GERARDO LEIBNER
Università di Tel Aviv
In questo articolo analizzeremo nel quale la realtà nazionale fu imposta ai tentativi dintroduzione di una ideologia universale: lanarchismo nel Perù, o più precisamente, lanarchismo è il Perù indigena. Il nostro analisi si centrerà nel processo di compenetrazione dellanarchismo con lutopia andina di ristaurazione nel antico impero inca, il Tahuantinsuyo. Levoluzione ideologica in questo senso fu spinta principalmente dallaprossimazione della prattica rivoluzionaria alla realtà indigena e ai conflitti agrari, e porto al culmine in mezzo delle grandi ribellioni indigene nelle Andes del sud peruviano durante la prima metà degli anni venti.
Nel suo rilevatore libro Ayllus del Sol Anarquismo y Utopía Andina (1), Wilfredo Kapsoli espone le relazioni e connessioni esistenti tra militanti di ideologia ed affiliazione anarchica e vari dei dirigenti contadini che liderarono le grandi ribellioni indigene, relazioni che si strinsero nel marco del Comitato Pro-Diritto Indigena Tahuantinsuyo (1920 -23), durante i tre congressi indigeni che questo organizzò a Lima, e con la creazione della Federación Indígena Obrera Regional Peruana (1923). Kapsoli presenta non solo la collaborazione pratica e lappoggio solidale da parte degli anarchici al movimento contadino, bensì qualcosa nonostante più significativo, unarticolazione ideologica molto singolare dellanarco-sindacalismo ideologia europea, universalista, razionalista e progressista nella sua visione della storia con lutopia andina di restaurazione del Tahuantinsuyo. La sintesi ideologica non appare sempre elaborata in maniera esplicita, ma si deduce dalle connessioni rivelate da Kapsoli. È probabile che, più che una sintesi intellettuale coscientemente ponderata ed elaborata, dagli attori di quelle ribellioni, dirigenti indigeni e militanti anarchici allo stesso modo, si trattò del risultato naturale della sua prattica rivoluzionaria e dellavvicinamento ed influenze mutue che si andarono dando durante la stessa. Da parte degli anarchici, si trattò principalmente di unidealizzazione dellimpero incaico (2); idealizzazione che permise loro di integrarsi nelle ribellioni indigene di carattere milenarista e restaurazionista.
Tuttavia, in questo articolo cercherò di illuminare una tappa anteriore a trattata da Kapsoli; una tappa nella quale consideriamo che si processa il cambiamento sostanziale nellatteggiamento degli anarco-sindacalisti limegni rispetto alla questione indigena, creandosi durante la stessa una nuova attitudine ideologica, cosciente ed esplicita. Questo cambiamento rimase registrato brevemente nel giornale La Protesta e costituì la base dellutopia andina condivisa dai dirigenti indigeni ed anarchici durante i primi anni della decade del 20. Si tratta di un profondo viraggio concettuale che potrebbe essere considerato come la prima peruvizzazione o andinizzazione di unideologia rivoluzionaria europea, e cercheremo di dimostrarlo nelle prossime righe.
Lanarchismo e lindigenismo in González Prada
Dobbiamo cominciare a riferirci necessariamente a Manuel González Prada, la figura più distaccata dellanarchismo nel Perù, e chi è considerato come il fondatore del radicalismo politico peruviano. In González Prada si presenta un caso speciale, nel quale convivono parallela e separatamente un atteggiamento indigenista critica e radicale che si nutre della critica alla realtà del Perù aristocratico, costiero e bianco, con unideologia anarchica universale, senza che questultima sia influita per la prima.
González Prada (3) non iniziò la sua traiettoria politica ricevendo la rivelatrice luce dellanarchismo europeo. Egli non possedeva allinizio più che un atteggiamento (qualcosa meno elaborato di unideologia) radicale, laica, democratica, positivista e, soprattutto, patriottica, quando, terminando la guerra del Pacifico (1879-83), cominciò ad emergere con le sue acute critiche alla società oligarchica e allo stato peruviano. In 1891 partecipò alla fondazione di un nuovo partito politico radicale, lUnión Nacional , ma alcuni mesi dopo viaggiò allEuropa, dove si avvicinò ad intellettuali radicali francesi e spagnoli, e finì adottando lideologia anarchica (1891-98).
Quello che interessa, nel nostro caso, è che latteggiamento radicale di González Prada cominciò a svilupparsi ideologicamente in funzione dalla realtà peruviana, più concretamente, con la bancarotta della vecchia oligarchia e della sua nazione peruviana, aristocratica, costeño e criollo. Benché, per certo, la sua educazione ispana e linfluenza della cultura francese costituirono le sue fonti concettuali e le sue fornitrici ideologiche, poiché egli stesso era un prodotto della società criolla, costiera ed aristocratica al che tanto fustigo (4). Conoscitore e critico acuto della decadente aristocrazia limeña, non arrivò mai, ciononostante, a conoscere la realtà andina. Sollevandosi contro lispanismo decadente che predominava allora nella società limeña, assorbì la cultura francese e lintrodusse nei circoli intellettuali di Lima. Il suo radicalismo peruviano si aggravò più ancora di fronte alla ricomposizione delloligarchia nazionale ampliata, che da 1895 abbracciava nuovi settori provinciali e politici (5), ma continuava a mantenere il suo carattere aristocratico ed esclusore delle masse popolari. Sebbene il suo incontro con lanarchismo europeo proporzionò a González Prada un strumentale ideologico che fece possibile la profondizzazione e radicalizzazione della sua critica della realtà peruviana, le analisi peruviane di González Prada non scagionarono nel suo mondo concettuale europeo, né nella sua concezione del mondo.
