MACHNO

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Gli Anarchici nella rivoluzione russa

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Paul Avrich


42. Le comuni agricole - Nestor Machno

I mesi di febbraio e marzo [1918] erano il periodo adatto per distribuire il bestiame e gli attrezzi requisiti ai proprietari terrieri nell'autunno del 1917 e per dividere le tenute terriere tra i volontari, i contadini e gli operai organizzati nelle comuni agricole. Che questo fosse il momento decisivo, sia per costruirsi una nuova vita che per difenderla, era chiaro a tutti i lavoratori del distretto. Ex soldati di prima linea, sotto la guida del comitato rivoluzionario, erano occupati a trasferire in un fondo comune tutto l'equipaggiamento e il bestiame delle tenute dei padroni e dei possidenti benestanti, cui erano stati lasciati solo due paia di cavalli, una o due mucche (a seconda delle dimensioni della famiglia), un aratro, una seminatrice, una trebbiatrice e un forcone, mentre i contadini si recano nei campi per portare a termine la ridistribuzione della terra iniziata nello scorso autunno. Nel contempo, alcuni operai e contadini, che in autunno si erano già organizzati in comuni rurali, lasciarono i loro villaggi ed occuparono le terre degli ex proprietari, incuranti del fatto che i distaccamenti della Guardia rossa appartenenti al blocco dei bolscevichi e dei socialisti rivoluzionari dell'ala sinistra, secondo il trattato stipulato con gli imperatori d'Austria e di Germania, avevano già evacuato l'Ucraina, lasciando a combattere con le sue piccole formazioni militari rivoluzionarie una guerra impari contro le unità regolari austriache e tedesche, cui si affiancavano i distaccamenti del Rada centrale ucraino. I contadini si stabilirono ugualmente su quelle terre e non persero tempo ad organizzare le proprie forze: in parte per portare avanti il lavoro primaverile nelle comuni, in parte per formare distaccamenti armati che difendessero la rivoluzione e le sue conquiste, che i lavoratori rivoluzionari, in molti distretti, se non ovunque, avevano ottenuto passo per passo con le proprie forze, costituendo un esempio per tutto il paese.Le comuni agricole erano perlopiù organizzate dai contadini, anche se in certi casi avevano una composizione mista di contadini e operai. La loro organizzazione si basava sull'uguaglianza e sulla solidarietà di tutti i componenti. Tutti i membri della comune - uomini e donne - si dedicavano con buona volontà al loro lavoro, sia nei campi che nelle case. Le cucine e le sale da pranzo erano in comune. Ma chiunque desiderasse cucinare per proprio conto per sé e per i figli, o prendere cibo dalla cucina comune e consumarlo nel proprio alloggio, non incontrava alcuna opposizione da parte degli altri membri della comune.

Ciascun membro della comune, o anche un gruppo di membri, poteva organizzare come meglio credeva le questioni relative alle cibarie, purché ne informasse anticipatamente la comune, in modo che tutti i componenti ne fossero al corrente e potessero fare le necessarie preparazioni nella cucina e nella dispensa comuni. Per esperienza, tutti i membri della comune sapevano che dovevano alzarsi per tempo al mattino per accudire ai buoi, ai cavalli e agli altri animali e per portare avanti gli altri lavori. Chiunque poteva assentarsi quanto voleva dalla comune, purché ne desse notizia ai compagni con i quali attendeva più frequentemente a lavori in comune, in modo che questi ultimi potessero organizzarsi in sua assenza. Questa era la regola nei periodi di lavoro. Ma durante i periodi di riposo (la domenica era considerata un giorno di riposo) tutti membri della comune si recavano, a turno, in gita.

La comune era diretta da un'assemblea generale dei suoi componenti. Dopo queste riunioni, ciascun membro, sapendo qual'era il compito assegnatogli, poteva decidere quali cambiamenti doveva o meno apportare al suo lavoro e così via. Solo il problema ella scuola non era perfettamente definito, perché le comuni non volevano rimettere in vigore la scuola di vecchio tipo. Come nuovo metodo scolastico, scelsero quello anarchico di F. Ferrer [1] (gli anarco-comunisti leggevano spesso resoconti e distribuivano opuscoli sulla sua scuola), ma non disponendo di persone sufficientemente esperte di queste questioni, le comuni cercarono di ottenere, attraverso il gruppo degli anarco-comunisti, compagni più istruiti dalle città e solo come ultima risorsa invitarono nelle loro scuole maestri che conoscevano solo i vecchi metodi di insegnamento.

Per un raggio di tre-quattro miglia intorno a Guljai-Polje c'erano quattro comuni agricole di questo tipo. In tutto il distretto, però, ce n'erano molte. Ma io parlerò di queste quattro, perché ho preso parte diretta alla loro organizzazione. Esse raggiunsero i primi risultati fruttuosi sotto la mia supervisione o, in alcuni casi, dopo essersi consultate con me. In una di esse, forse la più grande, ho lavorato fisicamente per due giorni alla settimana, in primavera nei campi dietro l'aratro o la seminatrice, prima e dopo accudendo a lavori domestici nelle piantagioni o nell'officina delle macchine, e così via. Per i restanti quattro giorni della settimana ho lavorato a Guljai-Polje con il gruppo degli anarco-comunisti nel comitato rivoluzionario del distretto. Me l'avevano chiesto i membri del gruppo e tutte le comuni. La rivoluzione stessa lo richiedeva, poiché era necessario raggruppare e riunire tutte le forze rivoluzionarie per arginare la controrivoluzione che avanzava da occidente ad opera degli eserciti monarchici tedeschi e austro-ungarici e del Rada centrale ucraino.

In tutte queste comuni c'erano contadini anarchici, ma la maggioranza dei membri non era anarchica. Tuttavia, nella vita comune provavano una solidarietà anarchica quale si manifesta solo nella vita pratica dei lavoratori che non hanno ancora assaggiato il veleno politico delle città, con la loro atmosfera di inganno e di tradimento che prostra anche molti di coloro che si definiscono anarchici. Ogni comune consisteva di dieci famiglie di contadini e di operai, per un totale di cento, duecento o trecento membri. Queste comuni occupavano tanta terra quanta erano in grado di lavorare da sole. Il bestiame e l'equipaggiamento agricolo venivano assegnati dai congressi distrettuali dei comitati terrieri.

E così i lavoratori liberi delle comuni si mettevano all'opera, al suono di canti liberi e gioiosi, che riflettevano lo spirito della rivoluzione e di quei combattenti che l'avevano profetizzata ed erano morti per essa o che vivevano e restavano fedeli alla lotta per una "giustizia superiore" che deve trionfare sull'ingiustizia, farsi forte e guidare con la sua luce la vita umana. Essi hanno seminato i loro campi e coltivato i loro giardini, fiduciosi nelle proprie forze e fermamente decisi a non consentire il ritorno di chi non aveva lavorato la terra ma ne era stato soltanto padrone grazie alle leggi dello stato, e che ora cercava di riprenderne possesso.

Gli abitanti dei villaggi e delle baracche adiacenti a questi comuni, meno politicizzati a non ancora liberati dalla servitù dei Kulaks, invidiavano i comunardi e più volte espressero il desiderio di portar loro via il bestiame e gli attrezzi che essi avevano ottenuto dagli ex possidenti, per ridistribuirli tra loro. "Che i comunardi liberi ce li ricomprino", dicevano. Ma questo impulso venne fermamente condannato dalla maggioranza assoluta dei lavoratori nelle assemblee di villaggio e in tutti i congressi. Perché la maggior parte della popolazione lavoratrice vedeva nell'organizzazione delle comuni rurali il germe benefico di una nuova vita sociale che, man mano che la rivoluzione trionfava e si avvicinava al culmine della propria creatività, sarebbe cresciuto e avrebbe rappresentato un modello di vita libera e comune, se non per tutto il paese, almeno per i villaggi e le baracche del nostro distretto.

Il libero ordine comunitario venne accettato dagli abitanti del nostro distretto come la più alta forma di giustizia sociale. per il momento, però, la massa del popolo non vi si associò, adducendo come ragione l'avanzata delle truppe tedesche e austriache, la loro mancanza di organizzazione e la loro incapacità a difendere questo ordine dalle nuove autorità 'rivoluzionarie' e controrivoluzionarie. Per questo motivo la popolazione del distretto limitò la sua effettiva attività rivoluzionaria ad appoggiare in ogni modo quelli tra loro dotati di spirito audace, che si erano stabiliti nelle vecchie tenute e avevano organizzato la loro vita privata ed economica su basi comunitarie libere.

