INSEGNARE STORIA..... |
Davide Rossi
Che cos'è la storia? La domanda si presta a più possibili risposte. L'insegnamento della storia nel suo mutare nei secoli e in particolare negli ultimi centocinquant'anni può aiutare a comprendere ciò che si intende per storia. L'Italia risorgimentale raggiunta l'unità si pone il problema di "fare gli italiani", in questo progetto il ruolo della storia diventa centrale per promuovere quei valori impregnati di nazionalismo chiamati a cementare i sentimenti d'amor patrio ritenuti indispensabili. Tutti i programmi della scuola dell'obbligo dell'Italia sabauda dalla legge Casati dei 1859 alla riforma Gentile del 1923 investono la storia di compiti morali ad essa estranei. I programmi del 1894 sostengono senza esitazioni che compito della storia è promuovere l'amor patrio attraverso il racconto delle vite illustri, si chiede espressamente di indurre lo studente a "compiacersi sentendo di appartenere ad una nazione stimata e potente, che da Roma trasse auspici di unità e di grandezza". Il fascismo è ancora lontano, ma si riconoscono le radici culturali su cui si è poggiata tanta parte della retorica del ventennio. I programmi del '23 affermeranno che la storia di un popolo è impersonata dai suoi eroi, un percorso ordinato e univoco, terreno fertile e risultato di quel nazionalismo belligerante che ha portato il fascismo ad imporsi con la marcia su Roma. Nel 1945 l'influenza del pensiero anglo-americano introduce finalmente un approccio oggettivo alla realtà storica, non finalizzato a fini esasperatamente patriot tici o religiosi, tuttavia i programmi del 1945, i primi ad inserire la storia d'Italia nel contesto dell'Europa e del mondo (dall'italo-centrismo all'euro-centrismo), mantengono l'idea di una linearità del processo storico, in cui civilt\'e0 , progresso storico, grandezza spirituale della penisola, concorrono in un unico crescendo. La svolta clericale che attanaglia il nostro paese dal 1947 porta alla formulazione dei programmi del 1955, i quali hanno come fondamento il cattolicesimo pre-conciliare. Tutto è finalizzato alla fede, non vi è distinzione tra morale e religione, la famiglia è il modello educativo per eccellenza, cade l'interdipendenza tra storia e aspetti geografici e sociali, torna in auge il finalismo cristiano nei suoi aspetti meno nobili, tanto è vero che molti testi scolastici non rinnovatisi con i precedenti programmi, possono ora continuare a proporre un'idea di storia appartenuta anche a periodi precedenti la seconda guerra mondiale, con la sola variante della cristianizzazione del mondo e non romanizzazione. Imparare, conoscere la storia ha per noi oggi un significato diverso, per noi vuol dire prendere critica e analitica consapevolezza dell'esistenza di dinamiche socio-economiche, ambientali, demografiche, tecnologiche, politiche, cultural i, psicologiche, le quali producono una rete di avvenimenti (gli grid accadiments dello storico britannico Carr) e generano situazioni che, nel loro insieme e nella loro correlazione (come sottolinea Tornatore e riprende Guarracino quando ritiene impossibile d istinguere cause ed effetti), determinano e portano a determinare la vita dei singoli, dei popoli e delle diverse civiltà. Occorrerebbe specificare la distinzione e il perché di questa distinzione tra singoli, popoli, classi, civiltà . Risulta evidente che la vita e il modo di vivere di Carlo Magno sono unicamente suoi. Tra i suoi contemporanei nessuno ha condotto conquiste militari più vaste delle sue, ma è ugualmente difficile trovare qualcuno che abbia condiviso interessi culturali simili ai suoi o abbia mangiato piatti simili a quelli del sovrano. Certo la corte e i cortigiani hanno avuto qualche occasione in più per partecipare ad un lauto banchetto o ascoltare la lettura di un libro, un'occasione impossibile per i piccoli artigiani, i contadini e i servi della gleba. Bisogna allora, analizzare a fondo le dinamiche sopra elencate per raggiungere una comprensione non superficiale delle diverse epoche. Se nel settecento secondo lo storico transalpino Goubert oltre il novanta per cento dei francesi, c omposto da contadini, viveva e moriva senza spostarsi