Intervista a Maurizio Garino

 

Il presente testo è stato costruito estraendo dalla intervista a Maurizio Garino, sbobinata e non corretta. Le parti riportate possono essere utili alla discussione per progettare la nuova scuola promossa dalla Fiom di Torino.

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Lo sciopero contro la fucilazione di Francisco Ferrer 

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La birreria

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La scuola

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La barriera di Milano

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La didattica, gli insegnanti, gli allievi

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La Fiom e gli operai metallurgici nel 1911

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L’insurrezione del 1917

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I Consigli

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L'assassinio di Ferrero

 

Lo sciopero contro la fucilazione di Francisco Ferrer

Puoi raccontarmi la manifestazione del 12 ottobre (dell’anno 1909) per Francisco Ferrer. Tu hai partecipato?

R. Sì, io ho partecipato. Insomma, si direbbe che è stata una cosa spontanea, cioè è stata la massa cittadina.....Dato che Francisco Ferrer dicevano che era un massone, questo non lo ho mai potuto appurare, ma aveva la nomina di massone, oltre a essere un anarchico, e a quei tempi lì la lotta anticlericale, era molto sviluppata a Torino......Qui             arrivava l'Asino di Podrecca, e via dicendo, e quindi queste associazioni laiche, diciamo così, hanno dato anche loro una spinta per formare un movimento di protesta. Cioè, si è tentato di salvarlo ancora, all'ultimo momento.

Quando l’hanno fucilato è esploso il malcontento, anche spinto da associazioni borghesi, massoniche, ecc.. Ma per noi operai, specialmente i giovani, ha provocato un'impressione profondissima. Come, un uomo che ha fondato sessanta scuole moderne! Solo perché aveva delle idee, insegnava il laicismo, il razionalismo, perché non era religioso, l'hanno accusato di una cosa infondata, un attentato che non aveva fatto, e hanno usato questo pretesto per eliminare un avversario! In Spagna. E infatti le Scuole Moderne si sono mantenute ed estese anche in Spagna, fino poi al 1936...... Quell'emozione profonda, aveva agito come una molla nel cuore dei giovani, e c'erano solo i politicizzati, come potevo essere io, ma proprio i giovani e anche molti operai anziani non politici, che hanno partecipato........Si sono fatti dei comizi alla Camera del Lavoro, nei  Circoli rionali ........Si sono fatti dei cortei, ci sono stati dei conflitti con la forza pubblica,

E non solo qui a Torino, ma in tutta l'Europa.  A Parigi, a Bruxelles, a Berlino, a Londra,  c'è stata una sollevazione generale !  Malgrado che ci fosse questa fiumana di protesta l'hanno fucilato lo stesso. Allora la reazione è stata tremenda, perché era una dei primi casi che avvenivano nel 1900, di un assassinio di quel generale lì. Poi allora si è sparsa subito la voce, che lui non ha voluto essere bendato, una cosa drammatica, e che ha detto: " Ragazzi mirate giusto",  come dire un giorno ricorderete e la mia morte sarà servita a qualche cosa.....Una frase di questo tipo, adesso non ricordo bene......Tutto questo ha scosso!  Una rabbia che dopo la protesta, però, a poco a poco si è dileguata......Ma questo ha lasciato in me l'idea, nel 1910 di fondare quel Circolo intestato a lui. Per me è stata una svolta, ma non solo per me, anche per le masse. Si accusavano in modo particolare i gesuiti di essere stati i mandanti di quell'assassinio. Loro l'anima della cosa....

Qualcuno leggeva già il giornale, ma poi naturalmente la voce correva.  Bisognerebbe rimarcare questo: come fondo delle masse c'era una volontà che in queste occasioni qua esplode.

E così è avvenuto per le dimostrazioni per Francisco Ferrer.

Tutti gli operai sono andati sotto la Camera del Lavoro per chiedere lo sciopero generale.  Noi si voleva subito manifestare, protestare, e allora i dirigenti della Camera del Lavoro hanno dovuto prendere atto di questo. Noi stessi, giovani, prendevamo la parola in quei comizi per parlare. Fu proclamato lo sciopero generale a Torino, per ventiquattro o quarantotto ore.

Questa fu una svolta importante, perché la Fiat mi pare che in quegli anni lì avesse già una decina di migliaia di operai, poi c'erano tutte queste fabbriche tessili che oggi non ci sono più, perché la Fiat ha assorbito tutto ! E allora ecco che si accendevano questi fuochi, Barriera di Milano, Borgo San Paolo, tic - tac scoppiava tutto! E a quel punto la Camera del Lavoro! E allora in Corso Siccardi era il punto dove l'operaio si sentiva attratto nelle manifestazioni. Era là!. Fu la prima occasione dopo tanti anni di trovarsi tutti insieme, come movimento operaio.

La birreria

Per esempio la Camera del Lavoro di Corso Siccardi numero 12, che oggi non c'è più, nel salone della birreria, alla sera, era il ritrovo del fior fiore politico di Torino e noi pur abitando molto lontano, si veniva anche lì. Non sempre, ma ogni tanto si veniva. Un tavolo  con tutti i socialisti, che discutevano di tutte le loro cose; l'altro tavolo degli amministratori della Cooperativa; nel tavolo dove si sedevano i libertari, gli anarchici, soprattutto giovani, c'erano però anche degli anziani, tra i quali il professor Cavilli, teorico, che  veniva da Genova, e credo che fosse filosofo. E allora, naturalmente le discussioni vertevano sulle teorie, e allora si tirava fuori Carlo Marx, Bakunin, Kraputin, e via via,  di Lenin non se ne parlava ancora.  

Di Lenin se n'è poi parlato nel 1914-15, nei congressi di Zimmerwald, di Kiental. Non se ne parlava ancora.....Però qualche accenno se ne faceva già, dei Congressi avuti a Londra, con Lenin che si era separato dai menscevichi. Si discuteva molto, a quel tempo. E non solo, ma noi giovani ci appassionavamo, magari per un pelo di differenza che c'era.....prendiamo la massima " A ognuno secondo i suoi bisogni" era prettamente anarchica ma accettata anche da Carlo Marx alla fine, gli altri "NO !" la nostra tesi di socialisti è "A ognuno secondo il suo lavoro!".  Per esempio sulla teoria del comunismo c'erano delle discussioni che duravano delle ore e che finivano a mezzanotte, e al mattino dopo, alle sette, noi giovani eravamo già in fabbrica sul lavoro. Da quel lato lì non li sentivamo i sacrifici perchè eravamo giovani, ma in realtà noi, dopo, si camminava per tre chilometri e anche di più per tornare a casa, a quelle ore lì, eh! Eravamo molto appassionati.

La scuola

Come nasce

La sezione socialista era in mano ai riformisti, cioè Casalini e altri. Questo nel 1909. Da questo insieme di correnti, di lotta e di discussioni io ho maturato il mio pensiero personale che si staccava dal parlamentarismo e dalla sezione socialista. In quel momento mi ritirai coerentemente dai giovani socialisti e fondai con altri giovani compagni, tra cui il povero Ferrero e altri la Scuola Moderna, cioè il Circolo di Studi Sociali. Abbiamo cambiato diverse sedi, prima una cameretta, poi un'altra cameretta, poi ci siamo messi a costruire i banchi, le sedie, le panchine e poi la cattedra per l'oratore, e a poco a poco l'abbiamo portata in Corso Vercelli 62, in un salone che prima era adibito a magazzino, e poi di lì si è poi sempre più sviluppata. 

Direi che fosse l'inizio del 1910. L’inaugurazione di quel piccolo circolo è stata fatta da dei socialisti, dal capo Scaletta, socialista, poi dal dott. Gasca che in quei tempi aveva una certa notorietà a Torino, poi si sono susseguiti vari oratori  mescolati socialisti, anarchici, e anche sindacalisti.........E così si alternavano ,. Venne anche Malatesta a fare le conferenze e poi la cosa ha preso forza, contestando l'azione riformista nei sindacati e a Torino.

In quel periodo è venuto su Mussolini, con il congresso di Reggio Emilia, ha espulso via  Bissolati, Bonomi e gli altri......

I soci fondatori saremo stati una trentina, venticinque, quasi tutti socialisti della zona. Noi non abbiamo potuto costruirla sul modello delle scuole di Francisco Ferrer perché lui le aveva concepite e realizzate per l'inserimento ai bambini, ai giovani, e noi invece l'avevamo fatto soprattutto per gli adulti. Certo, venivano anche dei ragazzi, magari dei fratelli minori, a sentire le conferenze e le lezioni, ma erano soprattutto gli adulti che facevano funzionare questo circolo.

Come vive e cresce

Come ho detto, eravamo una trentina di soci fondatori, giovani e anziani mescolati. C'erano degli anziani molto anziani con i capelli bianchi, socialisti e anarchici. Per esempio un certo Cocchi, che è morto a ottanquattro - ottantacinque anni, e veniva da Terni, un certo Berra, che veniva di Vercelli. Due anarchici.

Abitavamo quasi tutti in Barriera di Milano. Molti giovani: mio fratello Antonio, poi Carabba, un ragazzo molto bravo, morto anche lui deportato in Germania, poi quell'altro Nairone che aveva costituito una piccola compagnia drammatica in seno a questa nostra scuola, e altri.....C'erano dei personaggi che magari passavano per Torino e allora prendevano magari il pretesto per venire fin là per fare una piccola chiaccherata alla sera. Per esempio, la scuola che abbiamo poi fondata dopo la liberazione, che è durata per due anni e mezzo, quel Ceronetti che c'è sulla Stampa di ieri era una dei nostri che faceva le sue piccole lezioni; lui aveva vent'anni, ventidue....e con lui molti altri professori d'università.

Questa scuola è andata avanti fino al venti, dopo si è dissolta a causa del fascismo.... E' finita. Ma negli ultimi tempi eravamo più di trecento in quel circolo lì. E da questa scuola, visto il programma delineato in quei tre punti: lotta sindacale, lotta politica e lotta culturale, erano tre temi che spingevano avanti per far mutare la coscienza socialista negli operai.

Questi erano i concetti fondamentali di questo circolo, perché nessuno aveva mai pensato di farne un monopolio: il dibattito delle idee era continuo in mezzo a noi, agli associati e anche all'altra gente che veniva poi quando c'erano delle conferenze importanti, anche non iscritti al circolo. E questo sistema è stato molto utile, perché di lì sono poi venuti fuori degli elementi veramente coscienti. Io cito solo questo: il Banfo era uno degli allievi giovani del Circolo anche se poi negli ultimi tempi era diventato Evangelista - aveva impiantato una piccola sezione Evangelica - però la sua formazione, il carattere, si era formato alla Scuola Moderna tanto è vero che quando Maras, il famoso  comandante fascista a Torino è andato a fare un comizio alla Grandi Motori, già negli ultimi tempi, ha detto: "Se c'è qualche operaio che ha qualcosa da dire, lo dica liberamente eh! Io gli garantisco la libertà di parola... Quindi parli pure !" In mezzo a questa massa degli operai: "Io!". Ed era Antonio Banfo. Allora Banfo ha fatto le sue rimostranze al fascismo che aveva trascinato l'Italia nella Guerra, insomma, ha parlato contro il fascismo, e alla fine del suo discorso questo carnefice gli disse: "Si, sì, stai pure tranquillo, nessuno più ti disturberà, verrà ad arrestarti! Stai tranquillo che d'ora in avanti ci penso io!”.

"Alla notte, gli assassini li hanno presi in casa; lui e suo genero, e lo hanno fucilati proprio sotto casa mia!  Questo è proprio il fatto come è andato. Questo per dimostrare quale tempra di carattere si era formato alla Scuola Moderna..... O come l'altro, quel Mairone che si è fatto a sua volta individuare come antifascista alla Grandi Motori, l'hanno preso e l'hanno mandato il Germania, e là l'hanno seviziato. E come loro tanti altri di cui adesso non ricordo il nome.

Quindi voglio dire in sostanza che non era solo una cosa platonica, perché si andava a sentire e finita lì, ma si creava proprio nella profondità della coscienza del giovane specialmente la necessità di una rivoluzione. E noi avevamo anche buon gioco, dopo il 1917, perché intanto in Russia si erano sviluppati quegli avvenimenti che avevano dato una spinta a noi, e ci confortavano nel nostro atteggiamento e vedevamo là realizzati i frutti che noi cercavamo di sviluppare nel nostro ambiente. Lì nella scuola c'era la sezione ricreativa, chi voleva andare a ballare c'era il posto, ma lì nel circolo vero e proprio, nessun divertimento, al di fuori dello studio e dei dibattiti di carattere politico e culturale.