N. Machno, Sel'sko-khoziaistvenny kommuny, nel suo Russkaia revoliutsiia na Ukraine, Parigi 1929, pp.172-6.

 

Nota:

1. Francisco Ferrer (1859-1909), fondatore della scuola moderna, che favoriva l'indipendenza e la spontaneità tra gli allievi. Libertario assai rispettato, Ferrer venne giudicato da una corte marziale e giustiziato nel 1909 sotto l'accusa di aver complottato contro la corona di Spagna e di aver fomentato la ribellione a Barcellona.

MACHNO

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Paul Avrich


All'inizio di questo volume abbiamo già fornito un resoconto delle imprese militari, degli esperimenti sociali e dei rapporti di Machno con i rossi e i bianchi. Basti aggiungere che il suo movimento rappresentò una delle poche occasioni in cui gli anarchici controllarono un vasto territorio per un periodo di tempo abbastanza lungo. Il suo obiettivo finale era, secondo Emma Goldman, quello di fondare, in una parte dell'Ucraina, una società libertaria. E' abbastanza interessante osservare che Lenin e Trotskij, secondo la testimonianza di quest'ultimo, si erano baloccati con l'idea di assegnare a Machno un pezzo di territorio affinché potesse realizzarvi il suo progetto, ma la cosa andò in fumo quando si verificarono nuovi scontri nel sud tra i guerriglieri anarchici e le forze bolsceviche. Alla fine, l'esercito dei rivoltosi venne disperso; Machno attraversò il confine, passando in Romania, da dove si diresse a Parigi. Qui lavorò in una fabbrica, ormai tisico, disperato e sbandato, per il quale l'alcool rappresentava l'unico mezzo per evadere da quel mondo ostile in cui era stato gettato. Morì di tubercolosi nel 1934. Nel 1919 e 1920, la sezione culturale-educativa di Machno, della quale fecero parte illustri personaggi, come Volin, Pëtr Aršinov e Aaron Baron, pubblicò tutta una serie di opuscoli e proclami in cui si delineavano gli obiettivi che il movimento si prefiggeva e si pregava l'Armata rossa di non interferire. Tre di questi documenti, conservati nell'Istituto internazionale di storia sociale di Amsterdam, sono stati tradotti e compresi in questa antologia.*

43. A tutti i contadini e gli operai dell'Ucraina

Da trasmettere per telegrafo, telefono e per vie postali a tutti i villaggi, le città, i distretti e le province dell'Ucraina. Da leggersi nelle assemblee di villaggio, di fabbrica, di officina.

Fratelli lavoratori! L'esercito rivoluzionario degli insorti ucraini (machnovisti) è stato istituito come atto di protesta contro l'oppressione di operai e contadini da parte delle autorità della borghesia terriera da una parte, della dittatura bolscevico-comunista dall'altra. Postasi come obiettivo la lotta per la completa liberazione dei lavoratori dell'Ucraina da questa o quella forma di potere e per la creazione di un vero ordine socialista sovietico, l'esercito degli insorti machnovisti ha tenacemente combattuto su molti fronti per raggiungere questi scopi e, nel momento attuale, per portare a termine la lotta contro l'esercito di Denikin, liberando un distretto dopo l'altro da ogni potere e organizzazione coercitivi.

Molti contadini ed operai hanno chiesto: cosa accadrà ora? Cosa bisogna fare? Come risponderemo ai decreti delle autorità che abbiamo scacciato? ecc. Il congresso pan-ucraino degli operai e dei contadini, che si riunirà immediatamente, appena gli operai e i contadini saranno in grado di prendervi parte, fornirà a questi quesiti una risposta definitiva. Il congresso discuterà e prenderà decisioni riguardo a tutti i problemi urgenti concernenti la vita degli operai e dei contadini.

In considerazione del fatto che presto si riunirà questo congresso, l'esercito degli insorti machnovisti ritiene necessario rendere pubblico la seguente dichiarazione concernente i problemi di cui sopra:

1. Tutti i decreti dell'esercito (volontario) di Denikin vengono immediatamente aboliti. Vengono parimenti aboliti tutti quei decreti delle autorità comuniste che si rivelano in conflitto con gli interessi degli operai e dei contadini.

Nota: A quest'ultimo riguardo, saranno gli stessi lavoratori, nelle loro assemblee di villaggio, fabbrica e officina, a decidere quali dei decreti delle autorità comuniste li danneggiano.

2. Tutte le terre della nobiltà, della chiesa e degli altri nemici dei lavoratori, con tutto il bestiame e le attrezzature, devono essere trasferite ai contadini, che vi ricaveranno di che vivere esclusivamente con il loro lavoro. Il trasferimento avverrà in modo alternativo e organizzato, secondo le decisioni prese dalle assemblee contadine, che devono considerare non solo i propri interessi particolari, ma in genere gli interessi comuni a tutta la classe oppressa dei lavoratori agricoli.

3. Le fabbriche, le officine, le miniere e tutti gli altri mezzi di produzione devono divenire proprietà esclusiva della classe operaia, che attraverso i sindacati assumerà la gestione di tutte le imprese, riprenderà la produzione e cercherà di collegare tutta l'industria del paese in un'unica organizzazione unitaria.

4. Si propone che tutte le organizzazioni operaie e contadine inizino a creare liberi soviet, che dovranno essere composti esclusivamente da lavoratori impegnati in qualche forma di attività necessaria all'economia nazionale. I rappresentanti delle organizzazioni politiche non dovranno trovare posto alcuno nei soviet degli operai e dei contadini, perché la loro partecipazione trasformerebbe questi ultimi in soviet dei rappresentanti di partito, il che potrà provocare solo la morte del sistema dei soviet.

5. L'esistenza della Ceka, dei commissari di partito e di altre simili istituzioni coercitive, autoritarie e disciplinari non è ammissibile tra gli operai e i contadini.

6. La libertà di parola, di stampa, di riunione, di unione sindacale sono diritti inalienabili di ogni lavoratore ed ogni limitazione di questi diritti rappresenta un atto controrivoluzionario.

7. Le milizie di stato, le polizie e gli eserciti vengono aboliti seduta stante. Al loro posto, il popolo organizzerà le proprie unità di autodifesa. L'autodifesa dev'essere organizzata solamente dagli operai e dai contadini.

8. I soviet degli operai e dei contadini, le loro unità di autodifesa e i singoli operai e contadini non devono permettere il verificarsi di manifestazioni controrivoluzionarie ad opera della borghesia o degli ufficiali militari. Né devono consentire che si sviluppi il banditismo. Chiunque verrà giudicato colpevole di atti controrivoluzionari o di banditismo verrà fucilato sul posto.

9. La valuta dei soviet e ucraina dev'essere accettata come qualsiasi altra valuta. Chi contravverà a questa regola subirà una punizione rivoluzionaria.

10. Lo scambio di beni e di prodotti, finché non sarà sottoposto al controllo degli operai e dei contadini, rimarrà libero. Proponiamo, tuttavia, che esso avvenga prevalentemente tra lavoratori.

11. Chiunque tenti di ostacolare la diffusione di questa dichiarazione sarà considerato un controrivoluzionario.

CONSIGLIO MILITARE RIVOLUZIONARIO E STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO RIVOLUZIONARIO DEGLI INSORTI UCRAINI (MACHNOVISTI), 7 gennaio 1920

Proclami del movimento machnovista, 1920, nella "International Review of Social History", XIII (1968), parte II, pp.252-4, in russo.

 

L'altra anima della Rivoluzione

Parte II - Capitolo 8

La disfatta dell'anarchismo russo

Paul Avrich


Il dispotismo è passato dai palazzi dei re alla cerchia ristretta di un comitato. Non le vesti regali né lo scettro né la corona rendono odiati i re, ma l'ambizione e la tirannia. Nel mio paese, c'è stato solo un cambiamento di abiti.

Jean Varlet, Explosion, 1974

Per secoli l'Ucraina era stato un rifugio di servi in fuga, di briganti, di ribelle e di altri fuggiaschi che cercavano di sottrarsi alle persecuzioni del governo zarista e dell'aristocrazia privilegiata. Questa tradizione non era venuta meno con la scomparsa della monarchia. Nel 1918, quando il nuovo regime bolscevico cominciò sul serio a liquidare i suoi oppositori politici, gli anarchici di Pietrogrado e di Mosca presero il largo verso i "campi selvaggi" del sud, cercando rifugio nella regione che, 15 anni prima, era stata la culla del loro movimento.

