineato di recente il capo della Drug Enforcement Agency, Thomas Constantine, costituiscono un'autentica minaccia per gli Stati Uniti. Hanno in mano il mercato delle metamfetamine, un tempo controllato dalle bande di motociclisti americane. Ma fanno affari anche con la cocaina, l'eroina e la marijuana. Attraverso il Messico passano ogni anno il 70 per cento della cocaina ed il 50 per cento della marijuana distribuite negli Usa. Cifre da capogiro, secondo le stime del National Narcotics Intelligence Consumers Committe. Dilagante è anche il fenomeno della corruzione.
L'organizzazione più rappresentativa - una sorta di sindacato - è la cosiddetta "Federazione" : bisogna, comunque, dire che nella mafia messicana le alleanze si saldano e si rompono a seconda delle circostanze e degli interessi. Frequenti e sanguinosi sono gli scontri tra bande rivali. Quattro le organizzazioni più potenti :
Il clan di Tijuana, che ha sede nell'omonima città nella baia della California Norte. Comandano i fratelli Arellano-Felix, Benjamin, Francisco e Ramon. Tra le organizzazioni criminali messicane, è quello più violento. Tra le sue vittime anche il cardinale Juan Jesu Posadas-Ocampo, ucciso nel 1993 all'aeroporto di Guadalajara. In quello stesso anno, in un'altra guerra di mafia che ha interessato questo gruppo e scoppiata a San Diego, in California, per il controllo del mercato delle metamfetamine, sono state uccise in pochi mesi 26 persone.
Il cartello di Sonora è controllato da Miguel Caro Quintero ed opera nel territorio compreso tra Hermosillo, Agua Prieta, Guadalajara e Culiacan, con addentellati anche negli stati messicani di San Luis Potosi, Sinaloa e Sonora. Rafael Quintero, fratello del boss, è attualmente in carcere in Messico per concorso in omicidio in relazione alla morte dell'agente speciale della DEA Enrique Camarena, torturato ed ucciso da uomini legati al cartello di Sonora. La zona di influenza di questo gruppo si estende anche alla California, Arizona, Texas e Nevada. Ha contatti con le maggiori organizzazioni colombiane.
Il cartello di Juarez è guidato da Amado Carillo Fuentes, il più potente trafficante di droga messicano. Questo gruppo è legato ai Rodriguez-Orejuela (cartello di Cali) e attraverso forme di parentela ai fratelli Ochoa (cartello di Medellin). Per anni, il cartello di Juarez ha trasportato droga negli Usa per conto dei narcos, anche attraverso l'uso di aeromobili. Nel 1989 alcuni corrieri di questo cartello vennero arrestati dalla DEA che, in quella circostanza, sequestrò a Sylmar (California) 21 tonnellate di cocaina per un valore di circa 12 milioni di dollari.
Il gruppo del Golfo, che ha la sua base in Matamoros, nello stato di Tamualipas, è guidato da Juan Garcia Abrego. Nel 1993 la DEA ha ricevuto alcune segnalazioni sulle attività di questo gruppo che avrebbe esportato negli Usa più di 30 tonnellate di cocaina, spingendosi a nord fino al Michigan, al New Jersey, allo stato di New York. Ai primi di ottobre del 1994 la polizia messicana ha arrestato Humberto Garcia Abrego, fratello del boss, per droga. Con lui in carcere sono finiti altri esponenti del gruppo del Golfo. Juan Garcia Abrego è stato invece arrestato il 14 gennaio 1996 dalle autorità messicane ed estradato negli Usa (Texas) dove deve rispondere dell'accusa di traffico di cocaina ed altri reati.
 


 

 

La Mafia dei muscoli

Taglieggiatori di professione. Violina Hristova, cronista di nera dello Standard News di Sofia, li ha definiti "Wrestlers Mafia": sono ex pugili, ex lottatori, ex poliziotti, ex uomini dei servizi di sicurezza che alle pistole preferiscono le mazze da baseball. Sono circa 4.000 ed oltre all'industria della "protezione", si occupano anche di droga e di riciclaggio di denaro sporco, senza disdegnare forme di corruzione nei confronti di funzionari pubblici e appartenenti alle forze dell'ordine. Secondo alcune stime, la mafia dei muscoli controllerebbe l'80% dei locali notturni e il 70% dei posti dove si pratica il gioco d'azzardo. Ed in almeno sei casino' avrebbe partecipazioni azionarie.
 


