I DUE AMICI CHE VOLEVANO
RINNOVARE L’UMANITA’...
L’amicizia fra Gustav
Landauer e Martin Buber, ebrei di lingua tedesca,
anarchico comunitario il primo, sionista libertario
il secondo, entrambi convinti che ebraismo e
rinnovamento della società fossero strettamente
legati, ha segnato la storia delle idee politiche
del secolo. L’esperienza consiliare di Monaco dove
Landauer perse la vita. Il movimento dei kibbutz e
la loro idea che socialismo mutualistico, libertà e
creatività dell’individuo fossero inscindibili e da
sperimentare da subito. Intervento di Siegbert Wolf.
Pubblichiamo la relazione
dal titolo “La vera realizzazione è nella comunità”,
di Siegbert Wolf, docente presso l’Università di
Francoforte, tenutasi nell’ambito di un convegno
internazionale, “Anarchici ed ebrei. Storia di un
incontro”, tenutosi a Venezia lo scorso maggio.
La mia relazione tratta dell’amicizia intellettuale
tra Gustav Landauer e Martin Buber, ma prima di
cominciare vorrei ricordare Paola Buber, la moglie
di Martin Buber, che è morta proprio qui a Venezia,
nell’agosto del 1958, ed è stata sepolta nell’antico
cimitero della comunità ebraica veneziana, al Lido.
Il mio intervento, come ho detto, descrive la
relazione tra due libertari di lingua tedesca,
appunto Landauer e Buber, e quindi la relazione tra
l’anarchismo comunitario del primo e la filosofia
sociale e il coinvolgimento nel movimento sionista
del secondo.
Gustav Landauer, nato nel 1870, a Karlsruhe, crebbe
in una famiglia ebrea assimilata e iniziò a
partecipare al movimento anarchico di Berlino sin
dall’ultima decade del secolo, mentre Martin Buber,
che era nato nel 1878 a Vienna, crebbe invece con i
nonni a Limberg, in Galizia, e fu proprio il nonno,
Salomon Buber, un noto studioso dell’ebraismo, ad
insegnargli la tradizione e la storia ebraica.
La loro amicizia, che cominciò a Berlino, all’inizio
del XX secolo e si concluse nella primavera del 1919
quando Landauer fu assassinato da un soldato
controrivoluzionario, occupa un posto
importantissimo nel socialismo utopico del ventesimo
secolo. Entrambi erano intellettuali, libertari,
educatori, scrittori, filosofi e pionieri nella
ricerca di forme nuove di socialità. Buber, dopo la
morte di Landauer, cercò di portare avanti
l’anarchismo comunitario dell’amico, in particolare
all’interno del movimento dei kibbutz, così come
immise la concezione di un socialismo comunitario
confederale nella sua filosofia del dialogo e nella
sua pedagogia. Buber, inoltre, scrisse
dell’anarchismo di Landauer in modo prezioso,
confrontandolo con i lavori di Proudhon e Kropotkin,
di cui Landauer si era molto occupato, mostrando
come, al di là delle loro differenze teoriche, sia
Landauer che Proudhon e Kropotkin facessero
riferimento a un’idea comune.
Al tempo in cui si incontrarono, Landauer era una
personalità di spicco nel movimento anarchico,
aspirava a creare un socialismo in grado di
rinnovare lo spirito umano e stava costituendo
un’associazione comunitaria sperimentale che fosse
di esempio per l’umanità, mostrando un nuovo stile
di vita contro la società centralizzata e
militarizzata. “La nostra comunità non desidera una
rivoluzione; è la rivoluzione”, scrisse Landauer nel
1900, in un saggio programmatico per la nuova
comunità. Buber era invece coinvolto nel movimento
nazionalista ebraico, fondato e guidato da Theodor
Herzl, e si definiva di cultura sionista. Entrambi
speravano che la gente potesse sviluppare una
critica radicale dell’ambiente in cui viveva,
associandosi per un cambiamento della realtà
sociale. E fu proprio l’influenza intellettuale di
Landauer che rese possibile a Buber di combinare il
suo sionismo culturale con le idee di una comunità
libertaria.
Landauer e Buber, tuttavia, parteciparono alla nuova
comunità solo per un breve periodo. Presto la
giudicarono irrealistica e sostennero che questo
movimento di insediamenti comunitari non poteva
realmente essere una società radicalmente
ricostruita. Questo comunque non significò che
abbandonassero i loro sforzi volti a raggiungere una
società umana. La loro amicizia era fatta anche di
interessi comuni per Holderlin, per Nietzsche, per
la filosofia del linguaggio ed erano ambedue
influenzati dal misticismo cristiano ed ebraico, in
particolare da Jakob Bohme, Nicola Cusano, Meister
Eckhart. Landauer, inoltre, era fortemente impegnato
nel sottolineare il potere dello spirito nella
comunità degli uomini; nel suo pensiero le scienze
sociali si combinano con le scienze dello spirito.
