Una sentenza importante
di Gianni Cimbalo
Il 28 settembre 1998 la corte di Appello di Ancona ha posto fine ad una
vicenda iniziata il 24 agosto 1991 per iniziativa di alcuni zelanti e
timorosi cattolici e dal vescovo di Fano, Fossombrone e Cagli che
denunciavano gli organizzatori del Meeting Anticlericale, assumendo a
pretesto due manifesti realizzati utilizzando delle caricature del
disegnatore Vauro. La Corte doveva pronunciarsi su una pesante condanna ad 8
mesi di reclusione e al pagamento delle spese processuali di Francesca
Palazzi Arduini e Federico Sora, con sospensione condizionale della pena,
emessa dal Tribunale di Fano per vilipendio al pontefice (art. 278, Codice
Penale). Gli imputati erano invece stati assolti dall’accusa di aver offeso
il sentimento religioso cattolico dei querelanti (art. 402 Codice Penale)
perché l’interrogatorio dei testi aveva dimostrato che costoro non avevano
direttamente visto i manifesti incriminati e non avevano quindi potuto
offendersi !
Una condanna così grave in primo grado non si comprende se non si tiene
conto della regia occulta del processo da parte della Curia fanese che aveva
cercato in questo modo di impedire lo svolgimento del Meeting, colpevole ai
suoi occhi di avere prodotto dibattito, socialità e cultura attorno ai temi
dell’anticlericalismo, della laicità e della libertà dalle religioni. A
offendere non erano certamente né i manifesti né le vignette ma un
appuntamento importante per la sinistra che permetteva di discutere queste
problematiche secondo una visione, un’etica e una morale anarchica dei
problemi. Spaventava e spaventa la Chiesa cattolica la capacità di
contrapporsi sul piano dei valori, prospettando una visione positiva dei
rapporti umani fatta di socialità, solidarietà, rifiuto della superstizione,
delle gerarchia e di quel monarca assoluto che è per sua stessa ammissione
il Pontefice di Roma. Lo scandalo nato a Fano non stava nel manifesto
scurrile, nella caricatura forzata ma nella capacità del Meeting di
relazionarsi anche con i credenti su temi quali il femminismo e i diritti
delle donne, la bioetica, la guerra e la pace, il fanatismo religioso, lo
sfruttamento dei colonizzatori nei confronti dei popoli del terzo e quarto
mondo in nome e attraverso una religione fatta di oppressione e violenza
degli spiriti e dei corpi.
Di fronte all’attacco delle gerarchie ecclesiastiche a nulla era valso il
dibattimento che aveva dimostrato l’inconsistenza delle accuse, anche
attraverso l’escussione dei testi: dall’interrogatorio degli stessi
querelanti era emersa la strumentalità dell’accusa e, malgrado ciò, la Corte
aveva accolto almeno in parte la loro accusa. Nonostante il fatto che
ambedue gli imputati avessero negato ogni addebito personale, tanto che Sora
aveva fatto notare di essersi occupato esclusivamente della cucina. Il
Tribunale, insomma, non aveva tenuto conto che la responsabilità penale è
personale ma condannando i compagni, aveva compiuto una scelta di campo,
emanando una sentenza evidentemente politica.
L’appello tra mobilitazione e "difesa tecnica"
L’esame degli atti processuali del giudizio di primo grado rendevano
evidente la necessità di una difesa in appello che contrastasse alla radice
le ragioni dell’accusa, tanto più che il Pubblico Ministero sembrava
intenzionato, come poi ha fatto, a chiedere la conferma della sentenza di
primo grado.
Un’assoluzione era necessaria non solo nell’interesse evidente dei compagni
condannati ma per ribadire ed affermare il diritto di tutti a trattare i
temi dell’anticlericalismo e della propaganda antireligiosa e rivendicare
agli anarchici lo spazio politico per svolgere la loro azione. In questo
come in molti altri casi, la difesa dei diritti di alcuni compagni volgeva a
favore della tutela della libertà di tutti.