Raggiungendo l'Ucraina, i profughi del nord non persero tempo nel riannodare i legami con un gran numero dei loro compagni anarchici che vi erano ritornati dalle prigioni e dall'esilio dopo la Rivoluzione di Febbraio. Kharkov, dove nel 1917 c'era stato un fallito tentativo di unificazione del movimento, divenne la base di un nuovo tentativo di saldare i diversi gruppi anarchici in una coerente forza rivoluzionaria. Risultato di questo tentativo fu il Nabat (La Campana a martello) della Confederazione delle Organizzazioni Anarchiche, che verso la fine del 1918, aveva stabilito il suo quartier generale a Kharkov con sezioni fiorenti a Kiev, Odessa, Ekaterinoslav e nelle altre più importanti città dell'Ucraina. La Confederazione patrocinò la costituzione di un'Unione degli Ateisti e presto avrebbe potuto vantare un ampio movimento giovanile in tutto il meridione.

Volin, ex direttore del giornale sindacalista Golos Truda, fu la guida spirituale della nuova associazione. Egli vedeva il Nabat come l'espressione di quello che egli definiva come "anarchismo unitario" (edinyi anarkhizm), cioè come un'unica organizzazione comprendente anarco-comunisti, anarco-sindacalisti e individualisti anarchici tale da garantire una sostanziale misura di autonomia a tutti i gruppi e individui aderenti. Ma gli sforzi di Volin tendenti a unificare gli eterogenei settori dell'anarchismo ebbero fine bruscamente quando, per un singolare paradosso, molti dei suoi stessi compagni sindacalisti si rifiutarono di aderire al Nabat. I dissidenti ritenevano che l'"anarchismo unitario" fosse una formula di unificazione vaga e inefficiente e temevano che gli anarco-comunisti potessero diventare predominanti nella nuova confederazione. (2)

Oltre a Volin, i dirigenti più noti del Nabat erano due veterani dell'anarchismo, Aron Baron e Petr Arshinov. La carriera anarchica di Baron risaliva alla rivoluzione del 1905, quando era stato deportato in Siberia per avere partecipato all'insurrezione. Fuggito negli Stati Uniti, aveva trascorso i primi anni della Grande Guerra a Chicago, dove lui e la moglie Fanya erano anche stati arrestati e bastonati dalla polizia per avere fomentato una dimostrazione di massa contro la disoccupazione. Ritornato in Russia nel 1917, Baron era diventato rapidamente un conferenziere e uno scrittore popolare in Ucraina ed era stato eletto dal sindacato dei panettieri di Kiev nel soviet cittadino. Dopo l'insurrezione bolscevica, trasferitosi con Fanya a Kharkov, aveva contribuito al lancio del movimento Nabat. Oltre a fare parte della segreteria della Confederazione, Baron era condirettore assieme a Volin del giornale Nabat.(3)

Petr Andreevich Arshinov, prima di convertirsi nel 1906 all'anarchismo, era stato bolscevico. Operaio metallurgico in un rione industriale di Ekaterinoslav, aveva diffuso propaganda anarchica nella propria fabbrica e organizzato una cellula anarchica tra i compagni di lavoro.(4) Oltre che all'attività di agitatore, Arshinov si era anche dedicato a una serie di imprese terroristiche, l'ultima delle quali lo aveva portato all'arresto e alla galera. Riuscito ad evadere, era rientrato poco dopo in Russia ma solo per venirvi nuovamente arrestato, questa volta per contrabbando di letteratura anarchica attraverso le frontiere con l'Austria. Languì per 7 anni in una prigione di Mosca, fino a quando non venne rimesso in libertà dall'amnistia proclamata dal Governo Provvisorio dopo la Rivoluzione di Febbraio. Dopo un periodo di partecipazione attiva alla vita della Federazione degli Anarchici di Mosca, rientrato nella nativa Ekaterinoslav, si era unito all'Ufficio degli Anarchici del Bacino del Donets (del cui giornale, Golos Anarkhista, divenne redattore), tenendo conferenze ai minatori e agli operai degli stabilimenti così come aveva fatto un decennio prima.(5)

Tra i membri più giovani della Confederazione Nabat, i più notevoli erano Senya Fleshin, Mark Mrachnyi (Klavanskii) e Grigorii Gorilek ("Anatolii" per i suoi compagni). Fleshin, nato a Kiev nel 1894, aveva lavorato durante la guerra negli uffici della Mother Earth di Emma Goldman a New York City, ritornando in Russia nel 1917 e stabilendosi a Kharkov. Mrachnyi era un energico militante del movimento studentesco anarchico di Kharkov.(6) Era entrato nella Nabat poco dopo la sua costituzione e gli era stato affidato il compito di portare - sotto gli auspici della Confederazione - della stampa clandestina in Siberia, compito che aveva svolto con completo successo.(7) La terza recluta, Gorelik, era rientrato in Russia dall'esilio in America nel 1917 e faceva pate della segreteria dell'Ufficio Anarchico del Donets prima di aderire all'organizzazione Nabat.(8)

Tra i leader di Nabat figurava anche Nikolai Dolenko, un contadino autodidatta della provincia di Poltava.(9) Con lo pseudonimo di M. Chemkeres, aveva collaborato con molti articoli ai più importanti periodici anarchici durante la guerra, inclusi il Golos Truda di New York e l'accesa pubblicazione antimilitarista di Ginevra, il Put'k Svobode, diretta da Roshchin e Orgeiani. In epoca più recente, come si è visto, aveva lavorato con Maksimov e Iarchuk come redattore del Vol'nyi Golos Truda di Mosca. Vi era infine anche Olga Taratuta, la terrorista di Ekaterinoslav e la personalità più nota tra i bezmotivniki coinvolti nel 1905 nell'attentato contro il Caffé Libman di Odessa. Rilasciata dalla prigione Lukianovskaia di Liev nel marzo del 1917, ormai sulla quarantina, stanca e scoraggiata, sulle prime si era tenuta alla larga dai suoi antichi compagni, confinandosi in un lavoro per la Croce rossa di Kiev. Ma nel 1920, di fronte alle incessanti persecuzioni della Cheka contro gli anarchici, non trattenne più la sua collera e si buttò nuovamente nella lotta aderendo insieme alla Confederazione Nabat e alla Croce Nera Anarchica, fondata da Apollon Karelin per aiutare gli anarchici imprigionati o esiliati dai comunisti.(10)

Nel novembre 1918, la Confederazione Nabat tenne a Kursk la sua prima conferenza generale. In contrasto con la Federazione Pan-russa degli Anarchici di Karelin, a Mosca, il gruppo Nabat dimostrò scarsa considerazione per la "dittatura del proletario" bolscevica o per qualsiasi altra "fase transitoria" che avrebbe dovuto precedere l'inaugurazione della società senza Stato. La Rivoluzione Russa, proclamò la Conferenza, era soltanto la "prima ondata" della rivoluzione sociale mondiale, che doveva continuare fina a quando l'ordine capitalista non sarebbe stato sostituito da una libera federazione di comuni urbane e rurali. Tuttavia, per quanto critici fossero nei confronti della dittatura sovietica, i delegati ritennero che i Bianchi costituissero un male di gran lunga peggiore e decisero di opporvisi organizzando propri distaccamenti partigiani, che avrebbero agito al di fuori dalle strutture ufficiali dell'Armata Rossa. Nel settore economico, la Confederazione favoriva la partecipazione anarchica nei soviet non partitici, nei comitati di fabbrica liberi dal controllo dei sindacati (i sindacati vennero contestati come una "forma sorpassata di organizzazione operaia") e nei comitati di contadini poveri. Infine, la Confederazione tornò a sottolineare la necessità di creare delle federazioni permanenti dei gruppi anarchici nei distretti, nelle città e a livello nazionale e di realizzare un più elevato grado di solidarietà nell'ambito del movimento nel suo insieme.(11)