da un raggio di due chilometri quadrati, pur vero che cinque secoli prima mercanti, religiosi e filosofi attraversavano l'Europa da Firenze a Parigi, da Aquisgrana a Napoli, che l'anno santo del 1300 portò a Roma tanti fedeli da far erigere una balaustra di legno sul ponte di Castel Sant'Angelo, per dare ordine alla massa di fedeli proveniente e diretta a S. Pietro, che l'anno santo 1600 portò nella città capitolina oltre seicentomila cattolici di tutto il mondo, accorsi a confermare un credo in contrasto non più solo con le chiese ortodosse dell'oriente, ma anche con l'Europa della Riforma protestante. Quindi nel passato ci si muoveva o si era legati alla terra senza possibilità di riscatto? Compito della storia è di analizzare testi e fonti, cercare di capire. Da tutto ciò scaturisce una visione non unitaria o lineare, ne esce uno sviluppo umano fatto di salti, contrasti, progressi, regressi. Il recente saggio edito da Laterza sulla fame e sull'abbondanza, nella collana curata da Jacques Le Goff, illustra con accuratezza le diverse fasi degli ultimi duemila anni evidenziando come cibo buono e sufficiente e periodi di carestia si alternino, determinati da molte variabili, tra cui quelle demografiche, epidemiologiche, belliche. Oggi più che mai è indispensabile superare vecchie logiche monoculturali o euro-centriche. Non solo per la sempre più ricca multiculturalità delle nostre società e delle nostre scuole, ma perché non ha più senso non affiancare alla storia dell'Europa quella degli altri continenti, quando nel medioevo le città più popolate e ricche per cultura e per scambi economici erano Costantinopoli, Damasco, Bagdad, Catnbaliq (la moderna Pechino). Solo per restare nel mediterraneo, l'arabo Al Battani inventa l'astrolabio nel IX secolo e studia il cielo raggiungendo risultati confermati dagli astrofisici moderni. Poeti, letterati e filosofi musulmani lasciano scritti la cui qualità e il cui livello di ricerca verrà raggiunto in occidente molto posteriormente, e qui basterebbe citare i più noti Abu al Walid Muhammad Ibn Rushd (Averroè) e Abu Alì al Husayn Ibn Sina (Avicenna), ma occorrerebbe fare il nome e studiare anche al Farabi, al Kindi, al Ghazali, Ibn Baggia, Ibn Tufayl, Abu Yaqub Yusuf. Per quanto concerne più propriamente la storia è impossibile non fare tesoro dell'insegnamento di Ibn Khaldun, che nella lontana seconda metà del XIV secolo raccomandava di tenere presente, nell'apprestarsi a scrivere di storia, le strutture e le trasformazioni sociali e culturali del popolo di cui si voleva scrivere. Conoscere la storia vuol quindi dire acquisire una consapevolezza metodologica capace di \par interpretare criticamente gli avvenimenti nel loro scorrere temporale, capace di interconnettere ai fatti storico - politici (re, guerre, regni) tutte le variabili sociali ed economiche. La storia dell'umanità e le scelte che singoli e gruppi hanno preso nel corso dei secoli sono il risultato delle considerazioni condotte da questi soggetti sulla realtà in cui vivevano. Alboino guida in Italia i Longobardi nella seconda metà del sesto secolo anche perché è un eroico re guerriero, ma soprattutto perché la popolazione degli uomini dalle lunghe alabarde è in aumento (ragione demografica), perché l'Italia si presenta ricca di pascoli (ragione economica e ambientale), perché il potere e l'autorità dell'esarca bizantino di Ravenna, terminate da un trentennio le guerre gotiche, sono relativamente deboli (ragione organizzativo - politica). Agganciare ogni avvenimento alle motivazioni che lo hanno determinatoè il solo modo per non fare della storia un elenco vuoto di significato, ma un modo di riflettere sul presente, confrontando il passato con l'oggi, costruendo le coordinate con le quali analizzare la realtà. Solo così la storia può restituire ai giovani che la studiano il gusto per un sapere operativo, ben diverso da una morta cronologia inutile e fine a se stessa, un sapere operativo capace di costruire paralleli e confronti con il presente e scandagliare e con oscere i passaggi che hanno portato ad un mondo attuale fatto di indubbio sviluppo tecnologico, medico (la storia della scienza), artistico (la