In González Prada si percepisce una separazione tra la critica e lattitudine contestataria nella società peruviana, da una parte, ed unideologia com-pletamente universalista, di origine europea e che tratta di temi molto lontani alla realtà peruviana, per altro. Sebbene González Prada arrivò a definire gli indigeni andini come alla vera massa della nazione peruviana (6) e criticò virulentamente lo sfruttamento a che erano sottomessi, non arrivò a collegare tra la realtà andina e la sua ideologia, meno ancora, formulare qualche programma rivoluzionario adeguato a essa. Il più lontano che riuscì ad andare abbastanza più che la maggioranza dei suoi contemporanei -, nel suo articolo Nuestros Indios (7) che iniziò in 1904 e non riuscì a completare e pubblicare prima della sua morte (1918), fu in considerare il problema come una questione sociale vincolata al servilismo ed il carattere feudale del regime di haciendas, impossibile da risolvere, pertanto, per mezzi pedagogici (che era la posizione più corrente tra i liberali positivisti), ed offrendo come unica alternativa la resistenza violenta ed individuale di fronte allo sfruttatore. Alternativa altrui al carattere organizzato, sociale e culturale dellanarchismo che egli stesso auspicava, quanto più allanarco-sindacalismo egemonico tra gli anarchici del Perù.
González Prada trasmise allanarchismo peruviano un atteggiamento di critica concreta ed implacabile alla società peruviana e, dentro di essa, un chiaro indigenismo, benché limitato per la sua ignoranza e svincolazione con la realtà andina, con le continue ribellioni (che solitamente difendeva dalla stampa) e lo spirito ed ideologia degli indigeni, ed i processi economici e sociali che colpivano giornalmente alla sierra. González Prada fu da una parte un radicale peruviano criollo e costeño e, per un altro, un anarchico, senza arrivare ad una sintesi che lo trasformi in anarchico peruviano, e senza superare le sue limitazioni costeñas. Per ciò, lincontro del quale parliamo sarà scoperto posteriormente.
Anarchismo, eurocentrismo ed il dilemma indigeno
I gruppi anarchici che si formarono agli inizi del secolo in Lima, in Arequipa ed in altre città provinciali, ricevevano la sua orientazione ideologica dellanarchismo europeo, molte volte attraverso Buenos Aires. Sebbene consideravano allindio un paria, un sfruttato, e perfino, sotto linfluenza di González Prada, riconobbero nellindio al vero peruviano relegato, marginalizzato, con chi si identificavano, la sua concezione strategica circa la redenzione indigena rimase, molte volte, arretrata dietro la diagnosi di González Prada. Cerano anarchici come Glicerio Tassara per chi la redenzione dellindigeno consisteva in alfabetizzarli ed assisterli con agronomi che rivelassero loro i procedimenti moderni per aumentare la producttività (8). Ed è che tra i militanti anarchici, la cultura ed il razionalismo europei erano considerati come la chiave della redenzione dellindigena. La fede positivista nella Ragione, la Scienza, e la superiorità della cultura europea, vincolata al profondo rifiuto che sentivano per lodiosa, anchilosata e decadente oligarchia criolla, autoconsiderandosi come rappresentante della nazionalità, crearono in essi un atteggiamento generale di disprezzo verso il peruviano (9).
Nel suo primo periodo, gli anarchici ruppero con la nazione oligarchica e le sue tradizioni, ma davanti alla mancanza di legami con laltro Perù, il Perù indigeno, si limitarono ad assimilare unideologia universalista. Questo offriva loro strumenti ideologiche sufficienze per sviluppare teoricamente il suo rifiuto al Perù aristocratico, e li equipaggiava anche per liderarare al giovane e numericamente ridotto movimento operaio urbano, ma non bastava per elaborare unalternativa di portata nazionale che servisse per arrampicare le Ande. I circoli anarchici urbani che si trovavano relativamente isolati dal resto del paese, delle masse contadine, tendevano il suo sguardo verso un oceano dal quale sbarcherebbero le sue speranze. In quello spirito si espresse Glicerio Tassara in La Protesta (10):
.la corrente civilizzatrice che parte dellEuropa, si sparse per il mondo, non può essere fermata nelle nostre spiagge per lo sforzo di uno che un altro spirito arcaico, più affezionato con la tradizione odiosa che con linnovazione giustiziatrice: non in vano il Perù si trova in contatto morale ed intellettuale con altri paesi di superiore cultura.
Daccordo con quellatteggiamento, vicino alle informazioni e commenti sulle lotte operaie, e menormente sullattualità peruviana più ampia, La Protesta, dai suoi inizi, riprodusse costantemente scritti dei principali teorici dellanarchismo europeo Kropotkin, Bakunin, Proudhon, Gori, Malatesta, etc. e relativamente meno analisi della realtà sociale peruviana che continueranno ad abbondare col passo del tempo. Generalmente si accontentava col accertamento della regola universale nel corso di qualche conflitto, o con la caratterizzazione di un determinato fenomeno peruviano con vocaboli di validità universale: militarismo, febbre politica, etc. DellEuropa provenivano gli ideologi, i miti rivoluzionari del secolo XIX, gli avanzamenti della Scienza (scritta sempre con maiuscola in La Protesta) il Razionalismo, la civilizzazione moderna, il messaggio del futuro per i paesi arretrati come il Perù. Il positivismo era, generalmente, la filosofia dei primi radicali peruviani tra chi prese lanarchismo. Il progresso materiale e la redenzione sociale andavano legati verso un futuro promettente. Tanta era così, che uno dei settimanali considerati precursori dellanarchismo si denominò La luce elettrica (1886 -1897) (11).