Era frequentata da una grandissima massa di operai, la maggioranza erano operai, poi c'era qualche impiegato....E poi c'erano i nostri intellettuali, tre o quattro studenti anarchici, qui voglio citare Denardo Iomeis, e poi avevamo con noi Bozzatto, il famoso artista Bozzatto, che poi è morto, poveretto, sempre così nero, col mantello nero, emergeva sotto i portici di Via Po, e poi avevamo Acutis, anche lui dilettante, capocomico dilettante di una compagnia drammatica, e quindi tutti questi in un certo qual modo contribuivano a portare una certa nota di cultura, proprio dentro il nostro circolo.Lì si dibattevano anche problemi di carattere sindacale, ognuno poi era libero di appartenere all'USI o alla FIOM, e allora emergeva, naturalmente, in prevalenza, lo spirito dell'azione diretta, Insomma, sì, anche un riformista poteva dire la sua, era liberissimo di farlo, ma erano pochi i rifornisti che venivano nel nostro circolo a propaganda. 

E poi poco lontano c'era il circolo socialista, una specie di Casa del Popolo, dove i socialisti dibattevano a loro volta i problemi. Noi eravamo amici, si collaborava in un certo senso, non c'era un odio, non c'era scontro, perché era già una seconda generazione di socialisti: la prima generazione, che va fino al 1910, era un po’ diversa....Non so se ho raccontato l'episodio del circolo socialista che frequentavo io, priva di questo, dove volevano obbligarci a consumare. Dopo, lì , non esistevano più quelle forme così volgari. Eravamo socialisti che avevano uno spirito rivoluzionario, a parole, e poi però all'atto pratico non avevano altrettanta efficienza ecco! Allora non c'era ancora la definizione di massimalisti, è venuto poi dopo, e loro erano un po’ parolai.

…la Barriera di Milano …

Mentre invece questo per la verità storica, i socialisti di quel Borgo, che è limitrofo alla Barriera di Milano, erano un po’ diversi, erano più concreti, infatti avevano costruito una Casa del Popolo che era un esempio bellissimo, perché c'era la compagnia drammatica, c'era il coro, avevano uso spazio per le bocce, il salone. Era stata costruita tutta nelle ore libere dagli operai. E alla testa di questi operai c'era il famoso Cichin Barberis, noi lo chiamavamo.  E' bene che sia ricordato, Francesco Barberis, muratore, ma faceva dei comizi in un linguaggio un po’ strampalato, in un italiano che per carità, poi è finito deputato al Parlamento, e poi dopo, quando è venuto il fascismo, si è poi ritirato. Ha scritto a Mussolini che l'ha perdonato. Non lo arrestavano più.

Però il Cichin Barberis in quell'epoca era il braccio destro di Morgari, in quella zona lì, e con lui c'erano diversi altri. Un certo Comino. Erano veramente concreti. Ci davano ospitalità come giovani socialisti, quando io avevo aderito nei primi anni, perché in barriera di Milano non c'era la gioventù socialista in quel tempo e noi andavamo in quella  Casa del Popolo, in Borgo Vittoria, perché c'era già un'atra atmosfera, qualcosa di più elevato, in sostanza.....Invece Barriera di Milano, in quei tempi, il circolo socialista aveva il suo buffet, con le sue bottiglie, una piccola biblioteca  con sette o otto volumi dentro.  Dopo qualche anno, da Via Cuneo, hanno spostato la sede e si sono impiantati in Piazza Crispi, proprio vicino a dove noi avevamo la Scuola Moderna, e lì l'hanno chiamata anche loro Casa del Popolo, ma non era di loro proprietà, era semplicemente un caseggiato dove c'era il Magazzeno dell'Alleanza Cooperativa.

E lì c'era un certo Fantoni, tra i giovani, poi Ferrai, che venne a trovarmi, che sta scrivendo qualcosa come ricordi. C'erano dei buoni rapporti tra di noi. Ognuno manteneva le proprie posizioni. Tanto è vero che dopo la liberazione, quando poi abbiamo ricostruito il circolo, parecchi dei socialisti che prima non venivano perché avevano la Casa del Popolo, sono venuti con noi anche sempre su Corso Vercelli. Lì è durata solo due anni e mezzo, e poi hanno demolito la casa.

La didattica, gli insegnanti, gli allievi

Come avevo detto la base programmatica di questo circolo si badava su tre punti essenziali: l'attività sindacale, per far maturare nell'operaio la coscienza dei suoi interessi, e metterlo  in condizioni di rivendicarli; la parte politica, ognuno nel suo partito, nei singoli gruppi, per dare una coscienza politica a questi giovani; poi la parte culturale, per dare una cultura, sia pure un'infarinatura generale, di quello che c'è di meglio con la scienza e col sapere. 

A questo proposito in questa scuola si facevano molte conferenze culturali, trattando di evoluzione della specie di Darwin, trattando di  argomenti  che erano assetati di queste cose, di sapere queste cose, perché a quei tempi là non c'era come oggi, una coscienza sia pure molto superficiale, ma comunque che è pur sempre una conoscenza di cosa ci circonda, dell'universo, della nostra esistenza, e che so io dell'anatomia, e in questo caso ci avevano dato dall'Università addirittura uno scheletro umano completo sul quale noi si facevano le discussioni. E tutte le  pareti erano tappezzate di grandi  cartelli per lo studio appunto dell'anatomia umana. 

Erano argomenti che ci appassionavano molto. Tu vedevi questi operai, con le mani callose, che erano poi fonditori, sbavatori, tornitori, meccanici in genere, si abbeveravano di queste conferenze e continuavano a partecipare, tanto è vero che quest'opera ha avuto un successo molto rilevante in tutti gli avvenimenti politici che ci sono stati tra il 1910 e il 1920, fin dopo l'occupazione delle fabbriche. 

Voglio citare ancora il nome di quelli che ho detto prima, per esempio si può citare lo sbavatore Cocchi, che veniva da Terni e che naturalmente è rimasto in questa scuola tutto il periodo dell'esistenza che gli restava - è morto a 84 anni -   sbavatore è un lavoro durissimo e poco qualificato, oggi in gran parte muoiono di silicosi, quelli che fanno quel lavoro; consisteva nel prendere un getto fuso di acciaio o di ghisa, e di svuotarlo di tutta la terra e delle armature metalliche che ha nell'interno, noi, nel gergo, si chiamano anime, che vengono piazzate nella forma colando il metallo che si rapprende, poi quando il metallo si è raffreddato, si deve svuotare queste forme che vanno da enormi caldaie a piccole testate di cilindri e quindi questi sbavatori devono con lo scalpello - almeno allora - a mano, oggi col martello pneumatico, devono ripulire questi getti, un lavoro pesante, bestiale proprio! Poi c'erano i fresatori, tornitori, i quali dopo una giornata di lavoro - allora si facevano dieci ore - prima dodici fino al 1907 - e dopo questo orario, dopo cena, ecco che affluivano in questa scuola, per sentire delle conferenze che i diversi oratori si alternavano a tenere. 

E allora si parlava di astronomia, di scienze naturali, poi primeggiavano su tutto ! Si discuteva  delle religioni, anche se l'ambiente era tutt'altro che religioso, perché la maggior parte erano atei. E quindi da questa elaborazione continua si è formata quella classe operaia che ha dato luogo, in Barriera di Milano, a tutti quegli avvenimenti che si sono svolti dopo.

Un altro operaio di questo Circolo era Casassa; questo nome è piuttosto diffuso nelle vallate di Lanzo. Questo Casassa proveniva da Pessinetto Alto, ed era un enciclopedico, anzi per dire il vero lo denominavamo Satana, perché sempre con la sua cravatta alla......................; e lui non volva assolutamente sottomettersi allo sfruttamento, ma essendo artigiano enciclopedico era capace di fare qualunque lavoro, costruiva navi mercantili, modellini eh, costruiva navi cosiddette da guerra, e molte cose che destavano la curiosità e anche un l'invidia di tutti gli altri, perché  veramente aveva le mani molto raffinate. Questo nostro vecchio compagno di allora, si intendeva molto di mineralogia, perché aveva fatto anche il minatore, e quindi tutti i libri che uscivano in quel tempo lui li acquistava per potersi approfondire; infatti nelle gite che facevamo, in quelle vallate in mezzo alle montagne, lui sapeva distinguere ogni sorta di minerale, qualunque pezzo di porfido in cui inciampasse, lui diceva "Ecco questo proviene dagli strati geologici di un milione di anni fa perché contiene questo e quest'altro.  

Ma di questi uomini lì, ce n'erano parecchi, un certo ...... E questo Masazza ha dato in quel tempo un'attività molto pericolosa, ma molto efficiente: quando arrestavano qualcuno dei suoi compagni, allora cercava di rivendicarli, di farli uscire con l'azione diretta, ecco, per non dire di più....L'ha fatto ancora nel 1918.  Ma ho letto appunto, mi pare nei ricordi di Longo, che lui prese in certo qual modo spunto, se non esempio, dall'azione che lui ha visto svolgersi sotto i suoi occhi sul Ponte Mosca della nostra zona... Lui era lì, e quindi da allora ha fatto molto cammino, naturalmente, ma lo spunto sembra che provenisse di lì.

Perché Luigi rientrava a casa dalle scuole pubbliche mi pare dal Corso San Maurizio, e doveva passare proprio di lì perché i suoi avevano una trattoria proprio su Corso Giulio Cesare, e vide una piccola dimostrazione dell'efficienza e dell'efficacia che avevano le azioni che facevano questo circolo. Che non era soltanto platonica, ma era una azione che si trasformava in pratica quando ce n'era la necessità e l'occasione.

Casassa era uno specialista, proprio, in mineralogia, ma non solo in quella, perché sapeva fare qualsiasi lavoro; pur essendo nato a Pessinetto, che è proprio in mezzo alle montagne, dove una volta c'erano miniere, e poi essendo probabilmente stato anche all'estero, nelle montagne della Savoia, ha acquisito questi elementi, che ha approfondito sui libri e che poi diffondeva in mezzo a noi, senza essere un professore con dei titoli, è rimasto sempre l'artigiano, e poi alla fine si è ritirato di nuovo nel suo paese dove ha messo su questa piccola officina per riparazioni di qualunque genere, perché faceva anche l'elettricista, aggiustava i ferri da stiro come aggiustava le zappe dei contadini, insomma, e poi si è ammalato ed è finito all'ospedale che c'è lì...Solo, eh, perché poveretto..

Le scienze naturali erano il campo dove più  noi eravamo curiosi. Ci occupavamo, per esempio per quanto riguarda la medicina e la chirurgia, in quei tempi, venivano già il titolare della cattedra di anatomia dell'Università è venuto lui personalmente. Poi ci ha portati a vedere il Museo di Antropologia di Lombroso e quindi  si andava a fare poi dei sopralluoghi, dopo la conferenza, magari, ci portavano nei loro lavoratori. Per esempio nel Museo Egizio, abbiamo fatto molti sopralluoghi, e molte lezioni si son fatte proprio sul posto, lì dentro il Museo Egizio. Noi ci entusiasmavamo, quando si vedevano dei corpi mummificati magari di quattromila anni fa, magari con tutto l'arredamento. Per noi era scoprire il mondo in quei tempi.

E' venuto anche il direttore dell'Osservatorio del Pino, perché studiavamo anche astronomia - siamo sempre a sessant'anni fa -, eh - poi noi siamo andati al Pino a vedere questo osservatorio.

E ci interessavamo dell'universo. Poi da allora si son fatti molti passi in avanti, e i telescopi elettronici hanno permesso di vedere quello che allora non si vedeva. Noi per esempio leggendo libri di Verne, Ventimila leghe sotto i mari, spiegati lì con conferenze "Si, Verne dice questo, però c'è anche questo e quell'altro...." Tutto nelle conferenze, eh, erano cosa che interessavano, attiravano l'attenzione dell'operaio che, pur essendo stanco del lavoro, eppure sentiva la conferenza fino alle undici, undici e mezza di sera quando finiva.

