1945 - 1947: IL CONTROLLO SINDACALE
SULLA RIVISTA “IN MARCIA!”
LA “NORMALIZZAZIONE” DELLO STORICO GIORNALE DEI
MACCHINISTI ATTRAVERSO L’EMARGINAZIONE DI AUGUSTO
CASTRUCCI E DEI MACCHINISTI ANARCHICI E APARTITISTI
La storia della Rivista dei macchinisti e fuochisti IN
MARCIA! è strettamente legata alla vicenda (umana e
politica) del suo fondatore, Augusto Castrucci.
Alle vicende seguenti il novembre 1908, quando esce il primo
numero dell’IN MARCIA!, così come alla figura dell’anarchico
pisano è stata dedicata una serie di libri e pubblicazioni,
dove a più riprese gli autori si sono soffermati
sull’evoluzione della categoria dei macchinisti e del suo
giornale, e sul ruolo avuto come avanguardia delle lotte del
proletariato.
La ricerca storica ha riservato solo qualche accenno
(veloce) alle vicende che portarono nel 1946
all’estromissione (perché di estromissione si tratta) di
Castrucci dalla direzione dell’IN MARCIA!, così come agli
eventi successivi all’estromissione stessa.1
Questa lacuna ci riporta in qualche modo al filone generale
che ha caratterizzato la ricostruzione storica nei decenni
scorsi, soffocata e sottomessa ideologicamente allo
stalinismo e al PCI, ma ciò è vero solo fino ad un certo
punto; in realtà molte delle ricerche libere da pregiudizi
ideologici si fermano al 1926, anno in cui la testata fu
soppressa dal fascismo. Inoltre, per come andarono le cose,
si potrebbe affermare che l’atteggiamento stesso tenuto da
Castrucci nella circostanza, conciliante e a prima vista
rinunciatario, abbia contribuito a sminuirne la portata.2
Ma si tratta in ogni caso di un passaggio assai importante,
che merita di essere approfondito.
Nel giugno del 1945, dopo diciannove anni di censura totale,
riprende le pubblicazioni la rivista dei macchinisti e
fuochisti delle Ferrovie: IN MARCIA! A quella data, la
gigantesca statura morale del suo fondatore, il
settantatreenne anarchico pisano Augusto Castrucci, continua
a rappresentare un solido punto di riferimento per la
categoria.
Nato a Pisa nel 1872, assunto nel 1893 come allievo
fuochista nelle Ferrovie, soggetto da subito ad una serie di
trasferimenti punitivi (passò gli esami a macchinista a
Napoli nel 1900), Augusto Castrucci, dopo il grande sciopero
ferroviario del 1905 divenne leader della categoria e tre
anni dopo fondò con altri la rivista IN MARCIA!, giornale
della Commissione di Categoria del SFI (Sindacato Ferrovieri
Italiani), divenendone il redattore principale. Attivo nella
propaganda anti interventista, degradato a fuochista nel
1914 per aver partecipato allo sciopero della “settimana
rossa”, poi reintegrato a macchinista, quindi nuovamente
retrocesso, venne licenziato nel 1923 per motivi politici, e
più volte fermato e arrestato durante il ventennio.
Nel 1945 è lo stesso Castrucci a rifondare l’IN MARCIA! e a
porre le basi per la successiva uscita regolare della
testata.
Tra i tanti problemi che la categoria si trova ad affrontare
il più complesso è quello relativo ai licenziati politici
del 1922 - 1923.
Dopo lo sciopero ferroviario del 1922, nonostante i
dirigenti dello SFI Castrucci, Mosca e Giusti si fossero
assunti la responsabilità dell’agitazione, partirono 125
provvedimenti di licenziamento per altrettanti organizzatori
dello sciopero, cui fece seguito una repressione di massa:
155 mila provvedimenti di punizione e retrocessione, purghe,
bastonature, minacce. Nel 1923 lo SFI rifiutò di sciogliersi
nei sindacati fascisti, allora scattò la seconda fase
repressiva: 43 mila ferrovieri che avevano partecipato agli
scioperi vennero licenziati secondo la formula infamante di
“scarso rendimento”, come prevedeva il famigerato decreto
del Commissario Edoardo Torre. Tre anni dopo, il 4 novembre
1926, per “motivi di ordine pubblico” la Prefettura di
Milano imponeva la sospensione della rivista IN MARCIA!
