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1. I caratteri fondamentali del modello
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Ampliamento del mercato
L’ampliamento del mercato è
ottenuto attraverso l’aumento dei consumi pro capite, attraverso
l’aumento del numero degli acquirenti, attraverso l’aumento della
tipologia delle merci.
Aumento dei consumi
pro-capite
I consumi pro-capite aumentano attraverso un meccanismo di
pubblicità e di costruzione di immagine che fa divenire “necessari”
dei prodotti. Il meccanismo produttivo individua la disponibilità
economica degli individui (per tipo, area geografica, cultura) e
definisce merci adeguate a stimolare l’acquisto e quindi ad
aumentare ogni oltre limite plausibile i consumi.
Il mercato delle “voglie” è immensamente più grande di quello delle
necessità.
Durante gli ultimi 25 anni i consumi sono aumentati ogni anno del
2,3 %
[1].
Gran parte degli statunitensi e degli europei sono dei tacchini che
mangiano molto oltre le loro necessità, mangiano per nevrosi e
perché non riescono a difendersi dal mercato. Ogni anno negli USA le
industrie del settore alimentare spendono in pubblicità 30 miliardi
di dollari, più di ogni altro settore; anche in Francia, Belgio e
Austria gli alimenti sono le merci più pubblicizzate. Tra esse
quelle maggiormente sostenute sono i cibi “grassi e dolci” in quanto
stimolano maggiormente, danno maggiore dipendenza e garantiscono i
maggiori margini di profitto
[2].
Aumento del numero degli
acquirenti
L’aumento è ottenuto attraverso il recupero di fasce sociali (medie)
o ambiti geografici potenzialmente acquirenti. Il limite di questa
espansione del numero degli acquirenti è stabilito esclusivamente
dalla necessità di mantenere ambiti di povertà, anche all’interno
dei paesi ricchi, in cui recuperare mano d’opera a basso costo.
Nei paesi industrializzati (OCSE) le persone povere sono 100
milioni, 37 milioni sono i senza lavoro, l’8% dei bambini vive sotto
la soglia di povertà, oltre 100 milioni di individui sono senza casa
[1].
Aumento della quantità
delle merci
Le merci prodotte sono solo una parte del mercato. Per ampliare gli
scambi e garantire attraverso di essi il profitto si
commercializzano anche risorse comuni o profondamente personali che
divengono merci: acqua, sesso, conoscenze, natura.
Dal 1985 al 1996 gli scambi commerciali mondiali sono passati da 315
miliardi a 6.000 miliardi di dollari
[3]. Il prodotto
dell’economia mondiale è salito dai 31.000 Mld di dollari del 1990
ai 42.000 Mld di dollari del 2000 (6.300 Mld di dollari nel 1950)
[4]. Vi è un turismo
“sessuale” finalizzato all’uso di bambini. Nel circuito vi sono
800.000 bambini in Tailandia, 500.000 in India, 100.000 a Taiwan,
60.000 nelle Filippine, ecc. Ogni anno 300.000 tedeschi viaggiano
per questo tipo di turismo e 25.000 australiani vanno nelle
Filippine
[5].
Il consumo delle acque minerali (la privatizzazione di un bene
comune) è aumentato nel mondo di decine di volte negli ultimi venti
anni (negli USA di nove volte tra il 1978 e il ‘98)
[4].
Il brevetto
sulla natura
Sono tre gli accordi del WTO (World Trade
Organisation, Organizzazione mondiale per il commercio) che
possono creare difficoltà agli stati nel mantenere o
rafforzare le proprie leggi di tutela nei confronti degli
OGM: SPS, TBT, TRIP. I primi due impongono pesanti oneri ai
governi che desiderino limitare l’ingresso degli OGM nel
proprio paese, e minacciano sanzioni commerciali da parte
del WTO per soluzioni autonome o multilaterali sulla
questione Ogm.
L’accordo TRIP (Trade-Related Aspects of Intellectual
Property Rights) sancisce, attraverso la possibilità di
brevetto, i diritti delle imprese sulla “proprietà
intellettuale”, che viene estesa ai prodotti farmaceutici,
ai prodotti chimici per l’agricoltura, alle varietà
botaniche e al germoplasma dei semi, a quelli derivanti da
secoli di ibridazione delle piante, tra cui i metodi
tradizionali di cura. Impone inoltre alle nazioni la difesa
dei diritti di proprietà sui microrganismi, tra cui le linee
cellulari umane e animali, i geni e le cellule del cordone
ombelicale.
Di fatto l’accordo TRIP insidia ulteriormente la precaria
sicurezza alimentare del mondo, aggravando il problema di
accessibilità e distribuzione del cibo e delle sementi.
Quando le imprese brevettano un seme, i piccoli agricoltori
locali devono pagare i diritti annuali per l’uso, anche se è
il prodotto di ibridi ottenuti nell’arco di generazioni
proprio dagli antenati di quegli agricoltori.
Questa è biopirateria, ovvero il saccheggio della natura e
del sapere indigeno
[6]
[7]. |
I brevetti
sono troppo costosi per i paesi poveri
La Fondazione Gaia, un’associazione
ambientalista inglese, viene contattata da un’organizzazione
non governativa della Namibia che cerca consulenza per
brevettare una pianta locale con proprietà medicinali, al
fine di prevenire atti di biopirateria da parte di società
farmaceutiche multinazionali. In seguito ad una ricerca sui
costi, la Fondazione Gaia giunge alla conclusione che
ottenere un brevetto comporta una spesa proibitiva per una
collettività con scarsi mezzi economici.Una comunità povera
che voglia garantirsi la proprietà delle forme indigene di
vita biologica, dovrebbe registrare i brevetti in tutte le
nazioni sviluppate; quindi, per richiedere, ottenere e
mantenere i brevetti, i contadini e le comunità locali
dovrebbero affrontare costi esorbitanti: lo studio rivela
che dieci brevetti, validi in cinquantadue paesi a copertura
di una sola invenzione, costano circa cinquecentomila
dollari. Lo studio calcola anche le spese ulteriori che si
dovrebbero affrontare nel caso si renda necessario difendere
un brevetto in un tribunale civile, dove i costi delle cause
ricadono soltanto sui possessori dei brevetti, e non sulla
controparte statale. “Emerge chiaramente, da queste cifre,
che in nessun modo una comunità della Namibia potrà mai
permettersi di salire sul carro dei brevetti. I costi da
sostenere fanno dei brevetti un dominio dei ricchi e dei
potenti”
[7]. |
Indebolimento della comunità
Le comunità, oltre ad essere
destrutturate nella loro cultura, sono fortemente limitate nella
loro capacità decisionale.