Parlavamo dell'evoluzione della specie, il Darwin noi l'abbiamo discusso molto tra di noi, ma sempre con degli studenti, per esempio Debartolomeis, o Grillo, anche, che venivano e naturalmente portavano tra di noi quello che loro avevano imparato all'Università. Era tutta un'integrazione tra uno e l'altro. E poi queste cose ci servivano per controbattere la propaganda clericale, il potere del clero. Ma il nostro non era un anticleralismo uso "l'Asino di Podrecca", no, proprio serio. Per esempio noi avevamo quell'opuscolo di Giovanni Moste sulla religione, un opuscoletto che leggevamo e imparavamo quasi a memoria, perché le sue parole, le sue controprove erano così evidenti che ti facevano aprire gli occhi.    Poi ci occupavamo di poesia e anche di arte. Per esempio allora c'era quella macchinetta, la lanterna magica, e allora vedevamo i quadri di Raffaello, le opere di Michelangelo. Negli ultimi tempi è venuto addirittura uno studioso che per un mese ci ha illustrato tutte le opere d'Arte, dei massimi pittori. Il piatto forte, però, era Galileo Galilei, per noi, e prima ancora di Galileo Galilei, Keplero, e gli altri. Ma si andava proprio alla sorgente! Alle origini!.

E poi filosofia! Nietzche, Stirner, poi naturalmente si è incominciato dalla Città del sole di Campanella, e gli utopisti, e avanti avanti, si discuteva di filosofia! Ma tutte queste scienze erano dibattute. Se io andavo a chiedere a uno di questi qui:" Dimmi un po’ bene il marxismo cos'è, cos'è la dialettica, come si deve interpretare la storia.." Allora quello là restava con la bocca così "Ma, fin lì non ci arrivo, perché allora bisogna andare a cercare un professore" ma in senso generale, allora sì, la differenza fra Marx e Bakunin, la differenza tra Kautzki e la Rosa Luxemburg ..si dibatteva: " Perché così ? ..." Perché così?"

C'erano anche quelli che si riconoscevano in Stirner. Noi abbiamo avuto, per esempio a Torino, quel famoso Rocca che è poi passato al fascismo, caro mio, era un capellone di allora, era un giovane, e allora tutti gli altri lo adoravano, per gli argomenti che tirava fuori, argomenti che poi all'atto pratico si sono dimostrati fasulli, in una classe operaia che andava a lavorare in fabbrica dove c'era il senso dell'organizzazione, una certa disciplina, il senso della collaborazione, e allora non si attaccava, a quelle cose lì. In mezzo all'operaio l'anarchico individualistico non attaccava. Invece, Mario Gioia, che poi è stato il fondatore con Mussolini dei fasci di Piazza San Sepolcro, ecco io me lo son trovato al centro di Via Galliari, non era proprio individualista, ma la fine che ha poi fatto con Mussolini dimostra che la sua base teorica non era solida. 

Se è finito col fascismo vuol dire che non aveva una nozione profonda delle idee che lui diceva di professare. Un altro che è venuto diverse volte alla scuola era Terenzio Barbero, che si è mantenuto sempre coerente, era un anarchico anche quello. E' ancora vivo Terenzio Grandi, un mazziniano che hanno festeggiato qualche mese fa per il suoi 92 anni, se volete avere delle notizie su quel tempo. Era amico di Giorda, era amico di Terenzio Barbero. Lui ha seguito i mazziniani torinesi, che in quel tempo avevano un Circolo in Borgo San Paolo. Erano un nucleo che ha vissuto quel periodo là in pieno perché erano tipografi, lavoravano sul piano sindacale e politico, Sarebbero elementi. Una miniera da scavare per sapere le cose di quel tempo.

Allora c'era quel tipo di operaio li, che dopo dieci ore di lavoro avevano ancora la forza di venire al Circolo a discutere di Marx, di Bakunin, di Stirner. Su cento ne prendiamo cinque che erano così, che sanno perché Stirner era in disaccordo col comunismo, e con tutte le altre forme. Ma c'erano! Io questo problema me lo sono posto varie volte; secondo me era la sostanza che derivava dalle lotta mazziniane fatte nel secolo precedente, che rimaneva ancora. 

Questa volontà, questo desiderio di conoscere perché quando Mazzini diceva che bisogna fare gli Italiani, aveva ragione ! Bisogna scavare, intanto lui ha seminato ! E già le lotte del vercellese, delle zone agricole lì accanto avevano avuto una direzione mazziniana, che aveva condotto delle lotte concrete per i loro diritti. Poi avevano scartato Mazzini con le sue Mutuo Soccorso, e c'era stata un'evoluzione che le ha assorbite, quelle che allora erano solo mutue di mestiere, che poi sono diventate Mutue industriali, cioè per industria, quindi hanno smantellato un po’ le idee mazziniane e si sono avvicinate di più alle idee socialiste che erano più rispondenti ai loro desideri, alle loro aspirazioni.

Però conservano quello spirito di iniziativa, quello spirito personale di volontarismo, ecco ! Credo che quella parola lì "volontarismo" dica tante cose. Ecco perché "Quello sa questa cosa, io non la so!" E allora mi faccio avanti ! E uno per l'altro si formava una coscienza. Naturalmente molti operai andavano a giocare alle bocce.  E questo non corrispondeva alla distinzione tra aristocrazia operaia e altri. Non c'era distinzione tra lo studente e il manovale. Lo studente veniva lì da noi e si metteva alla pari degli altri. 

Guai avere una riga sul cappello ! Perché eravamo antiautoritari, anche questo bisogna dire, eh. Anche gli stessi socialisti, non erano mica dittatoriali, a quel tempo, si viveva proprio con un umanesimo, socialismo era una forma di fratellanza. Era solo negli scioperi, nelle lotte che uno diventava poi violento perché si ribellava, ma così, discutendo, trattando di questi argomenti, uno che avesse voluto dire " Io sono superiore", "Ma sei matto ? Perché gli stessi studenti toglievano già via ogni motivo di distinzione, sia pure solo sul piano della cultura. Anzi, si facevano un onore di poter dare all'operaio quello che sapevano loro. Anche perché trovavano degli operai molto preparati che potevano anche confutarli. Io ero modellista, e la mia categoria si può dire che è al culmine dell'aristocrazia operaia, è qualche cosa che inventa, per arrivare all'obiettivo. 

Quel Firmino, invece, e che oggi dirige una federazione di cooperative ed è socialista, era stato assunto come apprendista; questo ragazzo era il manovale del reparto. C'è un testimone che dice "Io da lui ho appreso delle cose che non pensavo. E ha formato la mia coscienza".  Questo Firmino era il manovale, il servo di tutti. Questo qui era un anarchico al 90%, perché al 100% non c'è nessuno, bisognerebbe essere perfetti. Quel Firmino lì, davanti a tutta la massa, valeva certamente di più del suo capo reparto che era un tecnico di grido! E dov'era l'aristocrazia, lì ? Non può esistere. Assolutamente non può esistere ! Quando durante il fascismo hanno arrestato me e mio fratello, questo Firmino che abitava oltre il Lingotto, in Borgo San Pietro,  ha ritirato subito la famiglia di mio fratello.  Ha salvato tutti questo Firmino, che era un manovale qualunque. Quell'uomo lì, che faticava a parlare, sapeva rispondere su Stirner, sulle idee marxiste, su quello che diceva Bakunin, ma non mancava mai ad una riunione dei gruppi clandestini che si facevano in giro.

Nel nostro campo, chi ha sposato una causa e queste idee,  deve arrischiare tutto perché non c'è nessuna pietà ! Noi siamo contro lo Stato, ma quello che resiste, perché ha carattere e se poi si è formato una cultura resisti due volte di più, ..... Noi ci occupavamo anche di poesia, si declamava. Noi avevamo, ed è stato molto conosciuto, Bozzati, tanto è vero che si è rovinato in parte, - era un artista, eh, drammatico - ha fatto degli anni di teatro alla Camera del Lavoro, dove c'era il teatrino, e recitava con una compagnia sua. I drammi di Bizet e poi la Morte civile, e tutti quei drammi che per quei tempi erano sovversivi, erano di estrema sinistra.... E questo qui declamava le poesie, specialmente quelle anarchiche!

Le poesie di Rapisardi, Gori poi era la nostra passione....

Cose che quando leggo ancora adesso mi vengono le lacrime agli occhi........C'è un poema che bisognerebbe che fosse conosciuto da tutti.....Adesso sono qui, nell'armadio, che dormono ...Beh, si sveglieranno! Poi leggevamo Carducci...Giusti ! e Stecchetti, che sono poesie polemiche!  E le imparavamo anche a memoria,  Poi si facevano anche delle rappresentazioni. Per esempio abbiamo fatto una rappresentazione nostra in un teatrino, in un piccolo cinematografo qui in via Petrarca, e lì si è recitato "Il reduce  da Tripoli", appena dopo la guerra di Libia. E chi era il reduce ? Ero io! Per dire cosa facevamo. Piccole rappresentazioni.          Adesso bisognerebbe parlare della Guerra di Tripoli. Noi sappiamo cosa è stata "Tripoli bel suol d'amor..." Però la situazione era molto diversa da oggi, gli studenti allora, nella loro grandissima maggioranza erano nazionalisti, e quindi. Noi operai, con una minoranza di studenti, allora ci battevamo contro la guerra. Allora c'era Bellione che diceva che a Tripoli era tutto oro, che i grappoli d'uva pesavano un quintale, ma noi non ci credevamo.

La Fiom e gli operai metallurgici nel 1911

Arriviamo grosso modo all'autunno del 1911, e gli scioperi sindacali del 1912 e del 1913. Vediamo di inquadrarli nella situazione delle masse operaie a Torino in quell'epoca si può dire che le masse operaie torinesi erano in maturazione, perché avendo assorbito 'sti emigranti che venivano  da fuori, erano in maturazione. Assorbivano una coscienza della propria solidarietà di classe a poco a poco, attraverso le discussioni che si facevano. Però il fattore politico, qui a Torino, già c'era. in una morta gora... specialmente socialista. Mentre invece la condizione operaia emergeva con forza, per le sue necessità, per le sue rivendicazioni, i suoi episodi. 

Qui i socialisti erano in un certo qual modo dominati da Casalini, e da altri che circondavano Casalini. I sindacati erano andati quasi in decadenza, ci son dei libri che spiegano che nella FIOM su 17-18.000 operai che c'erano metallurgici gli iscritti erano appena 1.000. Siamo nel 1911. La Camera del Lavoro era vuota ! Chi andava , andava solo in birreria, qualcuno, ma nelle Leghe quasi nessuno !  Era proprio un addormentamento della massa, addormentata perché non aveva più fiducia nel sistema riformista, al potere c'erano sempre i liberali, naturalmente, i socialisti erano sempre in minoranza. 

E allora. E' stato allora nel 1912 che la FIOM ha fatto un contratto di lavoro, con la FIAT, con il Consorzio delle Fabbriche Metallurgiche, dopo aver già all'Itala stipulato un contratto dove si otteneva già qualche cosa sulle commissioni interne e qualche cosa anche sul sabato inglese, però aveva assunto un impegno che aveva urtato la massa operaia, chela Ditta doveva trattenere le quote da versare al Sindacato. E allora naturalmente era nato un  malcontento. "Ma come ! - si diceva - dove siamo ?  Che il padrone debba trattenere le quote perché io sia iscritto al Sindacato ?! " C'è stata una specie, con altri motivi, che ha spinto alla ribellione questa massa di disorganizzati, proprio tra il dicembre e il gennaio del 1912.

Allora cosa si diceva ? : " Ma perché noi dobbiamo seguire delle organizzazioni dove i dirigenti sono qualificati ?"  Allora non c'era ancora Buozzi, c'era Colombino, Buozzi arriva propria in quel periodo lì , a cavallo....C'era Colombino e dietro Colombino c'era la Confederazione, che era stata fondata nel 1907 dove c'era Rigola, anarchico, che poi a poco a poco si è spostato sempre più, e poi a fianco a Rigola c'era D'Aragona, giovane. Allora  "Perché noi dobbiamo iscriverci e sostenere un sindacato di questo genere ? Che non fa gli interessi degli operai ?" Perché era lì morto. Quelli erano gli anni che l'automobile andava su, la produzione era aumentata moltissimo, erano  proprio gli anni buoni. Era aumentata l'occupazione, aumentato lo sfruttamento e aumentati anche i profitti dei padroni. A Torino c'erano solo per l'automobile, l'Acciaiano, La Spa, la Seat, l'Itala, la Rapid, poi sono venute fuori tanto piccole   fabbrichette allora, ne venivano fuori tutti i giorni perché l'automobile dava l'impressione di essere la cuccagna, come rendimento.

