Lettura di Bakunin
di Mirko Roberti
Il pensiero di Bakunin è sembrato, ai critici e agli
studiosi che si sono interessati ad esso, inseparabile dalla sua attività
pratica rivoluzionaria.
Effettivamente pensiero ed azione sono, in Bakunin, la stessa cosa.
Abbiamo voluto però, di proposito, operare artificialmente una separazione
fra essi allo scopo di mettere in risalto il pensiero, che è stato finora
considerato in modo subalterno all'azione.
Quest'ultima è apparsa assai più "appariscente" tanto da offuscarlo rendendo
più ardua e problematica la sua "lettura". Pochi pensatori infatti sono
stati così mal compresi e sottovalutati come Bakunin.
Lasciamo da parte ovviamente gli anarchici ed i libertari in genere, sebbene
anche quest'ultimi abbiano trascurato a volte aspetti e contenuti
fondamentali della sua dottrina; in genere però possiamo osservare che fino
a pochi anni fa nessuno aveva iniziato uno studio sistematico del suo
pensiero.
È vero che esso riveste nell'aspetto formale un carattere non
sistematico, a volte confuso (mai contraddittorio), e che solo una lettura
attenta di tutta la sua opera può fare emergere uno sviluppo logico e una
sostanziale unità.
Lo stesso Nettlau, il più grande biografo di Bakunin, scrive "... Bakunin ha
pubblicato, in varie fasi della sua vita, delle opere spesso di un carattere
transitorio ma di cui l'insieme, studiato secondo l'ordine
cronologico, permette una esposizione, particolarmente caratteristica, dello
svolgimento delle idee libertarie, idee che, svolgendosi naturalmente hanno
costruito il pensiero anarchico.... Bakunin non è mai arrivato, non
solamente a pubblicare ma nemmeno ad esporre in maniera definitiva, l'insieme
delle sue idee; egli non ha costruito il suo sistema, se vogliamo
servirci di questo termine che si adatta a delle interpretazioni, o a delle
non-interpretazioni, così diverse. A che cosa dobbiamo attribuire questo
carattere incompleto delle opere bakuniniane? Bakunin quando non si trattava
di questioni di attualità, non conosceva l'arte della composizione. Se si
leggono i suoi manoscritti, si vede come da una lettera egli arriva ad una
bozza, da una bozza ad un volume. Egli fa le sue premesse, suddivide il
soggetto e arriva raramente a trattare più di uno o due punti che si era
imposto di svolgere...".
Questa mancanza di compiutezza formale ha fatto scrivere a
moltissimi critici di diversa estrazione ideologica, che il pensiero di
Bakunin è un pensiero impressionistico, episodico, sostanzialmente poco
originale. Egli sarebbe stato in ultima analisi un grande assimilatore con
poca originalità. I critici francesi lo vogliono pedissequamente copiatore
di Proudhon, quelli italiani di Pisacane, quelli russi di Herzen, e tutto
questo, accompagnato da una lettura superficiale, ha fatto del pensiero
bakuniniano uno scempio difficilmente eguagliabile.
Dobbiamo tener presente inoltre che tutte le calunnie, infamie, falsità
sparse sul suo conto da banditi di varia estrazione, hanno contribuito in
modo determinante ad "influenzare" negativamente la lettura delle sue opere.
Ma si sa che questi tentativi goffi e nani, nella loro luce sinistra, non
hanno fatto altro che mettere maggiormente in risalto, agli occhi di tutti i
sinceri rivoluzionari, la statura intellettuale, morale e politica, già
straordinariamente gigantesca, di Michele Bakunin.
Per ovvie ragioni di spazio abbiamo preferito mettere in questa piccola
antologia dei brani raggruppati secondo temi comuni anche se essi
appartengono a opere diverse. Questo perché ci permette di cogliere il
carattere di stupefacente attualità che è presente in tali brani. Liberati
in questo modo dalle motivazioni storico-contingenti che li videro sorgere,
essi ci possono indicare oggi più che mai la traccia teorica per sciogliere
alcuni nodi riguardanti la comprensione della natura e della
funzione di ogni società di sfruttamento.
Seguiremo e svilupperemo alcune tesi tipiche degli schemi ideologici e
teorici del pensiero bakuniniano senza avere la pretesa di ricomporre
interamente la sua unità, anche perché pensiamo che se essa è mancata, come
giustamente ha rilevato il Nettlau, ciò nulla toglie al suo valore teorico.