La sua battaglia contro l’isolamento dei singoli
esseri umani nella società moderna era alla base del
suo anarchismo, che, però, negava validità al
marxismo.
Anche nell’attività editoriale Buber e Landauer si
sostennero e stimolarono reciprocamente e fu Buber a
convincere l’amico a scrivere La rivoluzione, la sua
monografia storico-filosofica più importante,
pubblicata nel 1907 all’interno di una collana
curata proprio da Buber. In questo saggio, Landauer
si interroga su quale sia la natura e la funzione di
un processo rivoluzionario, cercando di trovare una
risposta a come si possa arrivare alla comunità
socialista e libertaria da lui postulata. Per
descrivere le prospettive storiche e culturali di
questo processo, Landauer parla di “topia” (le
diverse società storicamente costituite ed i sistemi
di pensiero che le animano, ndr) e “utopia” (le
aspirazioni individuali e collettive che,
mescolandosi fra loro ed agendo all’interno della “topia”,
aprono la possibilità di cambiamenti sociali, ndr),
due situazioni psicologiche e sociali rispetto a cui
la rivoluzione rappresenta il periodo intercorrente
tra la caduta di una “topia” esistente e la
costituzione di una nuova.
Nel 1908 Landauer fu fra gli ispiratori e fondatori
dell’Unione socialista (Sozialisticher Bund), di cui
uno dei primi membri fu Buber. L’Unione socialista
era un’organizzazione di gruppi autonomi,
indipendenti e decentralizzati, senza un ufficio
centrale, ed in questo era del tutto aderente alle
concezioni di Landauer, che pensava che solo in
un’organizzazione decentralizzata fosse possibile
una democrazia diretta, esercitata direttamente da
tutti “face to face”.
L’Unione socialista dette anche vita ad alcune Freie
Schulgemeinde, piccole comunità rurali in cui donne,
bambini e uomini potevano ritrovarsi in un ambiente
che riuniva agricoltura, industria e artigianato,
lavoro intellettuale e fisico. Tali comunità,
oltreché elevare culturalmente i proletari, erano
anche delle “cellule” viventi del socialismo, e per
Landauer tale aspetto era essenziale. Sosteneva
infatti che una meta può essere raggiunta solo se i
mezzi sono coerenti con essa e che quindi sarebbe
impossibile, così come raggiungere la non violenza
con la violenza, arrivare alla costruzione del
socialismo senza averlo già praticato da subito.
Tali concezioni Landauer le ribadirà nel libro
Appello al socialismo, pubblicato nel 1911, in cui
critica radicalmente il burocratismo e il marxismo
ufficiale pre-bellico, che a suo giudizio non aveva
più niente a che fare con l’emancipazione sociale.
Il nodo centrale del suo pensiero socio-filosofico e
della sua pratica era l’individuo e la relazione tra
individui; scriveva: “Tutto comincia dall’individuo
e tutto dipende dall’individuo. Il socialismo
rappresenta un capovolgimento; il socialismo è un
nuovo inizio; il socialismo è un ritorno alla
natura, una riappropriazione dello spirito, un
progresso nelle relazioni”. Si doveva agire
immediatamente, senza attendere che, come pensavano
i marxisti, fosse il processo storico a preparare il
socialismo. Questo infatti, per Landauer, era sempre
possibile se un sufficiente numero di persone lo
voleva.
Landauer e Buber erano convinti che fosse necessario
prima lo sviluppo individuale e poi l’attivismo
sociale; la libertà, cioè, doveva essere una
conquista nell’anima dei singoli individui prima di
poter essere oggettivata nella società; nessuna
rigenerazione sociale poteva avvenire fino a che i
singoli individui non si fossero liberati della loro
schiavitù volontaria.
Sia per Buber che per Landauer la crescita
dell’umanità non dipendeva dal progresso della
scienza e della tecnologia, quanto piuttosto dalla
rigenerazione dello “spirito sociale”, cioè dalla
consapevolezza interiore, individuale, dei legami
sociali che implicano attività di cooperazione; c’è
libertà e ordine solo là dove c’è “spirito”.