La concezione eurocentrica della storia, secondo la quale lo sviluppo storico dellEuropa Occidentale è una linea tracciata per la quale dovranno sfilare gli altri paesi, più arretrati nel suo sviluppo, ed in relazione alla quale bisogna analizzare le sue realtà, si trovava implicita nel ragionamento degli anarchici peruviani; sebbene, in una certa forma, era stato già discussa dal suo più distaccato ideologo. González Prada si era riferito in termini di ammirazione allantica civiltà inca, considerandola, in certi aspetti, superiore a quella del suo tempo, benché respingendo, a sua volta, qualunque pretesa restauratrice (12).
Gli anarchici ed il dibattito indigenista
La Repubblica Aristocrática (13) soffrì il suo primo rovesciamento serio du- rante la breve presidenza populista di Guillermo Billinghurst, tra giugno di 1912 e febbraio di 1914. Appoggiandosi nei settori popolari urbani, Billinghurst mise in scacco alloligarchia civilista dominante, fino a che questa recuperò il potere politico ricorrendo ad un colpo militare. La sua presidenza fu un periodo di avanzamenti e conquiste per il movimento operaio urbano. Non si registrano modificazioni significative in quello che riguarda al regime agrario e la situazione dellindio, benché Billinghurst arrivasse a creare ed appoggiare una commissione investigatrice sugli oltraggi ed furti commessi contro gli indigeni nella regione di Puno che condussero violentemente ad una ribellione contadina repressa violentamente.
Il delegato da parte di Billinghurst fu lufficiale dellesercito Teodomiro Gutiérrez Cuevas, chi si suppone diresse in 1914-5 la gran insurrezione indigena del sud, adottando il nome di Rumi Maqui. Gutiérrez Cuevas realizzò uninvestigazione, durante la quale affrontò i capi locali, chi esercitarono pressioni dal parlamento nazionale (potere che si trasformò nel bastione politico delloligarchia e nel cui nome si effettuò il colpo di stato) che furono respinte da Billinghurst. La sua caduta arrecarebbe la destituzione di Gutiérrez Cuevas ed alla fugga del paese, fino alla sua probabile riapparizione come Rumi Maqui (14).
Lambiente creato durante la presidenza di Billinghurst incoraggiò e diede spinta alle attività umanitarie e denunciatorie dellAssociazione Pro-Indigena, creata in 1909, e che seguirebbe attiva fino a 1917. Per gli anarchici, il periodo di Billinghurst fu complesso e contraddittorio. Da una parte, gli anarco-sindacalisti organizzati intorno al giornale La Protesta comunicarono nelle lotte operaie e goderono del suo auge, ma, per laltro, si confrontarono col pericoloso fenomeno di un governo che attrasse alle sue file a dirigenti sindacali e creó organizzazioni sociali sotto la sua tutela, alimentando lillusione che è possibile risolvere questioni sociali dentro del quadro dello stato.
È per un periodo parzialmente concordante con quello di Billinghurst nel quale si processa un cambiamento fondamentale nellatteggiamento e le concezioni anarchiche rispetto alla questione indigena. In mezzo alle fessure nellegemonia oligarchica fu sorgendo ed aggravandosi una coscienza indigenista limegna, e gli anarchici furono parte di quel processo. La nascita della questione indigena porterebbe finalmente agli anarchici a rivalutare le sue posizioni eurocentriche iniziali. Ma ciò non si diede come il risultato teorico dei suoi dibattiti ideologici, bensì come conseguenza del suo avvicinamento alla realtà andina durante le convulsioni sociali che scossero al Perù in quegli anni e la prassi rivoluzionaria nelle quali gli anarchici si andarono coinvolgendo.
Il viraggio non fu immediato. Le prime proposte di rivalutazione furono respinte e solo la pratica potè aguzzare e trasformando la posizione iniziale, fino al consolidamento di una nuova posizione radicalmente distinta.
La Protesta fu la principale tribuna dellanarco-sindicalismo (15), che fino a 1919 costituì lunica corrente rivoluzionaria organizzata con ideologia elaborata. Nonostante persecuzioni, della sua opposizione inflessibile a tutti i regime di turno e delle sue difficoltà finanziarie, La Protesta si pubblicò mensilmente, con irregolarità, tra 1911 e 1927, con una tiratura che oscillava tra 1500 e 3000 esemplari. Nella sua maggioranza, gli esemplari di La Protesta erano diffusi tra i gruppi anarchici di Lima e Callao, e gli operai della capitale. Bisogna considerare che probabilmente certo numero di esemplari erano letti per più di una persona. Cera anche in effetti un sistema di scambio con pubblicazioni di altre città peruviane, non necessariamente anarchici, ma sì di carattere sociale operaista, o di critica liberale. Ugualmente si manteneva un ampio sistema di scambi con pubblicazioni anarchiche nellestero. Fino al N°. 33 (3 ottobre1914), col quale comincia un breve periodo di due mesi in cui appare come settimanale e si incomincia a vendere a prezzo fisso, La Protesta funzionò sotto il principio di Erogazione Volontaria, pubblicando liste di sostenitori.
In gennaio di 1912, La Protesta pubblicò un articolo di B.S. Carrión, intitolato Il Comunismo nel Perú (16). Questo articolo costituisce il primo rivalutamento, il primo indizio di una nuova concezione, divorziata già dalleurocentrismo che cerca basare le sue prospettive rivoluzionarie su elementi della realtà peruviana. Se si ama, si tratta del primo tentativo conosciuto di legare le aspirazioni future dellanarchismo col passato del Perù. Contrariando a Tessara, lo sguardo di Carrión non si dirige già verso loceano, bensì verso la sierra, e il termine tradizione acquisisce unaltra connotazione:
Labitudine ha forza di legge, e la tradizione è la storia dei popoli che non lasciarono scritta la cronaca dei propri avvenimenti. Percorrendo alcuni dei paesini che esistono disseminati nelle falde delle Ande, ha lasciato in me dolorosa impressione, la sparizione di un passato che fu magari migliore che lepoca attuale, economicamente considerata.
