"Libertà ed autorità", ("Fede!", 22.6.1924)
di Camillo Berneri
(...) La libertà umana è capacità di sorpassare ostacoli, interni od esterni, e di crearsi.
(...) Il processo evolutivo della libertà presuppone ed implica lo sforzo. L'ostacolo che dà la possibilità della liberazione è, nel caso nostro, l'autorità.
La mia libertà è la mia forza. Quanto più sono capace di volere e quanto meglio è diretto il mio volere, tanto più sono libero. Ma la mia libertà è la nostra libertà, sia perché è condizionata alle capacità di volere della società in cui vivo, nonché di quelle che l'hanno preceduta e con essa convivono, sia perché la coscienza della mia libertà, cioè del mio volere e dei suoi fini, è nata dal contrasto con le libertà altrui, e in quel contrasto s'è potenziata e in esso tende ad definirsi sempre più. Tra le libertà in conflitto con la mia vi è l'autorità: quella dei genitori, quella del maestro, quella del libro, ecc. Ed è, d'altra parte, l’eteronomia dell'autorità, quando non mi ha soffocato od offuscato lo spirito, che ha permesso la mia autonomia, cioè la mia libertà.
E’ un errore l'identificare l'autonomia con la libertà e l’eteronomia con l'autorità perché se tali identificazioni antitetiche sono giustificabili considerando le funzioni specifiche dei due principi, vi sono modi e momenti in cui la contrarietà si risolve nell'interferenza dei termini. Talvolta autorità e libertà si identificano, non per se stesse, ma nella loro azione.
Come nel caso dell'autorità dell'educatore (che è, in fondo, la libertà di esso), rispetto alla libertà dell'educando, che rendendosi sempre più autonoma si prepara ad essere, e in parte è, autorità.
Il nostro anti-autoritarismo è rivolto contro l'autorità che non permette, soffocandolo o deviandolo, il processo di emancipazione. Contro l'autorità eccessivamente eteronoma si levano l'anarchismo pedagogico e quello politico.
La relatività che è base del concetto di libertà, come principio, ha fatto sì che alcuni anarchici assumessero la libertà come deus ex machina del mondo sociale, come una forza che di per sé stessa potesse annientare l'autorità, considerando quest'ultima come interamente statica.
L'autorità? Ecco il maestro manesco e pedante soffocatore di intelligenze e sfornatore di anime con le eccessive anticipazioni, con l’Ipse dixit, con le catechetiche interrogazioni, con la scuola della delazione e della finzione. Ed ecco Rousseau, e dietro a lui il Pestalozzi ed il Tolstoj con la scuola libertaria, in cui lo studio è ridotto ad un gioco, a scapito dell'educazione della volontà, e la disciplina è tutta influenza morale; che non sempre c'è, né sempre basta. Si dirà: le tendenze predominanti sul campo scolastico, sempre per restare in questo campo, sono autoritarie, in quanto queste tendenze rispondono di più ai pregiudizi correnti e alla tendenza al minimo sforzo. È necessario, quindi, spingere il maestro moderno verso un massimo di libertà, per ottenere un minimo. Non disconosco, non sarei più anarchico in tal caso, il valore funzionale del principio, come idea-forza della libertà, ma nel caso in questione invece della forma assertoria libertà nella scuola seguita da tentativi più o meno pratici di forzare le possibilità didattiche entro lo schema aprioristico, crederei opportuno impostare la questione sui gradi e modi d'autorità atti ad assicurare la massima emancipazione degli educandi.
Il problema è, quindi, un problema di metodo, ammesso giusto il mio punto di vista relativista.
Questa succinta analisi dei concetti: libertà ed autorità, apparirà ovvia a molti lettori. Ma servirà, nondimeno, ad attirare l'attenzione sul problema della libertà.
La superiorità dell'anarchismo consiste in una migliore concezione dell'autorità, e da questa si dovrebbe partire, nella propaganda.
Questo criterio di metodo potrà far tenere più presenti i problemi pratici della libertà.
All'autorità delle gerarchie basata sulla violenza e sul privilegio anteponiamo quella delle gerarchie tecniche, agenti per l'utilità generale e formatesi liberamente.
All'autorità formale del grado e del titolo anteponiamo l'autorità reale del valore e della preparazione individuali.
Questo senza cadere in una dialettica fusione, o confusione, dei contrari.
L'autorità è libertà quando l'autorità sia mezzo di liberazione, ma lo sforzo anti-autoritario è necessario come processo di autonomia. Autorità e libertà sono termini di un rapporto antitetico che si risolve in sintesi, tanto più la antitesi è sentita e voluta.
La libertà è, dunque, fuori da ogni sistema che la ponga per base assoluta, come principio avulso dalle sue possibilità di attuazione, quindi non passibile di trasformazione evolutiva. L'autorità feconda di libertà, cioè eteronomia risolventesi in autonomia, è fuori da ogni sistema autoritario, che consideri la libertà come nemica.
L'anarchia mi pare risulti dall’approssimarsi, identificarsi mai, ché sarebbe la stasi, della libertà e dell'autorità. Come principi. Come fatti, libertà e autorità stanno tra loro come verità ed errore; come enti che differenziano e si identificano, nel divenire storico.