Marmo e anarchia. Ricordo di Ugo Mazzucchelli (1903- 1997)di
Claudio VenzaUgo Mazzucchelli ha coperto con la propria esistenza quasi tutto questo secolo. Era nato in una Carrara povera e ribelle, sempre pronta all’insurrezione ed è morto nella medesima città, forse rassegnata ad essere il monumento di se stessa. Quasi come accade a Barcellona, almeno per quanto riguarda la forza dei movimenti rivoluzionari di impronta libertaria. Nei ricordi autobiografici, riordinati in età avanzata, Ugo Mazzucchelli ha attribuito la propria opzione anarchica ad «una scelta di libertà e dignità dell’uomo e non certo in virtù di teorie filosofiche o dottrine politiche». Ha offerto così una chiave interpretativa molto legata all’ambito dei valori morali ed essenziali (se non primordiali). A diciotto anni Mazzucchelli conosce la prigione sabauda per essersi armato, con altri giovanissimi di Nozzano (un villaggio nei pressi di Carrara), e aver lottato contro le squadre fasciste. Nelle Apuane il fascismo si impone solo dopo una lunga serie di scontri violenti, ma riesce ad attirare nelle proprie fila anche lavoratori manuali, soprattutto disoccupati non sindacalizzati. Dopo tale esperienza, e in seguito ad impegni di sopravvivenza della famiglia (che compone precocemente), si adatterà a vivere quasi isolato tra i monti delle Apuane, vicino alle cave di Lorano, dove resiste malgrado l’aperto boicottaggio dei padroni delle cave che non intendono assumere un sovversivo senza tessera del fascio che ogni Primo maggio si astiene dal lavoro. La guerra mondiale permette di riprendere la lotta sociale e politica in termini nuovi anche tra le valli apuane: nella primavera del 1944 i Mazzucchelli, Ugo e i figli Alvaro e Carlo, danno vita ad una propria formazione armata che affianca altre bande partigiane anarchiche, come quella di Ismaele Macchiarini, che da riunioni clandestine in uno scantinato di Carrara passa nel maggio alla lotta armata sui monti. In seguito ad un rastrellamento, per un paio di mesi Ugo si trova prigioniero nel carcere di Massa e rischia la fucilazione da un momento all’altro. Viene liberato, con altri detenuti, alla fine del maggio 1944; viene scambiato con il figlio del direttore dello stesso carcere, sequestrato da un commando partigiano. Al ritorno in montagna deve fare i conti con un impegno massiccio di truppe tedesche che ora comprendono anche una divisione corazzata guidata dal maggiore delle SS, Walther Reder, responsabile degli eccidi in vari centri montani della zona come Sant’Anna di Stazzema. Si discute molto, nella brigata «Gino Lucetti» (dal nome dell’attentatore a Mussolini nel 1926), sull’opportunità, dato lo squilibrio delle forze in campo, di condurre singole azioni di attacco ai nazisti, individui o gruppi, che dispongono tra l’altro di numerosi ostaggi sia tra giovani sospettati di essere partigiani, sia nella popolazione civile. Ugo, che della formazione è il comandante, appare contrario a tali iniziative armate e preferisce svolgere un’attività di consolidamento organizzativo e di assistenza alle famiglie dei partigiani. In questa direzione egli conduce una serie di «trattative» con i locali industriali del marmo, direttori di banche e altri esponenti della ricca borghesia apuana. Mentre il locale CLN è impossibilitato ad ottenere alcun fondo con le forze ridotte di cui dispone, alcuni gruppi di facoltosi sono portati nelle zone controllate dai partigiani e qui «invitati» a sottoscrivere somme consistenti per sostenere lo sforzo della Resistenza. Questi «prelievi» sono destinati, tra l’altro, a finanziare il locale ospedale, dove vengono curati anche i partigiani feriti, e all’acquisto di generi di prima necessità da far arrivare a Parma, oltre gli Appennini. I notabili meno entusiasti saranno trattenuti in alta montagna a condividere le condizioni di vita dei partigiani, argomento che risulterà determinante. Il punto più alto dell’attività partigiana carrarese è certamente la liberazione della città nel novembre 