Conseguente con queste prime considerazioni, Carrión passa ad identificare e descrivere due elementi che perdurano come vivo testimonio del passato che fu magari migliore: lunya (il lavoro in comune) e lo scambio di prodotti. Senza idealizzare la situazione dellindio, senza smettere di segnalare il suo stato di oppressione, Carrión risalta i fattori, latenti di speranza che rivelano lesistenza di un potenziale di redenzione nella stessa realtà indigena:
Lindio è di natura pacifico; lo dimostra lorrore che sente alla coscrizione militare (reclutamento), lodio verso le autorità per gli abusi che commettono con essi, ed il nascente sdegno con che guardano i chierici, che perdono giorno per giorno la (sic) influenza che esercitarono in forma assoluta.
Gli indigeni passano ad essere possibili individui rivoluzionari e non solo oggetti di sfruttamento, analisi, pena, o istruzione. I fattori di cambiamento, si insinua, sono prodotto di una congiunzione tra leredità dellantico comunismo incaico e la reazione di disubbidienza di fronte allo sfruttamento.
Lobiettivo di questi apprezzamenti non è puramente descrittivo ed analitico. Carrión si propone indicare una strategia, un programma di azione basato in esse, e la sua proposta non è ispirata solamente nelle sue osservazioni nei paesini dalle falde delle Ande. Esiste un fattore esterno, no-europeo che laiuta a basare la sua tesi; un fattore non peruviano, benché sì considerato compatibile con la realtà peruviana: la rivoluzione messicana. Questa può avere un riflesso nel Perù, perché considera che esistono analogie di diverso ordine tra gli indios del Messico e quelli del Perù, principalmente lo sfruttamento servile al quale è sottommesso il proletariato peruviano e specialmente lindio delle mesete andine e della montagna. Allora, non staremmo solo di fronte ad una prima manifestazione di tinozza concezione anarchica in onore di andinizzazione e peruvizzazione, ma anche di fronte ad un anarchismo latinoamericanizzato, o più precisamente, prendendo la definizione posteriore di Haya de la Torre, indoamericanizzato. Deplorevolmente, le tesi di Carrión su come potesse portarsi a termine la propaganda tra gli indios col fine di seguire lesempio di quelli del Messico, non arrivarono a noi. Larticolo finisce lì per mancanza di spazio, con una promessa di pronta continuazione, ma questa brillò per la sua assenza.
Le tesi di Carrión dovette provocare una forte polemica tra gli anarchici, e furono respinte dal gruppo che pubblicava La Protesta. Nel numero seguente si pubblica, invece dellattesa continuazione ed occupando un spazio identico allarticolo anteriore, un articolo firmato da M. Caracciolo Levano, fondatore del giornale e considerato come la figura più distaccata tra i veterani dellanarco-sindacalismo limegno. Senza menzionare espressamente a Carrión, Caracciolo Levano espone sistematicamente le posizioni ortodosse dellanarchismo universalista, razionalista e positivista rispetto alla questione indigena.
Redenzione indígena (17) sintitola il suo articolo che comincia con una serie di affermazioni ideologiche, sulle qualli si baseranno gli argomenti posteriori: Istruire è redimere. Educare è moralizzare Noncè progresso né civiltà senza libertà. Caracciolo Levano non vede niente positivo, nessun motivo di speranze, nello stato attuale dellindio; lo sfruttamento non provoca una reazione che possa condurre alla redenzione indigena. Gli sfruttatori incentivano luso dellalcool e la coca che degrada ed abbrutisce lindio e, allora, lunica disubbidienza possibile è il crimine. Sebbene Caracciolo Levano polemizza con le concezioni razziste dei circoli aristocratici dominanti, accetta, invece, la diagnosi dellinferiorità indigena, benché divergendo circa le sue cause. Nella sua opinione, gli indigeni sono rozzi e degenerati, benché non per ragioni etniche e biologiche, e possono essere estratti della sua passività ed incorporati al progresso umano solo per la panacea del razionalismo:
¿Come salvare dunque, allindio di quella nera situazione di schiavo, e dellignoranza in cui vegeta? Per un solo mezzo: per listruzione razionale. Insegnandogli i suoi doveri e diritti individuali e collettivi di uomo libero e cosciente, affinché sappia sentire, pensare ed operare con altezzosità e volontà proprie; svegliando in lui lo spirito di resistenza e disubbidienza. Indicandogli i mezzi che deve mettere in pratica per godere della felicità
Insegnandole che lunica Verità sta nella Ragione e nella Scienza
Sebbene Caracciolo Levano non si riferisce esplicitamente allarticolo di Carrión, la polemica risulta evidente. Più anche, la discussione può avere conseguenze pratiche per i militanti anarchici, per quello che Caracciolo Levano presenta su ¿che fare?, distinto a quello di Carrión che La Protesta non pubblicò. Secondo lui, la missione di chi veramente si informino sulla redenzione dellindio deve essere la formazione di maestri indigeni, apostoli di propaganda ed insegnamento che alfabetizzino in quechua ed educhino inculcandogli gli ideali emancipatori, e svegliandolo del profondo marasma in cui sonnecchia. Il primo passo per la redenzione indigena passa per la scuola razionalista, dove lindigeno andino potrà ricevere la luce che dellEuropa portano gli anarchici.