Lo sfruttamento in fabbrica: allora c'erano dei premi e dei cottimi individuali ma erano solo abbozzati, solo dopo è venuto fuori il taylorismo, il cottimo collettivo. Già negli anni subito dopo, perché Agnelli era stato in America, con Ford, aveva preso dall'America quello che poteva prendere, e quindi aveva cercato di migliorare le attrezzature, il macchinario, quello che dava la scienza moderna. Ma allora i cottimi erano ancora quelli di prima. 

Di taylorismo se ne parlava allora, perché Taylor aveva pubblicato un libro sui sistemi di fabbrica che già parlava di questi sistemi delle catene di montaggio, e i più avanzati l'avevano letto questo libro, io per esempio l'ho letto.  Allora cosa succedeva ? Che gli industriali concedeva ancora, come nell'artigianato, dieci minuti di tolleranza se uno entrava in ritardo, cinque minuti di tolleranza se uno si vestiva cinque minuti prima  per uscire; un po’ di paternalismo ma alla buona. La FIAT era in  Corso Dante, in quel tempo, e all'inizio aveva cinquanta o sessanta operai, poi son diventati mille- millecinquecento, alla FIAT Centro. E non si può parlare ancor di cottimo scientifico. 

C'erano dei premi, se noi facciamo quella macchina lì, il premio è questo. Per la squadra o anche individuale. C'erano dei lavoretti che si prestavano già a stabilire un cottimo, ma noi lo sappiamo che fin  che il lavoro rimane artigianale, è difficile stabilire dei cottimi.....Perché arrivava il capo e diceva "sa, sa. fammi il piacere, c'è  da fare un pezzo così e così". non si può stabilire quanti minuti. Bisognava farlo e poi alla fine vedevi quanti minuti ci mettevi. Ma quando ce ne sono da fare diecimila, allora sì, io faccio fare il campione da chi mi sembra più adatto, e stabilisco il cottimo! Tanto ! 

Ecco che il cottimo è nato così, e naturalmente era uno stimolo, era una spinta a produrre, e ha dato i suoi frutti, specialmente quello individuale, perché il cottimo collettivo aiuta,  perché non bisogna mai dimenticare che l'uomo è difficile che si presti mal volentieri a fare uno sforzo, a  bagnare di sudore la fronte e la camicia, e quindi il cottimo collettivo purtroppo - ecco la famosa emulazione socialista che se in Russia le cose vanno come vanno è perché è fallito quel punto lì della coscienza altruista, la coscienza dello sforzo - Io poi, che ho diretto uno stabilimento per quarant'anni, ho provato tutti i sistemi e ho potuto farlo perché era un ambiente non tanto grande, c'erano centocinquanta operai, ma mi sono reso conto che al livello della coscienza di oggi, è anche un po’ come allora, allora veramente c'era più solidarietà ma poi mica tanto. 

Quella di mandare allo sbaraglio un operaio a fare un lavoro in mezz'ora quando ce ne vogliono due. Il cottimo e i premi erano la molla di spinta, poi a poco a  poco la FIAT a Torino ha messo le mani addosso alle fonderie, alle ferriere, alla Spa, alla Ceirano, alla Spa, ha fatto morire l'Itala tramite il Banco di Roma, e poi a poco a poco è diventata un gigante. Gli servivano i cuscinetti a sfera: si è emancipato da tutti, è nata la RIV, proprio personale di Agnelli, che serviva poi i cuscinetti alla FIAT, dove lui era presidente. E così ha fatto per tutto. Ecco come si spiega che poi la FIAT è diventata quello che è diventata. In quei tempi là, invece, era solo al principio. Aumentava la produzione ma non aumentavano i salari. E si è formato allora il sindacato rivoluzionario più che altro per rivendicare un  miglioramento proprio economico. E allora ecco l'affluenza nel sindacato, che allora aveva la sede in Via della Zecca, oggi Via G, Verdi. Io ho partecipato a tutta questa formazione, fino alla sciopero.

La formazione del nuovo sindacato avvenne sotto l'egida dell'unione sindacale, come risposta a questo grave malcontento provocato dall'accordo firmato dalla FIOM. Il malcontento non era unicamente perché gli facevano la trattenuta per il sindacato, no, ma perché ci si chiedeva perché pagare una organizzazione in cui non si aveva fiducia , perché  non faceva niente per gli operai, era lì , amorfa. E per di più si accusavano i dirigenti di allora di essere dei venduti, questo lo diceva la massa. Perché lo squagliamento, e l'isolamento della FIOM con gli iscritti, è stata la causa. 

Gli aumenti salariali ottenuti dalla FIOM erano poca cosa, certamente inferiori alle aspettative degli operai. Quella è stata una vera e propria ribellione degli operai verso le Confederazioni sindacali riformiste. E allora di contraccolpo questa gente qui aderisce a un altro sindacato. Ecco, questo è un punto da studiare: perché questa gente qui, di colpo, aderisce ad un altro sindacato ? E  dire che non era una massa proprio amorfa, perché ?  

E allora nel giro di pochissimo tempo quel Sindacato di Via Zecca ha tremila aderenti ! Allora è il momento buono !  Presentiamo alla FIAT un memoriale per rivendicare quello che finora non abbiamo ottenuto dagli altri. Ecco che allora Agnelli risponde NO. E allora sciopero. Lo sciopero era diretto da Nencini, sindacalista rivoluzionario, ma da solo ce la poteva fare ? Allora arriva Fulvio Zocchi, un altro organizzatore sindacale. 

Tutti elementi che collaboravano con De Ambris, che in quel tempo era segretario dell'USI a Parma. Mentre noi aderiamo come operai a questo sindacato. Di questo Sindacato poi alcuni dirigenti sono poi passati al fascismo, tra i quali un certo Antonelli. E allora, sciopero. Spriamo lo descrive molto dettagliatamente: sciopero che dura 64 giorni o 65. Ma questi operai non avendo l'appoggio delle organizzazioni confederali, sì, un po’ di solidarietà si è avuta, ma come fanno a resistere ? Morale della favola: dopo due mesi e più gli scioperi devono mollare. 

Si era proprio alla fame. Io mi ricordo sempre. Non ho mai parlato in quelle assemblee lì, io stavo a vedere, però stavo a vedere quasi sempre disgustato, perché la lotta che si è scatenata tra i pochi organizzati della FIOM  che erano agguerriti, pochi ma agguerriti - difendevano Colombino - nei comizi tenuti da noi, soprattutto alla Birreria Durio, in Barriera di Milano, a coltellate, tra operai ! Ne hanno mandati parecchi all'ospedale ! Gli organizzati della FIOM hanno aggredito gli altri al comizio. Erano proprio operai veri, eh, mica funzionari. C'era questa ruggine che si era formata. "Voi ci avete abbandonati, ci avete denunciati che  attraverso i padroni volevamo farci pagare le iscrizioni !

Carpire le quote"  Gli altri invece per essere liberi si rifiutano di pagarle!" E poi non dimentichiamo che la guerra di Libia aveva messo dei fermenti in mezzo alla massa, e non sempre ragionati, anche dei fermenti irrazionali. E allora le cosa a cui ho assistito io - ma questo lo affermo, eh - la cosa che mi ha colpito in modo proprio sanguinoso, credere questi operai che si massacravano tra di loro, una cosa fratricida, ecco !.

Ci furono feriti in questi scontri, bastonate, coltelli; una specie di fascismo scatenato tra le due correnti, ma soprattutto da parte di quelli della FIOM.

Questo sciopero è finito così, malamente, perché Sagliocchi ha detto alla fine "Piuttosto di fare un compromesso; piuttosto di cedere, piuttosto noi rientriamo sconfitti, ma abbiamo salvato l'onore!".

IL 10 gennaio 1912 è stato fondato il Sindacato Autonomo Operai dell'Automobile, in Via Zecca al numero mi pare 44 o 46, dove c'era il vecchio distretto militare di Torino. L'iniziativa è nata quasi spontanea tra noi, tra noi operai spinti dai sindacalisti rivoluzionari - allora a Torino ce n'era un gruppo discreto, e dagli anarchici che preferivano molto di più l'azione diretta del sindacato che non l'azione riformista della FIOM: E' vero che dopo si sono inseriti i cattolici, si sono inserite le altre forze, ma la sostanza vera era quella, l'elemento di sinistra della classe operaia si era spostato verso il Sindacato dell'auto. 

Aveva accettato l'azione diretta dell'Unione Sindacale Italiana, e dato che l'Unione sindacale era diretta dai medesimi uomini che avevano diretto i medesimi scioperi del 1908, delle Mondine, avevano acquistato una certa fiducia da parte nostra. Allora c'era anche un'altra personalità, c'era la Maria Visè, che come nome di battaglia aveva l'antimilitarismo, ma che era anche lei mescolata con i sindacalisti rivoluzionari. 

Non si poteva più dar battaglia nella FIOM, c'era tutta una atmosfera di sfacelo nella FIOM, gli organizzati erano menati per il naso. Anche negli altri sindacati l'affluenza era scarsa. Così noi non abbiamo avuto nessun dubbio quando si è formato a Torino il Sindacato dell'Auto. E c'erano anche dei socialisti con noi, non tanti, ma ce n'erano... Volevamo sottolineare che il nuovo sindacato era una cosa autonoma dalla FIOM, indipendente dai partiti. Indipendenza assoluta del sindacato dai partiti ! 

Accusavamo la FIOM di essere strumentalizzata dai riformisti e poi di essere in mano a gente di poca fiducia. A questo sindacato aveva aderito un bel gruppo di operai attivisti, elementi con una grossa esperienza alle spalle, ma poi c'era anche una grossa massa di operai qualunque. Faccio un esempio che non c'entra molto ma che chiarisce: quando abbiamo fatto le barricate nell'insurrezione, sulla barricata principale io ero circondato da un gruppo di attivisti della Scuola Moderna, ma poi da tutta una massa di giovani che non si occupano di politica "Ciau Naurisi, ciau Giuanin, ciau Cosu", che ti stupivano, eh ! E sono stati loro, almeno, alcuni di loro, che nel momento decisivo hanno affrontato il pericolo, e che hanno spinto gli altri avanti!  

Un certo  Bonaglia, per esempio, noi lo chiamavamo Censin, Vincenzo Bonaglia, viveva con una donna da marciapiede, una povera ragazza, che a me faceva  più pietà che altro. Era un po’ sbandato....lo trovo di fianco e mi dico: " Come mai ? Questa gente qui dovrebbe essere assolutamente fuori da queste cose. "eppure, nei momenti decisivi te li trovavi a fianco. Un altro, noi lo chiamavamo Toni Muss, che aveva perso un braccio lavorando, è poi stato ucciso in un conflitto con i carabinieri. mai interessato di politica........

A quei tempi.....Era l'atmosfera della Barriera,  tutti questi rapporti...Questo Censin Bonardi, con tutti i soldati schierati là in fondo, su Corso Vercelli, con le baionette innestate, con gli ufficiali......E questo Censin Bonardi, in piedi  a fianco a me su questo vagone rovesciato di terra di fonderia, a un certo momento non si trattiene più e fa un salto giù dal vagone....

Bum, in avanti, un salto  come una lepre quasi, poi si gira indietro e fa " Diu faus, Maurisi ! " A me!" A me!.. Un attimo dopo, tutta una valanga...tutti noi correvamo in avanti. Per fortuna che i soldati non hanno sparato, perché poteva  essere un massacro!.

Porto questo esempio per dimostrare che questa massa che viveva nella Barriera di Milano, impregnata da tutte le nostre attività, nel momento decisivo invece di andare a giocare a bocce era lì, disponibile sulle barricate. Era uno spirito diverso da quello che c'è oggi.....Oggi si fanno delle manifestazioni. Ma allora c'era questa spontaneità.

E lo stesso era nel 1912, tutta questa gente qualunque, che sembrava addormentata, invece era via ! La parola d'ordine era "Facciamo da noi !"  Autonomi ! Ecco la parola, autonomi! Fare spontaneamente da noi ! C'era gente che veniva da quegli spiriti mazziniani, di volontarismo...Si ritrovò lì... Con noi si schierarono anche quasi la maggioranza degli operai di recente immigrazione, non tutti, ma molti...  