Questa mancanza di sistematicità rappresenta, a nostro avviso, proprio tutti
i limiti ma anche tutta la grandezza del suo pensiero: grazie ad essa
Bakunin infatti ha elaborato alcune delle sue intuizioni più folgoranti e
geniali.
I brani che abbiamo scelto si riferiscono all'ultimo periodo della sua
evoluzione teorica, questo perché ci permette di cogliere più completamente
i caratteri di essa.
Per inciso possiamo dire che questa evoluzione si divide grosso modo in due
periodi. Il primo comprende gli anni della sua formazione hegeliana in
Germania, la conoscenza del socialismo francese e di Proudhon, e si
conclude, dopo la prigionia, nel 1861; il secondo, che si può dividere in
due parti, comprende gli anni dal '61 alla morte. La prima parte va dal '61
al '67, periodo in cui Bakunin passa rapidamente dalle posizioni
democratiche-rivoluzionarie, che però avevano sempre avuto venature
libertarie, alle posizioni socialiste-anarchiche; la seconda parte va da
queste posizioni alla formulazione della sua dottrina specificatamente
anarchica.
Abbiamo detto che i brani scelti appartengono all'ultimo periodo
dell'evoluzione di Bakunin. Ora però vogliamo aggiungere che essi si
riferiscono ai temi propriamente specifici della sua dottrina. Cercheremo
quindi di sintetizzarli brevemente.
Innanzitutto lo Stato, che per Bakunin rappresenta il nemico numero uno
degli sfruttati. Lo Stato occupa nel pensiero bakuniniano il posto centrale,
nel senso che qualsiasi discorso strategico per la liberazione degli
oppressi, passa inevitabilmente per la sua immediata distruzione.
Bakunin comprese e spiegò che questa macchina di sfruttamento ha una propria
autonomia e che la sua costituzione, sotto qualsiasi nuova forma, ricomporrà
inevitabilmente la disuguaglianza sociale. Lo Stato è per natura, dice
Bakunin, una struttura gerarchica che sviluppa necessariamente l'esercizio
del governo da parte di una minoranza sulla massa del popolo. Ma "sfruttare
e governare", dice Bakunin in "Dio e lo Stato", sono la stessa cosa. Inoltre
l'esistenza di esso genera una ideologia che lo giustifica sul piano
storico. Per lo Stato borghese, essa è stata la religione cristiana e la sua
chiesa, per lo "Stato popolare" sarà una nuova "teologia politica" a
sorreggere la costituzione dei nuovi privilegi. Cambierà l'oggetto di tale
religione, non la sua funzione.
Sviluppando tale prospettiva Bakunin arriva così a formulare alcune
intuizioni sulla funzione dello Stato in rapporto alla "lotta di
classe". Se infatti la "lotta di classe" non si estende a tutte le
masse sfruttate, essa porta alla formazione di una élite, che
finirà con l'utilizzare l'energia proveniente "dal basso", convogliandola
per i propri scopi, che da quel momento diverranno diversi ed
opposti a quelli degli sfruttati. In questo modo Bakunin anticiperà con
cento anni la formazione della nuova classe dominante tecno-burocratica nata
appunto dalla "testa" del movimento operaio e che, in nome di esso,
si impadronirà della macchina statale e delle sue funzioni dominanti. Alla
religione cristiana verrà sostituita la nuova "teologia politica"
giustificante il nuovo Stato e il nuovo dominio: il marxismo.
Bakunin, a differenza dei marxisti, non parlerà mai di "lotta di classe", ma
di lotta popolare. Tale linguaggio spiega per l'appunto un altro tema caro
alla sua dottrina: l'alleanza operai-contadini. Possiamo anzi dire che esso
sia stato uno dei punti in cui Bakunin ha espresso con maggior vigore la sua
strategia di lotta. Mentre per i marxisti le masse contadine dovevano
seguire la strategia della classe operaia, per Bakunin esse erano e dovevano
restare in una posizione di parità. E questo per due motivi. Il primo si
riferiva al fatto che la lotta della classe operaia separata da quella
contadina, avrebbe favorito la logica del capitalismo industriale aumentando
il divario città-campagna, isolando maggiormente il movimento operaio dalla
lotta generale degli sfruttati. Il secondo era che tale lotta non doveva
perdere il carattere storico che gli sfruttati gli avevano assegnato: la
lotta sociale. Il termine "lotta sociale" era diventato necessario
nel linguaggio bakuniniano; esso comprendeva anche il senso rivoluzionario
di lotta politica.