I conflitti agrari ed il viraggio concettuale
Lambiente rurale nei mesi seguenti non fu molto propizio per il tipo di attività, relativamente tranquilla e paziente, proposta da Caracciolo Levano. Questo non prese in considerazione lo stato di ribellione endemico dei contadini indigeni nelle Ande del sud peruviano da fini del secolo scorso, né lacutizzazione dei conflitti lavorativi nelle tenute capitaliste del nord. In 1911-2 si slegò una violenta ribellione contadina in Azángaro che fu crudelmente repressa dai capi della regione. La ribellione ed i massacri in rappresaglia furono il preludio allinsurrezione di Rumi Maqui in 1915. Nel frattempo, nel nord, in aprile di 1912, si dichiararono in sciopero migliaia di lavoratori nelle tenute zuccheriere della valle di Chicama. Lo sciopero fu violentemente soffocato dai proprietari di quattro delle cinque grandi aziende mediante lazione unita dellesercito e le bande armate, lasciando un totale di 150 lavoratori morti (18).
Le ribellioni contadine nel sud si ripercossero in La Protesta molto meno che il massacro nella valle di Chicama.Questa fu ripetutamente trattata dal giornale che sembra non avere notizie dellaltopiano. Senza dubbio, questo si deve a che la valle di Chicama era una zona di relativo sviluppo capitalista, più intensamente relazionata con le concentrazioni urbane della costa, con maggiore accesso a fonti di informazione, e, come vedremo, agitatori sociali vincolati allanarchismo accompagnarono e testimoniarono sugli eventi. Ad ogni modo, quello che cinteressa è che Caracciolo Levano risulta stare molto lontano della realtà rurale dal suo momento quando chiede per lindio maestri razionalisti per continuare a svegliare in lui lo spirito di ribellione. Tuttavia, riferendosi allo sciopero di Chicama nel suo discorso del 1 maggio di 1912, a solo due mesi del menzionato articolo, lo stesso Caracciolo Levano metteva a fuoco di una forma completamente distinta la situazione dellindígena (19):
Anche la nostra razza indigena, quei paria umiliati ed avviliti si agitano e si ribellano con intrepidezza e coraggio contro i suoi iniqui oppressori
Gli eventi di Chicama reclamavano degli anarchici a Lima un altro tipo di attività, un altro atteggiamento. Gli indigeni non erano oramai una massa inerte alla quale bisognava svegliare, ma si ribellavano per se stessi, ed erano gli anarchici che dovevano adattarsi alle circostanze. Questo nuovo atteggiamento si riflette espressamente, per esempio, nellautocritica che reitera lurgenza di elevare il livello di organizzazione sindacalista, poiché gli anarchici limegni non poterono aiutare né informarsi in tempo, lasciando gli scioperanti di Chicama completamente soli nella dolorosa campagna che hanno liberato (20).
In La Protesta si denuncia anche la prigione nel nord della città di Trujillo del infaticabile propagandista sociale Reinaga, e lonesto e coraggioso giornalista radicale Benjamín Pérez Treviño, direttore di La Razón di quella città, in relazione con gli eventi di Chicama. Reinaga, un personaggio multifaccia, originario del Callao, era uno dei fondatori del movimento operaio in Trujillo e pubblicava su quei momenti, con 71 anni di età, il suo proprio giornale, El Jornalero; nel quale propagava idee anarchiche e sindicaliste (21). Gli eventi di Chicama provocarono un primo cambiamento nellatteggiamento di La Protesta, ancora lontana della proposta di Carrión. Man mano che i militanti anarchici si vedono più informati ed inclusi nei conflitti agrari, e si avvicinano alla realtà indigena, si va sviluppando un atteggiamento il cui culmine sarà una confluenza o articolazione dellanarchismo col messianismo indigeno di restaurazione del Tahuantinsuyo nella cornice di unutopia andina (22).
Cisneros diventò un militante anarchico e portò a La Protesta il suo indigenismo in un momento chiave, nel quale stava evolvendo il pensiero anarchico sulla questione indigena. Soprattutto, egli apportò una pratica di avvicinamento ed attività unita con gli indigeni, la quale accelererebbe il processo di andinizzazione dellanarchismo. Una delle esperienze di Cisneros che rimase registrata in La Protesta (26) fu il tentativo di creare il Centro di Studi Sociali Libetad y Cultura nella località di Pallasca. Questo si iscriveva nella cornice della concezione esposta da Caracciolo Levano, ed il suo obiettivo fu definito occuparsi dellistruzione operaia nella regione della sierra. Trattandosi di unazione culturale ed educativa che si suppone non includeva azioni di carattere radicale a breve termine, Cisneros non ebbe inconveniente in collaborare con le autorità locali. Tuttavia, già nella sua prima assemblea pubblica, il l di gennaio di 1913, si scatenò unaccaldata discussione tra le autorità che comprendono rapidamente chi erano i giovani interessati in sviluppare la cultura in Pallasca e gli anarchici, incapaci di dissimulare i suoi obiettivi. Apparentemente, lincidente condannò il centro culturale al fallimento. Gli indigeni, da parte sua, mostrarono un risveglio interesse, che allarmò alle autorità. È di supporre che il fallimento di esperienze di questo tipo fu uno dei fattori che incisero sul cambiamento di strategia e di atteggiamento degli anarchici di fronte alla questione indigena.