Criticavano la FIOM, ma la massa era con noi. Il messo sindacalista rivoluzionario di cui parla Spriano è colui che diresse tutto lo sciopero dall'inizio alla fine, che poi finito lo sciopero, quando si decise di ritornare al lavoro, La FIAT disse NO, adesso li riprendiamo uno alla volta  se volete venire, e prendiamo al lavoro chi vogliamo noi !. E' finito così quello sciopero lì ! Si chiamava Fulvio Zocchi. Lo ritroviamo poi un pochettino aderente alla Repubblica di Salò, perché preconizzava un sindacalismo nazionalista.

Noi l'avevamo chiamato da Bologna, perché avevamo solo Nencini, che non era un grande oratore, era uno strano uomo - credo che fosse anarchico - era il segretario di questo sindacato e Fulvio  Zocchi era venuto per dar man forte in questo sciopero dopo la fondazione del sindacato.  Perché la preparazione di quello sciopero lì era durata qualche mese. Non si fa un Sindacato dall'oggi al domani, senza un'adeguata preparazione.  E' tutta una cosa che veniva maturando, che poi magari ufficialmente il Sindacato sia stato fondato nel gennaio.  Già lo sciopero delle mondine del 1908 per me era stata la prova dell'efficienza della direzione dell'USI, della direzione diretta che volevamo noi !

Noi eravamo per l'azione diretta ! Ma a Torino fino ad allora l 'USI non era mai esistita. Gli elementi dei nostri circoli  affluivano a  questo nuovo sindacato, ma organizzativamente non c'entravano nulla con i circoli. Erano tutti questi elementi che individualmente affluivano al Sindacato autonomo.

Poi alcuni mesi dopo dal fallimento di questo sciopero, dopo che la FIOM aveva poi rifatto lei lo sciopero dopo otto mesi ed era riuscita a strappare qualche cosa.....Perché Agnelli, furbo mentre con noi aveva tenuto duro, qui invece, dopo una certa resistenza, aveva dato agio a Buozzi di dimostrare che aveva ottenuto una parte almeno di quello che già prima era stato concesso.........Perché lì, tutti gli operai, senza differenze, tutti, compresi quelli del sindacato di Nencini, tutti avevano aderito allo sciopero della FIOM.  Tutti gli odi di prima, che erano venuti fuori nel primo sciopero, si erano placati, perché

da parte nostra si diceva "Guai a chi di nuovo riprende gli eventi del passato!" Ci sono stati novanta giorni di sciopero, però questi sostenuti dai soldi dei tedeschi, degli inglesi.....

Si è messo tutto il mondo sindacale riformista, perché quella era una partita grossa.....Ci si chiede perché noi abbiamo aderito; ma perché noi anarchici, noi non abbiamo nessuna ambizione, di diventare né deputati. Volevamo solo andare in mezzo alle masse, espandere le nostre idee. Ma perché noi dobbiamo prestarci alla divisione, al dissenso nella classe operaia ? Questo è controproducente, questo è contrario ai nostri principi ! Allora io ho radunato i miei amici di scuola, e ho detto "Guardate, io da questo momento non seguo più questa scissione, io mi stacco dal sindacato che abbiamo organizzato e vado dove c'è la massa ".

Perché la FIOM aveva di nuovo sciopero la massa, e la massa era di nuovo alla Camera del Lavoro, che era un luogo classico !  E allora ci siamo staccati di lì  abbiamo aderito alla Confederazione del lavoro, pur essendo criticati da una parte che non voleva saperne. E credo che abbiamo fatto bene perché da quella nostra decisione è poi nata la conquista della sezione della FIOM, nel 1918, cioè esclusi i riformisti e di lì è venuta la collaborazione con Gramsci, i Consigli di fabbrica, ecc. Questo anche se all'inizio del 1912 non avevamo esitato a organizzare la scissione e lo sciopero, convinte dell'adesione di massa e che fosse necessario dare una dimostrazione contro il riformismo, contro le trattative segrete .

Quella scissione lì è stata giusta, tanto è vero che anche Buozzi e gli altri se la son legata qui, non si scherza eh,  con la classe operaia di Torino.

L’insurrezione del 1917

....Questo era nel 1915. Allora scoppia la guerra.....Fanno un'ingiustizia a un mio compagno di lavoro...Io gli prendo le parti, per protesta ci licenziano tutte e due ! Ho Cristo ! C'era un capo, che poi è diventato un mio amico...Trovo subito a impiegarmi alla Officina di Savigliano. E qui bisogna che ci soffermiamo un momento. Officina di Savigliano, dopo pochi mesi passano la revisione dei riformati, vado al Distretto, "Abile!" " io prima ero riformato ..per deficienza toracica, mi mancava mezzo centimetro e quindi non mi hanno preso.....E allora benissimo! dopo pochi mesi mi danno l'esonero come operaio specialista. Ero uno dei primi a mettere la fascia tricolore "Esonerato".

E arriviamo subito nel 1917, all'insurrezione! E tutto quello che abbiamo detto finora, a poco a poco si vede che stava preparando quello che poi è avvenuto nel 1917, la cosiddetta insurrezione di Torino, è stata uno casa spontanea, e anche le stesse organizzazioni sono state prese alla sprovvista. E allora c'era già Gramsci, Togliatti no perché era sotto le armi, e poi tornato nel 1918, quando è finita la guerra. Qui c'era Gramsci che era stato riformato per le sue condizioni fisiche. Io l'avevo conosciuto attraverso i suoi articoli sull'Avanti, di persona non lo conoscevo ancora. L'ho conosciuto poi proprio nel 1917.

L'insurrezione di Torino, si sarebbe da scrivere dei libri ! E' nata dallo sfogo, dalla protesta di un gruppo di donne.. Il pane era immangiabile, e qui posso testimoniarlo, era fatto con una parte di crusca o di farina, e poi segatura, poi altri miscugli, porcherie. Puzzava. E poi era razionato. I panettieri avevano delle norme precise. La borghesia invece mangiava pane bianco. Diceva una signora che è morta un po’ di tempo fa, e che aveva il forno qua vicino, che loro avevano il forno vicino alle Molinette, e lei provvedeva pane bianco ai medici, c'era la possibilità per questa gente di fregarsene, invece la povera gente no, era costretta a mangiare quello. Il povero operaio arrivava a casa, e trovava quella pagnotta puzzolente. 

Quel giorno è mancato anche questo, e allora questo gruppo di donne, da Porta Palazzo si è portato davanti al Municipio, dalla zona Barriera di Milano, saranno state cinquanta donne, all'inizio, organizzate da nessuno, spontaneo ! Io lavoravo poi in un laboratorio di Corso Palermo, da Strocchi, e mentre lavoravo, io avevo preso anche mio fratello più piccolo, l'avevo portato lì, come apprendista, mentre sto lavorando, ecco che viene qualcuno alla porta, dice "C'è Garino ? " "Si", "Cosa c'è ?" "C'è lo sciopero generale" " Ma come?" "si, c'è la rivolta, le donne davanti al Municipio!" E allora chiedo il permesso e vado,  e allora lì incomincio anch'io a mescolarmi, Lì queste dimostrazioni di donne, che erano cresciute di numero, immediatamente era venuta la valanga dappertutto, lì c'era Porta Palazzo, lì vicino, lì c'è pieno di gente dappertutto, donne e uomini tutti arrabbiati, e poi dalla fabbriche, sapendo che era scoppiato questo movimento, vum vum vum, avanti ! 

E' partita la polveriera! In quel giorno Torino era ferma! Subito ! Torino aveva uno spirito di ribellione. Noi lo prevedevamo per dio !, Anzi, cercavamo di alimentare questa tensione. Noi nei nostri ambienti l'avvertivamo ! Io l'avevo già detto tante volte prima, "ragazzi, prepariamoci spiritualmente, e se possibile materialmente, perché con questa situazione c'è da aspettarsi di tutto!"  E poi c'è questo da dire che è scoppiata in autunno, ma nel febbraio era già scoppiata la rivoluzione russa di febbraio, e noi lo sapevamo. 

Fare come ha fatto Lenin ; per quello che poi quando sono venuti giù i rappresentanti di Kerenski a Torino, qualche mese dopo, con questa grande massa in Corso Siccardi, lì alla Camera del Lavoro. Credevano di trovare applausi, invece hanno trovato tutta questa massa che gridava Viva Lenin e hanno dovuto prendere atto che qui c'era una disponibilità verso forme molto più spiccate, rivoluzionarie.

Questi erano menscevichi, chiamati dai riformisti e mandati in tutta Europa a spiegare la situazione russa, perché Kerenski sperava di fare la rivoluzione borghese, di mantenere la monarchia, anche se c'erano delle riforme. E voleva continuare la guerra. E allora è successo che anche noi abbiamo detto "facciamo anche noi quello che hanno fatto loro!" E dato il fermento che già c'era noi avevamo molta speranza di riuscire a fare le cose a quello stato. Ecco. e allora io penso, senza che nessuno mi desse ordini e senza prendermi l'autorità, ecco che mi sono buttato nella mia zona, Barriera di Milano.

E di lì il giorno dopo hanno ricominciato, e naturalmente l'esercito è intervenuto, noi ci siamo opposti, abbiamo fatto le barricate, conflitti su conflitti, morti e feriti e tutto quello che avviene in queste circostanze. Degli episodi, il più importante che ho vissuto è quello di Corso Vercelli, naturalmente c'erano delle piante grosse così tutte tagliate, buttate giù di traverso, segate e poi con le corde, crak, giù. E poi il famoso vagone, anzi due vagoni rovesciati di traverso. Vagoni delle ferrovie che erano carichi di terra per la fonderia  ed erano depositati nel deposito che è in Corso Vercelli, lì sull'angolo di via . C'è un cancello, abbiamo aperto stò cancello tirati fuori stì vagoni, su un binario che attraversava il Corso Vercelli per andare allo svincolo della ferrovia, e li abbiamo rovesciati,  eravamo centinaia di giovani. Erano pieni di terrà, terra rossa di fonderia. E lì quella massa di giovani, apolitici, per lo meno, apparentemente apolitici, che me li sono trovati tutti intorno a centinaia!.

E sono stati loro i primi, con quel Vincenzo Bonaglia, che dalla barricata, con davanti quello schieramento di soldati pronti a sparare, che chiudevano Corso Vercelli quasi all'angolo con Corso Emilia, e lui si butta giù avanti, e mi chiama per nome, e allora tutta la massa, brummmmm si avvicina a questi soldati. Loro sono stati titubanti, si vede che lo stesso ufficiale aveva da fare con questi alpini, gente anziana, è stato titubante, non ha ordinato di sparare, finché siamo riusciti ad arrivare vicino a questi soldati: "Fratelli, fratelli, non sparate! Siamo tutti fratelli!". Ed è venuto un abbraccio generale tra noi e i soldati, Dopo questo abbraccio i soldati si sono ritirati, con l'ufficiale, e qualcuno dei nostri ne ha anche disarmato qualcuno, dei moschetti '91, mi ricordo sempre!  Quello è stato l'episodio, per me, che ha arrischiato proprio il macello, eh! li è stato proprio il momento decisivo. Poi ci sono state altre resistenze, più avanti. Lì saremo stati circa un migliaio di giovani. Non tante, ma anche qualche donna. Noi eravamo l'avanguardia, ma dietro la barricata c'era poi tutta la massa. l'obiettivo  era di fare cessare la guerra a qualunque  costo! Arrivare al centro della città, per prendere i punti nevralgici, e avanti ! e difatti, in questi tentativi che sono poi falliti, siamo arrivati fino al Ponte Mosca.

Qualcuno è arrivato fino a Porta Palazzo, mentre gli altri, da Borgo Vittoria cercavano di sfondare in Corso Principe Oddone, con le barricate anche lì, e c'erano i nostri amici delle Ferriere, e anche della Savigliano, anche loro che si erano mossi. E anche lì hanno battagliato, ma non sono riusciti a passare.

C'era la cintura operaia. Da Borgo San Paolo han cercato di passare su Corso Vittorio, davanti alle carceri, ma anche lì sono stati bloccati dall'esercito che ha sparato. Mi pare che ne parli Montagnana , anche lui era in quella zona lì. Lui allora era giovane. In breve, c'è stata questa resistenza, mi pare che allora si parlasse di un centinaio di morti.

