“IRRAZIONALISMO ED ANARCHISMO”
DI CAMILLO BERNERI
"(...) Avendo io ho insistito sull’infecondità e sulla pericolosità del
ragionamento deduttivo, proclamando essere il ragionamento induttivo «veramente
razionale», M.S. mi denuncia in contraddizione con me stesso quando affermo
necessario all'anarchismo il diventare irrazionalista: «Da un lato ci rimprovera
di adottare il ragionamento deduttivo che non è abbastanza razionale; dall'altro
rimprovera all'anarchismo di non essere abbastanza irrazionale».
Io non considero il ragionamento deduttivo non abbastanza razionale bensì
irrazionale e non rimprovero all'anarchismo di non essere abbastanza irrazionale
bensì di non essere irrazionalista.
Essere irrazionalista, sia detto ad uso di M.S. e dei lettori dell'Adunata che
non sono al corrente della terminologia filosofica, non vuol dire essere un
sostenitore dell'irrazionale bensì essere un diffidente nei riguardi delle
verità di ragione.
La fiducia eccessiva nella ragione è irrazionale per un irrazionalista. Nel
1849, il Taine scriveva, in una sua lettera: «Con la mia adorazione per le
verità di ragione, e la fiducia assoluta che ho nel potere dell'intelligenza, io
assomiglio ad un cattolico che non sa parlare che della Chiesa e della fede». E’
questo misticismo razionalista che considero incompatibile con l'anarchismo, sì
che vorrei che il maggior numero di anarchici si familiarizzassero con l'arte di
dissociare le idee, arte nella quale eccelse una delle intelligenze più
anarchiche dei tempi nostri: quella, magnifica, di Remy de Gourmount.
L'infatuazione anarchica per Haeckel, per Feuerbach, per Flammarion, per Buchner,
ecc. è spiegabile non soltanto mediante lo scientificismo dei semicolti bensì
mediante il positivismo razionalista caro a Kropotkin. Il positivismo
spenceriano aveva avuto il grande merito di affermare l'inconoscibile, mentre l’Ardigò,
che aveva avuto una formazione mentale teologica, fu un razionalista-naturista.
Gli anarchici, in generale, furono influenzati dal positivismo scientificista,
che era, in fondo, un compromesso tra l'idealismo e il naturalismo, compromesso
a colorazione illuminista. L’ignorabimus del Du Bois Reymond ebbe contro di sé i
materialisti: che erano i preti della Chiesa naturalista. La convinzione di
poter saper tutto condusse all'ateismo e ad altri assolutismi mentali. Il
positivismo, per grandissima parte scettico, diventò così superbo da dare
risposta su qualsiasi problema: da quello dell'essenza della materia e della
forza a quello della nascita della vita, da quello dell'origine del pensiero e
del linguaggio a quello del procedere finalisticamente o a caso della natura. Si
avverò nel campo del naturalismo quell’assolutismo che si era avverato nel campo
dell'idealismo, perché si dimenticò il monito di Goethe: «Concetti universali e
grande arroganza sono sempre in procinto di produrre terribili disavventure».
Allontanandosi dallo scetticismo positivista, l'anarchismo, divenuto
inconsapevole dell'irrazionalità del reale, credette capire, volle persuadersi
ed ebbe la presunzione di dimostrare le proprie verità. L'idea non fu più una
visione ideale bensì una essenza della ragione e della scienza. La
giustificazione dell'anarchismo era in lui stesso, ed egli, invece, andò a
cercarla tra le formiche, negli alveari, tra i castori, tra gli Eschimesi;
quando non delirò in riconoscimenti astronomici o biologici".
"L'errore iniziale, fecondo come reazione ad opposte deduzioni fallaci, del
naturalismo solidarista di Kropotkin fu pantografato dal semplicismo dei
semi-colti, alcuni dei quali caddero in idolatrie scientificiste di una
commovente ingenuità. Ancora oggi permane come caratteristica della stampa
anarchica l'argomentazione per analogie naturaliste, sì che Tizio combatterà la
famiglia monogamica basandosi sulla poligamia australiana, mentre Caio si
entusiasmerà sui benefici della sterilizzazione, senza curarsi di porsi il
problema delle leggi dell’ereditarietà: problema insoluto e forse insolvibile.