1944. L’invito agli Alleati a raggiungere Carrara in tempi brevi viene però ignorato e le bande partigiane devono ripiegare in montagna dopo quattro giorni Una battuta d’arresto per la formazione «Lucetti», a partire dal dicembre del 1944, si registra dopo l’invito del generale Alexander a sciogliere le bande in vista dell’inverno. La Linea Gotica pare stabilizzata ormai da mesi e l’avanzata degli Alleati è bloccata; viene dato l’ordine ai partigiani del Carrarese di ripiegare di fronte ad un duro rastrellamento nazifascista. Mazzucchelli si salva in modo avventuroso dall’accerchiamento e si rifugia temporaneamente a Lucca. In queste circostanze, come ricorda in varie occasioni, ha la netta sensazione di essere nel mirino anche dei presunti compagni delle formazioni comuniste locali: la Spagna è vicina nel tempo ed episodi analoghi non sono rari nella lotta partigiana. Ritorna nei dintorni di Carrara nel marzo 1945 e dà vita ad una nuova brigata, la «Michele Schirru» che riprende il nome delmancato attentatore di Mussolini, fucilato nel 1931. Con altre bande partigiane e assieme alle truppe alleate entra a Carraraliberata ai primi dell’aprile 1945. Nel frattempo un noto anarchico, Romualdo Del Papa, già miliziano in Spagna e più possibilista verso i partiti antifascisti, ha fondato un’altra formazione che ha ripreso il nome di «Gino Lucetti». Il dopoguerra vede impegnato il maturo militantein un’attività intensissima.Nella città affamata e preda di speculatori si fonda la «Cooperativa del Partigiano » che gestirà 25 centri di vendita di generi alimentari a prezzi bassi. I lavori nelle cave languono, ma è urgente ripren- derli per dare solide basi alla ripresa della vita civile senza i condizionamenti dello Stato. Mazzucchelli costituisce quindi, con altri compagni, la «Cooperativa edile Gino Lucetti» che coordinerà l’attività di circa 1500 operai fino a quando la Montecatini, potente gruppo nel settore dell’estrazione, inventerà delle false cooperative perassumere i lavori dati in appalto dai nuovi gestori del potere economico pubblico. uesti tentativi libertari di auto-organizzazione popolare nell’Italia dell’immediato dopoguerra si scontrano ben presto con il crescente potere dei partiti, in primis quello comunista, che preferisce untare sul controllo delle istituzioni statali e locali. In fin dei conti, l’apparato di controllo e di rappresentanza delle classi popolari non gradisce alcuna realizzazione nel senso dell’autogestione extraistituzionale. Uno dei frequenti momenti del protagonismo carrarese nelle iniziative nazionali libertarie si ha proprio nella costituzione della Federazione Anarchica Italiana, avvenuta il 15-19 settembre 1945. Qui convergono i sopravvissuti della repressione fascista, i reduci dalla lotta partigiana e dalla rivoluzione spagnola, i giovani entusiasti: tutti rappresentano una forza potenziale per imprimere una svolta in senso extra-statale in una società in fase di ricostruzione dopo una lunga dittatura e una sanguinosa guerra. Il contributo degli anarchici di Carrara è centrale per la carica di militanza, per il radicamento popolare, per l’esperienza pluridecennale nel campo del sindacalismo rivoluzionario. Nel progetto dei Mazzucchelli (si può infatti parlare di una presenza che non è solo individuale, anche se ruota per decenni attorno alla figura patriarcale di Ugo), Carrara dovrebbe diventare la capitale dell’anarchismo dove si possono trasferire i compagni più preparati del movimento: lo scopo è di unire la determinazione e la sensibilità di una fetta importante della popolazione cittadina al pensiero moderno e alla cultura libertaria. A questo fine di valorizzazione del patrimonio umano locale, che poteva contare anche su una base economica molto rara negli ambienti anarchici, Ugo Mazzucchelli invita compagni noti come Ugo fedeli (per alcuni anni «segretario» della FAI), archivista e storico, Alfonso Failla, organizzatore sindacale, Umberto Marzocchi, giornalista e conferenziere, Pier