Sul Corso Regina Margherita, al Rondò della Forca, all'inizio di Via Cigna, erano venuti sù gli operai dalle Ferriere, e dalle Acciaierie di Via Cigna, ed erano stati bloccati, allora si erano trincerati con questo tram - han detto anche che ci facevano passare dentro la corrente elettrica secondo la tecnica imparata in guerra, ma non posso dire se è vero.

Quindi in tutti gli sbocchi verso il centro gli operai hanno cercato di sfondare per arrivare alla Prefettura, occupare il Comune. Allora ci sarebbe stata la vittoria !

La Città in mano agli operai. E lì ci sono stati gli episodi che lo stesso Gramsci ricorda che la Brigata Sassari, mandata a reprimere questi moti, non si sono proprio ribellati spontaneamente, ma si sono rifiutati di sparare e di fare servizio, e hanno dovuto andare via. Era composta da Sardi. E questi avevano una coscienza di classe. Perché Gramsci - abbia un grande merito in quell'episodio - Gramsci sardo, ha informato tutti gli amici in modo sotterraneo di avvicinare le famiglie dove questi sardi frequentavano, e si sa che i sardi sono piuttosto affiatati, e di lì in mezzo a questi sardi si diceva " Noi siamo sempre quelli che siamo andati in prima linea, noi siamo sempre quelli che siamo i più coraggiosi, e ormai siamo decimati: " Insomma, quelle forme di propaganda che hanno fatto un effettone! 

Nel giro di 24 ore, massimo 48 la Brigata Sassari è stata portata via. Hanno usato alpini, tutti. Poi, quando sparavano proprio, che avevano vinto le barricate, noi ci siamo trincerati nelle case, in Barriera di Milano specialmente, lì nella Piazza Crispi attuale, prima era Piazza Barriera di Milano, otto morti ! Perché poi lì penetravano nelle case. Non c'era nessuna pietà! Perché la borghesia ha rischiato tanto in quei momenti ! e lì, dopo arresti ! Hanno incominciato ad arrestare i dirigenti della Camera del Lavoro, che in  parte erano contrari ! Hanno arrestato Serrati che era il direttore dell'Avanti, hanno fatto diversi arresti nel movimento anarchico, mio fratello, che poveretto lui era più giovane di me, Antonio.

Io avevo preso la precauzione , non dormivo più in casa, perché cercavano subito dopo, di arrestare! E non andavo mica a dormire tanto lontano ! Andavo in cantina ! Vengono, e arrestano mio fratello al mio posto!

E allora come fare ? Gli amici " Non presentarti" Gli avvocati " Oh per carità" Questo è un episodio  che devo raccontarlo perché è speciale! Vado a Mongardino d'Asti, da una famiglia proprietaria di una trattoria in Barriera di Milano. Vado a casa loro, là. Avevano le vigne e tutto, era i primi di settembre,  e io andavo per il paese e facevo un po’ di scuola a questi ragazzi. La domenica vado a fare la stessa cosa e trovo il maresciallo dei carabinieri, dice "Lei è Garino ?" "Si"  "Venga con noi!" Mi hanno arrestato. 

Attenzione eh! Sembra una favola! E a piedi mi hanno portato fino alla loro caserma, su un'altra collina più lontano, a Mongrosso d'Asti. E allora strada facendo mi dicevo "E' finita!" Se sanno che io ero là sulle barricate sono fritto!" E allora mi preparavo. Cercavo di fare un po’ di conversazione: " Ma io. Anche mio padre era nei carabinieri. Basta! Stò maresciallo mi ha preso in simpatia. Mi porta alla caserma, io ero un po’ stanco, si capisce: Mi fa  "Senta signor Garino, ha piacere di un po’ di latte? " dico io " Va ben, una tazza di latte, grazie" Era di domenica. Dice: "Ho già telegrafato alla stazione dei carabinieri di Regio Parco per avere sue informazioni, perché lei dovrebbe essere sotto le armi" Arriva il  pomeriggio, verso le tre, tre e mezza, arriva; io ero seduto lì nello stanzone, mi dice " Senta un pò Garino, guardi  facciamo una cosa, io ho fiducia in lei! Lei torni là a Mongardino, e in giornata, domani mattina al più tardi arriveranno queste informazioni dai carabinieri di Torino. Se è come dice lei che non è un disertore" "Grazie!" Vado, e ritorno in quel paese, lì l'ho proprio tradito ne! un po’ di rimpianto ce l'ho, ma comunque non ho portato danno a nessuno, Appena arrivo là faccio la valigia e via! Lì si trattava di prendere venti anni di galera! Morale, parto, vengo via. E trovo un altro rifugio. 

Tre giorni dopo mi informano i proprietari della casa che nel lunedì quel maresciallo aveva mandato un carabiniere ad avvisare che ero libero perché risultava esatto che non ero un traditore. Sai quel discorso che c'è sempre tra polizia e carabinieri, quell'urto, lui aveva chiesto ai suoi superiori, i quali non sapevano niente di quello che avevo fatto io. Era la polizia politica che sapeva . Mio fratello si è preso sette anni! io a tutti i costi volevo andare a presentarmi in tribunale, e gli avvocati me l'hanno impedito. Li ha fatto un processone, Serrati e tutti gli altri. E non hanno premuto la mano. C'erano di nuovo i giolittiani al potere, hanno dato poco. Forse quello che ha preso di più è stato mio fratello, che a sua volta.

Mio fratello viene spedito giù, per subire la pena dei sette anni, mentre era in viaggio viene fuori l'amnistia di Salandra. E' venuto fuori Caporetto, eccetera E mio fratello ha beneficiato dell'amnistia e così è rientrato. Così da parte mia le conseguenze, le ripercussioni, hanno durato parecchio, e hanno lasciato delle tracce profondissime!  A Torino la barriera ha partecipato all'insurrezione chi direttamente e chi indirettamente. 

Chi agisce veramente con le armi è una minoranza, non tantissimi. Quelli della scuola moderna, quelli più a sinistra dei socialisti, quelli ancora dei sindacalisti, e gruppi sparsi, che allora c'erano dei gruppi, dei romagnoli da una parte, dei toscani dall'altra. Tutta gente che partecipava. La massa, chiamiamola così, non era indifferente, però appoggiava quelli che combattevano. Li rifugiava nelle case quando cercavano di sfuggire. 

Basti questo episodio per dimostrare come partecipava la gente. I giovani, per esempio, se la son presa specialmente contro la chiesa, i preti. In Barriera di Milano se la son presa contro la Madonna della Pace, la parrocchia dove c'ero io; in Borgo San Paolo se la son presa contro il famoso convento dei San Bernardini, la chiesa di San Bernardo. E tanto qui come là i giovani hanno invaso i sotterranei della Chiesa, le sacrestie, e hanno asportato fuori gli arredi sacri, e le damigiane di vino, e il burro, e tutto quello che hanno trovato in questi sotterranei. 

E questo ha irritato una volta di più questa folla di giovani: "noi si mangia il pane puzzolente e quella gente li guarda cosa aveva nascosto!" E così ecco che cosa succede! Fanno un falò su Corso Palermo di tutto quello che avevano preso, gli arredi, e gli danno fuoco. IN quel momento arriva la polizia. Ormai era l'ultimo giorno. Uno di questi poliziotti - che è poi morto in un incidente successo proprio qui davanti a casa mia, uno che mi aveva arrestato almeno dieci volte - corre dietro a uno di questi giovani e gli spara; Poi il poliziotto si è ritirato. 

Prendono questo ragazzo e lo portano a casa. Abitava lì vicino, era il figlio di un carbonaio. Il poliziotto si chiamava Pacifico. Non so se era il vero nome o un soprannome. Pacifico! Della polizia politica. Cercava di blandirmi, sotto il fascismo: " Maurizio! Maurizio!" Mi diceva. Io non gli ho mai dato confidenza! Ad ogni modo, si porta questo ragazzo a casa. Vengono a chiamarmi, corriamo subito là in casa. E' stata una cosa che mi ha fatto un'impressione straordinaria; questo giovane su un lettino, la madre in un angolo disperata, e noi tutti intorno a questo letto, in quindici-venti. Aveva la camicia aperta sul petto e la pallottola sotto la pelle. Io l'ho toccato, la pallottola gli aveva colpito il cuore. E quei giovani davanti a me: " Pinutin, a luma 'd vendichete" Un urlo !

Questo è uno degli episodi che dimostra come la folla, la gente, la massa proteggesse quelli che combattevano e che davano questa attività pur non partecipando direttamente. Poi, quando eravamo già in liquidazione, tutti si ritiravano nelle proprie case, perché poi, conquistata la chiesa, dal campanile, c'erano i soldati con i fucili, le sentinelle, e se uno si muoveva gli sparavano. Coprifuoco. E' durato duo o tre giorni il coprifuoco!

Tutte le strade erano praticamente deserte. Mentre questo avveniva in Barriera di Milano, in Borgo San Paolo avveniva lo stesso. Hanno dato l'assalto alla chiesa di San Bernardino, lì c'era il convento dei frati, hanno trovato i magazzini pieni di roba da mangiare. Hanno preso tutti gli arredi e gli hanno dato fuoco al Convento e alla chiesa. Qui c'era uno spirito anticlericale. Una cosa un po’ confusa, ma era sentito, quasi che la chiesa fosse responsabile. Si diceva che i preti benedicevano le armi di qua e di là. quindi erano complici della guerra. 

Erano folle di giovani non organizzati ì, e apolitici, non iscritti a nessun partito e poi quella gioventù che sembrava amorfa! Ho raccontato di quel Vincenzo Bonaglia, che era un giovane che a sentir parlare di politica. Senza opporsi, ma sfuggiva e come lui molti altri, che si interessavano magari di bicicletta - a quei tempi là avere una bicicletta era toccare il cielo con un dito - si interessavano di sport, e solo  un piccolo gruppo si occupava proprio di politica, ma in quel momento anche loro erano con noi. Mi sono trovato al fianco tanta gente che io conoscevo, che mi rispettavano e tutto quanto, ma che non avrei mai pensato che potesse fare quello.

Un altro esempio : uno che lo chiamavano Toni 'l Munc,  perché si era portato via mezzo braccio lavorando. Anche questo qui mai sentito a parlare in un comizio, però in una di queste occasione è venuto a conflitto con i carabinieri. Si vede che questo uomo, aveva proprio anche uno spirito di ribellione politica. E lui ci teneva, quando mi vedeva, a salutarmi e magari a soffermarsi a parlare con me, magari di qualsiasi altra cosa . Perché io ero conosciuto come un sovversivo. Sentivo che aveva una certa simpatia per il movimento. Difatti è morto in uno scontro con i carabinieri. Anche il fratello di Ferrero, era uno della nostra scuola, anche lui è venuto a conflitto con i carabinieri in Madonna di Campagna ed è rimasto anche lui ucciso. In una di quelle diverse occasioni, che ogni tanto c'era qualche scintilla. Era gente che sentiva il bisogno di esserci anche loro, ecco.

Si può dire che l'insurrezione del 17 è stata retta dai giovani, ha avuto loro come protagonisti.  Gli operai come operai, in blocco. Sciopero, niun travaiava ! I più politicizzati, con i giovani, partecipavano attivamente, puntando a raggiungere il Centro. I più combattivi erano i giovani anche in quel tempo ! Lo scontro militare lo reggevano loro. C'erano anche degli anziani, non che non ci fossero, ma su dieci c'era un anziano e nove giovani. L'anziano dava l'esempio ! Per gli operai non c'era un'organizzazione prestabilita, muovevano a gruppi di fabbrica, perché è stata tutta una cosa spontanea. 

E naturalmente l'obiettivo primo era di conquistare le posizioni del nemico, il centro.. Quello era chiaro. Durante lo sciopero l'operaio si organizzava nel proprio rione. Ognuno nel suo rione quelli che se la sentivano, partecipavano direttamente. E gli altri che non se la sentivano, se vedevano uno in pericolo lo alloggiavano. Per esempio io stesso, per 24 ore sono stato su un balcone di Corso Vercelli, tenuto lì da quella famiglia, un certo Crivello, che dominavo tutta la zona. Lì c'erano le schioppettate che venivano da tutte le parti, però io ero al secondo o al terzo piano, in alto. Di lì poi si andava dietro a quello stabilimento che si chiamava Ferrero, che era proprio all'estrema periferia della Barriera di Milano, e c'erano i prati, noi si arrivava lì e si faceva le riunioni per decidere il da farsi.