I possessori del capitale monetario interloquiscono direttamente con
le comunità superando ogni filtro, quale quello definito
dall’interesse di stato o quello stabilito dalle leggi stesse degli
stati.
Fino a ieri i grandi gruppi economici hanno indirizzato le scelte
dei governi rimanendo però in una posizione formalmente subordinata;
oggi danno indicazioni ai governi dichiarando la propria superiore
capacità operativa e gestionale in termini economici e, in ragione
di questo, la congruità della loro gestione sociale e culturale
delle società.
In questo momento nessuno stato ha più la possibilità di indirizzare
o controllare cosa succede nel mercato. Nessun controllo di nessun
tipo può essere messo in atto sugli operatori: è buono ciò che
risponde a logiche di mercato, qualunque sia il suo esito sulla
popolazione e sull’ambiente.
La popolazione è stata allontanata dalle scelte sia in quanto i temi
centrali dell’esistenza vengono impostati sulla base di criteri
esclusivamente economici, sia in quanto parallelamente alla
struttura sociale e politica, si è strutturata una organizzazione
decisionale che non ha una sede fissa, che non è conosciuta nei suoi
partecipanti, che non rende conto del suo operato alla collettività,
nemmeno formalmente. Molto del potere dei governi, già tanto lontani
dalla popolazione, è stato ceduto a soggetti quali il Fondo
Monetario Internazionale, la Banca Mondiale, il WTO, a loro volta
dominati da interessi aziendali di soggetti che fanno parte al
massimo di una decina di paesi, ma che sono principalmente
statunitensi.
2.000 miliardi di dollari sono le transazioni che si effettuano ogni
giorno mentre solo 300-350 miliardi di dollari è l’ammontare di
tutte le riserve di tutte le banche centrali dei G7 nel 1999
[8].
Le cinque società Mitsubishi hanno ricavati di vendite per un
importo annuo di 320 Miliardi di dollari (circa un decimo del Pil
giapponese; per riferimento, il Prodotto interno lordo dell’Italia è
di 1141 miliardi di dollari, dell’Argentina di 295 miliardi di
dollari
[17]) e sono collegate tra
loro per mezzo di politiche comuni su prezzi, produzione,
commercializzazione e per politiche sociali ed economiche pubbliche;
il loro comune agente è il Partito Liberaldemocratico, di cui
finanziano il 37% delle spese
[10].
Nel 1975 circa l’80% delle transazioni di valuta furono rivolte ad
affari reali (acquisizione di risorse o di prodotti, investimenti su
attività); il 20% fu di carattere speculativo. Alla fine del secolo
circa il 2,5% delle transazioni furono rivolte ad affari reali
mentre il rimanente 97,5% è stato di carattere speculativo. La
concentrazione del capitale, l’enorme aumento dell’entità del
mercato, la mancanza di limiti alla circolazione degli investimenti
rende gli stati fortemente esposti alle aggressioni degli operatori;
vendite repentine di moneta portano alla crisi monetaria di interi
paesi (crisi sterlina britannica del 1991, delle monete scandinave
nel 1992 e 93, di alcune monete asiatiche del 1997). Ciò comporta
una sudditanza enorme delle politiche dei paesi nei confronti degli
interessi privati
[10].
WTO
L’istituzione è una “personalità legale” ed i
suoi regolamenti sono vincolanti per i suoi membri.
L’organizzazione è basata sulle “commissioni di risoluzione
delle sentenze” composte da tre esperti commerciali senza il
coinvolgimento alcuno dei cittadini. La decisione viene
adottata automaticamente a meno che tutti i membri
dell’Organizzazione la respingano. Se le leggi di uno stato
violano i regolamenti dell’Organizzazione esse devono esser
abrogate, se non lo sono vengono applicate sanzioni
commerciali: sono almeno 160 le leggi nazionali già
modificate in numerosi paesi per seguire i regolamenti.
L’Organizzazione stabilisce dei tetti per gli standard
ambientali, alimentari e di sicurezza; se gli standard
nazionali sono più restrittivi, e non se lo sono meno,
possono essere sottoposti a giudizio. Il trattato che
istituisce l’Organizzazione è composto da 22.000 pagine,
come evidenzia Ralph Nader “questi testi ‘danno forma’ a un
governo dell’economia mondiale dominato dai giganti
dell’imprenditoria, senza fornire una parallela normativa
giuridica democratica che ne permetta il controllo”
[9]. Nessuno stato
ha aderito all’Organizzazione dopo un dibattito almeno
parlamentare, nessuno stato ha stimolato una discussione
pubblica che interessasse i cittadini, nessuno ha
predisposto elementi informativi. |
Il piano del
WTO per i paesi in via di sviluppo
Il WTO svolge un’azione di spinta verso la
globalizzazione economica delle imprese. Per effetto di
questa azione vasti segmenti delle popolazioni e delle
economie dei paesi in via di sviluppo vengono catapultati
nel mercato globale. Questa strategia ha conseguenze
allarmanti per il 75% della popolazione mondiale che vive
ancora dei frutti della terra e dipende per il proprio
sostentamento dall’agricoltura su piccola scala. Uno degli
scopi del WTO è trasformare rapidamente queste economie
rurali di sussistenza in economie di mercato ad ampia
circolazione di denaro. Per funzionare come tali, villaggi
rurali e interi paesi dovrebbero rinunciare ad essere
indipendenti nella produzione di cibo ed altri generi di
prima necessità. La produzione dovrebbe essere completamente
finalizzata ai mercati mondiali, in modo da guadagnare il
denaro per comprare il cibo e gli altri generi necessari.
Se i patti sanciti dal WTO fossero pienamente rispettati, e
i tassi di importazione, o i tassi di efficienza produttiva
delle coltivazioni forzate occidentali venissero imposti ai
paesi in via di sviluppo, 2 miliardi di persone verrebbero
estromesse dal settore agricolo andando, con ogni evidenza,
ad ingrossare le fila di una manodopera urbana che, essendo
costantemente in esubero, sarà certamente a basso costo
[7]. |
La riduzione della diversità
I sistemi sociali, così come
quelli naturali, si sono strutturati per permettere il massimo
dell’utilizzazione delle risorse locali senza che questo comporti
la loro distruzione, ma al contrario consentendo la perpetuazione
della possibilità di sfruttamento delle risorse; quindi si sono
diversificati nei modi, nella cultura, nelle tecniche in ragione
dell’ottimizzazione delle loro caratteristiche e del loro essere
situati in un determinato luogo. L’uniformare gli individui, le
coltivazioni, le tecniche rende il massimo del profitto ad alcuni ma
distrugge i sistemi sociali e naturali imponendo un modello astratto
ma unificato. Questo si presenta come un modello a ridotta
efficienza, ad elevato consumo energetico, ignorante delle
condizioni locali ma efficace nello sfruttamento intensivo delle
risorse, nell’ampliamento del mercato per merci preconfezionate che
provoca l’indebolimento e il collasso dei sistemi locali, la
riduzione e poi la perdita dell’autonomia sociale.
