I fratelli Magòn
di El Censurado
Un pezzo di storia messicana poco conosciuta. Non a caso.
Il brano qui
riportato, scritto da un redattore della bella rivista anarchica di
Montevideo "Alter", costituisce l'introduzione al testo "MAGONISMO E
MOVIMENTO INDIGENO NELLA RIVOLUZIONE MESSICANA", in via di edizione a cura
di 'Zero in Condotta' (V.le Monza 255, 20126 Milano, fax 022551994, e-mail
zeroinc@tin.it ). Il corpo centrale del libro è rappresentato dalla
relazione preparata da Juan Carlos Beas e da Manuel Ballesteros per il
seminario dedicato alla grande figura di Ricardo Flores Magon, tenutosi in
Messico nel giugno del 1986, e mai tradotta in italiano.
Scorrendo l'indice si può avere un'idea dei vari argomenti trattati:
- La lunga resistenza contro la barbarie occidentale
- La guerra contro gli stranieri
- Le prime battaglie
- Il magonismo, corrente radicale della rivoluzione messicana
- La tradizione comunalista nel magonismo
- Magonisti ed indigeni uniti nella rivolta armata
- I contadini dicono 'basta!' e lo dimostrano coi fatti.
Un lavoro, in sostanza, teso ad evidenziare sia il forte legame esistente
tra ribellione indigena ed i magonisti che l'originalità della proposta
magonista, alimentata dalle tre componenti basilari del processo
rivoluzionario messicano: il liberalismo autoctono, l'influenza
dell'anarchismo europeo ed il comunalismo indigeno.
È la storia di una lotta che è non mai terminata: i 'vinti' di allora
continuano a lottare sulle montagne, nelle foreste, nei 'barrios' di città;
le idee magoniste non sono morte, anzi sono germinate e fanno ormai parte
della memoria, della storia viva di un popolo che si rifiuta di morire, come
d'altronde le attualissime vicende del Chiapas zapatista stanno ampiamente a
dimostrare.
Massimo Varengo
Oggi come oggi, in cui ci si rapporta all'altro
come a un rivale, o lo si guarda come un modello o come possibilità di
ascesa, mossi da arrivismi individuali, parlare di essere umani che hanno
dato la loro vita per i loro ideali, quasi 80 anni fa, in una storia in cui
le stelle (anche quelle del cinema) erano altre (Zapata e Villa), è da
pazzi, è da pazzi anarchici.
Commettiamo allora questo grande peccato, cioè dar loro spazio sulla stampa
(chi li conosce, infatti?), spazio che non ebbero neanche tra gli anarchici,
e chi scrive ammette di aver conosciuto i loro nomi, ma non molto più di
questo.
Ogni gruppo umano (e ovviamente anche quello anarchico) ha i suoi codici, i
suoi requisiti, i suoi princìpi, ecc.; molti sono espliciti e molti altri
impliciti.
I Flores Magòn ebbero due grandi "difetti" per l'immaginario anarchico
dell'epoca: 1) non provenivano da una tradizione anarchica (erano liberali e
divennero anarchici nel corso della lotta), e 2) non agivano di preferenza
nel sindacalismo, bensì nelle comunità indigene. Il sindacalismo è stato
sopravvalutato dai libertari nel loro credo fondamentalista, in quanto
ambito dei lavoratori, ritenuti questi gli unici possibili creatori della
nuova società.
Questa è allora una buona occasione, dopo tanti anni, per vedere gli errori
commessi come movimento nella valutazione dei fatti, che è stata il prodotto
dei nostri pregiudizi, ma è ancor più importante sapere che oggi ne abbiamo
degli altri, che è necessario sviscerare per non cedere a due tentazioni
opposte: dalla convinzione passare o alla necessità (la verità è solo
nostra!), o, con un discorso libertario, adattarci individualmente e/o
collettivamente alla società.
Quanto segue, quindi, in questo secondo Dokumenta di Alter, non è uno
studio esauriente della lotta dei compagni in Messico, ma solo un modo per
scoprirli insieme nel loro momento, quasi 80 anni fa (non è che un
dettaglio).
"Non sono magonista, sono anarchico. Un anarchico non
ha idoli"
(Ricardo Flores Magòn)
Pur ammettendo la nostra ignoranza sul Magonismo, questo stesso termine
ci risvegliava una certa antipatia, fino a che scoprimmo in questo
movimento, proprio il rifiuto del personalismo, cosa che riteniamo
fondamentale in un genuino movimento di liberazione.
Il Magonismo è la forma peculiare in cui appare l'anarchismo in un dato
movimento, in un dato luogo, attraversato da circostanze e varianti che sono
sempre uniche.