Alle stesse conclusioni giunse il Primo Congresso del Nabat, che ebbe luogo a Elizavetgrad cinque mesi più tardi, nell'aprile del 1919. Scrivendo sul giornale della Confederazione poco prima dell'apertura del Congresso, Senya Fleshin diede il tono alla riunione attaccando i comunisti perché stavano erigendo una "muraglia cinese tra loro e le masse".(12) Il Congresso, riecheggiando la protesta di Fleshin, deplorò il fatto che i liberi e spontanei comitati operai della Russia rivoluzionaria fossero stati assorbiti dai sindacati, un "apparato governativo, politico-amministrativo e addirittura poliziesco del nuovo padrone-sfruttatore, lo Stato".(13) Inoltre i soviet, dichiararono i delegati, trasformati dai bolscevichi in strumenti dell'autorità statale, dovevano venire sostituiti con comitati non-politici di ogni tipo: comitati di fabbrica, contadini, di caseggiato e di blocchi di case, culturali ed educativi. I delegati aprirono il fuoco anche contro i loro propri compagni, condannando in blocco sia l'"anarco-sovietismo" sia il pan-anarchismo dei fratelli Gordin. Infine, essi attaccarono la "limitatezza frazionistica" degli anarco-sindacalisti (che si erano rifiutati di aderire alla Confederazione) e respinsero la proposta di inviare una loro delegazione alla Terza Conferenza Pan-Russa degli Anarco-Sindacalisti, riservandosi di prendervi parte in un prossimo futuro.(14) Questi attacchi sfrenati contro gli altri gruppi anrachici contribuirono assai poco, ovviamente, a conseguire il principale obiettivo del Nabat: la realizzazione dell'unità tra le file del movimento.

Su un punto critico, tuttavia, la Confederazione Nabat si trovò in completo accordo con la maggioranza dei suoi cugini anarchici; e cioè che il compito più urgente del movimento anarchici fosse di difendere la Rivoluzione dagli attacchi furibondi dei Bianchi, anche se ciò poteva comportare una temporanea alleanza con i comunisti. Ma esattamente come aveva fatto l'anno prima la Conferenza di Kursk, anche il Congresso di Elizavetgrad decise di boicottare l'Armata Rossa, denunciandola come un'organizzazione autoritaria diretta "dall'alto" in uno stile tipicamente militarista. La Nabat riponeva invece le sue speranze in un "esercito partigiano" organizzato spontaneamente tra le masse rivoluzionarie.(15) E il nucleo più vicino a un simile "esercito partigiano" cui guardavano i capi della Confederazione erano le bande partigiane che operavano in Ucraina al comando di Nestor Makhno.

Nestor Ivanovich Makhno era nato nel 1889, ultimo figlio di una coppia di contadini poveri residenti nel vasto territorio di Guliai-Pole, situato nella provincia di Ekaterinoslav tra il fiume Dnieper e il Mare d'Azov.(16) Aveva un anno quando gli morì il padre, lasciando alle cure della loro madre cinque figli in tenera età. A sette anni, Makhno venne mandato a lavorare come guardiano di vacche e di pecore per i contadini del luogo, finché non trovò un lavoro come bracciante e poi come operaio in una fonderia.(17) Nel 1906, a 17 anni, entrò a far parte del gruppo anarco-comunista di Guliai-Pole. Due anni più tardi venne processato per aver partecipato a un'impresa terroristica che aveva per scopo l'eliminazione di un funzionario di polizia distrettuale. Il tribunale lo condannò per l'impiccagione ma, in considerazione della sua giovane età, la sentenza venne commutata nella condanna ad un periodo illimitato di lavori forzati nella prigione Butyrki di Mosca.(18) Makhno si dimostrò un inquilino recalcitrante, incapace di accettare la disciplina della vita carceraria e - durante i nove anni della sua detenzione - spesso fu incatenato o posto in cella di isolamento. Nel 1910, quando Petr Arshinov entrò a Butyrki dopo il suo arresto per avere contrabbandato delle pubblicazioni anarchiche all'interno della Russia, i due ribelli divennero inseparabili. Arshinov, più adulto e più colto del ragazzo contadino semi-analfabeta di Guliai-Pole, insegnò a Makhno gli elementi fondamentali della dottrina anarchica e lo rinsaldò nella sua fede in Bakunin e in Kropotkin.

Makhno e Arshinov vennero rimessi in libertà grazie all'amnistia del Governo Provvisorio del marzo 1917. Arshinov restò a Mosca, diventando un membro attivo della Federazione degli Anarchici di Mosca, mentre Makhno rientrò nel suo villaggio natale in Ucraina, dove assunse fin dagli inizi un ruolo di direzione nei problemi della comunità. Contribuì all'organizzazione del sindacato locale dei carpentieri e degli operai metallurgici e deputato nel soviet degli operai e dei contadini di Guliai-Pole. Nell'agosto del 1917, alla testa del soviet, Makhno formò una piccola banda di contadini armati e cominciò a espropriare le tenute aristocratiche dei dintorni e a distribuire le terre ai contadini poveri. Da quel momento gli abitanti dei villaggi cominciarono a vederlo come un nuovo Stenka Razin o un Pugachev, inviato per realizzare il loro antico sogno di terra e di libertà.(19)

Ma le attività di Makhno subirono una brusca interruzione nella primavera seguente, quando il governo dei soviet ebbe firmato il trattato di Brest-Litovsk e consistenti forze armate tedesche e austriache occuparono l'Ucraina. Makhno condivideva l'indignazione dei suoi compagni anarchici nei confronti di questo imperdonabile compromesso con l'"imperialismo" germanico, ma la sua banda partigiana era troppo debole per opporre una resistenza effettiva. Costretto a nascondersi, prese la via del Volga, quindi procedette verso nord vagabondando di città in città finché, nel luglio del 1918, giunse a Mosca dove si erano concentrati molti dei capi anarchici russi.

Durante la sua breve visita nella capitale, Makhno ebbe un incontro emozionante con il suo idolo, Petr Kropotkin. Gli parlò a lungo della complicata situazione dell'Ucraina, ma Kropotkin declinò cortesemente la richiesta di dargli un qualsiasi concreto suggerimento su ciò che avrebbe dovuto fare al suo rientro nel distretto natale. "Il problema comporta enormi rischi per la tua vita, compagno", disse il vecchio, " e solo tu stesso puoi risolverlo correttamente". E quando Makhno si alzò per congedarsi, Kropotkin aggiunse: "Bisogno tenere sempre presente, caro compagno, che la nostra lotta non conosce sentimentalismi. Altruismo e forza d'animo e di volontà sulla via del proprio traguardo consentiranno di superare ogni ostacolo".(20) Le qualità morali di Kropotkin lasciarono un'impressione indelebile in Makhno, come accadeva con tutti i libertari che entravano in contatto con l'eccezionale figura; e le sue parole di commiato, come Makhno racconterà nelle proprie memorie, gli furono di sostegno e di aiuto durante la guerra civile e negli anni tristi e solitari che seguirono.

Mentre si trovava a Mosca, Makhno venne ricevuto da Lenin, che desiderava sentirlo a proposito dell'atteggiamento dei contadini ucraini nei confronti del nuovo regime, sulla situazione militare nel meridione e sulle differenze tra bolscevichi e anarchici nella concezione della rivoluzione. "La maggioranza degli anarchici si preoccupa e scrive del futuro", dichiarò Lenin, "senza preoccuparsi di capire il presente. E' questo che divide noi comunisti da loro". Anche se gli anarchici sono uomini "altruisti", aggiunse Lenin, il loro "astratto fanatismo" annebbia la loro visione del presente e insieme anche del futuro. "Ma ritengo che tu abbia, compagno", disse a Makhno, "una visione realistica dei mali della nostra epoca. Se appena un terzo degli anarco-comunisti fossero come te noi comunisti saremmo pronti, a certe condizioni ben note, di unirci con loro per lavorare a una libera organizzazione di produttori".(21) Makhno replicò che gli anarchici non erano dei sognatori utopistici ma dei realistici uomini d'azione e ricordò a Lenin che erano stati gli anarchici e i social-rivoluzionari, piuttosto che i bolscevichi, ad avere messo in fuga i nazionalisti e le classi privilegiati dell'Ucraina. "Forse mi sono sbagliato", rispose Lenin, che in seguito si offerse di aiutare Makhno a ritornare nel sud.(22)

L'impatto con la poderosa personalità di Lenin fece una forte impressione su Makhno, man non diminuì la sua ostilità verso ciò che egli definiva con scherno la "rivoluzione cartacea" fabbricata dagli intellettuali e dai burocrati socialisti.(23) Anche gli anarchici che egli incontrò nella Federazione di Mosca - Borovi, Roshchin, Gordin, Sandomirskii e altri - gli fecero l'impressione di essere assai più uomini di pensiero che di azione; nonostante la loro straordinaria umanità e preparazione, gli sembrarono ipnotizzati dalle loro proprie parole e risoluzioni e sprovvisti di volontà di battersi per i propri ideali.(24) Makhno se ne andò presto dall'enorme città, così lontana dal suo temperamento contadino, per fare ritorno a Guliai-Pole, la terra che gli dava forza e nutriva la sua passione per la spontaneità e la liberta.