Immediatamente dopo il crollo del fascismo si ripropone la
questione della riassunzione e della ricostruzione di
carriera per i licenziati politici del ‘22-‘23. Mentre al
nord si combatte, nel territorio controllato dagli Alleati
il 6 gennaio 1944 viene emanato il decreto che riabilita i
ferrovieri vittime della repressione fascista negli anni
’20. E’ l’inizio di una vicenda che, per oltre un
quinquennio, si trascinerà creando situazioni paradossali.
Gli esonerati vengono sottoposti ad interminabili trafile
burocratiche da parte delle Commissioni Paritetiche, dove
spesso figurano gli stessi funzionari del vecchio regime.
L’IN MARCIA!, soprattutto con gli articoli di Castrucci,
diviene interprete della denuncia sulle mancate epurazioni
dei funzionari e del lamento dei licenziati, che inviano
fiumi di corrispondenze denunciando i ritardi nelle
riassunzioni e nelle regolarizzazioni; in questa sua
battaglia Castrucci è affiancato non a caso da vecchi
dirigenti dello SFI ante - guerra3. Ma la riassunzione dei
licenziati politici crea parallelamente non pochi problemi
negli impianti, dove si va consolidando una crescente
ostilità da parte dei giovani verso i riassunti, in quanto
le ricostruzioni di carriera determinano i cosiddetti
“scavalchi” nelle graduatorie da parte dei riassunti
rispetto ai più giovani. Si va formando, in sostanza, un
vero e proprio problema di rottura generazionale: Castrucci
se ne accorge, e per questo rivolge continui appelli ai
giovani invitandoli all’unità sindacale.
Ma rispetto ai primi anni del secolo, oltre a quello
lavorativo, anche il contesto politico è radicalmente
diverso.
La presenza organizzata dei partiti della sinistra
parlamentare tra i ferrovieri e i macchinisti, soprattutto i
giovani, è notevole, mentre i rivoluzionari rappresentano
una minoranza.
I partiti della ricostruzione e dell’unità nazionale sono al
governo con la DC , ed impongono i propri uomini a dirigere
le strutture sindacali onde controllare e contenere il più
possibile le rivendicazioni operaie. Il PCI avvia nel paese
una massiccia e sistematica campagna di attacchi e calunnie
contro bordighisti e trotzkisti, così come contro la CGL
rossa del sud.
In un simile contesto, un giornale come l’IN MARCIA!,
redatto da un personaggio carismatico quale Castrucci e
portavoce di una categoria tradizionalmente “irrequieta”,
rappresenta un potenziale pericolo per la linea
interclassista che contraddistingue il PCI.
Per questo i dirigenti dello SFI (che confluirà di lì a
breve nella CGIL) alla fine del 1945 affrontano Castrucci
imponendogli di cedere la proprietà ed il controllo del
giornale. Castrucci risponde con un netto rifiuto, o meglio,
“con la storica parola di Chambronne”: MERDA!
Dopo mesi di aspre e tese discussioni, si arriva ad una
sorta di “armistizio”. Il 7 gennaio 1946 viene stabilito che
l’IN MARCIA! verrà pubblicato, fino al Congresso, di comune
accordo fra la Commissione di categoria e Castrucci.
Viene redatto un invito alla distensione. I rappresentanti
Compartimentali del Personale di Macchina, invitando ad
un’azione di riconciliazione tra le parti, dichiarano
di riconoscere nel Castrucci l’ottimo compagno che ha saputo
in tutte le circostanze con fierezza, dignità e sacrificio
durante la sua lunga attività sindacale, difendere
l’interesse e la elevazione morale della Categoria; sono
però preoccupati per l’atteggiamento di intransigenza che il
Castrucci ha preso nei confronti della cessione o meno della
direzione del giornale.4
Durante tutto il 1946, Castrucci dedica molta attenzione
alle problematiche della categoria. I macchinisti continuano
ad essere sottoposti a turni di lavoro particolarmente
gravosi, regolati da una normativa ereditata dal fascismo;
il discorso sui salari dei ferrovieri è ancora più
drammatico.5
Nei suoi interventi, Castrucci interviene senza soluzione di
continuità anche sulla questione degli esonerati politici,
che si trascina penosamente senza sbocchi. Ma il colpo di
grazia arriva con il provvedimento di amnistia emanato dal
Guardasigilli Togliatti. Grazie ad esso, coloro che erano
stati sospesi dal servizio in quanto fascisti, si
ripresentano spavaldi negli impianti con tanto di
corresponsione arretrati e rapide ricostruzioni di carriere,
creando non poche tensioni tra i ferrovieri. Invano
Castrucci chiede di epurare a cacciare funzionari e
dirigenti “per modo che si metta fine alla sconcia commedia
fino ad oggi recitata a Villa Patrizi6, che cioè, funzionari
fascisti o reazionari che parteciparono o furono
direttamente responsabili dei “dimissionamenti” [..]
