scheda biobibliografica
Ivan
Illich (1926-2002)
Nato
nel 1926 a Vienna da un padre di nobili origini dalmate e da una
madre ebrea sefardita e fin da piccolo compì frequenti viaggi in
Europa e rimase fino all’ultimo un instancabile viaggiatore. La sua
formazione avvenne tra Salisburgo, Firenze, Roma ma Illich non ebbe
mai un buon rapporto con le scuole, né con le discipline. Era
sociologo, filosofo, linguista (conosceva una decina di lingue),
teologo, ma forse più di ogni altra cosa uno storico delle
istituzioni.
Dopo la formazione teologica all’Università Gregoriana in Vaticano,
fu ordinato prete ed ebbe come primo incarico la cura di una
parrocchia a prevalenza portoricana vicino a Manhattan.
È lì forse che nel cuore del primo mondo a contatto con i reietti,
gli ultimi cominciò a capire i meccanismi dell’esclusione e
dell’alienazione degli individui attraverso l’istituzionalizzazione
della vita. Nel 1956 divenne vice rettore dell’Università di Puerto
Rico e nel 1961 fondò il Centro interculturale di documentazione (CIDOC)
a Cuernavaca in Messico, un centro in cui passò gran parte
dell’intellettualità radicale degli anni Sessanta e Settanta, centro
che avrebbe dovuto formare i volontari e missionari per i paesi del
terzo mondo. Qui nasce la critica di Illich allo sviluppo, all’idea
stessa di paesi in via di sviluppo, condannati a un’eterna povertà
dall’impari confronto con i paesi già sviluppati. Contemporaneamente
Illich si impegnava contro la guerra, le banche, le grandi
corporation e perciò riuscì facilmente a divenire sospetto alla CIA,
al governo americano e al Vaticano. Il Santo Uffizio comincia un
procedimento contro di lui e Illich abbandona il proprio abito, la
funzione sacerdotale e la Chiesa.
Gli anni Settanta furono quelli della notorietà per la pubblicazione
dei suoi scritti più noti e polemici sulla critica alle istituzioni
della scuola, della salute, per una rivoluzione nonviolenta verso un
modello sociale di convivialità.
Nei decenni successivi continuò a lavorare secondo uno stile
diverso: conferenze in ogni parte del mondo, brevi saggi che
esploravano nuovi campi dei suoi multiformi interessi, seminari
interdisciplinari con gruppi di collaboratori scelti al di fuori
dell’istituzione accademica, provenienti da ogni parte del mondo,
soprattutto alle università di Brema e della Pennsylvania.
Ecco alcuni dei temi affascinanti dei suoi ultimi scritti: la
velocità, l’esperienza del dolore nella contemporaneità, i mutamenti
nello sguardo nell’epoca delle immagini, la mente alfabetizzata e
l’impatto con il computer.
Tra i suoi libri tradotti in italiano, ma in parte non più
disponibili si possono ricordare: Descolarizzare la società (Mondadori,
1972), La convivialità (Mondadori, 1974), Nemesi medica
(Mondadori, 1977), Il genere e il sesso (Mondadori, 1984),
Lavoro ombra (Mondadori, 1985), Nello specchio del passato
(Red, 1992), Nella vigna del testo (Cortina, 1994).
Particolarmente interessante per avere un’immagine del percorso di
Illich è il libro Conversazioni con Ivan Illich (a cura di
David Cayley), Elèuthera 1994. |