Ideologicamente si nutre fondamentalmente di tre correnti: il liberalismo
messicano, l'anarchismo europeo e il comunitarismo indigeno.
Storicamente è tra le espressioni più chiare di un movimento di resistenza
popolare (fondamentalmente indigeno) dai tempi della conquista dell'America.
"Morte a tutti quelli che portano i pantaloni"
(Grido di guerra dell'Esercito Indio, 1877)
Questo slogan dimostra la peculiarità della storia messicana
che arriva fino ai giorni nostri con gli avvenimenti del Chiapas; e che a
noi, discendenti europei dal punto di vista genetico e culturale, ci
sorprende al punto che non comprendiamo, sottovalutiamo e inconsciamente
rifiutiamo l'indio e persino la sua lingua (chi può ricordare parole come:
zacapoaxtlas, Tuxtepec, Huaxtecos, Miahuatlan, Oaxaca, ecc.?).
Dai tempi della conquista la resistenza india non è mai venuta meno, forse
favorita dalla segregazione subita, che consentì tuttavia di conservare la
propria identità culturale. In questa lotta alcuni popoli furono sterminati,
come i Cazcanes e gli Acaxes. Nella guerra d'indipendenza, i baluardi e i
cosiddetti eroi di queste gesta furono intimamente legati ai popoli indios:
Hidalgo parlava otomì, Morelo si formò nei villaggi parepechas, un
esercito di indios e di negri accompagnava Vicente Guerrero.
In questa guerra furono redatti i "Contratti di Associazione per la
Repubblica degli Stati Uniti di Anahuac", il primo progetto di
organizzazione politica federale, in cui si rivendicava l'importanza della
proprietà comune dei villaggi indios.
Naturalmente, contro le invasioni francesi e nordamericane furono di nuovo
in prima fila.
Nel 1876 Porfirio Dìaz prende il potere e, alleandosi con gli interessi
capitalistici stranieri, impone un processo di modernizzazione che si
scontrerà con gli interessi delle comunità indie.
"Biba Atoha"
(Ribellarsi!)
Gli Indios dovevano ribellarsi per sopravvivere, non solo
culturalmente ma anche fisicamente prima contro gli stranieri, ora contro i
criollos alleati con gli stranieri.
Già nel 1850, tra uno sterminio e l'altro, Benito Juarez diceva: "Solo la
razionalità può estirpare da questi popoli, i vizi e l'immoralità che li
domina e che li porta a compiere atti di disordine che il governo ha dovuto
reprimere con la forza delle armi" (niente di nuovo sotto il sole!)
Nel 1877 ad Hidalgo e a Sierra Gorda, nel 1882 a Ciudad del Maìz e a Istmo,
dal 1875 fino al 1901 a Los Yaquis nel nord del paese.
Puntualmente, in un luogo o nell'altro, alternando le vittorie con le
sconfitte, gli indios si giocavano (e si giocano) la vita.
"La costumbre"
"È evidente che il popolo messicano è preparato all'arrivo
del comunismo,
perché lo ha praticato da secoli, almeno in parte"
(Ricardo Flores Magòn)
La lotta quotidiana degli indios intende mantener viva la
Costumbre, cioè il loro modo di vivere e la loro visione del mondo.
Questa Costumbre, che, grazie alla loro determinazione di resistere,
esiste tuttora, propone certe forme di proprietà e di rapporto tra le
persone e con la natura, che sono un ostacolo per il capitalismo.
La comunità, come costumbre dei popoli indios e contadini, propone la
proprietà sociale, forme di rappresentazione diretta e in assemblea, così
come un profitto dal lavoro e dalle risorse, che non comprende il concetto
di mercato.
Inoltre, interpreta il funzionamento del mondo come risultato
dell'intervento collettivo degli uomini e delle forze soprannaturali.
I Flores Magòn procedono dunque naturalmente verso l'incontro e la sintesi
perfetta tra il comunitarismo e l'anarchismo, dopo esser passati per il
liberalismo.
I Flores Magòn
Sono figli di Margarita Magòn, meticcia e dell'indio Teodoro Flores,
ufficiale che svolse un ruolo decisivo nella vittoria di Porfirio Dìaz
contro i conservatori.
Come tutti gli indios, il loro padre lottò per la libertà, fino a quando
sembrò che la libertà coincidesse col nome di Porfirio Dìaz.
È stato capo di diversi villaggi, ma capo alla maniera degli indios, giacché
"in realtà non occorre che ci impongano un'autorità, perché sappiamo vivere
in pace tra di noi, trattandoci da amici e da fratelli", come Enrique
ricordava di avere sentito dire dal padre.