storia della pittura, della letteratura, dei teatro, per il novecento la storia dei cinema), ma ugualmente capace di perpetrare l'esclusione di larga parte dell'umanità da queste conquiste e, con caratteristiche nuove e diverse, modificare solo parzialmente il perdurare di forme di oppressione, sfruttamento, esclusione, degrado ambientale.Storia è poi storia del pensiero non solo filosofico, ma più in generale del comune sentire. Nell'ottocento. ma anche prima e dopo, la giustificazione del colonialismo trova forza nel razzismo diffuso tanto tra i ceti popolari quanto tra quelli colti, che nega ogni dignità, qualità valore alle culture non occidentali e considera con favore imporre lo sfruttamento economico e il controllo militare a popoli considerati primitivi. Chi si occupa di storia dovrà , prima ancora di conoscere date e nazioni conquistatrici interrogarsi e studiare il perché dominassero tali idee e perché trovassero così largo seguito Chi insegna storia è chiamato ad avere come primo obbiettivo quello di far capire che cos' è la storia, a cosa serve, per quale motivo vale la pena studiarla. Solo così si potrà procedere un'indagine dei fatti alla ricerca delle fonti documentarie, nella comprensione dell'uomo che nei secoli ha trasformato la realtà, mai disgiunto da tutto ciò che lo circondava, variabili che determinano il suo agire e che egli modifica in virtù del suo agire. L'insegnamento della storia come riflessione sull'uomo, le sue scelte, i suoi comportamenti, non in grigia successione, ma attraverso un percorso che abbia come fini la riflessione sull'oggi e la capacità di rendere trasparenti tutti gli el ementi che concorrono a realizzare un avvenimento. Il dibattito contro la validità dell'insegnamento cronologico della storia \'e8 in parte superato se si è consapevoli che tra gli elementi che determinano un fatto vi sono gli avvenimenti che lo hanno preceduto. Occorrerebbe invece una riflessione di largo respiro, soprattutto in vista della riforma dei cicli, sull'organizzazione dell'insegnamento della storia nelle scuole italiane. Già da tempo si concorda che ripetere tre volte (elementare, media, superiore) il percorso preistoria - novecento non ha molto senso, tuttavia preoccupano tanto le scelte di trasformare la storia primaria in uno studio esclusivamente sociologico (le ragioni determinanti, ambiente, economia) anche per la loro astrattezza se slegate dagli avvenimenti concreti, così come una storia universale sincopata nei sussidiari delle elementari di oggi porta a semplificazioni erronee che gli studenti troveranno smentite nei due successivi corsi di studi. Valga per tutti la tesi di larga parte de i manuali elementari secondo cui Cristoforo Colombo è osteggiato nel suo viaggio perché la terra non è considerata tonda, da cui la favola dell'uovo, quando ormai è risaputo che le resistenze, esatte, degli studiosi della corte spagnola nascevano proprio dalla certezza che la terra fosse tonda e quindi troppo lungo il tragitto dall'Europa al Catai via mare verso ovest, solo l'America, cioè un nuovo continente sconosciuto posto a metà tragitto, ha garantito al navigatore il successo e non il disastro. Esiste quindi il rischio di ridurre tanto la realtà da mistificarla, ma altrettanto pericolosa può essere la scelta di una forzata dilatazione della storia politica con un approfondimento specialistico di dinastie,regni e battaglie del tutto inutile. La scuola primaria, o la prossima prima parte della scuola dell'obbligo, deve trovare strade alternative per proporre la temporalità della storia. Una delle strade più fruttuose è quella di percorrere la storia solo dell'uomo. Non già il forzato passare dalla riforma alla controriforma del cinquecento, che può solo interessare ragazzi più grandi capaci di inserire la storia di quel secolo a dovere in un contesto più ampio, culturale, sociale, economico. Storia dell'uomo significa prendere in considerazione un antico egizio, un romano dell'età augustea un contadino alto-medievale, un mercante dei duecento, e cos\'ec via, capire come lavoravano, come vivevano, come si divertivano, quanti anni vivevano e come si curavano, come trascorrevano la giornata