 

 

VazquesFO.gif (51123 byte)BOGOTÀ 16 settembre: Dopo 67 mesi di detenzione è ritornato oggi in libertà il narcotrafficante colombiano Fabio Ochoa Vazques - uno dei cinque capi dell’ormai dissolto Cartello di Medellin - , che era stato condannato a una pena di poco più di 8 anni di carcere. Lo scorso luglio erano stati rilasciati anche i suoi fratelli Jorge Luis e Juan David che, a loro volta, dopo essersi costituiti nel 1990 ammettendo i loro reati, hanno ottenuto una riduzione della metà delle rispettive condanne. I tre Ochoa erano considerati tra i capi del Cartello di Medellin, quando capo indiscusso era Pablo Escobar, il quale prima di essere ucciso in un conflitto a fuoco con la polizia, aveva come luogotenente Gonzalo Pablo Gacha. Tutti e tre i fratelli hanno scontato la pena nel carcere di massima sicurezza di Envigado, all’estrema periferia di Medellin, a 473 chilometri di Bogotà.
 

 

11 GIUGNO 1996 : La polizia ha arrestato Luis Enrique "Miki" Ramirez Murillo, considerato il leader del cartello della Costa Atlantica, una delle più importanti organizzazioni del narcotraffico colombiano. Al momento dell’arresto avvenuto nella notte a Bogotà - ha reso noto il comandante della polizia, generale Rosso Josè Serrano - il boss era accompagnato da sette guardie del corpo. Ramirez, 48 anni, legato a suo tempo al defunto leader del cartello di Medellin, Pablo Escobar, era successivamente passato dalla parte dei suoi avversari del cartello di Cali, per poi operare nelle regioni di Caquetà, Amazonas e Putamayo dove ha finito per imporsi come capo dell’organizzazione della Costa Atlantica. Nel corso della conferenza stampa, il generale Serrano ha affermato che il dossier di Ramirez "è talmente grande che può essere paragonato solo a quello di Escobar", poiché era riuscito "ad infiltrare i suoi uomini in molti organismi di sicurezza e ad utilizzare un’imprecisata quantità di imprese intestate a prestanome per occultare le sue vaste attività malavitose".
 

 

Le Triadi cinesi

Le triadi - da non confondere con le "tong" o le altre organizzazioni criminali asiatiche (vietnamiti, street gangs, come la famigerata Ghost Shadows ) - oggi costituiscono una seria minaccia per le forze dell'ordine in molti paesi. Le loro principali basi sono in Hong Kong e in Taiwan. Quattro i principali gruppi : Chiu Chao, Wo, 14k e Big Four. Il Chiu Chao comprende quattro sindacati : Fuk Yee Hing, Sun Yee On, Gain Yee e Yee Kun, dei quali il secondo (Sun Yee On) è quello più potente e più forte ad Hong Kong. Il 14K, i cui affiliati sono di origine cantonese, è il principale rivale del Sun Yee On, ha grosse ramificazioni in Taiwan ed è, da sempre legato, al partito Kuomintang. Una delle sue principali risorse è il traffico di eroina. Il gruppo Wo, anche esso con affiliati di origine cantonese, raggruppa alcune potenti organizzazioni, come la Wo On Lok, la Wo Shen Wo, la Wo Yung Yee, la Wo Hop To, la Wo Laik Wo e la Wo Shen. Molto attivi in Cina ed a Hong Kong sono anche il gruppo Ching e i Big Circle (quest'ultimi non sono una vera e propria triade, ma ne hanno mutuato alcune caratteristiche). Altri gruppi - di origine taiwanese - comprendono la United Bamboo, Four Seas Gang, Tien Dao Mon e Chao Tong. Secondo una stima della Royal Hong Kong Police Force (RHKP), a Hong Kong oggi opererebbero circa 30 triadi con un esercito da 70.000 a 120.000 affiliati.
LE ORIGINI
 Alcuni studiosi sostengono che la prima Triade sia stata fondata nel XVII secolo da un gruppo di monaci buddisti del monastero di Fukien, nel sud-est della Cina con lo scopo di rovesciare la dinastia Manciù che aveva spodestato quella dei Ming. Col passare del tempo da organizzazioni di resistenze, queste si trasformano in potenti clan dediti a mille traffici. Dopo il trionfo del maoismo, l'onorata società cinese è costretta a trasferirsi a Taiwan e a Hong Kong. Il grande salto oltreoceano nel 1965, quando negli Usa viene approvata la legge sull'immigrazione e la naturalizzazione dei cinesi. L'anno successivo entrano negli Usa 17.608 cinesi provenienti dalla Cina, da Hong Kong e da Taiwan. Con loro arrivano anche i criminali. Dapprima importano droga per conto di Cosa Nostra, poi cominciano a gestire da soli il commercio della "China White", eroina purissima proveniente dal Triangolo d'oro. Ed il peggio, dicono gli inquirenti, deve ancora arrivare : nel 1997, quando Pechino riprenderà il controllo di Hong Kong, migliaia di cinesi si riverseranno in Occidente pronti a fare di tutto.