Di tutte le varietà vegetali agricole catalogate negli USA nel 1900
ne sopravvive oggi solo il 3%.
Delle oltre 30.000 varietà di riso coltivate in India agli inizi del
XIX secolo, ne rimasero a metà del XX secolo solo 50 di cui 10 hanno
occupato i 3/4 delle risaie del paese
[6].
Nel XIX secolo le lingue parlate erano 15.000, alla fine del XX
secolo meno di 6.000. Una persona su 5 parla inglese e per l’80% di
questi l’inglese è la seconda lingua (sovrapposizione culturale); i
2/3 degli scienziati elabora in inglese.
In Brasile nel XVI secolo vi erano circa 8.000.000 di persone
distribuite in 1400 tribù. Oggi vi sono 350.000 indios in 215 tribù
[10].
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2.
I principi su cui si struttura il modello di sistema
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Il mito del progresso
La società proposta è una
società in progresso, una società che cerca nuove soluzioni, nuove
tecniche, e le innovazioni sono sempre viste come potenziali
strumenti per il miglioramento. Una società lanciata verso il
futuro, con un grande passato, ma senza il presente.
I Lakota, popolazione del nord America, avevano una società stabile.
Non progredivano ma avevano trovato la modalità migliore per vivere
e non l’abbandonavano. La società occidentale, con il mito del
progresso, ipotizza il raggiungimento di sempre maggiori
soddisfacimenti dei bisogni (reali o indotti) come se questo fosse
automaticamente il raggiungimento della maggiore felicità possibile.
In virtù di questa logica si compiono misfatti sugli altri uomini,
che non godono di questa possibilità, e sulla natura. La presunta
felicità dell’uomo occidentale è pagata direttamente dalle
popolazioni del terzo mondo e indirettamente da tutti, attraverso i
micidiali danni provocati alla natura e all’ambiente.
Il progresso porta innovazioni finalizzate per gran parte al lucro;
non richieste dalla collettività esse non rispondono alle necessità
né ai desideri diretti, insinuano invece nuovi desideri e necessità.
Il ritmo dell’evoluzione risponde all’evoluzione del capitale, e non
a quello degli uomini, alla ragione di dover guadagnare di più, alla
ragione di dover muovere sempre più le merci e questa frenesia
definisce un tempo che, anch’esso, non risponde al tempo degli
individui.
Una società che progredisca in questo modo è una società infelice.
Il fine della scienza
La ricerca scientifica non
segue un fine sociale condiviso. Va dove la portano i finanziamenti,
che provengono in modo massiccio da apparati economici di mercato, e
per questo definisce strumenti che rispondono prima di tutto alla
necessità di ottenere profitti. Gli OGM (Organismi Geneticamente
Modificati) non nascono dalla constatazione dei problemi alimentari,
più connessi con la distribuzione (ad esempio l’80% dei bambini
malnutriti dei paesi in via di sviluppo vive in nazioni che hanno
eccedenze alimentari
[2]), ma dalla volontà di
concentrare ulteriormente la produzione in ambiti territoriali
controllati e di aumentare la produttività per ettaro e quindi i
profitti di coloro che già oggi producono e vendono.
Il benessere materiale
Il benessere viene inteso e
vissuto come fatto individuale ed ottenuto attraverso l’acquisizione
delle merci. In un’indagine svolta negli USA nel 1997 circa i
desideri e le esigenze degli americani, è emerso che la risposta
alla domanda “cosa rende una vita felice”, è stata per l’85%
relativa all’ottenimento e al possesso di beni materiali (casa di
villeggiatura, piscina, seconda televisione, aria condizionata ecc.)
Non vi è benessere che non si trasformi in merce e non vi è giudizio
che non sia giudizio economico.
La partecipazione
culturale al modello
La meccanica messa in atto da
questo modello sociale fa sì che esso non solo sia condiviso ma
auspicato, desiderato, voluto dalla popolazione di gran parte dei
paesi. Strumento per la diffusione del modello sono le immagini che
pubblicità, video e media trasmettono: un mondo superficiale,
apparentemente senza problemi, apparentemente pieno di sesso, di
potere personale, di colori. Un mondo apparente. La partecipazione è
così profonda che anche quando siano noti gli effetti negativi
comportati essi sono sommersi dalla voluttà del sistema.
Il disinteresse verso le
risorse
Nell’elaborazione dell’
"impronta ecologica globale" (metodo di confronto tra disponibilità
e uso delle risorse) è individuata una disponibilità di unità di
superficie per ogni abitante della terra pari a 2,0-2,2.
Ma l’attuale richiesta è pari a 2,85 unità di superficie pro-capite
(Italia 5,6 unità di superficie a persona contro una disponibilità
di 1,92, USA 12,22 contro 5,57 disponibili)
[11].
Ciò vuol dire che si stanno utilizzando risorse in una quantità del
30% superiore a quelle disponibili e questa eccedenza è verificabile
nella quantità di emissioni inquinanti non recuperate, nella
distruzione dei sistemi naturali, nell’uso delle risorse in maniera
superiore alla capacità rigenerativa delle stesse.
La riduzione della
diversità e l’aumento della disuguaglianza
Mentre, da una parte, si
tende all’annullamento delle diversità tra gli individui, dall’altra
si aumenta la disuguaglianza tra ricchi e poveri: i ricchi divengono
più ricchi e i poveri più poveri. La differenza tra ricchi e poveri
si registra per gli individui, per aree geografiche e per stati.
L’azione sugli stati è il primo meccanismo per portare la povertà
tra le persone. Fare indebitare gli stati, fare avvantaggiare di
questo gruppi interni, mantenere le imprese ricche attraverso il
debito degli stati poveri. Uno dei meccanismi usato per aumentare i
profitti è concentrare il controllo della produzione e del commercio
mondiale in un numero ridotto di soggetti: merci uguali distribuite
in tutto il pianeta.
Il 20% della popolazione mondiale consuma l’86% dei consumi totali.
Il rimanente 80% della popolazione il 14% dei consumi totali. Il 20%
più ricco della popolazione mondiale nel 1961 aveva un reddito di
30 volte superiore a quello del 20% più povero; nel 1991 di 61 volte
superiore; nel 1999 disponeva del 86% del totale del PIL mondiale
mentre il 20% più povero dell’1%
[8]. 2,8 Mld di individui
vivono con meno di due dollari al giorno, 1,2 Mld di individui
vivono con meno di 1 dollaro al giorno e 1,1 Mld sono denutriti
[4].