Per Landauer, inoltre, la “società” non doveva
essere “una”, ma una società di società, una lega di
leghe, una collettività di collettività, una
repubblica di repubbliche. Le attività di Landauer
volte alla realizzazione della sua utopia libertaria
erano legate all’idea di un autogoverno locale, con
produttori confederati e collettivi di consumatori,
quale passo fondamentale in direzione dell’abbandono
del sistema capitalistico. Per costruire le
fondamenta di una rigenerazione sociale e di
un’autonomia locale, stimolò, come ho detto, la
nascita di comunità fondate sull’agricoltura e di
associazioni mutualistiche, dove donne e uomini
avrebbero smesso di lavorare per il mercato
capitalistico, cominciando a produrre beni per un
commercio equo. Questa società, scrisse Landauer,
dobbiamo costruirla subito, praticarla subito, e per
realizzare la sua idea di comunità contro il
capitalismo, le grande industrie e lo stato, formulò
l’idea di un contratto di lavoratori liberi e
invocò, prima della guerra mondiale, un parlamento
socialista. Questo, basato sul mandato imperativo
per i delegati, avrebbe dovuto costituire la forma
moderna di parlamentarismo e di democrazia
indiretta, basata sul controllo diretto esercitato
dal basso.
In una lettera del 1911, indirizzata allo storico
libertario Max Nettlau, Landauer scrisse: “Le
circostanze sono il risultato del comportamento
delle persone e la base dell’anarchia, per me, è la
convinzione che tutti hanno la possibilità di
cambiare il loro comportamento fin tanto che
vivono”. Il suo socialismo, come quello di Buber,
era soprattutto un movimento culturale per superare
l’individualismo atomistico e per agire assieme
attraverso un modello federativo basato
sull’associazione volontaria e sui rapporti umani.
Per questo invocò un’Europa unita e un’unione di
tutto il genere umano.
Landauer, così come la moglie Hedwig Lachmann, fin
dal 1911 aveva invitato i lavoratori a scioperare
contro i preparativi di guerra, cercando di
promuovere l’antimilitarismo e di combattere contro
lo sciovinismo, respingendo sia il nazionalismo
xenofobo che l’antisemitismo e il razzismo del
movimento volkisch, in Germania assai popolare. Ma
all’inizio della prima guerra mondiale, proprio per
via del suo antimilitarismo e antinazionalismo
coerente, si vide isolato anche da molti amici.
Perfino Martin Buber si lasciò contagiare da questo
entusiasmo per la guerra perché sperava che avrebbe
unito gli ebrei in una causa trascendente. Nel 1914
i membri della comunità ebraica tedesca erano circa
500.000, 100.000 dei quali furono impegnati come
soldati, avendo più di 12.000 morti. Buber pensava
che il patriottismo della maggior parte degli ebrei,
il loro impegno in quanto soldati, avrebbe portato
ad una maggiore accettazione della comunità ebraica
da parte della popolazione non ebraica. Landauer
invece non era disposto a pensare che il fatto che
gli ebrei si uccidessero tra di loro fosse un modo
per lottare per l’ebraicità e polemizzò
violentemente con Buber, chiamandolo sprezzantemente
“Buber della guerra” e accusandolo di promuovere un
nazionalismo assolutamente ingiustificato. La loro
amicizia fu indubbiamente messa alla prova, ma
furono in grado di risolvere il loro conflitto e
Buber rivide il suo punto di vista.
Durante la rivoluzione tedesca del 1918-’19 Landauer
intravide la possibilità di realizzare il socialismo
libertario in Baviera e nella “Repubblica dei
consigli” che si instaurò a Monaco dal 7 al 13
aprile del 1919. Divenne ministro per la cultura e
l’istruzione. Nel febbraio del ’19 Buber andò a
trovarlo, parlò con molti leaders, e la conclusione
che trasse fu negativa: non vedeva nessuna
prospettiva a lungo termine per questo evento
rivoluzionario. Ma non per questo l’assassinio di
Landauer ad opera delle truppe fedeli al governo
centrale, nel maggio del ’19, fu per lui uno choc
minore. Dirà: “Ho vissuto la sua morte come fosse
stata la mia”.
Come esecutore letterario, Buber impiegò un decennio
a ripubblicare tutti i principali lavori di
Landauer, raccogliendo inoltre due importanti
antologie di saggi e un’edizione in due volumi delle
sue lettere intitolate Gustav Landauer. La sua vita
in lettere.