i bambini.. Tutto ciò è oggi possibile per la grandissima ricchezza di materiali, dai libri ai cd-rom, che hanno reso possibile il sogno di Mario Lodi, il quale così si esprimeva all'inizio degli anni settanta: "Nel manuale la storia snocciola guerre, battaglie e condottieri ma non ci trovi il dramma della povera gente che resta sempre quella sotto ogni bandiera." In più, se in parte è vera l'impossibilità di mettersi nei panni di un uomo di un'altra epoca è altrettanto vero che la società multiculturale che si va costruendo e la ricchezza e la facile fruibilità di materiale video e cartaceo sulle diverse realtà del mondo ci aiuta a dare corpo al passato, sia attraverso tradizioni e costumi, sia attraverso le favole di conti nenti lontani, sia attraverso la geografia e l'archeologia. Importante, anzi irrinunciabile è chiarire nelle forme più nette, anche alla luce dell'insostenibilità planetaria di un modello di sviluppo quale quello occidentale, che in nessun caso può diventare patrimonio dei sei miliardi di abitanti del pianeta, come la vita degli aborigeni australiani o quella delle comunità berbere nordafricane non è una vita "primitiva" rispetto alla nostra (perché come abbiamo detto mai potranno vivere come noi, mai potranno consumare acqua o energia elettrica nella nostra misura), ma una scelta diversa che ha radici, storia, cultura. Passaggio quindi dalle storie eroico nazionali freddamente cronologiche ad una indagine di alcuni momenti della storia delle civiltà. Anche perché gli studenti più piccoli afferrano con facilità il tempo ciclico (stagioni, compleanni) con più difficoltà il tempo lineare (oggi ho un anno in più dell'anno scorso) e il suo parallelo non immediatamente traslabile quale è il tempo cronologi co, percepibile solo nelle linee generali di quantità, ma non nella sua concreta astrattezza (arduo rendere consapevole un bambino dei valore e del significato effettivo dei 509 anni intercorsi tra il viaggio di Colombo e il 2001). Se qualcuno pensa ancora che i ragazzi siano tutto intuito, fantasia e sentimento, sarebbe bene che rileggesse qualche testo di pedagogia dell'età evolutiva, al fine di chiarirsi quanto e come gli attuali studenti delle elementari siano già in grado di seguire percorsi logici, rilevare contraddizioni, stabilire confronti e correlazioni. Sempre in tema di storia andrebbero rivitalizzate forme che mantengono tutt'oggi una straordinaria qualità e immediatezza didattica, ma che sono di giorno in giorno più trascurate, come l'oralità, nell'ascolto di chi è più grande e ha vissuto la guerra o gli anni sessanta (oggetto di una crescente attenzione storiografica) e il rapporto con il territorio (come è oggi Roccacannuccia, come era trent'anni fa, e all'inizio del secolo?) con tutto ciò che concerne la ricerca delle fonti, il confronto tra pareri diversi, i documenti civili riguardanti i lavori svolti, il numero dei cittadini residenti, l'analisi tra fotografie di diversi periodi e stampe e illustrazioni dei secoli precedenti. La storia, come ha scritto Braudel, è il solo modo per comprendere come si è giunti al presente. Se non si trasmette ai giovani il piacere di scoprire che l'oggi ha radici antiche, se non si ragiona con la classe su cos'è la storia e perché la si studia, sarà forte il rischio di non riuscire a trasmettere molto di più di uno sterile racconto infarcito di date e nomi. In ogni caso occorre concludere ripetendo che nelle scuole di ogni ordine e grado è tempo di superare una visione strettamente disciplinare e contenutistica che purtroppo ancora alberga in troppi meandri scolastici, bisogna invece procedere, quanto più speditamente possibile verso forme di programmazione che tengano conto del livello degli studenti e che si pongano come obiettivo quello di far acquisire competenze (la capacità di interrogarsi, di porsi delle domande, di cercare delle risposte) consapevoli che la storia, il tempo, lo spazio, le culture, le epoche, ne sono elementi portanti che non si intuiscono, ma che vanno costruiti giorno per giorno. Solo una scuola che educa alla riflessione e promuove un sapere critico una scuola capace di offrire un proposta coerente con il futuro.