Carlo Masini, giovane intellettuale. In casi analoghi l’obiettivo è già conseguito, come per Alberto Meschi, di origine emiliana, capo della locale Camera del Lavoro fino ai primi anni c cinquanta, ma il più delle volte ciò resta una speranza resistente ma vana. Se la tradizionale attività sindacale è inevitabilmente meno interessante per Ugo Mazzucchelli (che nel corso degli anni diventerà un importante concessionario del diritto all’uso delle cave di marmo e quindi ipotetica controparte nelle rivendicazioni dei lavoratori), i suoi interessi si moltiplicano insieme ai campi di intervento. Nel 1963 apre la locale sezione della Federazione Italiana delle Associazioni Partigiane, un’associazione di sinistra con simpatie «azioniste» che si sottrae ai condizionamenti del Partito comunista sull’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia. Spesso le due sigle della FAI e della FIAP risultano quasi intercambiabili nella provincia apuana in quanto ruotano attorno alla sua forte personalità, formata nella fase in cui era un effettivo comandante partigiano. In quanto massimo responsabile del primo battaglione «Lucetti», e poi della «Schirru», Mazzucchelli aveva esercitato senza indugi i propri compiti di comando, dal terreno militare a quello della giustizia interna verso partigiani colpevoli di atti contro la popolazione locale. Verso la fine degli anni Settanta, dalla rinnovata collaborazione con Carlo Cassola, scrittore impegnato e pacifista, nasce la Lega per il Disarmo Unilaterale, un tentativo di aprire un nuovo terreno per l’impegno antimilitarista. Un altro tipo di attività, al tempo stesso storica e simbolica, nella quale Mazzucchelli mette alla prova le proprie tenaci capacità organizzative, ruota attorno al principale interesse della sua attività produttiva: l marmo. Si tratti di lapidi e di tombe (come quelle di Lucetti o di Giuseppe Pinelli), o di più impegnativi monumenti, la sua determinazione pare superare la miriade di ostacoli burocratici e tecnici frapposti dalle istituzioni. Nel ricordo di Franco Serantini, ucciso ventenne dalla polizia a Pisa nel maggio 1972, viene collocato un grande cippo dopo anni di tentativi infruttuosi. In un caso almeno, quello del monumento a Gaetano Bresci, lo scandalo suscitato nell’Italia reazionaria e perbenista porta anche all’intervento della magistratura con sentenze contraddittorie. In tale occasione Ugo riesce a far convergere a Carrara una serie di storici che, riuniti a convegno nel giugno 1985, esaminano le responsabilità delle istituzioni dell’Italia umbertina nel controllo e nella repressione dei movimenti proletari. In altre parole si mettono in evidenza le valide ragioni del gesto di Bresci. A partire dagli ultimi anni Ottanta le prese di posizione politiche e ideologiche, improntate alla volontà di rinnovare l’anarchismo con l’inserimento di istanze (secondo lui più moderne e mature, in realtà più legate ai principi democratici e alle istituzioni pubbliche), hanno suscitato, com’era naturale e prevedibile, molte critiche che lo portano infine a dimettersi dalla FAI. Per un approfondimento è consigliabile la lettura della biografia scritta da Rosaria Bertolucci, A come anarchia o come Apua. Un anarchico a Carrara. Ugo Mazzucchelli, Quaderni della FIAP, Carrara, 1987. Notizie interessanti si ricavano anche da molte parti del volume uscito a cura di Ugo Mazzucchelli,
Testimonianze. Carrara e i suoi monumenti. «La forza della ragione e le sue evoluzioni», che non reca indicazioni editoriali, ma che risale alla fine degli anni Ottanta. Tra i testi sul periodo partigiano vi sono notevoli riferimenti nel lavoro, pubblicato postumo, di Gino Cerrito, Gli anarchici nella resistenza apuana, a cura di Adriana Dadà, Maria Pacini Fazzi Editore, Lucca, 1984 e nella ricostruzione di Pietro Bianconi, Gli anarchici italiani nella lotta contro il fascismo, Edizioni Archivio Famiglia Berneri, Pistoia, 1988. E infine Claudio Venza, A proposito di Ugo Mazzucchelli, «Umanità Nova», 1997.