Nel 1999 nelle piantagioni di ananas Del Monte in Kenya, un
bracciante guadagnava 3.000 lire al giorno (pari al prezzo di 3 kg.
di farina di mais); nel 1998 in Indonesia gli operai che lavoravano
per la Nike erano pagati per 270 ore mensili meno di 64.000 lire
(pari al 31% dei bisogni vitali di una famiglia di 4 persone)
[12]. L’incidenza del costo
della manodopera su di un paio di scarpe Nike è del 1,96% i profitti
degli azionisti il 3,53%, il margine dei dettaglianti del 41,42%, le
imposte del 20,4%
[5].
Negli USA nel 1975 il reddito medio di un dirigente di massimo
livello (strato I) era di 41 volte superiore a quello medio degli
operai e impiegati (strato VIII e IX); negli anni novanta 187 volte
superiore
[8]; l’1% più ricco della
popolazione possiede il 48% del capitale finanziario del paese
mentre l’80% ne detiene il 6%; non è un caso che dal 1973 al 1993 il
reddito del 10% più ricco della popolazione è aumentato del 22%
mentre quello del 10% più povero è diminuito del 21%
[3].
L’aumento dei profitti sulle merci è aumentato esponenzialmente:
fatto 100 il prezzo del caffè, l’87% rimane al nord, il 13% torna ai
paesi produttori (stato, esportatore, grossista, fabbrica di
decorticazione) e di questo solo il 3% va ai contadini; per le
banane solo il 12% torna ai paesi produttori e solo il 4% ai
contadini
[3].
Il numero di persone che soffre la fame e quello che è
sovralimentato è simile: almeno 1,2 Mld di persone. Il 55% degli
abitanti degli USA, il 54% della Russia, il 51% dell’Inghilterra, il
50% della Germania è sovraalimentato; il 56% degli abitanti del
Bangladesh, il 53% dell’India, il 48% dell’Etiopia, il 40% del
Vietnam è sottoalimentato
[13].
Le 200 multinazionali più grandi sono in 9 paesi: Giappone (92), USA
(53), Germania (23), Francia (19)
[10]. Nel 1992 le prime 200
multinazionali hanno realizzato un fatturato pari al 26,7 del PNL
(Prodotto nazionale lordo) mondiale (24,2 % nel 1982) e le prime 10
multinazionali controllano un terzo delle attività detenute
all’estero dalle prime 100 multinazionali. Nel 1992 la General
Motors e la Exxon hanno avuto un fatturato rispettivamente di 132 e
116 Mld di dollari simile al PIL (Prodotto interno lordo) della
Malesia e del Cile rispettivamente 136 e 117 Mld di dollari
[19].
Nel 1989 il 91% della produzione mondiale di automobili era
realizzata da venti multinazionali; il 90% del materiale medico
mondiale da sette multinazionali; l’85% dei pneumatici da sei; il
92% del vetro, l’87% del tabacco e il 79% dei cosmetici da cinque
multinazionali; il 41% delle assicurazioni, il 44% del mercato
pubblicitario, il 54% dei servizi informatici da otto multinazionali
[19].
Prestiti: una
strategia per il controllo sociale
Tra il 1980 e il 1996 i paesi dell’Africa
subsahariana hanno pagato due volte l’ammontare del loro
debito estero; oggi si trovano tre volte più indebitati (253
miliardi di dollari di debito nel 1997 contro gli 84
miliardi di dollari del 1980, nel frattempo hanno pagato 170
miliardi di dollari per oneri del debito).
Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale riscuotono
dai paesi indebitati (poveri) cifre enormemente più grandi
di quelle prestate e attraverso questo cappio controllano la
politica interna dei paesi con gli adeguamenti strutturali
imposti ai singoli paesi (licenziamenti, aperture al mercato
delle multinazionali, ingresso capitali, privatizzazioni)
per avere altri prestiti o delazioni temporali, ne riducono
fino ad annullarla l’autonomia politica e sociale.
Operazioni come “Sdebitarsi” non considerano la funzionalità
del debito rispetto alla gestione da parte dei potenti delle
risorse dei paesi e portano a risultati concreti marginali
ed ad una confusione nelle reali posizioni. La Banca
Mondiale e il Fondo Monetario hanno annunciato di finanziare
con fino a 7 miliardi di dollari iniziative tendenti a
rendere maggiormente sostenibile il pagamento del debito
dei paesi più poveri e indebitati, ma il debito di quei
paesi ammonta a 200 miliardi di dollari e 200 miliardi di
dollari sono svaniti nel mercato borsistico asiatico nel
solo mese di agosto del 1977
[10]. |
Banca Mondiale
Tassello fondamentale per il controllo del
mercato globale. Istituita per finanziare attività nei paesi
“poveri” (il tasso del prestito è stato nel 1993 del 7,5%)
essa è un mezzo per il controllo politico dei paesi e uno
strumento per fare lavorare aziende occidentali
privilegiando quelle statunitensi.
Alla banca aderiscono con sottoscrizioni di capitali circa
170 paesi; essa è controllata dai paesi ricchi (gli USA
controllano il 17,5% delle azioni con diritto di voto, 6,6%
Giappone, 5% Francia, Germania, Gran Bretagna, ecc.; i 45
paesi africani controllano il 4% del totale) e per
l’esattezza dai paesi dove risiedono le maggiori 200
multinazionali; le attività finanziate vengono commissionate
per gran parte ad imprese USA
[14].
La Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale
richiedono, per ottenere nuovi prestiti, adeguamenti
strutturali ovvero misure tese a facilitare l’ingresso nei
paesi di capitali stranieri, ad aumentare la privatizzazione
dei servizi e del patrimonio pubblico, alla riduzione degli
addetti, ecc. intervenendo pesantemente sulle scelte
politiche dei paesi
[15]. |
L’ambiente compromesso, il territorio e
le comunità destrutturati
L’ambiente e le comunità
vengono usate come risorse, materia prima con cui creare profitto. I
beni comuni sono privatizzati acquisiti e rivenduti dove prima erano
gratuitamente fruiti. Al prelievo corrisponde la produzione di
scorie (emissioni inquinanti e ambiti di società emarginati) che
alterano le condizioni complessive del pianeta con effetti
spaventosi sulla salute umana. La cultura viene asservita alla
produzione e concentrata fittiziamente nei paesi forti.
Lo spessore del ghiaccio artico è diminuito dagli anni ‘50 del 42%;
ogni anno la copertura di ghiaccio della Groenlandia perde un volume
pari a 51 chilometri cubi
[13]. L’ultima volta che la
regione del Polo Nord rimase priva di ghiaccio come nel luglio 2000,
fu 50 milioni di anni fa
[4].