Nel luglio 1918, quando Makhno arrivò a Guliai-Pole, la regione era occupata dalle truppe austriache e dalle milizie (varta) del loro fantoccio ucraino, Hetman Skoropadskii. Rientrando furtivamente nel suo villaggio, Makhno scoperse che durante la sua assenza la casa materna era stata incendiata e che suo fratello Emelian, un veterano di guerra invalido, era stato ucciso.(25) Clandestinamente, organizzò un distaccamento partigiano e lanciò, sotto la bandiera nera dell'anarchia, una serie di audaci attacchi contro gli austro-ungarici e gli hetmaniti e contro le tenute della nobiltà locale. "Non ci batteremo", dichiarò nel suo primo proclama ai contadini del sud, "come può essere accaduto negli scorsi anni per rimettere poi il nostro destino nelle mani di qualche nuovo padrone, ma per prenderlo nelle nostre proprie mani e per vivere secondo il nostro volere e secondo la nostra concezione della verità".(26)

Una nobiltà straordinaria e un'inesauribile astuzia costituivano i principi tattici fondamentali di Makhno. Spostandosi a cavallo e su rapidissimi carri contadini (tachanki) sui quali erano montate delle mitragliatrici, i suoi uomini si muovevano fulminei attraverso la steppa che si apre tra il Dnieper e il Mare d'Azov, trasformandosi presto in un piccolo esercito che incuteva terrore nei suoi avversari. Le bande indipendenti di guerriglieri accettavano il comando di Makhno e si univano dietro la bandiera nera. Gli abitanti dei villaggi fornivano volontariamente cibo e cavalli freschi, che consentivano ai Makhnovtsy di fare senza molta difficoltà 40 o 50 miglia al giorno. Essi potevano così piombare quasi all'improvviso là dove meno li si aspettava, attaccare le guarnigioni militari o degli agrari e poi sparire così rapidamente com'erano arrivati. Travestiti con uniformi catturate alla varta di Hetman Skorpadskii, si infiltravano nei ranghi nemici per impadronirsi dei loro piani o per sparare loro addosso a bruciapelo; una volta Makhno e il suo seguito, travestiti da miliziani hetmaniti, presero parte al ballo di un proprietario terriero e attaccarono i suoi ospiti nel bel mezzo della festa.(27) Messi alle strette, i makhnovtsy nascondevano le armi, ritornavano una alla volta nei propri villaggi e partecipavano ai lavori dei campi, in attesa del prossimo segnale di dissotterrare le armi e insorgere nuovamente in una zona nella quale erano del tutto inattesi.(28) Gli insorti di Makhno, secondo le parole di Victor Serge, rivelarono "una capacità veramente epica di organizzazione e di combattimento.(29) Essi dovettero molto del loro successo alle doti eccezionali del loro comandante in capo. Makhno era un capo temerario e pieno di risorse, capace di combinare una volontà d'acciaio con uno spiccato senso umoristico e di conquistarsi l'affetto e la devozione dei suoi seguaci. Nel settembre 1910, quando sconfisse una forza austriaca di gran lunga superiore alle sue forze presso il villaggio di Dibriviki, i suoi uomini gli attribuirono il titolo affettuoso di bat'ko, cioè il "piccolo padre".(30)

Quando l'armistizio del novembre 1918 comportò il ritiro delle Potenze Centrali dal territorio russo, Makhno riuscì a impadronirsi di buona parte delle loro armi ed equipaggiamenti per indirizzare subito dopo il proprio furore contro i seguaci del capo nazionalista ucraino Petliura. Alla fine di dicembre riuscì a sloggiare la guarnigione di Petliura dalla città di Ekaterinoslav, con un'operazione di grande ampiezza ed audacia. Le sue truppe, con le armi nascoste sotto gli abiti, entrarono con i loro cavalli nella stazione centrale di Ekaterinoslav su un normale treno passeggeri, presero i nazionalisti completamente alla sprovvista e li cacciarono dalla città. Il giorno dopo però il nemico rifece la sua comparsa sul Dnieper e a rientrare nella sua base di Guliai-Pole. I petliuristi, a loro volta, venivano sconfitti poco dopo dall'Armata Rossa.

Per i primi  cinque mesi del 1919 la regione di Guliai-Pole fu praticamente libera da qualsiasi autorità politica esterna. Gli austriaci, gli hetmaniti e i petliuristi erano stati cacciati e nè i Rossi nè i Bianchi erano abbastanza forti per cercare di imporsi. Makhno approfittò di questa tregua per tentare di ricostruire la società su basi libertarie. In gennaio, febbraio ed aprile i makhnovtsy tennero una serie di Congressi regionali di contadini, operai e insorti per discutere di problemi economici e militari e per occuparsi dei compiti della ricostruzione.

Il problema che dominò i Congressi regionali fu quello di difendere la regione da quanti avessero voluto stabilirvi il loro controllo. Il Secondo Congresso, che si tenne a Guliai-Pole il 12 febbraio 1919, votò a favore di una "mobilitazione volontaria", che equivaleva in realtà a una vera e propria coscrizione, di tutti gli uomini idonei all'uso delle armi non appena fossero stati richiamati.(31) I delegati elessero inoltre un Consiglio regionale militare rivoluzionario dei contadini, degli operai e degli insorti con il compito di realizzare le decisioni dei Congressi periodici. Il nuovo Consiglio favorì l'elezione di "liberi" soviet nelle città e nei villaggi di soviet cioè dai quali erano esclusi i membri dei partiti politici. Benché l'intenzione di Makhno nel costituire tali organismi fosse quella di farla finita con l'autorità politica, il Consiglio militare rivoluzionario, agendo in collegamento con i Congressi regionali e con i soviet locali, in realtà costituì un governo - anche se non formale - nel territorio di Guliai-Pole e nelle zone circonvicine.

Il Consiglio rivoluzionario militare contribuì inoltre all'istituzione di comuni anarchiche, apparse per la prima volta nella regione di Guliai-Pole durante la rivoluzione del 1905 e risorte nuovamente nel 1917. Ogni comune comprendeva all'incirca una dozzina di famiglie, per un totale di 100/300 membri. Benché solo pochi per il momento si considerassero anarchici, i partecipanti realizzavano le comuni sulla base della piena eguaglianza e accettavano il principio di Kropotkin del mutuo soccorso come loro principio fondamentale. I Congressi regionali dei contadini, degli operai e degli insorti dotavano ogni comune di scorte di bestiame e di attrezzature agricole confiscate alle tenute aristocratiche della regione, attribuendo a ogni membro della comune tanta terra quanta era in grado di coltivare senza ricorrere al lavoro altrui. La prima comune organizzata in questo periodo venne chiamata Rosa Luxemburg, in onore della rivoluzionaria che i contadini politicamente più coscienti onoravano come martire nella lotta per la libertà e l'eguaglianza. (32)

Come il Consiglio militare rivoluzionario, anche l?esercito Insorto dell'Ucraina (così venivano chiamate le forze makhnoviste) era sottoposto al controllo dei Congressi regionali. Ma in pratica le redini dell'autorità rimasero saldamente nelle mani di Makhno e del suo stato maggiore. Nonostante i suoi sforzi per evitare tutto ciò che sapesse di irregimentazione, Makhno designò ai posti chiave i propri uomini (che a loro volta designavano gli altri) e impose alle truppe la rigida disciplina tradizionale tra le legioni cosacche della vicina regione di Zaporozhie. Ad ogni modo, l'Esercito Insorto non perse mai il proprio carattere popolare. Tutti suoi ufficiali erano dei contadini o - in qualche raro caso - operai delle fabbriche o del commercio. sarebbe stato inutile cercare fra di loro un comandante uscito dalle classi superiori o medie, o addirittura dall'intellighenzia radicale.