ispirino o compilino istruzioni o circolari sulla materia
delle riassunzioni”.
In contemporanea all’impegno di Castrucci, continuano le
pressioni su di lui affinché ceda la proprietà del giornale.
La svolta avviene a novembre. Castrucci, “in omaggio
all’auto – disciplina sindacale”, dichiara “logico e giusto”
che la pubblicazione venga redatta dalla commissione di
categoria. Il segretario di categoria, il torinese Giuseppe
Vitrotto, gli subentra nella direzione della testata.
Castrucci chiede garanzie sulla continuità della linea
editoriale, e gli viene messo a disposizione uno spazio
personale, la rubrica “Entro e Fuori Rotaia”.
Quello che può sembrare un atteggiamento rinunciatario da
parte del vecchio anarchico, è dettato da una serie di
fattori: dalla consapevolezza dei rapporti di forza
sfavorevoli al senso di disciplina ed appartenenza
sindacale, dalla preoccupazione di non personalizzare lo
scontro alle illusioni di continuità editoriale. E’ indubbio
che alla buona fede di Castrucci si contrappongano i freddi
calcoli politici dei dirigenti dello SFI.
Nel corso del 1947 Castrucci, rendendosi conto probabilmente
di non riuscire a mantenere le proprie posizioni sul
giornale, si era fatto promotore di un’iniziativa parallela.
Assieme a Nino Malara7 e ad altri macchinisti tra cui David
Martini, Enzo Fantozzi e Camillo Signorini, aveva fondato la
FAISF (Federazione A-partitica Italiana Sindacato
Ferrovieri, poi FASFI),8 dotandola di un proprio giornale
(LA STAFFETTA) di cui viene pubblicato un numero unico nel
maggio 1947. Scopo dell’iniziativa è quello di perseguire
l’unità dei lavoratori sulla base dell’apartiticità del
sindacato, un disegno perseguito con forza dagli anarchici,
così come quello dell’autogestione (“le ferrovie ai
ferrovieri” è il loro slogan). Castrucci è un convinto
assertore dell’apartiticità del sindacato, a tal punto che
aveva salutato senza particolari entusiasmi la costituzione,
a metà del 1946, della frazione anarco-sindacalista
ferroviaria.
L’ultimo numero redatto da Castrucci (dicembre 1946), dedica
la prima pagina ai ferrovieri vittime del fascismo. A fianco
al titolo i versi di Pietro Gori, e brevi profili dei
caduti. Nello stesso giornale Castrucci pubblica il proprio
curriculum-vitae, denunciando un’inchiesta “epurativa” su di
lui all’interno dello SFI.
Le contraddizioni non tardano ad emergere.
Nel 1947 Castrucci continua, nella rubrica “Entro e Fuori
Rotaia”, a pubblicare i suoi scritti, dove traspare
nettamente la denuncia del “nuovo corso”.
In una polemica con Giusti, che lo accusa di aver fondato LA
STAFFETTA come “contro-altare” per volgarizzare e
propagandare posizioni personali, Castrucci replica con
sdegno, avanzando il sospetto
che il patto di unità d’azione tra il PCI e il PSI siasi
esteso anche all’azione sindacale, a debellare dirigenti e
ex dirigenti dei Sindacati.9
Si palesa, in contemporanea, una sorta di conflitto
generazionale tra Castrucci (e con lui gli esonerati
politici) da un lato e i giovani dall’altro; lo spartiacque
è rappresentato da “un modo nuovo di fare sindacato”, che si
scontrerebbe con quello “vecchio” sostenuto da coloro che
furono protagonisti della prima opposizione al fascismo
nascente nei primi anni ’20.
In questo quadro si prospetta sempre più come inevitabile la
rottura di Castrucci con l’In Marcia!, che infatti avviene
nel settembre ’47.