In giugno di 1913 si pubblicò il N°.23 di La Protesta, nel quale Cisneros firma per la prima volta un articolo a Lima. La sua presenza nella capitale si fa notare nelle sue multiple collaborazioni nel giornale, specialmente nella cosa relativa alla questione indigena. Ma non sempre losservazione della realtà indigena produsse una chiara rivalutazione nellatteggiamento anarchico.
È cosicché, nello stesso numero, si pubblica una nota sotto il titolo La Carovana indigena, firmata da Benjamino Soto e N., che descrive lo sfruttamento dei lavoratori indigeni lavoratori nelle aziende della costa durante raccolta di canna di zucchero Nonostante la sua autentica solidarietà coi lavoratori indigeni, non può occultare una visione eurocentrica e paternalistica:
¡Povera razza! schiava a forza di essere mantenuta nellignoranza ed il fanatismo -..] gli anarchici avvicineremo agli indigeni al nostro ideale per la sua redenzione.
Come nel primo articolo di Caracciolo Levano, la mancanza di istruzione è considerata come il principale fattore che permette lo sfruttamento, mentre la chiave della redenzione per gli indigeni si trova in mano degli anarchici. Più anche, le tradizioni e le credenze indigene (lautore sottolinea specialmente il fatalismo) sono tacciate di fanatismo, senza percepire in esse possibili elementi redentori.
Nei N°. 27 a 32, corrispondenti al periodo tra novembre di 1913 e settembre di 1914, non ci sono quasi riferimenti alla questione indigena, ad eccezione di una nota sulla rivoluzione messicana, nella quale sottolineano loccupazione di terre da parte dei contadini e la carta rivoluzionaria degli anarchici messicani (27). Ma la falsa impressione che crea labbandono della questione indigena nelle pagine di La Protesta si trasforma in sorpresa nel N°. 33, del 3 di ottobre di 1914. Mentre il giornale zittiva, i militanti anarchici vincolati a lui si dedicavano ad un lavoro di agitazione tra i lavoratori rurali. La prigione di due agitatori, Antuñano e Montoya, nelle tenute della valle di Carabayllo ruppe il silenzio, apparentemente calcolato, di La Protesta. Sotto il titolo La voce di un Contadino, e senza firma, si denuncia la prigione arbitraria dei nostri compagni.
La realtà sociale riscuoteva forme radicali e gli anarchici si vedevano sempre di più inclusi. In ottobre di 1914, mesi dopo il rovesciamento di Billinghurst, si cercava di consolidare il ritorno delloligarchia, appoggiata nellesercito, allesercizio pieno del potere politico, e pertanto lambiente politico non si mostrava molto tollerante con agitatori sociali. Gli anarchici, da parte sua, sfidavano al regime e dirigevano i suoi dardi contro il militarismo, egli quale non apportava motivi per un atteggiamento di tolleranza da parte del governo. Nel sud, nellaltopiano, si faceva sentire un costante stato di agitazione tra gli indigeni, stato che culminerebbe nellinsurrezione di Rumi Maqui, un anno più tardi. I proprietari terrieri propiziavano un allarmismo che li giustificava reprimendo e spogliare gli indigeni. Non esistono indizi circa una partecipazione anarchica o relazione chiunque col sollevamento di Rumi Maqui, eccetto alcune vaghe accuse che i capi locali pretendeva sfruttare per giustificarsi di fronte allopinione pubblica della capitale e finire linvio di forze repressive (28).
Nello stesso numero nel quale si informa sulle detenzioni, difende Elías Mendiola ai suoi compagni, respingendo le accuse delle autorità che hanno preteso di vedere un incitamento allammutinamento, allincendio e la distruzione dove cerano solo lavoro di investigazione ed organizzazione societaria operaia . Benché naturalmente apologista, risulta interesante la sua descrizione dellattività propagandistica tra i braccianti indigeni. È ovvio che si tratta di una propaganda abbastanza più vicina allagitazione che lelementare lavoro di istruzione razionalista raccomandata da Caracciolo Levano. Gli anarchici assunsero che la realtà indigena nelle aziende era propizia per captare messaggi sindacalisti (29). Interessa specialmente lallusione al lavoro di investigazione che, senza un altro indizio, potrebbe significare un tentativo più serio da parte degli anarchici di conoscere ed avvicinarsi alla realtà indigena. Nel quadro dellambiente repressivo dellepoca, il diario conservatore El Comercio pubblicò un articolo di avvertenza contro gli anarchici, nel quale li descrive come terroristi, allo stile diffamatorio comunemente usato allora in diverse parti del mondo, ma aggregando unaccusazione peruviana, destinata a provocare una vera fobia nellopinione pubblica: istigano gli indigeni alla guerra di razze (30). Accusazione ovviamente respinta da La Protesta (31).