In alcune aree del Pacifico e dell’Oceano Indiano il temporaneo
riscaldamento delle acque superiore ai massimi ha provocato la morte
o l’alterazione del 90% delle barriere coralline
[4].
Il deficit mondiale di acqua è stimato in 200 Mld di mc annui (si
preleva acqua senza che si ricarichino i corpi idrici). Gran parte
delle falde mondiali sono inquinate: tra il 50 e il 60% delle
campionature fatte nel mondo rileva la presenza di inquinanti in
concentrazioni sostanzialmente nocive. Sono centinaia i milioni di
persone che bevono regolarmente acque fortemente inquinate
[4]. Ogni anno quasi 5
milioni di persone muoiono per malattie causate da inquinamento
delle acque
[16].
Dal 1751 sono state immesse in atmosfera 271 Mld di tonnellate di
carbonio; dal ‘58 al ‘99 le concentrazioni di anidride carbonica in
atmosfera sono aumentate del 17%
[4]. Ogni anno circa 3
milioni di persone muoiono per inquinamento atmosferico
[16].
Ogni anno la foresta vergine si riduce di 14 Ml di ettari; fra il
1997 e il 1998 gli incendi provocati dagli uomini hanno bruciato in
Amazzonia 5,2 Ml di ettari di foreste, macchia arbustiva e savana;
in Indonesia 2 Ml di ettari di foresta sono andati in fumo
[2].
Circa 6 Ml di ettari si desertificano annualmente (non sono più
coltivabili quasi sempre per una cattiva conduzione agricola); quasi
5 Ml di ettari ogni anno sono occupati dall’espansione degli
insediamenti.
L’84% della ricerca viene attuata in 10 paesi e il 95% dei brevetti
è controllato dagli USA
[16].
Secondo gli
USA l’etichettatura degli OGM rappresenta un’illecita
barriera commerciale
Gli USA non si limitano ad opporsi alle
restrizioni sugli OGM, ma usano il WTO per contrastare
l’etichettatura degli alimenti geneticamente modificati. Gli
USA sostengono che l’etichetta creerebbe pregiudizi nei
consumatori e costituirebbe una “illecita barriera
commerciale”.
Dietro pressioni dell’opinione pubblica gli USA “moderano”
in qualche modo la propria posizione, accettando
l’etichettatura obbligatoria di alimenti contenenti OGM, ma
solo “nella misura in cui il nuovo alimento mostri di aver
subìto importanti cambiamenti dal punto di vista della
composizione”, trascurando che, di fatto, gli OGM implicano
per definizione mutamenti genetici e hanno subìto
“importanti cambiamenti dal punto di vista della
composizione”
[7]. |
Il passo
successivo della logica dei brevetti
La Monsanto ha brevettato semi che non
possono riprodursi. I semi sterili, soprannominati
terminator, possono essere attivati utilizzando una sostanza
chimica, e la semenza prodotta dal raccolto non potrà mai
germinare. E’ facile pensare le conseguenze di questa prassi
se si pensa che in questo modo gli agricoltori sono
costretti a comprare per ogni semina i prodotti della
Monsanto; per di più, è possibile che i raccolti terminator
possano accidentalmente impollinare le piante normali.
Nel 1996 negli Stati Uniti circa due milioni di acri sono
stati piantati con una varietà di cotone geneticamente
modificato della Monsanto, chiamata “Bollgard”. Questo tipo
di cotone è una varietà transgenica ingegnerizzata con DNA
ricavata da un microrganismo del suolo per produrre proteine
velenose contro un parassita del cotone. La Monsanto ha
imposto agli agricoltori una “tassa tecnologica” in
aggiunta al prezzo delle sementi dalla quale ha raccolto in
un solo anno 51 milioni di dollari. Ma, al contrario di
quanto assicurato, la diffusione del parassita nelle
coltivazioni geneticamente modificate è stata 20-50 volta
superiore di quella che si verifica per impianti
tradizionali
[7]. |
E’ vietato ai
paesi limitare il commercio di prodotti ottenuti con il
lavoro minorile o con il lavoro coatto
Le commissioni del GATT (General Agreement on
Tariffs and Trade, espressione degli accordi internazionali
che preludono all’istituzione del WTO- World Trade
Organisation) per la risoluzione delle controversie
decretano che le merci non possono ricevere un trattamento
commerciale diverso a seconda del modo in cui siano state
prodotte o raccolte. La possibilità di distinguere tra
metodi di produzione è indispensabile per la difesa
dell’ambiente in parte basata sulla possibilità di
trasformare le condizioni e i processi entro cui si
producono le merci e si coltivano, si raccolgono, si
lavorano i prodotti della terra.
In ragione di questa norma ad esempio gli USA non potrebbero
bandire i palloni di calcio fabbricati in Pakistan, che
l’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) documenta
come frutto del lavoro di bambini in condizioni di sopruso.
Inoltre l’accordo fa espressamente divieto ad ogni paese del
WTO che abbia sottoscritto l’accordo di impedire contratti
governativi con imprese che violano i diritti del lavoro,
dell’uomo e dell’ambiente.
La merce è giudicata rispetto alla sua funzione: un pallone
di calcio è un pallone di calcio, a prescindere dalle
condizioni della sua produzione
[7]. |
Biopirateria
sul riso
Il produttore texano RiceTec ottiene nel 1997
un brevetto per il riso Basmati, pur ammettendo nella
domanda di brevetto che in India e in Pakistan il Basmati è
coltivato da generazioni. RiceTec si è limitata a modificare
leggermente il riso tradizionale indiano. Il fatto suscita
forti proteste a Nuova Delhi, poiché il Basmati rappresenta
un importante prodotto da esportazione per l’India.
In base all’accordo TRIP, l’India deve far rispettare i
diritti derivanti all’azienda americana dal brevetto, a
danno dei coltivatori indiani
[7]. |
L’uomo oggetto del mercato
La sopravvivenza è divenuta
l’obiettivo degli uomini; non si cercano più condizioni di benessere
comune ma soluzioni individuali all’interno del mercato. Estratto
dalla società e dall’ambiente l’individuo non vive ma sopravvive.
Egli è principalmente usato dal mercato che commercia sulle sue
necessità, sui suoi desideri, sulla sua salute.
I paesi ricchi e i ricchi dispongono di molte più cure di quante ne
abbiano i poveri; essi, costituendo la domanda di medicina,
indirizzano la ricerca e le offerte dei prodotti: ci si interessa
così molto di più dei malanni (anche non gravi) delle popolazioni e
degli anziani facoltosi di quanto non ci si interessi dei milioni di
persone che ogni anno muoiono di vaiolo o morbillo.