Prendendo spunto da un episodio sindacale riguardante la
commissione di categoria dei macchinisti, che aveva
approvato la richiesta di un “premio economia”, Castrucci
scrive:
ho deciso di ritirarmi, di scindere il «concordato», cioè di
non collaborare in questa rubrica [..] Un «attaccabrighe» di
meno; era ora! Si dirà, si penserà …
Ma non è il mio Ideale, galvanizzare, imbalsamare i morti.
Io sono per la Cremazione.
La «In Marcia» per me è morta, incenerita, perché svuotata,
colpita a morte nella sua missione, funzione ideale,
spirituale e sindacale.10
Anche altri personaggi collocabili nell’area apartitista e
libertaria o comunque “non ortodossi” interromperanno la
propria collaborazione col giornale.
Isidoro Azzario si estrania, David Martini entrerà in
polemica venendo attaccato ed emarginato …
Il giornale è oramai normalizzato.
***
Gli interventi di Castrucci comunque non cessano col ‘47:
alla fine prevale in lui l’attaccamento affettivo ad un
giornale che aveva fondato e diretto in situazioni limite;
dopo pochi mesi i suoi scritti ritrovano spazio; nel maggio
1950 riavvia la rubrica Entro e Fuori Rotaia.
Il 4 marzo 1951, come segno di un’avvenuta riconciliazione,
Castrucci cederà la sua raccolta completa del giornale al
Segretario Nazionale di categoria, Ottavio Fedi.
Se da un lato sono sicuramente da considerare sinceri i
tributi che gli arrivano dal corpo attivo del sindacato -
che riconosce a Castrucci una gigantesca statura ideale -
dall’altro una fredda e cinica visione degli avvenimenti può
portare ad affermare senza tema di smentita che gli
stalinisti del PCI hanno ottenuto il loro scopo, quello di
emarginare Castrucci e con lui gli anarchici e i libertari,
rendendoli “icone inoffensive”.
Augusto Castrucci muore il 27 febbraio 1952.
Pochi mesi dopo la sua morte, con l’appoggio di forze della
destra parlamentare, da una scissione nasce il sindacato
autonomo dei macchinisti, un’eventualità alla quale
Castrucci si era opposto con tutte le proprie forze fin dai
primi anni del secolo.
Il 14 aprile 1957 UMANITA’ NOVA riporta la notizia che a
Milano la foto di Augusto Castrucci è stata fatta sparire
dalla sede dello SFI.
1 La prima fase della vicenda è stata accennata da Massimo
Taborri nella pubblicazione Il sindacato in Ferrovia
1922-1980, pag. 160.
2 Un filo comune lega in genere le ricostruzioni storiche
che riguardano gli anarchici che provengono dalla
storiografia “ufficiale”. Lo stalinismo, non riuscendo a
calunniarli e a distruggerne l’immagine per il loro spirito
battagliero, per il loro essere alla testa delle lotte,
tenta in qualche modo di “inglobarli”, oppure di
trasformarli in “icone inoffensive”. Un caso per tutti,
quello del comandante partigiano piacentino Emilio Canzi.
3 Il caso di Isidoro Azzario è emblematico.
Nato a Pinerolo nel 1884. Capostazione delle ferrovie, nel
1921 portò l’adesione dei ferrovieri comunisti al congresso
di fondazione del PCdI, divenendo direttore dell’organo
sindacale di partito “Il Sindacato Rosso”, pubblicato fino
al 1925; eletto nel Comitato Centrale del Partito, in
autunno si recò a Mosca in veste di membro della delegazione
italiana al V° congresso dell’Internazionale comunista.
Arrestato a Cuneo nel giugno del 1923, liberato in attesa di
processo, si rese latitante. Al processo gli venne proposta
una pena di 14 mesi, non confermata grazie alla efficace
famosa autodifesa di Bordiga, che permise l’assoluzione di
tutti gli imputati, eccetto uno condannato a quattro mesi.
Licenziato politico nel ’23 assieme ad altri 47.000
ferrovieri. Nella lotta interna che si sviluppò nel partito,
restò con altri inizialmente “in posizione neutra, indecisi
fra l’obbedienza a Mosca e la personale convinzione di
sinistra”; successivamente scelse di schierarsi con il
centro gramsciano; firmatario alla riunione del c.c. del 18
aprile 1924 della mozione di centro, al congresso di Lione
del 1926 pronunciò un deciso intervento contro la sinistra
di Bordiga. Successivamente si recò a Mosca, indi a Panama;
qui nel 1927 venne arrestato e tradotto in Italia.