Il viraggio concettuale
Fino ad ora abbiamo visto come gli anarchici limegni di La Protesta trattarono il tema indigeno e furono involucrandosi in lui tra gennaio di 1912 ed ottobre di1914. La strategia esposta da B.S. Carrión fu respinto e neanche edita interamente; solamente possiamo dedurla dal suo articolo introduttore. Invece, il giornale, per mezzo di una delle figure più distaccate dellanarcosindicalismo, Manuel Caracciolo Levano, presentò un atteggiamento più concorde con quello che possiamo considerare le concezioni ortodosse o universali dellanarchismo. Vedemmo, anche, come la realtà degli acuti conflitti rurali dellepoca, lavvicinamento alla realtà indigena, e linserimento, ancora abbastanza laterale, nelle lotte, furono sfumando ed alterando la visione anarchica. Perfino lo stesso Caracciolo Levano, davanti agli eventi di Chicama, solamente quattro mesi dopo essersi pubblicato il suo articolo programmatico, presenta una visione distinta, più adattata alla realtà andina dellepoca (32):
Le terre fertili delle nostre montagne non hanno bisogno di irrigazioni artificiali per produrre. Le nostre incipienti moltitudini, dotate di naturale raziocinio, non hanno bisogno di filosofie curialesche, tergiversatore della Verità, per rendersi conto di quello che devono fare, per liberarsi delle ingiustizie
Tuttavia, fino a novembre di 1914, non si arrivò a formulare nelle pagine del periodico anarcosindicalista un progetto prosecutore di quello presentato da Carrión. Appena nel N°. 39, del 21 novembre di 1914, si pubblicò un articolo abbastanza più radicale sul suo appello al passato andino di fronte al presente di oppressione e miseria, nel suo avvicinamento allutopia andina, e nel suo rifiuto al determinismo positivista delle concezioni eurocentriche della storia. Larticolo, firmato da E. di Arouet Prada, si diploma Razza indigena, ed in lui si regge che sebbene al presente le radici dello sfruttamento si trovano nella conquista spagnola, la repubblica, da parte sua, non aveva cambiato sostanzialmente la situazione:
Sulle macerie del Tahuantinsuyu, i figli di Valverde e Pizarro continua lopera di distruzione e rovina dei suoi genitori. Il regime coloniale o vicereale non è sparito Con la repubblica, se i suoi fondatori procederono di buona intenzione, i politicanti di dopo fino ad oggi non hanno fatto altro che cambiare nomi nellabuso, loppressione ed il crimine
Al caratterizzare al regime di sfruttamento come coloniale, le categorie razziali acquisiscono un contenuto sociale. Più anche, respingendo il concetto determinista del progresso storico, concetto chiave nella visione eurocentrica, lautore proclama la superiorità delle civiltà indigene: gli aztechi e quechua furono più civilizzati di essi (i conquistatori).
Perfino al presente si trova in pericolo uno dei più importanti antenati del passato indigena, il comunismo che sussisteva ancora ad ogni distruzione, sta sparendo grazie allambizione e la fame canina dei capi. Appoggiandosi su citazioni di González Prada che risaltano la mancanza di senso delle libertà formali e borghesi della repubblica per gli indios, lautore, allo stesso modo della critica, ricade varie volte in una descrizione idealizzante del passato incaico, paragonandolo col presente, frutto della conquista:
Gli invasori distrussero il Comunismo imperiale incaico, per sfruttare gli indios a nome di un padrone; devastarono la sua civiltà, a nome di una fede mentita, piuttosto barbarie, demolirono i suoi monumenti per erigere chiese ad un dio malvivente; sterminarono, infine, la razza.
Richiamano lattenzione le risorse semantiche utilizzate per presentare unimmagine idealizzata dellImpero degli Inca, affinando questioni problematiche dal punto di vista dellideologia anarchica. Il regime sotto gli inca è definito innanzitutto come Comunismo (con maiuscola), e solo come imperiale (con minuscola), risaltando limportanza dellelemento positivo e minorizando il negativo. Dopo, i tempii religiosi indigeni sono ricalcati come monumenti, presentando come cultura ed arte quello che sarebbe considerato nellideologia anarchica ortodossa come superstizioni e culti destinati a mantenere al paese nellignoranza e lobbedienza. La rivendicazione implicita dei culti indigeni, comparati col cristianesimo, è più chiara nel seguente passaggio, posto in bocca degli indios:
. cobbligate ad adorare al vostro dio e servire alla vostra patria, miti ambedue feroci e sanguinari che non conosciamo ; noi non abbiamo più dio che il Sole e la Natura, né più patria della terra che calpestiamo
Lautore confonde, così sia intenzionale e demagogicamente, o forse sinceramente, il culto agli astri ed i fenomeni della natura con la fede positivista, razionalista e moderna nelle leggi della natura. Di questa maniera, lidealizzazione del Tahuantinsuyo diventa molto più digeribile per gli anarchici moderni; si creda un ponte tra il passato idealizzato e lideologia progressista e rivoluzianaria del presente, portatrice del futuro.Ugualmente, presentando i suoi argomenti mettendoli in bocca degli indigeni, lautore esprime quello che egli considera un stato di coscienza, insinuando un possibile discorso propagandistico per gli agitatori indigeni.
E non sarà neanche listruzione razionale quella che libererà gli indigeni, lagitazione anarchica, bensì il ritrovo messianico coi miti del passato. Sembrasse che lautore voglia collegarsi con quello che considera i miti esistenti nella memoria collettiva degli indios.
La possibilità di redenzione è abbordata nei termini del messianismo andino che effettivamente caratterizzò le insurrezioni indigene più importanti: Se un nuovo José Gabriel Cóndor Canqui, (Túpac Amaru) non viene a redimere questa razza depredata . Risulta illustrativo quello che otto anni prima, il giornale anarchico Los Parias, chiedendo anche per il leader redentore, convocava lesempio europeo di Spartaco (33). Tuttavia, chiarisce Arouet Prada, lobiettivo continua ad essere propagati gli ideali anarchici, poiché quando gli indios si compenetrino dello spirito libertario ed abbraccino lideale anarchico avranno ottenuto la sua definitiva liberazione. Ma ora il cammino passa per lincontro tra gli anarchici e gli indigeni nel terreno della memoria collettiva, del passato comunismo incaico e delle ribellioni nei secoli scorsi, dalla conquista. In forma molto diretta ed esplicita, Arouet Prada abborda la critica degli anarchici che si rifiutano di vedere in un regime imperiale e dispotico una bandiera ad inalberare:
Che cosa dire agli indios? Su il Comunismo e governo socialista autoritario degli Inca, vissero felici In realtà che gli indios non avevano pane, tetti dove ripararsi sotto quel governo patriarcale. Qualche storiografo gracchiava ` ¡ Oh!il dispotismo, riferendosi a questo governo. Ma tale doveva essere ed in quellepoca (un certo tipo di determinismo storico nonostante tutto). A chi si lamentano del dispotismo degli Inca gli domanderemo ¿ sono davvero liberi tutti gli uomini oggi? gli indios furono più felici nel dispotismo degli Inca che nella tirannia dei Viceri e Presidenti. Nellimpero socialista prepotente non libertario essi non ebbero pane, soffittodove ripararsi, né soffrirono la frusta, la sciabola
E torna a riaffermare la superiorità della civilizzazione incaica, differenziando modernità tecnologica e superiorità morale o umana:
La civiltà stessa degli Inca fu più umana di quella dei conquistatori. In effetti, quelli non ebbero le guerre religiose, né le guerre politiche o patriottiche dei dieci ultimi anni degli europei . Lattuale macelleria e desolazione europea è anche una prova che la civiltà del secolo XX è una ` barbarie di guanto bianco.