La Dal Monte, qualche anno fa, ha dimostrato come si possa ribaltare
la realtà e farla divenire una qualifica della merce, per quanto
brutale essa possa essere. Le grandi compagnie stimolano la
produzione di una monocoltura in ampi territori convincendo gli
agricoltori ad abbandonare sistemi e colture tradizionali con
finanziamenti o assicurazioni sulle vendite. L’area diviene succube
di un mercato che non è gestito dalla comunità locale ma dalla
compagnia che, raggiunta la dipendenza di quei territori, stabilisce
il prezzo del prodotto e quindi massacra a propria convenienza prima
l’economia e poi la società locale. La Del Monte stabilisce prima i
prezzi e poi il livello di qualità delle banane filippine; quando il
mercato è pieno giudica di cattiva qualità anche il 50% del prodotto
mentre quando la domanda è elevata arriva fino al 5%
[3]. Questa oscillazione,
indipendente dalle condizioni locali e motivata esclusivamente
dall’interesse della compagnia, che produce miseria e disperazione
tra la popolazione, è divenuta una pubblicità “l’uomo Dal Monte ha
detto sì”, nota ed usata anche al di là dell’uso strettamente
commerciale.
Il timore di
una causa presso il WTO induce la Corea del Sud ad abbassare
gli standard sulla sicurezza dei cibi
Nel 1995 gli USA minacciano di denunciare al
WTO una normativa della Corea del Sud che prevede lunghe
procedure di controllo sulla frutta d'importazione.
L'avvertimento in realtà è rivolto indirettamente a Cina e
Giappone. Il governo coreano dichiara che il problema è
stato gonfiato, che il giudizio del WTO dovrebbe essere
invocato su questioni di grande rilievo e non su inezie,
considerati i costi che la procedura comporta. Le spese che
si devono affrontare per sostenere una causa presso il WTO
sono motivo di grande preoccupazione, specie per i paesi più
poveri. Così quando gli USA inoltrano la denuncia la Corea
del Sud accetta di patteggiare, giudicando più conveniente
abbassare gli standard di sicurezza alimentare che misurarsi
con gli USA. Nell'aprile del '95 i tempi delle procedure di
controllo sulla frutta importata sono ridotti da 25 a 5
giorni
[7]. |
Le minacce
statunitensi inducono la Tailandia ad abbandonare la
politica sui prezzi per un accesso diffuso ai farmaci
Dopo sette anni di pressioni e minacce, la
Tailandia finisce per modificare la sua legge sui brevetti
del 1992. La commissione di controllo sui farmaci, che era
stata istituita come strumento per la sanità pubblica, aveva
fatto abbassare il prezzo dei farmaci salvavita come il
flucanozole, usato per il trattamento di una forma di
meningite che in Tailandia colpisce un malato di aids su
cinque. La commissione aveva autorizzato tre aziende
farmaceutiche locali a produrre il farmaco, portandone cosi
il costo dai 14 dollari per la dose giornaliera, richiesti
dalla distributrice Pfizer, ad 1 dollaro. Altri farmaci anti
aids, applicando le stesse misure, passarono da un costo di
324 a soli 87 dollari. Benché questo tipo di licenza sia
consentito dagli accordi Trip, gli USA giustificarono la
loro accanita campagna contro la legge tailandese
dichiarandola non conforme all'accordo e sostenendo che
l'esistenza stessa della commissione di controllo sui
farmaci è incompatibile con il WTO
[7]. La vicenda del
controllo del mercato delle medicine, nonostante il buon
esito avuto con la vicenda AIDS-Sudafrica, non è
assolutamente risolta. |
Minacce alla
UE per la normativa deglistandard sull'inquinamento
Negli anni scorsi l'Unione Europea propone di
bandire entro il 2004 i prodotti elettronici che contengono
piombo, mercurio, cadmio, cromo esavalente e ritardanti a
fiamma alogena, e di varare una legge che imponga la
presenza di un 5% di materiale riciclato nelle componenti
plastiche dell'elettronica; inoltre di imporre alle aziende
di farsi carico del recupero e dello smaltimento delle
attrezzature elettroniche dismesse.
L'industria elettronica (l'AEA) e il governo degli Stati
Uniti sferrano un'offensiva in grande stile contro questa
proposta. L'AEA accusa la UE di violare un certo numero di
norme WTO, e aggiunge la sbalorditiva affermazione che non
esistono prove che i metalli pesanti, come il piombo,
rappresentano una minaccia per la salute umana e per
l'ambiente. |
|
4.
L'esito ricercato: l'asservimento delle comunità
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Le modificazioni del
clima
La temperatura complessiva
del pianeta sta aumentando in ragione di fenomeni innescati
dall'uomo (effetto serra, produzione di calore, ecc.). Il rischio
maggiore è quello che debbono affrontare le comunità localizzate già
oggi in condizioni ambientali estreme o in ambiti particolarmente
sensibili all'innalzamento delle temperature (vicinanza ai deserti,
scarsezza di risorse). Ma la principale condizione derivante dalla
modificazione è l'aumento della imprevedibilità delle condizioni
climatiche e la violenza del loro manifestarsi. Le "grandi
catastrofi naturali" negli anni ottanta furono 20, negli anni
novanta 86 (eventi connessi al clima - quali uragani, inondazioni,
frane - sono stati l'80% del totale) ed hanno provocato la morte
negli ultimi quindici anni di 561.000 persone di cui solo il 4% nei
paesi industrializzati
[4], nonché danni
all'agricoltura, difficoltà a mantenere l'agricoltura tradizionale,
necessità di investimenti per ricostruire e per rendere indipendente
l'agricoltura dagli eventi naturali (serre, industrializzazioni
etc). Una comunità che non può regolarsi autonomamente con il clima
è asservita.
La carenza di acqua
I consumi di acqua nel mondo
continuano ad aumentare. L'agricoltura moderna industrializzata
monocolturale, disinteressata all'ambiente, richiede una quantità
crescente di acqua. La disponibilità si riduce, i costi aumentano,
il controllo della risorsa è fondamentale. I forti privatizzeranno
il bene comune acqua e gestiranno la sua disponibilità. Una comunità
senz'acqua è asservita.
L'aumento della
popolazione e l'alimentazione
Le Nazioni Unite prevedono
per i prossimi 50 anni l'aumento della popolazione del pianeta di 3
Mld di individui (dagli attuali 6 ai 9 Mld). La superficie coltivata
pro-capite si ridurrà ulteriormente. Vi sono dei paesi come la
Nigeria dove si passerà da 0,15 ettari a 0,07 per il solo aumento
del numero della popolazione, senza considerare gli effetti
dell'innalzamento delle tem perature e della carenza di acqua sulla
grande quantità di terreni aridi e semiaridi. Sarà necessario
aumentare la produzione nelle aree già produttive che non saranno
interne al paese. Negli ultimi venti anni il commercio mondiale dei
prodotti agricoli (esportazioni / importazioni) è più che
raddoppiato (2): i paesi in via di sviluppo importano alimenti di
base (necessari alla sopravvivenza) ed esportano prodotti
particolari (di "benessere": frutta esotica, caffè, cacao, ecc.) che
hanno sostituito tutte le altre coltivazioni, le quali dipendono dal
mercato globale e sono suscettibili (vedere la vicenda della
cioccolata) a qualunque taglio da parte degli importatori. Una
comunità che non produce quello che mangia è asservita.