"Non lasciate che il tiranno spenga il vostro coraggio", avrebbe detto loro
in punto di morte; e dieci anni dopo, prigionieri, avrebbero saputo che
anche Margarita Magòn, nell'agonia avrebbe detto ad un emissario del
dittatore, che permetteva la visita dei figli in cambio della loro rinuncia
alla lotta: "Dite al presidente Dìaz che scelgo di morire senza vedere i
miei figli. Ditegli che preferisco vederli impiccati ad un albero o in
garrote, piuttosto che saperli pentiti o rinnegando quanto hanno fatto o
detto." Questi erano i genitori dei Flores Magòn.
Il magonismo: dai venti liberali alle tempeste anarchiche
In termini di lotta, questo movimento sorse nel 1892 come un grido spontaneo
e vigoroso. Successivamente si lega ad altri processi rivoluzionari, legame
che porterà il movimento a fondersi con essi e ad assumere un carattere
peculiare.
Vi parteciperanno uomini e donne di diverse regioni, di diverse razze e
categorie professionali. Dal maestro Librado Rivera, agli indios come
Fernando Palomares, a donne come Modesta Abascal, a operai come Hilario
Salas, o al poeta guanajuatense Praxedis Guerrero. Molti moriranno nella
lotta, altri arriveranno a governare i loro stati o saranno deputati, alcuni
aderiranno allo zapatismo, altri moriranno vecchi e in miseria.
Il movimento magonista, come altre correnti popolari, verrà sconfitto. La
rivoluzione, diventata governo, morirà. E come succede sempre, alcuni
princìpi saranno deliberatamente stravolti; nel caso dei princìpi magonisti,
saranno ridotti e sviliti, fino ad affermare che il magonismo è stato
"l'espressione culminante del liberalismo messicano."
Il partito liberale messicano
Dal 1892 al 1903 il Partito Liberale Messicano difenderà apertamente la
Costituzione del 5 febbraio 1857, riconoscendo così la grande influenza
dello spirito riformatore sui liberali, che si caratterizzano anche per
l'anticlericalismo e antimperialismo.
Ma nel 1901, nel 1° congresso liberale, l'influenza di Ricardo Flores Magòn
determinerà una svolta antiporfirista nel discorso liberale.
Agli inizi, gran parte delle energie si spendono per l'elaborazione di
diverse pubblicazioni, che sono un attacco al governo, non solo perché lo
criticano e lo denunciano, ma anche per il carattere propagandistico e
perché trasmettono idee ed informazioni.
Le idee anarchiche
Le idee socialiste europee arrivarono in Messico già nel XIX secolo; dai
tempi della curiosa "Escuela del Rayo y el Socialismo", fino alle unioni
mutualistiche degli artigiani.
Ma l'antistatalismo, l'ateismo e l'ugualitarismo, così come il disprezzo
anarchico per i meccanismi elettorali, insieme alla persecuzione, il carcere
e l'esilio, hanno fatto sì che il magonismo nella sua evoluzione ideologica,
aderisse ai princìpi anarchici.
La Junta Organizadora del Partito Liberale non adotta nel suo
discorso una posizione apertamente anarchica fino al 1906; ma dal 1904
promuove la creazione di gruppi armati in più di 12 stati.
Questa evoluzione darà origine, da una parte ad un profondo avvicinamento
con gli anarchici di diversi paesi (soprattutto con la IWW nordamericana),
dall'altra al passaggio di diversi liberali al gruppo di Panchito Madera.
Nei manifesti del 1911, il nucleo anarchico del PLM punta a colpire la
trinità maledetta: il capitale, l'autorità e il clero, invitando alla
ribellione e all'espropio.
Nel maggio del 1918 verrà lanciato l'ultimo manifesto magonista, che esorta
gli anarchici del mondo alla rivolta dopo la barbarie della Prima Guerra
Mondiale. Termina al grido di : "Viva la Terra e la Libertà!", slogan
adottato già dal 1910 e che Praxedis Guerrero aveva ripreso dai populisti
russi.
Questo manifesto costò il nono arresto di Ricardo, che morì in carcere.
La tradizione comunitaria nel magonismo
Il magonismo non è un'elocubrazione teorica europea poi trapiantata in
Messico: si arriva all'anarchismo grazie alle caratteristiche proprie della
sua gente; la maggioranza è di indios e di meticci che hanno una grande
tradizione di vita comunitaria, di solidarietà, di appoggio reciproco.