Uomo d'azione autodidatta, Makhno era attratto per temperamento verso gli intellettuali del movimento anarchico russo verso i quali provava un profondo rispetto, se non addirittura un senso d'inferiorità, per la loro superiore istruzione; e ad essi si rivolse perché lo aiutassero ad istruire i suoi compagni contadini nei principi fondamentali della dottrina anarchica. Volin e Aron Baron arrivarono da lui nell'estate del 1919, dopo che i bolscevichi avevano sciolto la Confederazione Nabat e obbligato i suoi membri a darsi alla macchia. Assieme a Petr Arshinov, l'ex compagno di cella di Makhno che l'aveva raggiunto qualche mese prima, essi pubblicarono il giornale del movimento, Put' k Svobode (la Via della Libertà), che sostituiva la pubblicazione del soppresso Nabat, e organizzarono una Commissione della Cultura e dell'Istruzione che pubblicò volantini e tenne delle conferenze alle truppe. (33) In mezzo a queste attività, gli intellettuali progettarono di aprire delle scuole modellate sulla Escuela Moderna di Francisco Ferrer (34), che avrebbero dovuto incoraggiare lo spirito di indipendenza e di spontaneità tra gli allievi. Inoltre, la Commissione Istruzione e Cultura fondò un teatro sperimentale e prese in considerazione un piano di istruzione degli adulti per i contadini e gli operai (35).

Un notevole numero di ebrei occupò delle posizioni di rilievo nel movimento makhnovista. Alcuni intellettuali, come Aron Baron, lavorarono nella Commissione Istruzione e Cultura, ma nella loro grande maggioranza gli ebrei combatterono nell'Esercito Insorto, sia come membri di speciali distaccamenti ebrei di fanteria e di artiglieria, sia nelle unità partigiane regolari, assieme a contadini e operai ucraini, russi e di altre nazionalità. Makhno personalmente condannava qualsiasi tipo di discriminazione e cercò di imbrigliare i sentimenti violentemente anti-semiti dei suoi seguaci contadini, un compito questo nel quale incontrò altrettanta difficoltà che nel domare la loro tendenza al saccheggio e all'alcool (difficoltà, quest'ultima, resa più complicata dalla sua stessa inclinazione al bere). Le punizioni per le azioni anti-semitiche erano pronte e severe: un comandante venne giustiziato sommariamente per un'incursione compiuta contro una città ebraica; un soldato ebbe la stessa sorte soltanto per aver affisso un manifesto con la vecchia scritta "Liquidare gli ebrei, salvare la Russia" (36).

Nei primi mesi del 1919, mentre Makhno e i suoi seguaci erano impegnati a gettare le fondamenta di una società libertaria, le loro relazioni con i bolscevichi si mantennero passabilmente corrette, almeno formalmente. I contadini di Guliai-Pole spedirono addirittura un grosso quantitativo di grano agli operai delle fabbriche di Pietrogrado e di Mosca, che scarseggiavano di viveri. Il soviet si affrettò a lodare Makhno come un "coraggioso partigiano" e un grande capo rivoluzionario. Le relazioni non furono mai così buone come nel marzo 1919, quando Makhno e i comunisti conclusero un accordo per un'alleanza militare contro l'Esercito Bianco del generale Denikin. In conformità dell'accordo, l'Esercito Insorto dell'Ucraina divenne una divisione dell'Armata Rossa, sottoposta agli ordini del Comando Supremo Bolscevico ma conservando i propri ufficiali e la propria struttura interna, così come il proprio nome e la bandiera nera. (37)

Questi straordinari gesti di conciliazione non riuscivano però a cancellare l'ostilità di fondo che esisteva tra i due gruppi. I comunisti avevano poca simpatia per lo statuto autonomo dell'Esercito Insorto e per l'enorme attrattiva che esso esercitava sulle reclute contadine; da parte loro i makhnovtsy temevano che prima o poi l'Armata Rossa avrebbe cercato di spezzare e disperdere il loro movimento. Agli inizi dell'anno al primo dei due Congressi makhnovisti, dei delegati avevano già accusato apertamente il partito bolscevico di tentare "di togliere ai deputati dei soviet locali dei contadini e degli operai la loro libertà e autonomia" e di "cercare il monopolio della Rivoluzione" (38). Quando in aprile si convocò il Terzo Congresso, il comandante rosso dell'area del Dnieper, Dybenko, lo definì una riunione "controrivoluzionaria". Il Consiglio rivoluzionario militare inviò una replica indignata: "Che diritto avete di definire controrivoluzionari della gente... che ha spezzato le catene della schiavitù e che adesso sta creando una nuova vita in conformità ai suoi propri voleri? Come possono tacere le masse rivoluzionarie mentre i 'rivoluzionari' le privano della libertà che esse si sono appena conquistata"? (39) Il 10 aprile 1919, il Terzo Congresso dei contadini, degli operai e degli insorti venne sconfessato pubblicamente. I giornali sovietici fecero sparire gli elogi dei makhnovtsy e cominciarono ad attaccarli come "kulaki" e "anarco-banditi". In maggio, due agenti della Cheka mandati ad assassinare Makhno furono presi e giustiziati. La rottura definita sopravvenne quando i makhnovtsy, convocando per il 15 giugno il loro Quarto Congresso regionale, invitarono i soldati dell'Armata Rossa ad inviarvi dei propri delegati. Trotsky, comandante in capo delle forze bolsceviche, divenne furioso. Il 4 giugno, proibì il Congresso e mise fuori legge Makhno. Truppe comuniste compirono una fulminea incursione su Guliai-Pole, ordinando alla Comune Rosa Luxemburg e alle sue consorelle di sciogliersi. Pochi giorni più tardi arrivavano le forze di Denikin e completavano l'opera spazzando via quel che rimaseva delle comuni e liquidando il soviet locale.

La traballante alleanza venne riesumata frettolosamente in estate, quando la masiccia avanzata di Denikin su Mosca fece battere in ritirata sia i comunisti che i makhnovtsy. In agosto e in settembre i guerriglieri di Makhno furono spinti verso le frontiere occidentali dell'Ucraina. Volin, che prese parte a quell'estenuante ritirata, avrebbe ricordato più tardi nelle sue memorie che i makhnovtsy, di fronte a forze enormemente superiori, si rifiutarono di disperdersi. Sul carro di testa dell'Esercito Insorto sventolava un'enorme bandiera nera con le parole d'ordine: "Libertà o Morte" e "La terra ai contadini, le fabbriche agli operai". (40) Il 26 settembre 1919 Makhno lanciò con successo un contrattacco di sorpresa contro il villaggio di Peregonovka, in prossimità della città di Uman, tagliando le vie di rifornimento del Generale Bianco e creando panico e disordine nelle sue retrovie. Fu questo il primo serio rovescio subito da Denikin nella sua drammatica avanzata all'interno della Russia e il fattore più importante nel bloccarne l'avanzata verso la capitale bolscevica. Alla fine dell'anno, una controffensiva dell'Armata Rossa avrebbe obbligato Denikin a battere in precipitosa ritirata verso le sponde del Mar Nero (41).

La Makhnovshchina raggiunse il suo punto più alto nei mesi successivi alla vittoria di Peregonovka. In ottobre e in novembre Makhno occupò Ekaterinoslav e Aleksandrovsk per alcuni mesi, con la possibilità - per la prima volta - di applicare i principi anarchici alla vita della città. Il primo atto di Makhno al momento di entrare in una grande città (dopo aver aperto le prigioni) fu di dissipare qualsiasi impressione che egli volesse introdurvi una nuova forma di dominio politico. Venero affissi dei manifesti nei quali gli abitanti della città venivano informati che erano liberi di organizzare la loro esistenza come meglio loro pareva e che l'Esercito Insorto non avrebbe "nè imposto nè ordinato loro di fare qualcosa". (42) Si proclamò la libertà di parola, di stampa e di riunione; e a Ekaterinoslav, da un giorno all'altro, fecero la loro comparsa una mezza dozzina di giornali, rappresentanti un vasto arco di opinioni politiche. Tuttavia, mentre da un lato Makhno incoraggiava la libertà di espressione, dall'altro disapprovava qualsiasi organizzazione politica che si proponesse di imporre la sua autorità sul popolo. Egli dunque sciolse i "comitati rivoluzionari" (revkomy) di Ekaterinoslav e di Aleksandrovsk, invitando i loro membri a "darsi a traffici più onesti" (43).

