Giuseppe Garibaldi (1807 –1882)
Generale e uomo politico

Giuseppe GAribaldi

Personaggio grande, semplice, integro, più puro del mito che altri gli crearono intorno. Non solo il suo paese, ma molti uomini di lontani mondi videro in lui un uomo d’eccezione, per tutto ciò che all’umanità egli ha dato e aggiunto di bene.
In poche hanno raggiunto tanta gloria, cui il tempo ha dato colore di favola e forza di mito.
Era di statura media; gli occhi gli si illuminavano nel sorriso; fu sempre estroso nel vestire; seguiva il suo istinto, il suo fiuto e in questo senso fu il più romantico e affascinante tra gli uomini del suo tempo.
 
Riusciva simpatico a tutti, cantava bene le canzoni popolari e le romanze d’opera: aveva una voce baritonale che fu il veicolo magico delle parole che pronunciò ai soldati, alle folle e alle donne. Animo vibrante, quel che sentiva traduceva in azione.
 
Amava la caccia. Nel 1855, tornato a Nizza dopo quattro anni d’esilio a New York e dopo lunghi viaggi in Cina ed in Australia, scriveva ad un amico: " Penso di andare in Sardegna a vedere come stanno le beccacce ".
 
Alexandre Dumas, l’autore del "Conte di Montecristo", divenuto suo amico, racconta la conquista delle Due Sicilie, poi stampa (riscrive?) le memorie del Generale Garibaldi e pubblica un libro dedicato ai garibaldini.
 
Victor Hugo scrive di lui: E’ un uomo, niente altro. Ma un uomo in tutta l’accezione sublime del termine. Uomo della libertà, uomo dell’umanità. " Vir ", direbbe il suo compatriota Virgilio.
 
La sua fama è così grande che nel 1861 il Presidente americano Abramo Lincoln gli offre il comando di un corpo d’armata nordista contro le truppe sudiste. Appena vengono a conoscere la proposta di Lincoln, i patrioti scongiurano Garibaldi di rimanere e di portare a termine l’unificazione dell’Italia.
 
Nel 1863, su invito ufficiale del Primo Ministro Palmerston , giunge in Inghilterra. Alla stazione di Nine Emls di Londra, le delegazioni di garibaldini inglesi, gli italiani, i rappresentanti di tutte le leghe – antialcoliche, antischiaviste, repubblicane, ecc. – circondate da decine di migliaia d’anonimi gridano il loro entusiasmo. La vettura su cui Garibaldi prende posto è seguita da fanfare, calessi, portatori d’orifiamme e gonfaloni. Acclamato da mezzo milione di persone la sua carrozza impiega sei ore per giungere a Stafford House. Gli rende omaggio anche il Principe di Galles, il futuro Re d’Inghilterra Edoardo VII. La Regina Vittoria si dichiara " quasi vergognosa di governare una Nazione capace di simili follie."
 
Morirà a Caprera il 2 Giugno 1882 ed in tutto il mondo la notizia occuperà la prima pagina dei giornali. Avrebbe compiuto i settantacinque anni un mese dopo. Lasciò scritto di bruciarlo sopra una grande catasta di legno poco distante dalla casa e che un pugno delle sue ceneri fosse conservato in un urna qualunque e poste nel sepolcro che conservava le ceneri delle sue bambine Rosa e Anita.
 
Questa sua volontà non fu rispettata.
 
Tumulate le sue spoglie, sopra di esse fu posta una pietra di granito grezzo, pesante più di tre tonnellate.
Sopra vi è incisa una semplice stella, quella dei Mille, e un nome: Garibaldi.
Nessuna data.
Nessuna scritta.
Quel nome ha, da solo, il valore di leggenda
 
 
Enrico Gerosa