L'impossibilità di
scegliere
Nonostante il riconosciuto
problema ambientale nessun consumo, nessuna emissione è diminuita
nell'ultimo decennio. Consumi di combustibili fossili: 7.150 Ml di
Tep (tonnellate equivalenti petrolio) nel 1990, 7.647 Ml di Tep nel
1999; produzione autoveicoli: 36 Ml nel 1990, 39 MI nel 1999; numero
autoveicoli circolanti: 445 Ml nel 1990, 520 Ml nel 1999;
esportazioni pesticidi: 9 Mld di dollari nel 1990, 11,4 Mld di
dollari nel 1998, ecc.
[2]
[4]
[13]
[17].
Questa esponenziale e continua crescita è conveniente per i
produttori di merci ma non lo è assolutamente per le comunità. Una
comunità che non ha la possibilità di scegliere è una comunità
asservita.
Il potere economico si
sostituisce a quello politico
Il capitale privato ha
permeato la struttura amministrativa sia fisicamente (ad es.
nell'amministrazione Clinton il Ministro del Tesoro, il direttore
della Banca Mondiale e molti altri ruoli erano ricoperti da tecnici
già gestori di grandi multinazionali), sia come obiettivo (gli
eletti si interessano sempre più al mondo degli affari la cui
soddisfazione è finalità obbligata e condizione indispensabile della
loro esistenza)
[15]. Anche in ragione di
questo qualunque alternativa parlamentare non muta le condizioni e
l'ambito operativo dell'economia, non intacca le scelte dei grandi
capitali. La ragione dell'interesse nei confronti delle grandi
proprietà private che si propongono come gestori di paesi risiede
appunto nel fatto che attraverso il loro successo si confermerebbe
la possibilità di acquisire direttamente da parte del capitale non
solo le attività ma le persone che in un paese sussistono. Una
comunità che non gestisce la propria politica è asservita.
La dipendenza
Individui incapaci di
autogestire la propria esistenza, comunità non connesse al
territorio, disinteressate all'ambiente, dipendenti da politiche e
da organizzazioni esterne, senza strumenti, parti di un processo
produttivo e di mercato in cui non incidono, questo è lo scenario
che si sta costituendo. Un sistema regolato da pochi con una umanità
dipendente da un modello che gli toglie l'autonomia. Rendere
dipendente l'umanità è il principale sistema per asservirla.
|
5.
Le modalità di risposta
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Il potere e il suo doppio
Gran parte delle informazioni
contenute in questo testo sono elaborate da organismi internazionali
controllati dallo stesso mercato che provoca i problemi trattati. E'
abbastanza frequente trovare nei documenti dell'ONU e degli
organismi in cui si articola (nonché, cosa ancor più incredibile, in
quelli della Banca Mondiale che con la sua politica ha contribuito
alla povertà mondiale) accenni sulla necessità di ridurre i debiti
dei paesi o sulla necessità di conservare l'ambiente e le comunità.
Gran parte delle persone che si interessano intelligentemente di
tale problema non riescono ad individuare le motivazioni prime di
questo modello, ed in particolare non vi riesce la maggior parte
degli intellettuali americani, nonostante facciano una analisi della
situazione molto corretta; si assiste così alla predisposizione di
soluzioni che sono definite all'interno del sistema esistente,
mettendo a loro presupposto quegli stessi caratteri che sono alla
base dell'attuale modello e che ostacolano qualunque soluzione
migliorativa (in particolare il mercato e i profitti che esso
produce viene considerato come situazione di partenza da regolare e
non da eliminare nelle attuali forme).
Tra integralismo e
compromesso
Il sistema non funziona ed è
facile prendere le distanze da esso, ma se la distanza è troppo
profonda si rischia di perdere i contatti con il resto degli
individui e di scegliere una pratica persecutoria nei confronti di
coloro i quali sono vittime (seppur spesso coscienti) del sistema.
E' dunque necessario trovare un fare politico che non avvii forme di
integralismo ma che con fermezza manifesti la possibilità di
soluzioni diverse senza cedere ai compromessi maggiormente presenti
sia nella pratica della relazione che in quella
dell'autoreferenzazione.
La trappola della
violenza
Comprendere la situazione,
individuare le responsabilità, avere consapevolezza di come la
sofferenza dell'intera umanità dipenda dall'interesse di pochi, e di
come questi incidano anche a livello minimale sulle quotidianeità e
indirizzino fortemente i destini anche personali con strafottenza.
E' una consapevolezza irritante, la reazione più immediata è il
desiderio di fare pareggiare almeno una volta i conti. Ma i conti
non si pareggiano facendo azioni gratuite, o inutilmente plateali e
chi non riesce a controllare la propria rabbia deve rimanere a casa.
Il perseguimento di una violenza liberatoria e quindi non motivata,
non condivisa assemblearmente e unanimemente, non strategica, non
specifica e non imprescindibile non solo è inutile ma nocivo. E'
nocivo perché militarizza il movimento, perché concentra
l'attenzione sull'azione violenta riducendo il significato della
conflittualità, perché si presta a favorire un eroismo di piazza e
una cultura dell'atto saltuario, raccontabile, letterario (gli eroi
giovani). E' nocivo perché spesso è desiderato, voluto, supportato,
difeso, promosso dai governi che già in passato, ed in modo
particolare in Italia, hanno sperimentato il vantaggio ricavabile
dallo spostare l'argomento del contendere sul confronto violento
dello scontro.
L'atto violento, se svolto all'interno delle manifestazioni, è un
atto autoritario in quanto imposto da una minoranza, non discusso
comunemente, ma difeso dalle presenza del corteo; è insulso in
quanto gli obiettivi non sono rappresentativi ma solo evocativi; è
pericoloso perché attuabile, in quanto svolto in incognito, da
chiunque anche per interessi diversi da quelli palesati.
L'azione più forte non è la più violenta.