Lo scopo di Makhno era quello di eliminare ogni forma di autorità e di incoraggiare l'auto-determinazione economica e sociale. "Spetta agli operai e ai contadini", diceva uno dei suoi proclami nel 1919, "organizzarsi e trovare delle reciproche intese in ogni campo delle loro esistenze e in tutto ciò che ritengono giusto". (44) Nell'ottobre del 1919, un oratore social-rivoluzionario che aveva chiesto che il Congresso degli operai e dei contadini di Aleksandrovsk assumesse una direzione effettiva, venne accolto con grida e proteste dai makhnovtsy: "Ne abbiamo abbastanza dei vostri capi. Per una volta, lasciateci fare senza di loro". (45) Quando i ferrovieri di Aleksandrovsk si lamentarono perché da più settimane non ricevevano la paga, Makhno suggerì loro di assumere il controllo delle ferrovie e di chiedere ai passeggeri e agli spedizionieri il prezzo che loro sembrava il giusto compenso per i loro servizi.

Ma gli utopistici progetti di Makhno non riuscirono a far presa che su una esigua minoranza di operai, dato che questi - a differenza dei contadini e degli artigiani dei villaggi, che erano dei produttori indipendenti abituati ad occuparsi dei propri affari - lavoravano nelle fabbriche e nelle miniere come parti interdipendenti di un complicato meccanismo industriale ed erano rimasti senza direzione e controllo e senza tecnici specializzati.. Inoltre, mentre i contadini e gli artigiani potevano barattare i prodotti del loro lavoro, gli operai dipendevano per sopravvivere da una retribuzione salariale regolare. Makhno, per di più, aggravò la confusione convalidando tutte le monete emesse dai suoi predecessori - nazionalisti ucraini, Bianchi e bolscevichi. Egli non riuscì mai a capire la complessità dell'economia urbana, nè si preoccupò di capirla. Egli detestava il "veleno" delle città, al quale preferiva la semplicità naturale dell'ambiente contadino dove era nato. Comunque Makhno ebbe sempre assai poco tempo per realizzare i suoi indefiniti programmi economici. Era sempre in movimento e raramente si fermava per riprendere fiato. La Makhnovshchina, negli scritti dei contemporanei, fu un "regno sulle ruote", una "repubblica tachanki". Come sempre", scriverà Volin a proposito dei progetti di Makhno a Ekaterinoslav e a Aleksandrovsk, "l'instabilità della situazione impedì un'attività positiva". (46)

Alla fine del 1919, Makhno ricevette dal Comando rosso l'istruzione di trasferire il suo esercito sul fronte polacco. L'ordine era chiaramente destinato ad allontanare i makhnovtsy dalle loro basi d'origine in modo da potervi instaurare l'amministrazione e il potere bolscevichi. Makhno si rifiutò di muoversi. Egli replicò che l'Esercito Insorto era la sola forza autenticamente popolare dell'Ucraina e che vi sarebbe rimasto per proteggere la libertà di recente riconquistata dal suo popolo. Trotsky, egli disse, cercava di sostituire le "orde" di Denikin con l'Armata Rossa e gli aristocratici spossessati con i commissari politici. (47) La risposta di Trotsky fu decisa e risoluta: mise fuori legge i makhnovtsy e si preparò a marciare contro di loro. In un disperato tentativo di prevenire l'atacco, il quartier generale di Makhno a Guliai-Pole diffuse una marea di volantini in cui si esortavano le truppe bolsceviche a rifiutare qualsiasi ordine che potesse disturbare le "pacifiche regioni" dell'Ucraina. Il popolo non aveva bisogno di un "governo-commissario", dicevano i volantini, ma di un "libero ordinamento sovietico". "Risponderemo alla violenza con la violenza". (48)

Seguirono otto mesi di lotte accanite, con gravi perdite da entrambi le parti. Una grave epidemia di tifo aumentò il numero delle vittime. Volin, colto dalla malattia nella città di Krivoi Rog, venne catturato dall'Armata Rossa e inviato in una prigione di Mosca. (49) Gravemente decimati, i partigiani di Makhno evitarono gli scontri frontali ritornando a quelle tattiche di guerriglia che avevano perfezionato in più di due anni di guerra civile. C'è una loro canzone in cui proclamavano la loro fiducia nella guida di Makhno:

In questa guerra noi li vinceremo
Come rifiuti via li spazzeremo.
Tutti prigionieri li faremo
L'ultimo commissario prenderemo.
Urrà, urrà, urrà e ancora e sempre urrà!
Marciam marciamo contro l'avversario
Per Matushka Galina e il bat'ko Makhno! (50)

Nell'ottobre del 1920 il barone Wrangel, che era succeduto a Denikin nel meridione lanciò - partendo dalla Crimea - un'offensiva di vasta portata contro il nord. Una volta di più l'Armata Rossa richiese l'aiuto di Makhno e ancora una volta venne stipulata un'alleanza in virtù della quale l'Esercito Insorto divenne una divisione semi-autonoma alle dipendenze del Comando bolscevico. (51) In cambio, i comunisti accordavano un amnistia generale per tutti gli anarchici detenuti e garantivano piena libertà di propaganda per gli anarchici a condizione che si astenessero dagli incitamenti al rovesciamento violento del regime sovietico. (52) (di conseguenza Volin, non appena guarito dal tifo, poté riprendere la pubblicazione di Nabat a Kharkov e avviare i preparativi per un Congresso Pan-Russo degli Anarchici, che avrebbe dovuto riunirsi entro la fine dell'anno).

Pochi mesi dopo, però, l'Armata Rossa aveva riportato abbastanza successi per assicurarsi la vittoria nella guerra civile e i capi sovietici ruppero bruscamente la loro alleanza con Makhno. Non solo i makhnovtsy avevano perso qualsiasi utilità come alleati militari, ma finché il bat'ko era in libertà lo spirito dell'anarchismo primitivo e il pericolo di una jacquerie contadina - una Pugachevshchina - continuavano a minacciare l'instabile regime sovietico. Così, il 25 novembre, i comandanti di Makhno di stanza in Crimea, reduci dalle vittorie appena riportate contro l'esercito di Wrangel, furono fatti prigionieri dall'Armata Rossa e fucilati sul posto. Il giorno dopo, Trotsky ordinò di attaccare il quartier generale di Makhno a Guliai-Pole, mentre contemporaneamente la Cheka arrestava i membri della Conferenza Nabat riuniti a Kharkov per il loro imminente Congresso e scendeva in campo in tutto il paese contro i circoli e le organizzazioni anarchiche. (53)

Durante l'attacco a Guliai-Pole, gran parte dello stato maggiore di Makhno venne arrestato o fu semplicemente eliminato sul posto. Ma il bat'ko, assieme a quel che restava di un esercito che aveva avuto un tempo decine di migliaia di uomini, riuscì a sottrarsi ai suoi inseguitori. Dopo avere girovagato in Ucraina per più di un anno, sfinito e ancora sofferente per delle ferite non rimarginate, attraversò il Dnieper raggiungendo la Romania e finalmente Parigi. (54)

La liquidazione degli anarchici era stata preparata dai bolscevichi fin dal momento in cui la Cheka aveva lanciato il suo primo attacco contro la Federazione di Mosca nell'aprile 1918. Nel 1919, i distaccamenti armati di Guardie Nere e le aggressive bande di guerriglieri - forze queste che potevano rappresentare un pericolo militare per il governo - non furono più gli unici obiettivi della polizia; anche gli intellettuali della Confederazione anarco-sindacalista e della Nabat, benché armati soltanto delle loro penne, furono sottoposti a frequenti arresti e detenzioni, con particolare riguardo per i recalcitranti che si rifiutavano di smetterla di criticare i "tradimenti" e gli "eccessi" di Lenin e di Trotsky. Grigorii Maksimov osserverà di essere stato arrestato, tra il 1919 e il 1921, non meno di sei volte; e persino dei leali "anarco-sovietici" come i fratelli Gordin e Iuda Roshchin furono imprigionati per brevi periodi. (55)