C'era una specie di comitato provvisorio di direzione. Lì c'erano tutti i migliori che sapevano che là c'è il ritrovo, sei, sette, otto di noi e si decideva per il quartiere cosa fare. Mi sembra che lo stesso Montagnana dica le stesse cose press’a poco per il Borgo San Paolo. Quelli che venivano a queste riunioni erano tutti press’a poco della mia età, della scuola, c'era Ferrero, naturalmente, i più sicuri, i più fedeli, la schiuma, là, quelli scelti, Mairone, sicuramente, mio fratello Antonio, poi un altro che poi è andato a Milano. Tutti operai. Gli intellettuali non si azzardavano di venire fin là, dal centro, perché in quel tempo a Torino avevamo dei giovani intellettuali, insieme al Partito Socialista, c'era già Tasca, poi c'era Gramsci, poi c'era anche Terracini - non so se era a Torino in quel momento - e poi molti altri. C'era Santhià, sempre pronti, ma non li ho mai incontrati. Viveri. Ciascuno mangiava a casa sua, e ci aggiustavamo, perché il quartiere era isolato.

E' durato poi solo una settimana. C'è stato qualche saccheggio per i viveri, a parte le chiese, ma se si sapeva che c'era qualche deposito di farina o altro, si cercava anche nei negozi.

Ma non è stata una cosa generalizzata, soltanto in quei magazzini dove si sapeva che si poteva. Pochi episodi di quel genere.

Posso dire, per la mia zona, che fossero veramente armati, per esempio di un fucile, saranno stati una quindicina; le rivoltelle erano cento, mitragliatrici non se ne parlava; poi dalle fabbriche sono saltate fuori qualche cosa. Invece l'esercito aveva anche mitragliatrici, ma non mi risulta che le abbiano usate. Mi sembra che usassero solo fucili '91. Mio fratello per esempio, forse in un episodio precedente, lui e un altro, un certo Crivelio, erano riusciti a disarmare tre soldati e allora questi tre moschetti erano subito passati nella mani.....Ma quell'episodio là non è stato denunciato, perché è avvenuto appena scoppiata la guerra. Quindi in Barriera di Milano, in tutto saranno state un centinaio di persone armate. In tutta Torino saranno state un migliaio di persone, operai, giovani, armati, non credo di più. Poi, in Barriera di Milano, possiamo mettere tre o quattromila che partecipavano con lanci di pietre, in Borgo San Paolo altrettanto, in Borgo Vittoria altrettanto, Barriera di Nizza, insomma, credo che un diecimila persone tra uomini e donne abbiano partecipato attivamente.

Combattendo o con le armi o con le pietre. E poi tutta una massa di persone, almeno il 95%, che erano solidali e aiutavano come potevano. Un grossissimo consenso. E anche gli stessi borghesi seguivano Giolitti, erano neutrali, approvavano le azioni contro la guerra. E' un po’ cambiato con Caporetto. Il nostro cemento era la fame e la guerra! Tanto è vero che il parroco della chiesa della pace, che gli hanno portato via la roba, e tutto, lo chiamavamo Don Drugia - lui di nome si chiamava Don Mussotto ed aveva fondato la chiesa del Regio Parco, e poi si era trasportato l+ che io ero bambino per fondare la chiesa della Pace - lì c'era una cappello dove noi si andava alla dottrina, per la religione. Lo chiamavamo Drugia perché era sporco, perché annusava tabacco e allora era sempre impiastrato di tabacco e allora i bambini gli andavano vicino " Don Drugia!" Allora l'anticlericalismo era insito nella Barriera. E questo poveretto da quella volta lì non ha più fatto la processione del Corpus Domini, che la faceva sempre, lui era in testa. Era un ometto, ma fiero eh! Questo vuol dire che anche lui diceva sempre " Ma mi sun per la pace, la chiesa a nome della regina della pace..." Anche lui era per la pace e non capiva perché gli avessero fatto quello.

Noi come comitato provvisorio, avevamo delle staffette improvvisate, che andavano negli altri quartieri. Era una cosa non organizzata, il popolo in senso classico.

Dopo l’insurrezione., c'era Salandra al potere, ha dato l'amnistia per poter creare un clima nuovo, dopo Caporetto, di nuovo rifare l'esercito, han fatto il corpo degli arditi, ha messo capo dell'esercito Diaz, e noi abbiamo subito sentito il giro di vite. Io stesso sono sparito dalla circolazione. Il mio padrone di quel tempo, visto che io non ritornavo a lavorare, ha licenziato mio fratello come apprendista, come rappresaglia che io non tornavo, e così mio fratello invece di modellista e diventato incisore. Perché mia madre non l'ha più affidato a me, e allora ha preso un'altra  strada. Aveva la fotoincisione e poi la Tipografia Fratelli Garino. Ha stampato un mucchio di tesserini e di documenti falsi durante la Resistenza. Ha rischiato tanto anche lui.

I consigli

E allora ecco che le 1918 - attenzione eh - nel 1918 siamo riusciti, l'ala  di estrema sinistra, siamo riusciti a conquistare la direzione della FIOM, nel novembre del 1918. La guerra era finita da poco, noi subito dopo la fine della guerra abbiamo conquistato la sezione della FIOM di Torino. E quindi sono entrato io, Ferrero, Boero e altri, Parodi, la sinistra dei socialisti - i massimalisti , chiamiamoli così - e lì abbiamo consacrato la collaborazione tra libertari e i socialisti. Nell'organo principale della Camera del Lavoro. 

Questo è avvenuto il 2 novembre. Al teatro Torinese - ASSEMBLEA CLASSICA . Pioveva grosso così, pioveva, noi avevamo le scarpe rotte. Madonna ! Marcio ero, eppure ho sfogato tutta la mia eloquenza, e ci siamo riusciti! Di lì. Eravamo tutti stanchi dei comitati di mobilitazione. dell'opera riformista che secondo noi era una delle cause che l'Italia.  Un mucchio di motivi, la classe operaia era stufa, e poi era già in preparazione, la preparazione dei Consigli di fabbrica. Già nel 1918, alla fine, e al principio del 1919. 

E lì c'eravamo, io, Ferrero, Montagnana, Viglongo, Parodi, e poi Gramsci, mi pare che ...e di lì abbiamo impostato i consigli di fabbrica., e di lì vengono fuori quelle tendenze alla formazione dei consigli di fabbrica. E di quelle tendenze una era inpersonificata dal sottoscritto, cioè dall'elemento anarchico, libertario, però organizzatore, non individualistico, l'altra da Tasca, che diceva che questi consigli dovevano essere organi subordinati ai  sindacati; l'altra da Gramsci che sosteneva che dovevano essere organi autonomi, cellule per il futuro stato comunista. Io sostenevo che era necessario sostituire le vecchie Commissioni Interne che erano solo organi di trasmissione dei deliberati del sindacato, e che discuteva i problemi della fabbrica, con un consiglio che avesse in sé la rappresentanza organica omogenea di tutti i reparti di lavorazione. 

Ogni reparto che ha una sua lavorazione, nomina un suo commissario, o due o anche tre. Tanti operai, tanti commissari, che dovevano essere tecnici capaci del mestiere che esercitavano in quel reparto, della lavorazione del reparto. Però tutto l'insieme di questi commissari di reparto, formavano il Consiglio di fabbrica. Quindi avevano in un certo qual modo l'infarinatura tecnica di tutti gli ingranaggi della fabbrica. Ora, questi consigli dovevano essere organi di preparazione in due direzioni: preparazione tecnica e organizzativa per sostituire eventualmente il capitalismo con una forma sociale della produzione; secondo: preparare l'elemento con una cultura rivoluzionaria, per procedere nell'instaurazione della società socialista. 

Parallelamente questi organi erano organi autonomi, che non hanno nulla a che vedere con lo Stato politico, quindi per noi il finale era un'organizzazione di produttori, indipendenti da qualsiasi ideologia politica, che dovevano creare una società dove non ci fossero più sfruttati o sfruttatori. Gramsci , quello che dico adesso è scritto su certi libri, perché sono poi tutte discussioni che abbiamo fatto alla Camera del Lavoro, e poi ai congressi, e quindi è tutto ben preciso, se si tratta di riprodurre, si tratterebbe di andare a prendere i testi. 

Gramsci diceva invece:" Per noi sono cellule dei Soviet, cellule dello Stato comunista" Lui intendeva però lo Stato non come una dittatura, ma unicamente come un governo amministrativo, che coordina tutti questi che sono Consigli degli operai, nelle fabbriche, Consigli dei Contadini nelle campagne, consigli di altro genere da altre parti. Tutte le attività economiche devono avere questi rappresentanti. Alla fine faremo un congresso di questi Consigli e alla fine verrà fuori l'organo che dirige tutto. Inoltre i commissari avrebbero dovuto essere   sostituibili da un giorno all'altro, non dovevano avere scadenza fissa.

Quando questi operai del reparto considerano finito la missione di quel commissario, possono sostituirlo. E alla nomina di questi commissari possono partecipare tutti gli operai, della fabbrica, anche se non sono iscritti alle organizzazioni sindacali. Questa era la tesi mia e che  Gramsci ha fatto sua. Tasca invece ha detto NO.  Va bene i Consigli e tutto quanto, si amministrerà così, ma sempre sotto la direzione dei sindacati. Queste erano le tre posizioni. Da quella commissione di studio ecco, abbiamo ricavato queste posizioni.

Lo sciopero cosiddetto della lancetta, che è avvenuto nell'aprile del 1920, perché prima c'era stato lo sciopero per la Rosa Luxemburg, è stato un continuo di proteste quel periodo...alla fine del 1918, poi per tutto il 1919, un affare continuo, per tutto il biennio rosso. Arriviamo allo sciopero delle lancette, quando la Fiat, nello stabilimento metallurgico delle acciaierie di Barriera di Milano o, senza interpellare il consiglio di fabbrica, aveva spostato la lancetta portandola sull'ora legale, la lancetta che fa suonare la sirena. IL Consiglio di Fabbrica si è offeso e allora al mattino, va a rimettere la lancetta al posto di prima. 

Chi ha fatto questo, materialmente, era un anarchico, si chiamava Berra, un vercellese, un falegname modellatore, uno molto attivo alla scuola moderna, aveva un occhio di vetro, un uomo anziano, già, un tipo, come dire, espansivo ! Aveva un difetto, che gli piaceva bere, un po’. Aveva una buona preparazione, era della scuola di Galleani, di Vercelli, il famoso Galleano. E quindi ha spostato la lancetta su indicazione del Consiglio di Fabbrica, perché la direzione aveva scavalcato il Consiglio. La Ditta   lo licenzi. Gli operai scioperano subito, la Direzione proclama la serrata. E lì viene fuori lo sciopero. Io ero allora già nel Consiglio Direttivo della FIOM, ci raduniamo, si esamina la situazione. 

La massa fremeva, davanti ad una provocazione così, cosa facciamo ? Lasciamo gli operai delle metallurgiche da soli ? "No, qui bisogna difendere  i consigli di fabbrica. Qui sono in ballo i diritti dei Consigli di fabbrica ! E allora ?  E allora  senz'altro rispondiamo con lo sciopero generale dei metallurgici. E come facciamo a dare inizio ? Non abbiamo più tempo ! Beh, convochiamo per domani sera un comizio in Piazza Crispi, in Barriera di Milano, - allora si chiamava piazza Barriera di Milano, il fascismo l'ha chiamata Piazza Crispi, io avevo proposto di chiamarla Piazza Pietro Ferrero ma si vede che al consiglio comunale....- " Allora cosa succede ? " Garino abbi pazienza, tu sei l'unico che possa dare lo slancio...." Convochiamo questo comizio per la sera dopo alla Barriera di Milano, piena! Un tavolino in un angolo, io salto su quel tavolino, e incomincio ad aprire il comizio proclamando questo sciopero. 