Landauer, che non si era mai considerato un sionista
e che aveva rifiutato di essere membro di qualunque
organizzazione ebraica, immaginava il futuro degli
ebrei soltanto nella diaspora e non in Palestina; lo
stato ebraico non era parte della sua utopia. Eppure
fu molto affascinato dal movimento dei kibbutz, che
cercava di costruire una società libera, mutualista
e volontaristica, e si rese conto che la tradizione
comunitaria del giudaismo era vicina alla sua
concezione di società anarchica. Rifiutò però anche
l’assimilazione ebraica nell’Europa occidentale ed
ebbe uno sguardo profondo per l’elevatezza
spirituale della comunità tradizionale ebraica, che
identificò col cosiddetto Ostjuden.
Buber e Landauer erano critici verso la cultura
dell’Europa occidentale, dell’Europa borghese, ma
erano anche critici nei confronti del sionismo che
mirava alla costruzione di uno stato nazionale
ebraico, puntavano a una sorta di “sionismo
culturale”. L’ebraismo fu invece fondamentale per
Buber, che si considerava un socialista religioso e
che ne fece il centro della sua filosofia e delle
sue attività pubbliche.
Entrambi videro comunque uno stretto legame tra il
giudaismo e il socialismo libertario: per loro il
rinnovamento del genere umano era legato alla
rinascita dell’ebraismo ed il socialismo non sarebbe
stato tale se non avesse garantito a tutti gli ebrei
una vita sicura in mezzo al genere umano, cosicché
anche antisemitismo e diaspora sarebbero scomparsi.
Gustav Landauer, come ho detto, non era un ebreo
religioso e non partecipò alla comunità ebraica.
Ciononostante considerava l’eredità ebraica molto
importante e si definiva “nazionalista tre volte”,
cioè tedesco, tedesco del sud ed ebreo. Nel suo noto
saggio Sono questi i pensieri di un eretico?, del
‘13, scrisse: “Io sono l’ebreo, un tedesco, il mio
germanesimo e la mia ebraicità non si fanno del
danno bensì del bene”.
La sua amicizia con Buber e il suo matrimonio con
Hedwig Lachmann, una scrittrice proveniente
dall’ambiente ebraico tradizionale, lo resero più
consapevole e partecipe della propria cultura
ebraica.
Il genere umano, nel senso concepito da Landauer,
era una federazione di diversi il cui compito era
liberare ogni nazione, quindi anche gli ebrei, e
fino alla prima guerra mondiale non capì quale fosse
il significato della Germania in quanto “nazione”.
Landauer sapeva che il significato di una
federazione, in tedesco Bund, viene dalla Bibbia
ebraica e può essere trovato in qualsiasi movimento
rivoluzionario ed egualitario della storia. Il suo
socialismo culturale era quindi una combinazione
dell’eredità ebraica e della tradizione libertaria
della società tedesca. Sperimentò e visse la sua
ebraicità e la sua eredità tedesca come due
esperienze parallele che si muovono passo passo
senza conflitti; percepiva questo parallelismo come
un arricchimento della sua umanità.
Il movimento sionista socialista in Europa e il
movimento dei kibbutz in Palestina, che ambivano a
un insediamento comunitario in Palestina attraverso
l’associazione e senza necessariamente costituire
uno stato, sono stati fortemente influenzati da
Kropotkin, Landauer e Buber, il quale si impadronì
sempre più dell’eredità filosofica, sociale e
anti-politica di Landauer, e coltivò la speranza che
l’insediamento collettivo ebraico in Medio Oriente
avrebbe potuto rinnovare l’intero genere umano.
Il movimento dei kibbutz all’inizio del XX° secolo
fu visto come il socialismo utopico che si
realizzava ed il collettivismo ebraico in Palestina,
così come le comunità anarchiche in Spagna durante
la guerra civile, furono anche realizzazioni
dell’anarchismo comunitario di Landauer. Fino ad
oggi, però, non sono stati molti i libertari
disposti ad accettare il movimento dei kibbutz in
Palestina come parte della loro storia generale che,
almeno dal 1968 in poi, ha a che fare con un
antisionismo non-cosciente di stampo
antimperialista. Anche se a me questa non inclusione
dei kibbutz appare come forma di antisemitismo.
Buber vedeva la Palestina come centro culturale del
giudaismo, come il luogo di una rinascita ebraica,
ma non credeva nella necessità di uno stato ebraico.
La sua prospettiva per tutti coloro che vivevano in
Palestina era quella di una convivenza di ebrei e
arabi basata sull’aiuto reciproco, sulla messa in
comune della terra, del lavoro e dello spirito.
Per lui la cooperazione con gli arabi andava assieme
alla costruzione di un insediamento comune, che
facesse della Palestina un centro e un esempio di
rigenerazione sociale in Medio Oriente. E infatti
elaborò un piano per una comunità bi-nazionale e
federale, in cui tutti gli abitanti potessero fruire
dei medesimi diritti politici e civili.
