L’ora dell’anarco-sindacalismo” di Camillo Berberi

da Guerra di Classe (Settembre 1930)

 

 

“(…) C’è qualche cosa di più ampio e di più profondo: la convinzione che l’anarco-sindacalismo sia il terreno sul quale il movimento anarchico potrà entrare, con chiarezza di scopi e vigoria di effetti, nel gioco delle forze sociali e politiche della rivoluzione antifascista”.

“Ma vedo pericoli, temendo che non abbastanza si sia elaborata, aggiornandola con le esperienze multiple e gravi del fascismo, l’ideologia anarco-sindacalista, che mi pare consistere, essenzialmente, in un trasferimento marxisteggiante del populismo rivoluzionario sul terreno delle correnti integraliste della democrazia, trasferimento che ha per stella polare l’idea di prendere contatto con le masse, di penetrarle, in una parola, di conquistarle. Con l’anarco-sindacalismo, l’anarchismo esce fuori dallo snobismo, dal cerebralismo onanista, dall’individualismo egotista, dal nichilismo esasperato e disperato. Là dove il movimento anarchico ha radici nel movimento  sindacale, ha una partecipazione vasta e seria alla lotta di classe, là esso presenta un’organicità, una vitalità, una maturità, insomma, che largamente compensa delle deformazioni e delle insufficienze dottrinarie e tattiche”.

“Se il movimento anarchico russo non s’è trovato all’altezza della situazione fu, essenzialmente, perché non unificato da un comune sforzo contingente atto a dedurre o a porre in disparte i dissensi metafisici o di dettaglio. E là dove il movimento anarchico vive fuori dall’orbita dell’attività sindacale, là appaiono gli stessi segni di disorientamento, gli stessi fenomeni di bizantinismo e di dilettantismo, gli stessi sintomi di un vero e proprio marasma o di una lentissima convalescenza.

Al contrario, fra i movimenti anarchici quello italiano e quello in lingua spagnola sono alla testa, non soltanto dal punto di vista dell’influenza sulle masse lavoratrici ma anche da quello dell’elaborazione ideologica, della cultura, della combattività”.

“Ma, i movimenti anarco-sindacalisti di Spagna, dell’Argentina, della Svezia, ecc., mancano di quella particolare esperienza del movimento italiano: del fascismo. E non soltanto del fascismo di per se stesso, squadrista e corporativo, ma delle circostanze dalle quali scaturì e nelle quali si consolidò. Fra queste esperienze, vi è quella delle insufficienze tattiche del movimento anarchico, troppo fiducioso nei fronti unici, troppo poco autonomo, in azioni di nuclei di avanguardia con funzioni di attacco e di difesa armata. La corrente anarco-sindacalista fu principalmente soggetta agli errori ed alle insufficienze dell’anarchismo militante e l’Unione Sindacale non seppe tracciare delle nette ed organiche linee programmatiche e tattiche”.

“(…) per la natura eterogenea dei suoi quadri, per l’eclettismo imperante nella sua stampa. Il fenomeno parlamentarista di Angelo Faggi, il sindacalismo integrale di Giovannetti, la posizione di teorico in primo piano di Enrico Leone stanno ad indicare, a parer mio, che gli anarchici avevano nell’Unione Sindacale un cavallo di Troia ed un campo sperimentale, ma non un organismo da essi del tutto penetrato e permeato”.

“L’agnosticismo di molti compagni nei suoi riguardi, l’avversione di non pochi, la tesi unitaria, alla quale aderivano compagni di grande valore, stanno a provare che l’anarco-sindacalismo in Italia era qualche cosa di vasto e di complesso, irracchiudibile nell’orbita di un movimento specifico, vivente oltre, e un poco al di fuori, dell’Unione”.

“La maggior parte degli anarco-sindacalisti è costituita da anarchici che sono sindacalisti in quanto vedono nel sindacato un ambiente di agitazione e di propaganda più che di organizzazione classista. E ben pochi anarco-sindacalisti si sono, quindi, posti i problemi inerenti al sindacato quale cellula ricostruttiva, quale base di produzione e di amministrazione comuniste. Ancor meno numerosi sono coloro che si sono posti il problema dei rapporti fra i sindacati e i Comuni. Ancor oggi siamo al bivio, fra l’insidia del sovietismo bolscevico e l’insidia unitaria accentratrice del confederalismo socialdemocratico”.

“Se vogliamo avere una piattaforma anarco-sindacalista seria occorre formulare un programma di opposizione e di costruzione, tenendo presente i problemi della rivoluzione italiana. La lotta per strappare alle tendenze e forze accentratrici il massimo possibile di autonomia sindacale nelle forme elettive e deliberative e nei rapporti con gli organi centrali esecutivi, non può che isterilire sul terreno nettamente antiautoritario in senso individualista od individualisteggiante. La lotta contro la burocrazia in generale ed il funzionarismo sindacale in ispecie deve evitare esagerazioni dannose, ma deve essere implacabilmente acuta”.

“Il problema di uno Stato sindacale va discusso. Un’infinità di problemi, sui quali s’è sempre sorvolato, si affacciano in margine a quelli più noti e discussi e non sono meno importanti di quelli.

(…) Guerra di Classe dovrebbe, a mio avviso, battersi su vari fronti, con convergenza di fuochi e abbondanza di munizioni. Contro il fascismo, illustrandone sistematicamente, cioè con serietà di fonti e sintesismo di esposizione, le malefatte. Contro il bolscevismo, quello di Russia e quello in potenza. Contro gli equivoci socialdemocratici. Contro l’anarchismo dagli occhiali rosa.

Opera di battaglia e di preparazione, di polemica e di cultura.

(…) Abbiamo bisogno di dati, di fatti, di idee. Necessita un’elaborazione vasta ed insieme profonda”.

“Il compito è grave, le possibilità non molte. Ma avete fede e volontà.

E queste sono forze vive, fiamme che nessuna bufera di reazione può spegnere. Se in qualche cosa posso contribuire alla vostra opera lo farò di tutto cuore”.