Il positivismo non può essere che fenomenismo, ossia dottrina che ritiene
possibile soltanto la conoscenza empirica dei fenomeni. Come positivista,
respingerò, dunque, qualsiasi verità sulla materia. E fino a quando la materia
rimarrà per me un mistero, in quel mistero vi è posto per Dio. Non conosco Dio,
non affermo Dio, ma non lo nego. Per affermarlo dovrei conoscere il suo modo di
essere, ma nel negarlo dovrei conoscere la natura. Ora io non conosco che una
foglia di questa immane foresta: anzi non conosco che l'apparenza di una foglia.
Tutti i ragionamenti dell'ateismo sono di una presunzione enorme e mi sembrano
altrettanto assurdi dei ragionamenti del teismo. Irrazionalista, l'anarchismo
non sarebbe ateo bensì agnostico. E sarebbe il solo modo di essere razionale.
Diffidenza verso il si sa dello scienziato; nessuna concezione universale del
mondo, agnosticismo di fronte al problema religioso".
"Questa è la posizione dell'irrazionalista, in sede filosofica. Dal lato
politico-sociale, le cose si complicano. Che la realtà è infinitamente più vasta
del pensiero, che non tutti i problemi sono solubili, è evidente e mi rassegno a
questa evidenza".
"Ma non è il problema della razionalità del mondo che mi interessa bensì quello
della razionalità della mia azione.
Vi è un pericolo nell'irrazionalismo: lo scetticismo. La constatazione
dell'insolubilità dei problemi metafisici mi soddisfa poichè è una soluzione, ma
non sono affatto disposto alla quiete dello scettico. Lo scetticismo è il
riflesso pratico dell'irrazionalismo, ma non nel senso causale bensì nel senso
correlativo. L'anarchico irrazionalista non può cadere nello scetticismo.
Credere di possedere la verità o considerarla come inaccessibile è un bivio che
non può esistere per l'anarchico irrazionalista.
Appunto perché irrazionalista egli è premunito contro le deduzioni dello
scetticismo. Quando lo scettico dice: perché affannarsi a cambiare, ché tanto il
mondo è sempre, su per giù, lo stesso? L'anarchico irrazionalista domanda: come
fai a dire che il mondo non può cambiare in meglio?".
Lo scetticismo non è per gli anarchici e l'anarchico non è uno scettico:
"Lo scettico non è che la caricatura o il cadavere vivente dell'irrazionalista.
L'unità panellenica fu sostenuta da Protagora e da Gorgia perché essi videro
l'assurdità delle fazioni. L'ironia verso il sentimento fazioso o della polis
verso gli ideali attuali: ecco il trampolino per i grandi salti verso il futuro.
L’irrazionalista ha sete di futuro, è rerum novarum cupidus, ma non pretende che
il suo ideale avvenirista sarà realizzato come egli lo vede realizzabile. Crede
la storia sia una spirale e non un circolo. Non è un pessimista, bensì
irrazionalista. Ora, che cos'è lo scettico? È un irrazionalista pessimista, che
finisce suicida come il Pallante, od opportunista, come il Rensi.
L'indifferentismo scettico è inferiore alla tolleranza e irrazionalista. Che
cos'è la verità? Zola non saprebbe rispondere, ma proclama che è in marcia.
Anche la libertà, anche la giustizia sono in marcia. Perché l'uomo cammina.
Cammina con giri viziosi e su sabbie mobili, ma cammina. L’autoritario pretende
guidarlo. Il razionalista pretende sapere quale sia la sua meta.
L'irrazionalista non ha queste presunzioni, ma è certo che l'uomo cammina verso
una cima".
"Che cosa importano i limiti del progresso? Se pensassi che Saturno sta perdendo
i suoi anelli e inducessi che una catastrofe è prossima per il nostro mondo,
continuerei questo articolo. Tutti i martiri, tutti gli eroismi, tutte le
rivoluzioni: tutto questo potrà un giorno essere annientato. La nostra civiltà
può diventare una città morta, un’enorme necropoli silente, spersa in un
paesaggio lunare. Che cosa importa? Gli uomini possono diventare, divenuti sani,
degli stupidi. Possono, raffinatisi, soffrire maggiormente.