La differenza di linguaggio rispetto ai marxisti nascondeva dunque una
questione di fondo. Essa riguardava non solo la diversa interpretazione del
significato storico della Prima Internazionale ma il significato,
la funzione e il fine della lotta generale di tutti gli
sfruttati. Perché tale lotta non costituisse trampolino di lancio di una
nuova classe per la conquista del potere, cambiando solamente la forma
dello sfruttamento, occorreva una lotta generale portata avanti
contemporaneamente da tutti gli sfruttati, senza una pattuglia
d'avanguardia, come era invece negli intendimenti marxisti.
Non crediamo di esagerare dicendo che l'aver scelto la strategia marxista,
ha comportato in questi cento anni, per il movimento operaio, le sconfitte
più terribili. Ovunque si può vedere alla radice di tali sconfitte
l'isolamento della classe operaia rispetto alle masse contadine, e dove tale
lotta è stata "vittoriosa", l'affermazione di una nuova classe dominante
(vedi la Russia bolscevica e gli altri paesi "socialisti").
Tutto questo fu compreso e anticipato da Bakunin, ma tale comprensione non
sarebbe stata completa se Bakunin non ci avesse lasciato i suoi articoli sul
lavoro manuale e sul lavoro intellettuale. Essi ci indicano la traccia
principale della teoria bakuninista: l'abolizione delle classi attraverso
l'abolizione della divisione del lavoro. Divisione tra il lavoro
intellettuale-direttivo dominante e il lavoro manuale-esecutivo dominato.
Questa divisione, presente in ogni società di sfruttamento, è la ragione
prima della disuguaglianza, ci dice Bakunin, e il supporto necessario dello
Stato perché sistema gerarchico e piramidale analogo all'organizzazione
diseguale del lavoro. In questo modo la libertà materiale di tutti gli
uomini passa attraverso l'abolizione dello Stato, vale a dire la distruzione
dell'organizzazione diseguale del lavoro; ciò comporta l'abolizione
della divisione del lavoro come causa della formazione delle classi. Libertà
e uguaglianza, ecco i termini della dottrina di Bakunin, ma in questo senso:
che non si può ottenere l'uno senza ottenere contemporaneamente
l'altro.
Mirko Roberti
Note biografiche Nasce a Priamouchino (Russia) nel 1814, da famiglia nobile.
Studia filosofia prima a Mosca poi a Berlino, dove si avvicina alla
"sinistra hegeliana". Nel '47-'48 conosce i principali pensatori
socialisti europei dell'epoca: Weitling, Marx, Proudhon. Partecipa
attivamente ai moti del '48-'49, in Germania e Boemia. |
Contro lo Stato Ho detto che lo Stato, per il suo stesso principio, è un immenso
cimitero dove tutte le manifestazioni della vita individuale e
locale, tutti gli interessi delle parti, l'insieme delle quali
costituisce appunto la società, vengono a sacrificarsi, a morire, a
sotterrarsi. È l'altare su cui la libertà reale e il benessere dei
popoli sono immolati alla "grandeur" politica; e più questo
sacrifizio è completo, più lo Stato è perfetto. Ne concludo, ed è la
mia convinzione, che l'impero russo è lo Stato per eccellenza, lo
Stato senza retorica e senza mezzi termini. Lo Stato più perfetto
d'Europa. Viceversa, tutti gli Stati, nei quali i popoli possono
ancora respirare, sono, da un punto di vista ideale, Stati
incompleti, così come tutte le altre Chiese, in confronto a quella
cattolica, sono Chiese mancate. (...) M. Bakunin |
Spontaneità e dittatura Noi rivoluzionari-anarchici, fautori dell'istruzione generale del
popolo, dell'emancipazione e del più vasto sviluppo della vita
sociale e di conseguenza nemici dello Stato e di ogni
statalizzazione, affermiamo, in opposizione a tutti i metafisici, ai
positivisti e a tutti gli adoratori scienziati o no della scienza
deificata, che la vita naturale precede sempre il pensiero, il quale
è solo una delle sue funzioni, ma non sarà mai il risultato del
pensiero; che essa si sviluppa a partire dalla sua propria