La forza di questo principio è ancora evidente quasi un secolo dopo, quando
il subcomandante Marcos, in Chiapas, riconosce di essersi dovuto adattare
alla vita indigena e ai suoi metodi.
Vediamo ora, due curiosi e indicativi modi di vedere il ruolo del popolo
nella società:
"Per quanto riguarda la popolazione meticcia, che costituisce la maggioranza
degli abitanti della Repubblica Messicana, a parte le grandi città o i paesi
di una certa importanza, essa contava sulle terre, sui boschi e sull'acqua
liberi, in quanto in comune, come la popolazione indigena. Anche l'aiuto
reciproco era una regola; le case si costruivano in comune, il denaro quasi
non serviva, perché vigeva lo scambio dei prodotti; ma si è fatta la pace,
l'autorità si è rafforzata e i banditi della politica e del denaro hanno
rubato sfacciatamente le terre, i boschi, tutto; è evidente, quindi che il
popolo messicano è adatto al comunismo, perché lo ha già praticato, almeno
in parte, già da diversi secoli, e ciò spiega perché, anche quando la
maggioranza è analfabeta, comprende che piuttosto che prender parte alle
farse elettorali per metter su dei boia, è preferibile prendere possesso
della terra, e lo sta facendo con grande scandalo della borghesia ladrona"
(Ricardo Flores Magòn)
"Il popolo ignorante non avrà una parte diretta nella scelta
di coloro che dovranno essere i candidati per gli incarichi pubblici...
Anche nei paesi molto avanzati, non è il popolo basso a scegliere quelli che
terranno le redini del governo. Generalmente i popoli democratici sono
governati dai capi di partito, che si riducono a un esiguo numero di
intellettuali."
(Panchito Madero)
Ogni commento è superfluo
La rivolta india e magonista
I delegati della Junta Organizadora del PLM hanno viaggiato in tutto
il paese per stabilire forti legami con le lotte degli indios.
Si è diviso militarmente il paese in 5 regioni e il giornale Regeneraciòn
circolava in diverse regioni arrivando a più di 30.000 copie.
Hilario Salas incitava alla rivolta nella Sierra de Soteapan, a Veracruz.
Nello Yucatan i magonisti incitavano i maya alla guerra. E succedeva lo
stesso nelle Sierras di Oaxaca, nei chontales di Tabasco e nei
yaquis di Sonora.
A nordest dell'istmo di Tehuantepec, nello stato di Veracruz e nella
Chontalpa di Tabasco si verificò uno degli episodi di rivolta antiporfirista
più radicali e profondi, in cui magonisti ed indios agirono insieme.
In questa regione il porfirismo ha reso possibile il vecchio sogno
capitalista di mettere in comunicazione, attraverso la ferrovia, l'oceano
Pacifico col Golfo del Messico.
Questo, insieme ad altre opere, ha acutizzato in modo violento
l'espropriazione di terre e di boschi alle comunità della regione.
Centinaia di migliaia di ettari furono registrati come proprietà di
stranieri, i boschi di legna tropicale tagliati, fino ai territori storici
dei villaggi mixes di Mazatlàn e Guichicovi, così come quelli degli
zoques dei Chimalapas di Oaxaca.
Inoltre subirono l'imposizione della schiavitù, di ordini e misure
repressive; chi protestava era mandato nella selva o assassinato dai
rurales.
Dopo tre anni di lotta rivoluzionaria, nel 1906 gli indigeni si ribellano in
varie regioni, lotta che durerà otto anni.
Ma questa è solo una delle ribellioni in cui gli indios e i magonisti
agirono insieme.
Dappertutto ci sarà la bandiera rossa con la scritta: "TERRA E LIBERTA'".
La fine del principio
La lotta dei magonisti e la sua radicalizzazione ideologica li portò sempre
più all'isolamento. Ciò fece sì , insieme alle sconfitte militari, che
alcuni di loro, tra i quali Ricardo, dovessero "rifugiarsi" negli Stati
Uniti, dove continuarono la loro lotta soprattutto dal punto di vista
tattico-militare e nella stampa propagandistica.
Il "rifugio" non fu tale, perché la collaborazione tra i due Stati ha
portato i magonisti in carcere in moltissime occasioni, fino alla morte di
Ricardo Flores Magòn nel 1922.
Va citato l'appoggio che ebbe dal socialista Eugene Debbs e dall'anarchica
Emma Goldman in denaro e in termini di agitazione. In questa fase, Ricardo
esprime la sua simpatia, non senza riserve, per lo zapatismo e la sua
antipatia per il villismo.
Il magonismo in qualche modo ha rappresentato l'inizio della rivoluzione
messicana, a cui forse è mancata una chiarezza ideologica.