La Prima Guerra Mondiale, coi suoi orrori, già nei suoi primi mesi, provocò profondi cambiamenti nella concezione del progresso, rompendo lottimismo storico del determinismo positivista e trasformandosi in uno dei fattori nella rivalutazione di varie ideologie canonizzate, compreso nel seno dellanarchismo. In America Latina, la guerra europea produsse una gran delusione con la civiltà del vecchio continente, fomentando unintensa ricerca di fonti proprie di riferimento ed ispirazione, ed incoraggiando in alcuni paesi, come nel Perù, una rivendicazione del passato indigeno. Il viraggio concettuale dentro lanarchismo peruviano non fu completo, poiché rimasero residui della concezione anteriore, e non fu necessariamente condiviso nello stesso grado per tutti gli anarchici di La Protesta. Di tutte forme, caratterizzò gli anarchici vincolati alle ribellioni contadine degli anni venti e trascese lanarchismo per abarcare, con diversi gradi e sfumature, agli indigenisti radicali durante 11 anni di goberno di Leguía. Già in 1915, la nuova sintesi ideologica si rifletteva nellopuscolo propagandistico La Anarquia, nel Perù, pubblicato da Juan Manuel Carreño chi presenta lanarchismo moderno come la continuazione evolutiva del sublime comunismo incaico (34), né più né meno.
Le concezioni esposte nellarticolo di E. di Arouet Prada costituiscono un momento chiave nel processo di andinizzazione dellanarchismo limegno rappresentato per La Protesta. La questione indigena smette di essere osservata con occhi costeños europei, per rappresentanti di una cultura moderna, razionale, portatrice della scienza, la verità e la redenzione sociale, per mezzo della sua teoria rivoluzionaria. Questa è rilevante ancora, ma non risiede in nessuna ipotesi progresso umano inerente alla civiltà occidentale e moderna. Gli indios arriveranno agli ideali anarchici, e con essi alla sua stessa liberazione, trovandosi con gli anarchici nei suoi propri miti, nella sua memoria collettiva del passato comunismo incaico, nei pratici collettivisti e di aiuto mutuo che sopravvivevano ancora, nelle sue credenze, più relazionate con la natura e pertanto più vicine alla scienza che il cristianesimo dei discendenti dei conquistatori. Gli anarchici peruviani incominciano a guardare verso la sierra e dalla sierra. Non sperano oramai che le onde del progresso bagnino le coste del Perù ed essi, gli anarchici costeños, inzzupati per esse, diffondano il suo messaggio nella sierra mediante la formazione di maestri indigeni acculturati. Possiamo segnalare vari fattori che ebbero influenza su questo processo:
Lanarchismo andinizzato, e la sua espressione pratica nel Comitato Pro-Diritto Indigena Tahuantinsuyo (36) durante le grandi ribellioni indigene della decade del 20, possono considerarsi come una delle fonti ispiratrici di Mariátegui ed Haya de la Torre nelle sue ricerche di sintesi originali tra teorie rivoluzionarie, di origine europea, e la realtà sociale e culturale del Perù ed Indoamérica, pensate da esse. La. sintesi creata per Mariátegui tra marxismo ed indigenismo, e lo spirito indigenista delle 7 ensayos, possono essere considerati come un prolungamento, più elaborato, brillante e con maggiore solidità teorica, del viraggio concettuale iniziato dagli anarchici.
Tra 1912 e 1915 si andò gestando in La Protesta un nuovo discorso rivoluzionario. Per la prima volta (37), rivoluzionari portatori di teorie universaliste di origine europea ricorsero alla memoria collettivo indigena, ai suoi miti, adattandosi a quello che percepivano come la realtà andina in tutte le sue dimensioni, obiettive e soggettive, modificando per quelli suoi concetti v premesse, e creando una nuova utopia andina.
Nellincontro tra lanarchismo limegno ed il mondo andino sono due gli individui. Abbiamo analizzato come lincontro colpì ad uno di essi, provocando un significativo cambiamento nel suo atteggiamento, nella sua percezione dellaltro, fino a dovere introdurre cambiamenti nella sua ideologia. Gli anarchici di La Protesta sono stati i protagonisti di questa piccola storia.
Un altro studio, probabilmente più interessante e difficile, si potrebbe fare analizzando lincontro dalla prospettiva degli indios; potrebbe tentarsi anche un paragone critico tra quello che gli anarchici consideravano che erano i miti e la coscienza collettiva degli indios, e quello che realmente questi pensavano. Ma, quelle sarebbero già altre storie.
Note
Traduzione: La Protesta