Non erano passati cinque minuti, che la forza pubblica, carabinieri, guardie regie, circondano la piazza da tre lati, erano tutti schierati. Noi non lo prevedevamo così.. Era  uno sciopero sindacale! Ma si vede che o non abbiamo chiesto il permesso per farlo, fatto stà che io ha incominciato a parlare. Gli squilli ! Non hanno finito gli squilli che si sono messi a sparare, in aria prima, pim, pum ! ‘Sta gente presa dal panico, in un momento si è svuotata la piazza, ci sono stati anche dei feriti che non si sono denunciati per paura di essere arrestati. 

E io sempre su quel tavolino, cercavano di afferrarmi, e io calci di qua, calci di là, avevo 28 anni eh! Ero in piena forza! Ma alla fine mi han preso come un sacco in dieci o quindici persone, mi portano un po’ di metri in là, nascosto alla vista degli altri, dietro il casello del dazio, mi buttano come un sacco su un camion e mi portano via. Col camion. La piazza ormai era vuota. Invece di portarmi in questura  come erano soliti fare, che si passava in questura dove si era arrestati e dopo si andava alle Nuove, dopo, invece mi hanno portato direttamente. 

Dieci minuti dalla Barriera di Milano alle Nuove !  Non di più, sul camion dei carabinieri. Non mi hanno bastonato, Io non son mai stato bastonato, da nessuno, nemmeno dai fascisti! Io da lì dentro cercavo di tenermi un po’ informato: ho poi saputo che lo sciopero era stato proclamato in tutto il Piemonte tanto che Gramsci aveva dato una spinta e allora a Vercelli, a Novara . E aveva chiesto la solidarietà alla Confederazione, dove c'era D'Aragona, che l'ha negato. Invece qui a Torino lo sciopero era stato proclamato come FIOM appoggiati subito dalla Camera del lavoro. 

Questa solidarietà nazionale non è venuta, ha fatto sciopero solo la Liguria e il Piemonte. Morale, io ero lì dentro quindi ero fuori di tutto. Dopo qualche giorno mi chiamano: " Garino, l'aspettano sotto" Si vesta !" "Mah" faccio io , mi vesto, esco fuori, e lì fuori delle Nuove c'era il segretario della FIOM . Ferrero, con un taxi. " Cosa c'è ? " "Siamo tutti radunati in Prefettura, aspettano solo te perché gli operai assolutamente non riprendono il lavoro se non ti liberano" " Mi fa piacere, però" Arriviamo un Prefettura, entro nel salone, era tutto pieno. 

Schierati tutti gli industriali, entrando nel salone, tutti in piedi erano, Con un tavolo pieno di pasticcini, di bottiglie, e lì i dirigenti della FIOM, Ferrero e gli altri del consiglio di allora, mi pare che ci fosse anche Buozzi, Carmagnola, c'era il prefetto Taddei, Liberale era, una brava persona, niente da dire. E allora faccio per entrare, uno dei primi che si fa avanti, Agnelli, il senatore Agnelli mi fa " Hei Garin, se sta bin 'n villeggiatura ? " "Ehm pa' mal - gli faccio - però..." E allora lui mi dice: "Ca 'm disa 'n poc, cosa lai faje mi a chiel per feme condanè a mort ?" Io ero uscito fresco dalla prigione eh, mi dico "Sarà una trappola quella lì" "Sì - continua lui - seve radunave 'n tla saletta 'dla Camera del Lavoro e leve decidu 'd pieme la pel" Vicino a Agnelli  c'era Boella che era il segretario generale dell'AMMA proprio quello che aveva il bastone in mano e che era secondo me in quel tempo reazionario. Io in quel momento rifletto, guardo intorno, "No, signor senatur chiel 'se sbaglia. A lè pà a chiel ca voluma pieie la pel. A lè a cust signur sì" Non era mica vero niente! A quel punto salta  in mezzo il prefetto: Ma Garino, vuole tornare in villeggiatura ?" Boella era verde!  Lì c'era Mazzino, c'era l'ing. Fornaca, c'era tutti i maggiori...... Non so se Agnelli quella storia lì se l'era inventata o se qualcuno per farsi bello gli aveva raccontato una storia così. Anche se in una riunione qualcuno aveva accennato a una storia così, prima di tutto è un metodo che io non ho mai approvato, e poi non ho mai pensato una cosa così.  Io poi, non posso dire se qualcuno ha pensato una cosa così o no. Io so solo dal momento che ho cercato di dare il via a quello sciopero, mi hanno arrestato.

Beh, ho firmato anch'io la ripresa del lavoro. Quello sciopero si è concluso con un manifesto. Qualche cosa si era ottenuto. Il rispetto del consiglio di fabbrica, insomma, una soddisfazione morale, il riconoscimento dell'errore commesso dalla direzione. E così è finito lo sciopero di aprile, che era l'apice della forza del movimento operaio torinese. In quel manifesto c'era anche la mia firma.

L'assassinio di Ferrero

Segretario della sezione era Piero Ferrero, anarchico, sempre rimasto anarchico, mai diventato comunista, come poi hanno detto.  Come Baroni delle Ferriere, che è morto con la sua mitragliatrice in Corso Giulio Cesare, proprio sotto dove abitavo io, dove hanno ammazzato Banfo, il genero di Banfo, quattro partigiani trasportati di notte lì. Il crocevia che c'è tra Corso Giulio Cesare e Corso Novara. Barone era appostato nell'angolo dove c'era un muretto, con la sua mitraglia, che tempestava i carri armati tedeschi che tentavano di fuggire, finché l'hanno colpito, è rimasto lì. E sull'altro angolo, una notte sentiamo dei rumori, " Cosa succede ?"  Grida "Mamma, mamma, "brummmmm quattro ragazzi uccisi come ostaggi.. E Banfo anche lui lì.

Il consiglio della FIOM mi pare che fosse composto di nove membri, o undici, noi anarchici eravamo in tre, la maggioranza era di socialisti rigidi, ma segretario era un anarchico. Perché noi godevamo di una grande stima, e in occasione si radunano i Commissari di reparto, in un salone sotto alla Camera del Lavoro, e per nominare il segretario perché ormai avevamo conquistato, E viene fuori il mio nome.."Garino!" Io mi ricordo sempre che li ho ringraziati. Dico " Grazie per la fiducia, però io sono refrattario, vi dico la verità, a vivere con uno stipendio della classe operaia. Io ho una professione, ho un mestiere io intendo continuare a lavorare come operaio, modellista. 

Entro nel Consiglio, assumo le mie responsabilità. ma io non accetto di fare il segretario della FIOM. Non voglio fare il funzionario sindacale. " Protestano, "Ehhhh, ma alura chi butuma? " e Ferrero mi era seduto a fianco, e allora io dico, "Guardate, io propongo l'unica persona, secondo me, che in questo momento, risponde a tutti i requisiti, è il compagno Ferrero" E' stato eletto Ferrero. Mi sono chiesto tante volte " Se io non avessi proposto Ferrero, Ferrero sarebbe ancora vivo?

Noi in quel modo, con la conquista della FIOM, abbiamo potuto mettere in atto, realizzare concretamente quelle discussioni che avevamo fatto con Gramsci, perché altrimenti avremmo trovato degli ostacoli, perché i riformisti erano contrari a queste forme. Per loro bastavano le Commissioni Interne. Il padrone naturalmente aveva una paura matta di queste nuove forme, che invadevano il terreno sacro della proprietà. Perché la reazione che è avvenuta dopo tramite il fascismo ? Il massacro di Torino, non è che la rappresaglia che l'industria torinese ha escogitato tramite il fascismo.  Infatti il primo ad essere colpito è stato Ferrero,

quando decidono di dare una lezione a Torino, perché Torino era antifascista, Torino non si era piegata, Torino era quella dei consigli di fabbrica, eh! Torino aveva dei dirigenti che non si erano piegati, che erano incorruttibili come Ferrero.....A Torino bisognava assolutamente troncare le gambe. E allora matura, matura, matura, fino alla strage che è poi venuto nel dicembre del 1922. Ecco ! E allora a cosa assistiamo ? Una cosa dolorosa a pensarci. E questo è anche la prova.....

Quando vengono io ero lì, in questa cooperativa, col mio camicione bianco che lavoravo...Esco per andare a comperare....A telefonare, perché noi non avevamo telefono...Andavo in una cantina in Via Nizza, e vedo tutti stì armigeri lì dentro che telefonavano. Guardo, in uno spiazzo davanti a una chiesetta che c'è lì vicino, tutte le camice nere. " Oh Cristo! Cosa succede? "

E non mi rendevo conto di questo. Sono andato a telefonare. Loro non mi hanno conosciuto, perché avevo il camice....E allora vengo  a casa, prendo il tram numero otto, pieno di camice nere. Combinazione erano tutte gente di fuori Torino, erano venuti da fuori e non mi conoscevano...Ma io non mi rendevo conto che potevo correre pericolo! E avevo sentito lì nella zona pim pum, pim pum! Ma un fatto così non lo avrei mai pensato. Infatti non sono nemmeno uscito di casa, sono rimasto a casa a dormire mentre tanti altri erano scappati. 

Al mattino verso le cinque e mezzo, le sei sento Tum tum. " Cristo cos’è ? Vengono a prendermi ? Invece c'era un mio compagno della scuola moderna, un certo Luigi Chiappa, " Garino, non sai ? " Cosa ? " "Hanno ucciso Ferrero!" "Ohhhhhh!  Cristo !"  " Vieni vieni andiamo!"  "Partiamo, vado all'ospedale San Giovanni, nella camera mortuaria. " Ma dov’è?" C'erano due cadaveri. Insomma, Ferrero era lì col suo cappotto tutto sporco, tutto rotto, tutto tumefatto, e io non l'avevo nemmeno riconosciuto, finché non l'ho visto bene di profilo.. E poi ho trovato quei documenti lì, che ho ancora, che mi hanno consegnato dopo, tutti macchiati di sangui e..."Oh, Cristo!" Ho poi saputo che Ferrero, preso nel pomeriggio, messo nella portineria della Camera del Lavoro, fatto sedere nell'angolo, gli angoli erano  occupati da quattro persone. Uno l'ha riconosciuto., ma non hanno dimostrato di conoscersi. Ferrero, sputacchiato dai fascisti " Vigliacco! Sfruttatore degli operai!" Insomma hanno cercato di umiliarlo in tutti i modi. Pugni, ogni tanto una bastonata...

E poi verso mezzanotte l'hanno legato al camion e l'hanno trascinato dal numero 12 di Corso Siccardi fino al monumento di Vittorio Emanuele, dietro un camion. Arrivato là era più morto che vivo, si capisce, e allora l'hanno finito sotto il monumento e l'hanno lasciato lì. Morto. E naturalmente alla notte qualcuno l'ha preso e l'ha portato all'ospedale, ma era già morto. E io al mattino l’ho trovato là. Era il 18 dicembre del 1922.

Nella stessa giornata avevano in Barriera di Nizza specialmente, avevano ucciso setto o otto persone, in quella zona lì.

Nella stessa giornata avevano prelevato Berruti l'anarchico, poi passato al comunismo, che era segretario del sindacato ferrovieri, dell'ufficio di Corso Re Umberto, preso, portato a Nichelino, fatto camminare e gli hanno sparato alla schiena.

Mentre un certo Banfi, che era socialista l'hanno lasciato andare, l'hanno fatto scendere e andare via, lui invece l'hanno ammazzato. E allora succede che poi io vado al cimitero a nome della famiglia per riconoscere il cadavere. Vado, e vedo lì Ferrero, e poi Berruti, Berruti per combinazione, l'ho detto anche in altri libri, l'ho visto mentre lo rovesciavano sulla tavola di marmo, nudo. Gli ho visto la schiena rosea, perchè era piuttosto rotondo, con i buchi delle pallottole. Poi ho firmato ancora quattro o cinque riconoscimenti.....

Poi il giorno dopo il funerale. Una mattinata nebbiosa, fredda!

Il funerale era presto, alle otto. E allora ci troviamo lì, al cimitero, eravamo cinque uomini, undici donne, compresa mia moglie. Ecco, io ho poi commentato in certe interviste, con più di ventimila organizzati dalla FIOM, non c'era un rappresentante della FIOM. Potevo esserci io, ma non ufficialmente.

C'era una corona, però, che una fioraia aveva portato. Ma questo senza far colpa a nessuno, eh. Il terrore! Che aveva preso tutti gli attivisti. Erano spariti. In quella giornata fredda, ,così abbiamo sotterrato Ferrero,