Anche dopo la fondazione dello stato d’Israele, nel
1948, lottò per la pace tra ebrei e arabi e per una
società secolare: una Palestina bi-nazionale, basata
su una cooperazione diretta economica e politica, e
su una parità tra ebrei e arabi. La proposta di
Buber per risolvere il conflitto ebreo-palestinese
dimostra la sua capacità di politico realistico, o
anche di “anti-politico”, se lo si guarda dal punto
di vista di Landauer. Buber aveva capito la natura
del conflitto tra palestinesi e israeliani più
profondamente di molti dei cosiddetti esperti
politici, i cui sforzi sono stati semplicemente
irrealistici e visionari. Era sicuro che il
progresso degli ebrei in Palestina avrebbe portato
anche a un progresso delle popolazioni vicine e
degli arabi palestinesi. La visione che Buber aveva
di una nuova comunità nell’Heretz Israel, una
comunità basata sulla coesistenza e sulla
cooperazione pacifica di tutti gli abitanti del
Medio Oriente nell’ambito di una vera società
civile, ha purtroppo avuto pochi seguaci, anche se
lui tanto si batté per cercare di realizzarla.
Per tutta la vita Buber continuò a mantenere vive le
idee di Landauer. La sua filosofia sociale, in
particolare, è basata sull’anarchismo comunitario
dell’amico: il pubblico impegno di ogni uomo e
donna, qui e ora, per arrivare a un rinnovamento
dell’individuo e della società è stato fino
all’ultimo il suo obiettivo. Buber scrisse: “Non
credo nella possibilità di una realizzazione
politica di grandi aspirazioni socialiste se non c’è
l’aspirazione a realizzarle nella vita reale. Se la
vera realizzazione non comincia qui e ora, non la
raggiungeremo”. Per capire la sua concezione
dell’essere umano dobbiamo far riferimento alla
riflessione di Landauer sulla creatività, sulla
libera cooperazione, sul mutuo soccorso e
sull’umanitarismo, che per lui erano la chiave per
una società umana e libera. Per Buber e Landauer il
rinnovamento dell’intero genere umano significava il
rinnovamento di qualcosa di molto antico, ma anche
delle norme sociali esistenti, e la ristrutturazione
dell’intera vita pubblica e privata. Buber, come il
suo caro amico Landauer, fu molto attento alle
istituzioni centralizzate che ostacolano
l’autodeterminazione, la libertà e la giustizia. Nel
suo Sentieri in utopia, che è una chiara espressione
dell’innovazione del suo pensiero sociale avvenuta
durante la seconda guerra mondiale e in seguito
all’Olocausto degli ebrei in Europa, Buber descrisse
il suo approccio filosofico all’anarchismo. Sapeva
che le limitazioni poste al funzionamento di uno
stato rappresentano una questione vitale e una sfida
alla libertà collettiva e individuale.
Conseguentemente cercò di concentrare l’attenzione
sulla necessità di limitare il potere di uno stato e
dell’establishment di governo.
Buber intuì che in alcune circostanze lo stato ha un
ruolo legittimo -per esempio per garantire la
sicurezza verso aggressioni esterne e per risolvere
i conflitti interni tra gruppi diversi e ostili. Ma
dopo la Shoah, il peggior genocidio nella storia del
genere umano, e dopo lo stalinismo in Unione
Sovietica la sua attenzione fu rivolta alla
creazione delle condizioni che garantiscono una
chance all’insediamento di una società
multistrutturata.
La “filosofia del dialogo” di Buber, cioè relazioni
tra gli uomini all’insegna dell’uguaglianza, è al
centro del suo pensiero sociale e probabilmente è
anch’essa una continuazione di quella che Landauer
aveva chiamato “rinascita socialista dell’essere
umano”, per ottenere la quale la via migliore, per
Buber e Landauer, era una società libertaria, vista
come una sintesi tra la consapevolezza interiore e
le condizioni esterne per una vita sociale umana e
creativa.
In Socialismo culturale Landauer scrisse: “Abbiamo
bisogno di un nuovo ordine e di una trasformazione
dello spirito, che non avrà luogo con il
raggiungimento di istituzioni nella forma finale, ma
che si dichiarerà permanentemente al lavoro in esse.
La rivoluzione deve entrare a far parte del nostro
ordine sociale, deve diventare la regola base della
nostra costituzione. Voglio che la gente mi senta,
mi stia vicino, mi cammini accanto, la gente che,
come me, non può più sopportare questo. Questa è una
prima parola, molto ancora deve essere detto, da me
e dagli altri che verranno”.
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