Durante il tragitto di ritorno via mare, trovò un barattolo
di vernice e scrisse w il comunismo, abbasso il fascismo, a
morte il capitalismo: per punizione, venne legato, buttato
in mare e trascinato per molte ore. Questo episodio, unito a
sevizie subite in precedenza, ne minarono la salute mentale.
Ciò non bastò ad evitargli la condanna del Tribunale
Speciale a 10 anni, divisi tra carceri e manicomi criminali.
Confinato alle Tremiti, dove era attivo il nucleo di
trotzkisti già espulsi dal PCI, nel 1943 sfollò a Germignaga.
Riassunto nelle ferrovie in seguito al decreto di
riabilitazione verso i licenziati politici, Azzario riprese
la qualifica di capostazione a Luino, e venne eletto
segretario della locale sezione dello SFI; iniziò a
collaborare con l’IN MARCIA! e con la corrente anarchica
dello SFI; anch’egli, come Castrucci, prese a cuore la
battaglia contro i privilegi degli epurati fascisti rispetto
ai licenziati politici. I dirigenti dello SFI lo
identificarono come anarchico, il PCI di Varese lo accomunò
invece agli internazionalisti di Battaglia Comunista,
tentando di isolarlo.
Delegato a rappresentare i ferrovieri luinesi al 1°
congresso nazionale SFI che si svolge a Firenze dal 3 al 10
marzo 1946, Azzario, nel corso dei lavori, aderì ad una
mozione di protesta presentata dai macchinisti anarchici
sulle modalità attuate nello sciopero di gennaio. Nel suo
intervento contestò il fatto che siano ancora in vigore
all’interno dello SFI alcune disposizioni ereditate
dall’Associazione Nazionale Ferrovieri Fascisti: bisogna
diffidare della “collaborazione, che nasconde l’insidia
della reazione”. In tal senso presentò un ordine del giorno
(respinto) dove propose di sostituire, come metodo di lotta,
l’occupazione delle fabbriche allo sciopero.
Dopo il 1943, la storiografia ufficiale e stalinista relegò
Azzario nell’oblio: le vicende successive al 1943 sono state
descritte in Cronache Rivoluzionarie in Provincia di Varese,
a cura dell’Archivio Operaio, Varese 1998, stampato in
proprio.
4 In Marcia!, gennaio 1946
5 Il giornalista del PCI Gianni Rodari, che più avanti si
sarebbe affermato come scrittore per l’infanzia, nel 1948
scrisse una serie di articoli – inchiesta sulle condizioni
di vita dei ferrovieri e sulla miseria che attanagliava i
ferrovieri pensionati, sostenendo che il salario del 1948
era da considerarsi inferiore del 30/40% a quello del 1938.
6 Villa Patrizi è la Direzione centrale delle Ferrovie dello
Stato.
7 Antonio (Nino) Malara nacque a Reggio Calabria il 2 luglio
1898. Schedato come “comunista anarchico”, fu attivo nella
propaganda antimilitarista; assunto nelle Ferrovie,
organizzò i sabotaggi ai treni carichi di armi dirette alle
armate russe bianche che combattevano contro i bolscevichi;
partecipò agli scioperi del 1920 e del 1922. Licenziato
politico, si trasferì a Cosenza, dove fu tra i principali
organizzatori della propaganda clandestina anarchica;
arrestato e condannato al confino nel 1926 (Favignana,
Lipari), ritornò a Cosenza nel 1932; dopo la guerra si
attivò con successo per la riassunzione dei licenziati
politici calabresi (che furono impiegati nel rifacimento di
un ponte) ed entrò nel CC dello SFI. Vedi il suo libro
Antifascismo anarchico 1919-1945, edizioni Sapere 2000,
1995.
8 Nella seduta del CC del 25 giugno ’47, i membri anarchici
Fantozzi e Nino Malara presentarono un o.d.g.
sull’a-partitismo, che venne approvato.
La FASFI continuò a vivere fino al 25 febbraio 1949, data in
cui venne ufficialmente sciolta a Roma.
9 In Marcia!, febbraio 1947
10 In Marcia, settembre 1947
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