Nell'estate del 1920, Emma Goldman e Aleksander Berkman protestarono violentemente - contro le persecuzioni cui venivano sottoposti i loro compagni - al Secondo Congresso dell'Internazionale comunista, in corso a Mosca. (56) Proteste analoghe vennero avanzate dalla Croce Nera Anarchica. Gli anarco-sindacalisti esortarono i sindacalisti stranieri presenti a Mosca come delegati alla riunione del Comintern di usare della loro influenza presso i dirigenti sovietici. Ma questa valanga di proteste non riuscì a bloccare la "più importante operazione chirurgica" di Trotsky in Ucraina quando, nel novembre 1920 (57), l'Armata Rossa attaccò il quartier generale di Makhno a Guliai-Pole e la Cheka arrestò a Kharkov i capi della Confederazione Nabat - tra i quali Volin, Aron e Fanya Baron, Olga Taratuta, Senya Fleshin, Mark Mrachny, Dolenko-chekeres e Anatolii Gozelik - spedendoli alle prigioni moscovite Taganka e Butyrki. Nella capitale, Maksimov e Iarchuk, della Confederazione anarco-sindacalista, erano agli arresti, Emma Goldman si lamentò aspramente con Anatolii Lunacharskii, Commissario all'Istruzione, e con la femminista Aleksandra Kollontai, Commissario all'assistenza sociale; entrambi, come Emma dirà ad Angelica Balabanoff, "riconobbero tali abusi ma considerarono impolitica la protesta". (59) La Balabanoff, che faceva parte della segreteria del Comintern, organizzò allora un incontro di Emma con Lenin, che la rassicurò dicendole che nessun anarchico sarebbe stato perseguitato per le sue idee: solo i "banditi" e gli insorti di Makhno sarebbero stati eliminati. (60)

...

Epilogo

... Nell'ambito dell'ala anarco-comunista del movimento, il fautore più energico della riforma organizzativa fu Petr Arshinov. Raggiunta Berlino nel 1922, vi fondò il Gruppo degli Anarco-Comunisti Russi all'Estero, che si spostò alcuni anni dopo a Parigi e cominciò a pubblicare un proprio giornale, il Delo Truda (La causa del Lavoro). Arshinov attribuiva la disfatta degli anarchici russi al loro endemico stato di disorganizzazione. L'unica speranza di rinascita del movimento, secondo la "Piattaforma Organizzativa" pubblicata dal gruppo Delo Truda nel 1926, stava nella formazione di una Unione Generale degli Anarchici con un comitato esecutivo centrale che ne coordinasse la politica e l'azione. (i) L'appoggio più risoluto a questo piano venne dato dal vecchio allievo e compagno di prigonia di Arshinov, Nestor Makhno, che viveva a Parigi, tisico, disperato e sbandato, cercando nell'alcool il solo rifugio dal mondo ostile in cui s'era venuto a trovare. "Nestor è un uomo ammalato", scriveva Alexander Berkman nel 1926, "e inoltre deve lavorare in una fabbrica come una bestia e per una paga da fame, insufficiente per mantenere la moglie e il bambino. Perciò deve lavorare anche sua moglie. E così vivono anche gli altri. E' un inferno". (ii)

Makhno fu il solo anarchico di rilievo disposto a sottoscrivere la Piattaforma Organizzativa. Volin ruppe con Arshinov e successivamente pubblicò - assieme a Senya Fleshin e a numerosi altri dissidenti - una dura replica al documento. Arshinov e i suoi sostenitori, vi si affermava, esageravano eccessivamente le carenze organizzative del movimento. La loro richiesta di un comitato centrale non solo calpestava il fondamentale principio anarchico dell'iniziativa locale, ma rifletteva chiaramente lo "spirito di partito" dei capi. (Gli oppositori di Arshinov di raro trascuravano di sottolineare ch'egli era stato bolscevico prima di unirsi agli anarchici, nel 1906). In breve, il gruppo del Delo Truda aspirava a creare un partito anarchico con il compito di dirigere le masse anziché di aiutarle a preparare la loro rivoluzione. (iii) "Ahimé", scriveva Mollie Fleshin, "lo spirito della 'piattaforma' è interamente pervaso dall'idea che le masse DEVONO ESSERE POLITICAMENTE DIRETTE durante la rivoluzione. E' questo l'errore di fondo, tutto il resto... si basa sostanzialmente su quest'idea. La 'piattaforma' sostiene la costituzione di un Partito Operaio Anarco Comunista, di un esercito... di un sistema di difesa della rivoluzione che inevitabilmente condurebbe alla creazione di un sistema di spie, di investigatori, di prigioni e di giudici e, di conseguenza, di una TCHEKA". (iv)

Arshinov replicò a questi attacchi accusando "Volin e Co." di trascinare gli anarchici in un'altra sterile controversia. Egli insistette sul fatto che non c'era niente nelle sue proposte sia pure lontanamente in contrasto con gli ideali dell'anarchismo, fino a quando la coercizione fosse stata consapevolmente riconosciuta e si fosse preservata una strutura organizzativa decentralizzata. (v) Makhno, scendendo in campo in difesa del proprio compagno, fece sapere che Volin - caduto nelle mani dei Rossi mentre, nel 1919, militava nell'Esercito Insorto dell'Ucraina - diversamente da quel che generalmente si credeva, non era stato catturato ma era passato ai comunisti. (vi) L'accusa di Makhno provocò per reazione, gli interventi di Alexander Berkman, di Emma Goldman e di Errico Malatesta, che si unirono a quanti criticavano la Piattaforma Organizzativa. (vii) In una lettera allo storico ed archivista anarchico Max Nettalu, Berkman sferzò Makhno accusandolo di avere "un temperamente militarista" e di essere in completa balia di Arshinov, scriveva Berkman, "la sua psicologia è profondamente bolscevica ed egli è una natura particolarmente arbitraria e tiranica, dominatrice. Il che aiuta a capire anche il programma". "Quel che preoccupa in molti dei nostri", si lamentava Berkman, "è che essi non riescano a vedere che i metodi bolscevichi non possono portare alla libertà, che metodi e soluzioni dei problemi sono identici nella sostanza e nei risultati". (viii) Nel 1930 gli oppositori di Arshinov, che avevano bollato a fuoco la sua piattaforma come una "deviazione anarco-bolscevica" e lo avevano ripetutamente accusato di diffondere "l'anarchismo di partito", si sentirono vendicati quando egli rientrò nell'Unione Sovietica e nel partito che aveva abbandonato un quarto di secolo prima per l'anarchismo. Il suo giornale, il Delo Truda, si trasferiva poco dopo negli Stati Uniti e Grigorii Maksimov ne diventava il nuovo direttore. (ix)

...

Note all'Epilogo:

 

i Organizatsionnaia platforma vseobshchego soiuza anarkhistov (proekt) (Parigi, 1926).
ii Alexander Berkman a Ben Capes, 22 febbraio 1926, Archivio Berkman.
iii Otvet neskol'ko russkikh anarkhistov na organizatsionnuiu platformu (Parigi, 1927). Dagli Stati Uniti un critico accusò Arshinov di ricorrere a "metodi gesuitici" per auto-attribuirsi il ruolo di "saggio" del movimento anarchico russo. M.I. Sulk, "Kritika 'Organizatsionnoi Platformy", Probuzhdenie, n.8, giugno 1929, pp.57-61.
iv Mollie Fleshin al Compagno Ginev, 30 novembre 1927, Archivio Fleshin.
v P. Arshinov, Novoe v anarkhizme (K chemu prizyvaet organizatsionnaia platforma) (Parigi, 1929), p.23.
vi N. Makhno, Makhnovshchina i ee vcherashnie soiuzniki-bol'sheviki (Otvet na knigu M. Kubanina "Makhnovshchina") (Parigi, 1928), pp.42-43.
vii Per la reazione di Malatesta, vedere Probuzhdenie, n.11, marzo 1930, pp.11-14.
viii Alexander Berkman a Max Nettlau, 28 giugno 1927, Archivio Berkman. La posizione di Alexander Shapiro su questo problema è di grande interesse. "Sono contrario ad Archinoff assai più di te", egli scriveva a Emma Goldman il 24 aprile 1928. "Ritengo infatti che le sue posizioni siano attentamente meditate, ne conosco l'ostinazione, so quanto sia attaccato al proprio armamentario e che SA QUEL CHE VUOLE: sono queste delle qualità che mancano in modo evidente a molti dei nostri amici ai quali istintivamente va la nostra simpatia". Archivio Goldman.
ix Delo Truda-Probuzhdenie, n.16, gennaio 1946, p.18.