Tuttavia, preso atto dell’accanimento della Curia vescovile fanese e
consapevoli del crescente potere clericale nel paese era del tutto evidente
che la generosa difesa dell’Avvocato Sorcinelli di Fano non poteva bastare
se si voleva sottrarre i compagni alla condanna. Occorreva una voce
accademicamente autorevole, certamente valida tecnicamente,
professionalmente ben collocata in ambito accademico per far sì che il
verdetto venisse pronunciato dal collegio giudicante nella consapevolezza
che il comportamento adottato sarebbe stato reso noto e una manifesta
parzialità dei giudici avrebbe menato scandalo anche agli occhi dei buoni
borghesi.
Defilatisi dall’offrire il loro aiuto i vari Comitati di giuristi laici pur
operanti nel nostro Paese alcuni compagni ricevevano la disponibilità
dell’Avvocato Giovanni Flora, Professore Ordinario di Diritto Penale
all’Università di Firenze, che trovava il modo, durante un dibattimento che
si caratterizzava per la immediata richiesta del Pubblico Ministero di
confermare la sentenza di primo grado e quindi la condanna dei nostri
compagni, di illustrare alla Corte i motivi di improcedibilità nei confronti
degli imputati.
Era avvenuto, infatti, che nella fretta di processarli e condannarli il
Tribunale di primo grado aveva omesso di chiedere l’autorizzazione per
procedere contro i nostri compagni al Ministero di Grazia e Giustizia.
Infatti il Trattato del Laterano, equiparando la figura del Pontefice a
quella del Capo dello Stato italiano, richiede l’osservanza delle medesime
procedure in caso di vilipendio. Questo perché il politico "vilipeso"
potrebbe non gradire il processo in quanto potrebbe accadere che il
dibattimento costituisca un’occasione per coloro che vengono processati per
ribadire le loro idee e farne propaganda, a tutto "danno dell’offeso". In
assenza della richiesta di tale autorizzazione la Corte di Appello non
poteva che considerare assorbente tale motivo e dichiarare il non luogo a
procedere e quindi assolti gli imputati. Già l’arringa del difensore era
stata l’occasione per ribadire il diritto di critica, la libertà di
espressione, la libertà di propaganda anticlericale, e di questo la Corte ha
mostrato di tenere conto.
Contro ogni curia le nostre ragioni
La vicenda ci dice che l’anticlericalismo degli anarchici, dei laici, dei
non credenti è carico di valori che non vanno solo difesi in nome della
libertà di pensiero, ma affermati in ogni occasione. Ben vengano perciò
appuntamenti ed incontri nazionali come i Meeting, i dibattiti, le
manifestazioni, ma bisogna concretamente impegnarsi ogni giorno per
denunciare l’invadenza clericale, attaccando i comitati d’affari insediati
nelle curie vescovili, come la vicenda del Vescovo di Napoli dimostra.
Bisogna ricordare a tutti che quella cattolica è ancora la Chiesa di Stato,
che essa vive per lo Stato e dello Stato dal quale riceve con differenti
motivazioni ben 4.000 miliardi l’anno, ai quali si aggiunge l’immensa
voragine aperta con il finanziamento alle scuole private confessionali.
Queste cose vanno dette ricordando che è diritto di tutti farne propaganda,
denunciare il peso degli stipendi per i ministri di culto, per i professori
di religione, per i cappellani nelle carceri e negli ospedali, i
finanziamenti per la costruzione di edifici di culto, ecc. Bisogna
rilanciare la campagna contro il Giubileo e denunciare le spese fatte
utilizzando i soldi dei cittadini per attivare l’ignobile mercato intorno
alla vendita della salvezza dell’anima.
L’assoluzione dei compagni di Fano dimostra che è possibile difendersi, ma è
certamente meglio non aspettare i processi e attaccare noi, con tutte le
iniziative che saremo capaci di mettere in campo.
Abbiamo le carte in regola più di ogni altro per condurre la lotta per la
libertà di pensiero che caratterizza da sempre l’anarchismo come uno dei
suoi valori fondanti
Gianni Cimbalo