La necessità di
intelligenza
E' necessario percorrere
cammini che non siano prevedibili. Evitare il confronto in terreni
scontatamente perdenti ed evitare di cadere in trappole tese. E'
necessario assumere atteggiamenti lucidi che promuovano azioni che
effettivamente infastidiscano e limitino la prevaricazione di questo
modello, azioni che siano comprese e partecipate dalle comunità e
dagli individui. Quando Gandhi, sebbene nell'ambito limitato di un
movimento per l'indipendenza, individuò nell'acquisizione dei
vestiti dagli inglesi uno dei meccanismi per consolidare il potere
coloniale, non invitò a distruggere i depositi delle compagnie ma
invitò a farsi, come tradizione indiana, i vestiti da soli e
quest'azione, sentita e condivisa, iniziò a scardinare il potere
costituito. E il colonialismo inglese sugli indiani e nel mondo non
era sicuramente meno pesante e invasivo del potere della
globalizzazione.
Azioni coerenti
La limitazione dell'efficacia
dei movimenti è connessa anche alla mancanza di coerenza che i suoi
appartenenti mostrano. Automobilisti irriducibili, tifosi,
puttanieri, accumulatori di denaro, gratuitamente violenti,
dogmatici, non possono ipotizzare di scardinare un sistema che si
fonda proprio su questo tipo di atteggiamenti. Essere conflittuali
comporta anche avere una modalità di vita incoerente con i dogmi
della società criticata; comporta avere una omogeneità tra mezzi e
fini.
I Lakota americani sono riferimento di un modo di vita diverso. Se
avessero militarmente vinto e quindi avessero mostrato una
efficienza militare superiore a quella degli occupatori sarebbero
stati più yankee di loro. Ciò non significa che chi perde è
migliore, ma che se si vince con armi infami è una vittoria infame
quella che si conquista.
Recuperare il senso
dell'agire individuale
Dopo anni di strutturazione
di organizzazioni e di attesa di grandi strategie politiche
all'interno dei movimenti di opposizione è necessario recuperare il
senso dell'agire individuale ovvero la coerenza e la capacità di
incidere anche individualmente.
Questo sistema avendo destrutturato gli organismi politici e
amministrativi cerca un'interlocuzione da persona a persona. La
cerca perché ritiene, rispondendo alle medesime logiche che hanno
tarpato le sinistre, che l'individuo disorganizzato sia più facile
da gabbare che l'individuo organizzato. Ma se l'individuo non
organizzato è più cosciente di quanto la sua presenza all'interno di
una organizzazione fatta di deleghe possa richiedere e prevedere, il
confronto diviene a tutto svantaggio del sistema in quanto, in
questa condizione, dovrebbe contrastare non uno ma infiniti leader.
Il relazionarsi
coordinato di individui
In questo quadro ancor più
evidente appare l'incredibile limitatezza del sistema delle deleghe.
Le deleghe di fatto riducono il peso delle singole posizioni in
quanto omogeneizzano nella loro reiterazione le posizioni e trovano
tra esse il comune denominatore. Il passaggio dalla base al capo del
governo, o al capo di una opposizione, ha decine di livelli di
delega e quindi di compromissione in cui le minoranze, di volta in
volta, divengono sempre meno incidenti sulle scelte operate.
Il partito, il movimento organizzato, le avanguardie, l'imposizione
delle linee, i leader, le carriere politiche compongono uno scenario
cupo da cui è necessario liberarsi anche se si ritiene che un'azione
strutturata gerarchicamente sia maggiormente efficace: potrà pure
esserlo ma al prezzo di snaturare gli obiettivi e le forme di
partenza. L'agire individuale si coordina in un agire comune con
relazioni paritetiche, non gerarchiche e non impositive. Un modo di
relazionarsi da cui può anche scaturire una organizzazione, ma una
organizzazione "leggera" in cui vi sia autonomia e responsabilità
delle scelte e che sia retta dal comune denominatore della coerenza
e dell'obiettivo di criticità rispetto alle situazioni.
Ridurre, rallentare,
riflettere
Una azione imprescindibile è
ridurre i consumi ed in questo gli abitanti del mondo occidentale
hanno una grande possibilità di essere attivi. Ridurre gli acquisti
riduce la richiesta di merci e l'importanza del mercato, riduce lo
spreco di energia; rallentare i tempi delle azioni e degli
spostamenti, visto che più velocemente ci si muove e più si consuma:
la trappola del tempo è strumento di mercato; riflettere sulle cose
che si fanno, su ogni gesto, sul come e il perché si compie.
Nell'acquisto operare una distinzione critica tra le merci,
boicottare i prodotti non corretti (eticamente, socialmente,
ambientalmente), indirizzare il mercato. Acquisire prodotti da
soggetti conosciuti, piccoli produttori, e non dalle multinazionali.
Individuare e sostenere
delle realtà che per la loro esistenza sono dei limitatori del
sistema
Vi è una diffusa serie di
azioni che, anche solo per essere attuate, limitano la diffusione
del modello. Ad esempio l'autoproduzione dei cibi o la riparazione
dei prodotti. Tali azioni possono essere svolte dalle persone più
diverse, ma sono intrinsecamente conflittuali, anche senza diretta
consapevolezza, nei confronti dei princìpi che regolano questo
modello.
Sostenerli è fondamentale.
Contribuire alla
ricomposizione delle comunità
Stare nei luoghi,
relazionarsi con essi e con le comunità, utilizzare le capacità
tecniche di esse e mettere a disposizione le proprie. Contribuire a
renderle autonome o maggiormente indipendenti.
Confrontarsi, uscire
dalle case, parlare, sentire, inventare
Parlare delle cose
semplicemente, con chiarezza, stimolando proprio quelle persone che
sembrano avere già preso una posizione allineata.
Contribuire a togliere i pregiudizi e le abitudini indotte.
Ritornare ad essere soggetti attivi, propositivi, disponibili. La
propria presenza, il proprio essere è un elemento politico
fondamentale che trova modo di sostenere ipotesi alternative al
modello dato se relazionato creativamente e positivamente con altri.
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[1] UNDP (1998), Rapporto
1998 su Lo sviluppo Umano. I consumi Ineguali, Rosemberg & Sellier,
Torino
[2] Brown L.R., Flavin C., French H. (2000), State of the World
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[3] Gesualdi F. (1999), Manuale per un consumo responsabile,
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[4] Brown L.R., Flavin C., French H. (2001), State of the World,
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[8] Gallino L. (2000), Globalizzazione e disuguaglianze, Editori
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[12] Centro nuovo modello di sviluppo (2000), Guida al consumo
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[13] Brown L.R., Renner M., Halweil (2000), Vital Signs, Edizioni
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[15] Chossudovsky M. (1998), La globalizzazione della povertà,
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[16] UNDP (1999), Human development Report 1999, Oxford University
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[17] The economist (1999), Il mondo in cifre 1999, Interazionale
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[18] Amoroso B. (1996), Della globalizzazione, Edizioni La
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[19] Andreff W. (2000), Le multinazionali globali, Asterios Editore,
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Altri riferimenti
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