  

Le attività delle triadi cinesi

Gioco d’azzardo, prostituzione, racket e soprattutto traffico di droga sono le principali attività cui si dedicano i mafiosi cinesi. Trafficando con l’eroina proveniente dal Triangolo d’oro le Triadi impiantano basi in Europa, in Canada e negli Stati Uniti. Le loro filiali più importanti nel mondo hanno sede a Manchester, Perth, Vancouver e San Francisco (le quattro città del Dragone), ma anche a Vienna e Budapest.


 

La Yakuza

Un esercito di 90mila uomini, presenti oltre che in Giappone, negli Usa (California e Hawaii), nell'America del Sud, in Europa, nelle Filippine, nel sud-est asiatico ed in Australia (Queensland), con un giro d'affari annuo stimato in quasi 1.500 miliardi di yen, circa 22mila miliardi di lire. Da secoli la Yakuza domina il Sol Levante, graziata da un'impunità che ha permesso la sua crescita incontrollabile.
Le Origini
La matrice di questo complesso di organizzazioni criminali, finanziarie e politiche risale al XV secolo, ai tempi delle caste feudali. Bande più o meno organizzate ("machi-yakko", servitori del popolo) nascono intorno al 1612 per contrastare l'arroganza dei samurai che, in quegli anni, seminano morte e paura. Sono ammantate da un alone di romanticismo alla Robin Hood e godono di un grosso consenso popolare. Tra loro si distinguono principalmente i Tekiya ed i Bakuto. I primi traggono origine dai yashi, gruppi di venditori ambulanti che si erano dati un'organizzazione per proteggere i loro interessi dalla dittatura della famiglia Tokugawa (1542-1612), signori incontrastati del Giappone. I Tekiya , col tempo, da venditori si trasformano in truffatori ambulanti. Mentono sui loro prodotti, ingannando la gente dei villaggi. Fino ad arrivare a forme di taglieggiamento sul territorio in cui operano. Diverso il ruolo dei Bakuto, i quali - sin dall'inizio - si limitano a controllare il gioco d'azzardo, guardandosi bene dall'inimicarsi le autorità locali. Si deve ad un gioco praticato e diffuso ai tempi dei Bakuto, l'hanafuga (il gioco dei fiori), e più precisamente alla combinazione perdente di tre carte (8-9-3 : ya-ku-sa) il nome che oggi viene usato per identificare la mafia giapponese. Ai Bakuto si deve anche la tradizione del dito mozzato (come gesto riparatore) e dei tatuaggi diffusi su tutto il corpo (come segno di appartenenza inalienabile alla ikka o gumi, la famiglia mafiosa). Nella seconda metà dell'Ottocento la Yakuza comincia a godere sempre più di vaste protezioni, vantando solidi legami con l'apparato economico. Si lega a doppio filo con gli ultranazionalisti e partecipa a quella campagna di terrore, denominata "governo per omicidio" e costellata da una lunga catena di assassinii di personaggi politici, tra cui due primi ministri e altrettanti ministri delle Finanze. Tollerata anche dagli americani durante la loro occupazione nella seconda guerra mondiale, la Yakuza acquista la forza necessaria per espandersi. Le pistole sostituiscono le sciabole. Ed i boss, sull'esempio del gangsterismo americano, cambiano addirittura look : occhiali da sole, vestiti scuri, camicie bianche, cravatte in tono. Crescono anche di numero, aumentando dal 1958 al 1963 del 150% : 184mila affiliati distribuiti in 5.200 gang.


 

Le attività della Yakuza

Traffico di droga (anfetamine), gioco d'azzardo e riciclaggio del denaro sporco sono le voci più ricche del bilancio della Yakuza. Altre attività nella quale questa organizzazione è coinvolta sono il mercato del sesso (prostituzione, pornografia), quello cinematografico, il traffico di armi, l'usura, l'estorsione. Importantissimo è il capitolo dedicato agli investimenti ( va detto che il riciclaggio del denaro sporco in Giappone non è punito dalla legge). Oggi le maggiori entrate della Yakuza provengono dalle attività lecite avviate con i proventi dei vari traffici. Molti sono gli interessi della Yakuza nella Comunità economica europea. Nel 1980 un gruppo legato alla mafia giapponese ha acquistato una grossa quantità di azioni della compagnia francese dei petroli e della banca Paris-Bas. Contatti tra le mafie italiane e la Yakuza sono stati segnalati nei paesi dell'Est europeo, dopo il crollo del muro di Berlino. Intensi continuano ad essere gli intrecci con gli ambienti politici.