Forse, ma non lo so. Le malattie possono avere un proprio ruolo nell'economia
dello spirito, ma la salute umana è forse un’economia di malattie. L'uomo può
forse, oltrepassando certi limiti del dolore, giungere ad uno stato euforico.
Tutto mi pare possibile e niente certo. Io non pretendo fabbricare la giustizia
perché non pretendo possedere la verità: quindi sarò per la libertà, che è la
giustizia in marcia.
Leopardi intoni pure il suo Canto notturno:
Di tanto adoprar, di tanti moti
D’ogni celeste, ogni terrena cosa,
Girando senza posa,
Per tornar sempre là donde son mosse;
Uso alcun, alcun frutto
Indovinar non so”.
Chi può affermare che l'umanità marci verso un domani che la riconduca al
passato? L'uomo è stazionario come gli animali: proclama Rensi, ed io, di
rimando: che cosa prova che gli animali siano stazionari? «Il ragno tesse la sua
tela come ai tempi di Platone» dice lo scettico. Io l’investo: «Pessimista!
Mostrami una tela tessuta tra il 429 e il 327 avanti Cristo!»
Ogni volta che lo scettico vuole illustrare lo scetticismo diventa una
razionalista sentenzioso, sillogistico, aprioristico. Invece dei castori ti
mostra i contemporanei di Alcibiade; e ne parla come se ne fosse concittadino.
L’irrazionalista non cade in questi assurdi. Non nega il progresso bensì il
fanatismo del progresso, che è la concezione unilaterale del benessere umano.
Non nega la giustizia, bensì afferma che la giustizia è un farsi e non uno
schema da imporre, un letto di Procuste sul quale sdraiare l'umanità! Il
razionalista è il Ferrari, quando formula così l'insegnamento scaturente dalle
rivoluzioni d'Italia:
«Uscite dal dubbio, e voi incontrate l'inevitabile fanatismo, la discussione
cessa, la guerra comincia... Verità sacre verità profane, voi mi fate fremere:
ora pazze, ora immorali, colla plebe chiedete dei pontefici, con i popoli dei
settari»".
“Il razionalismo conduce all'utopismo autoritario, al giacobinismo, alla mistica
industrialista. Chi parla di verità proprie e di pregiudizi altrui è incline a
sopprimere con la forza le "ragioni" divergenti. E siccome le ragioni pazze non
si possono correggere, come diceva il Bruno, se non con togliergli via quel capo
e piantargliene un altro, non essendo gli uomini come le bambole, coloro che son
giudicati teste cattive finiscono raccorciati dalla ghigliottina giacobina o
dall’ascia hitleriana. La pretesa di possedere la verità conduce a tutti gli
eccessi autoritari. Uno dei maggiori guai dell'umanità è costituito dal continuo
sorgere di uomini, gruppi, partiti che vogliono farla felice di una determinata
felicità: quella ascetica, quella epicurea, quella collettiva, quella comunista,
ecc”.
"La Città del sole dei filantropi autoritari è una specie di enorme gabbia
dorata nella quale questi maniaci vorrebbero far entrare l'intera umanità.
Perché il panico è ben razionato, l'acqua spesso mutata e vi è un bello specchio
non riescono a capire perché questi uccellacci caparbi non fanno ressa agli
sportelli, e nella smania di farli felici li abbrancano e li ficcano dentro in
sì malo modo che i più ne restano con una zampa storpiata o con un’ala
malconcia".
"Per strappare all'inferno i peccatori, dei pietosi inquisitori, come il
Cardinal Borromeo, li arrostirono vivi; per restaurare le repubblicane virtù, i
piagnoni bastonavano i gaudenti e il Savonarola, se fosse rimasto duce in
Firenze, avrebbe finito per fare da Calvino a qualche Servet. Da Robespierre a
Stalin, i dittatori rossi restaurano l'Inquisizione per il bene della nazione.
L'emancipazione del popolo condotta con criteri faraonici da Stalin è la pratica
della concezione fordista-leninista del socialismo, come la ghigliottina e il
tribunale di Salute Pubblica fu la pratica del razionalismo dell'Enciclopedia e
del socialismo «spartano» degli Utopisti".