insondabile profondità attraverso una successione di fatti diversi e
mai con una serie di riflessi astratti e che questi ultimi, prodotti
sempre dalla vita, che a sua volta non ne è mai prodotta, indicano
soltanto come pietre miliari la sua direzione e le varie fasi della
sua evoluzione propria e indipendente. M. Bakunin |
La Comune di Parigi Varlin e tutti i suoi amici, al pari di tutti i socialisti
sinceri e come in generale tutti i lavoratori nati e cresciuti fra
il popolo, dividevano al più alto grado questa prevenzione
perfettamente legittima contro la dominazione esercitata dalle
individualità superiori; e siccome innanzitutto erano giusti, essi
volgevano questa prevenzione, questa sfiducia, tanto contro se
stessi quanto contro gli altri. M. Bakunin |
Operai e contadini Con quale diritto gli operai imporrebbero ai contadini una
qualsiasi forma di governo e di organizzazione economica? Col
diritto della rivoluzione, si risponde. Ma la rivoluzione non è più
rivoluzione quando essa agisce dispoticamente, e quando, invece di
produrre la libertà nelle masse, essa provoca la reazione nel loro
seno. Il mezzo e la condizione, se non lo scopo principale della
rivoluzione, è l'annientamento del principio dell'autorità in tutte
le sue manifestazioni possibili, è l'abolizione completa dello Stato
politico e giuridico, perché lo Stato, fratello minore della Chiesa,
come Proudhon ha molto ben dimostrato, è la consacrazione storica di
tutti i dispotismi, di tutti i privilegi, la ragione politica di
tutte le servitù economiche e sociali, l'essenza stessa e il centro
di ogni reazione. Quando, in nome della rivoluzione, si vuol
istituire lo Stato, non fosse altro che uno Stato provvisorio, si
compie un'operazione reazionaria e si lavora per il dispotismo, non
per la libertà, per l'istituzione del privilegio contro
l'eguaglianza. M. Bakunin |
Lavoro manuale e lavoro intellettuale Abbiamo dimostrato che fino a quando ci saranno due o più gradi
d'istruzione per i vari strati della società, ci saranno
necessariamente delle classi, vale a dire dei privilegi economici e
politici per un piccolo numero di fortunati e la schiavitù e la
miseria per il più grande numero. Membri dell'Associazione
Internazionale dei Lavoratori noi vogliamo l'uguaglianza e poiché la
vogliamo, noi dobbiamo volere anche l'istruzione integrale, uguale
per tutti. uomini completi Ne consegue che nello stesso interesse del lavoro come pure in
quello della scienza non ci devono più essere né operai né
scienziati, ma solo degli uomini. le capacità individuali Ma qui si affaccia un'altra questione: tutti gli individui
hanno uguali capacità di elevarsi allo stesso grado di istruzione?
Immaginiamo una società organizzata secondo il sistema più
ugualitario e nella quale tutti i fanciulli abbiano fin dalla
nascita il medesimo punto di partenza sia dal punto di vista
economico e sociale che da quello politico e cioè, assolutamente,
uguale mantenimento, uguale educazione, uguale istruzione; non ci
saranno fra queste migliaia di piccoli individui infinite differenze
di energia, di tendenze naturali, di attitudini? uguaglianza nella diversità È una verità divenuta proverbiale, e che con ogni probabilità non
cesserà mai d'essere una verità, che sullo stesso albero non ci
siano mai due foglie identiche. A maggior ragione ciò sarà sempre
vero riguardo agli uomini, dato che gli uomini sono esseri molto più
complessi delle foglie. Ma questa diversità lungi dal rappresentare
un danno è, al contrario, come ha molto bene osservato il filosofo
tedesco Feuerbach, una ricchezza dell'umanità. il genio popolare Si tratta quindi soltanto di organizzare questa gente
per mezzo della più grande libertà fondata sulla più completa
uguaglianza economica, politica e sociale per cui non si debba più
avere da temere dalle velleità dittatoriali e dall'ambizione
despotica degli uomini di genio. M. Bakunin |