Alcuni dati
Anche se il magonismo è stato un movimento collettivo, oggi, che vi siamo
lontani sia geograficamente che temporalmente, ci sembra, che malgrado le
sue volontà, Ricardo Flores Magòn fosse il centro, il referente del gruppo
radicale. Dai pochi dati che conosciamo, possiamo intuire la sua grande
personalità, che a volte lo porta ad inconsapevoli atteggiamenti
personalistici.
Ciò sembra essere avallato da alcuni suoi scritti e anche da lettere
critiche di suo fratello Jesas.
Ma stiamo parlando di un uomo, con tutto quello che ciò significa, coi suoi
pregi e i suoi difetti, in un determinato contesto, che ha sempre un ruolo
proponderante.
Riscattiamo il rivoluzionario che ha avuto il coraggio, in un paese privo di
tradizioni anarchiche, di definirsi tale fino alla fine, quando avrebbe
potuto "accomodarsi" (e le offerte non gli sono mancate) nel panorama
politico messicano.
Dal 1892 al 1922 è stato fatto prigioniero per 13 anni dopo 9 arresti, tra
il Messico e gli Stati Uniti.
Ha sempre lavorato alla stampa rivoluzionaria e alla propaganda nelle classi
popolari. Dei suoi innumerevoli articoli, dedicati generalmente a problemi
relativi al Messico, estrapoliamo quanto segue come dimostrazione delle sue
convinzioni; questi concetti d'altronde li ha ribaditi, in modi diversi,
ogni volta:
"Viva l'unità di tutti in un solo uomo! La serenità, il benessere, la
libertà, il soddisfacimento di tutti gli appetiti sani sono nelle nostre
mani; ma non lasciamoci guidare da capi; che ognuno sia il padrone di se
stesso; che ogni cosa venga risolta col consenso degli individui liberi. A
morte la schiavitù! A morte la fame! Viva la Terra e la Libertà! (...) La
libertà e il benessere sono alla portata di tutti noi. Lo stesso sforzo e lo
stesso sacrificio che servono per eleggere un governante, che è un tiranno,
servono per espropriare i beni dei ricchi. Bisogna dunque scegliere; o un
nuovo governante, cioè un nuovo giogo, o l'espropriazione che è salvezza e
l'abolizione di qualsiasi imposizione religiosa, politica o di qualsiasi
altro tipo. TERRA E LIBERTA'!" (23 settembre 1911)
Epilogo di un prologo
"I tiranni ci sembrano grandi perché noi li vediamo stando in ginocchio;
alziamoci!" (Scritto sulla porta dell'Università, Messico)
Questo modesto lavoro che oggi presentiamo, intende far conoscere militanti
anarchici di 80 anni fa. Non semplicemente per commemorare in modo formale
un passato, ma perché questo sia un prologo, un insegnamento per il nostro
presente. Sono dovuti passare 80 anni perché in Chiapas si rivivessero gli
ideali magonisti e zapatisti. Ciò significa che a volte dimentichiamo, o che
vogliono farci dimenticare: fino a quando ci sarà chi domina, il conflitto
sociale (sempre latente) prima o poi, si manifesta.
E non c'è scelta. Si può addormentare, si può rimandare, ma non si può
evitare e l'unica scelta è di tipo personale, cioè sul ruolo da svolgervi.
In quale trincea combattere. In quella dei dominatori o dei loro ruffiani,
che significa disumanizzazione. O in quella dei dominati, aspettando magari
qualche messia, oppure si può agire autonomamente tra persone uguali,
preparandosi, organizzandosi alla creazione di un mondo nuovo.
Scelta delle più difficili, oggi più che mai, che richiede dignità,
capacità, creatività, volontà. Ma non c'è scelta. Il mondo procede verso un
futuro irreversibile, in cui non ci sarà lavoro e la ricchezza si
concentrerà sempre di più (secondo le Nazioni Unite nel 1960, il 20 % dei
ricchi aveva degli introiti 30 volte maggiori dell'80% di poveri; oggi
questo stesso 20% guadagna 150 volte di più dell'80% di poveri. El
Observador, 12/09/1999, p.25)
Che il ricordo, dunque dell'esperienza dei magonisti, con i loro errori, i
loro difetti, i risultati ottenuti e i pregi, ci aiuti ad inventare spazi di
resistenza, di riflessione, di creatività, di organizzazione, cercando un
mondo da inventare.
El Censurado
(traduzione di Fernanda Hrelia
dalla rivista uruguayana "Alter" n° 5,
Primavera/estate '99)