Papa Pacelli, PIO XII, era un dotto, con
opinioni risolute, sperimentato nell'alta diplomazia politica, un
protagonista nel periodo della Guerra Mondiale e un protagonista assoluto
nel periodo del dopoguerra in Italia con la sua personale guerra al
comunismo condotta con ogni mezzo a disposizione. Ma l'arma della condanna
morale fu la piu' tremenda, scomunico' tutti i comunisti e quelli che
avevano votato comunista, indicandoli come "anticristi", uomini del "mondo
del male", "i senza Dio".
Il Cardinale Ruffini in Sicilia reclamo' e scrisse addirittura al Ministero
degli Interni di mettere fuori legge i comunisti che stavano invadendo
l'Isola.
Il Cardinale Ottaviani chiamo' "traditori" quei democristiani siciliani che
avevano dato vita a una giunta con l'appoggio proprio dei comunisti, ed e'
ancora lui il 4 aprile del 1959 a rinnovare la scomunica del 1949 ai
comunisti, che estende ai socialisti e ai democristiani ribelli.
Ancora il 18 maggio 1960 l'Osservatore Romano preoccupato dai
politici democristiani che stanno inventandosi un centrosinistra, intima a "sottomettersi
al giudizio dell'autorita' ecclesiastica".
Il Cardinale Lercaro a Bologna fece suonare le campane a morto perche'
la giustizia italiana aveva condannato il vescovo di Prato che aveva
diffamato in pubblico e chiamato "pubblici peccatori e concubini" una coppia
che si era sposata civilmente con il diritto costituzionale vigente.
L'Arcivescovo di Bari nel 1960 non fece partecipare alla grande festa
cittadina del patrono San Nicola, l'intera giunta con il sindaco in testa
perche' di sinistra. Per lui i governanti della città di fatto con le
disposizioni vigenti risultavano tutti scomunicati e vietava loro di
partecipare ai festeggiamenti con la cittadinanza, che quel sindaco e quella
giunta avevano votato.
Insomma Pio XII, lui e la sua vecchia
gerarchia, s'arrovello' cercando di rendere realta' la sua volonta' di
potenza e morto lui aveva lasciato degni seguaci che ostacoleranno non solo
Giovanni XXIII ma anche il suo successore, Paolo VI.
Pio XII è indubbiamente la figura di papa piu' significativo e incisivo
negli eventi di questo secolo, i piu determinanti nella politica italiana,
di prima e dopo la guerra. Ma quando arrivo' Papa Giovanni, Pio XII a fine
del '58, stava già scivolando nella penombra, nonostante il decennale zelo
della sua creatura:
LUIGI GEDDA.
Gedda era un uomo molto capace (nato nel 1902, era un esperto di genetica di
fama internazionale), ma aveva un ambizioso progetto, anche se era
interamente subordinato alla strategia pacelliana. Un uomo iperattivo
(presiedente dell'AC giovanile nel 1934, generale nel 1946) che iniziò a
guidare come un vero generale le legioni dell'Azione Cattolica, le "armate
di Cristo" con proclami guerrieri e di martirio ("per la nostra fede se
necessario daremo il sangue").
E' anche l'uomo che promuove dentro le case e nelle piazze (mogli e
sorelle dei comunisti sono tutte legate alla chiesa), il "sovversivismo"
psicologico con il Microfono di Dio di LOMBARDI, che evoca davanti alle
folle e alla radio scenari "rossi" apocalittici . E' Gedda nelle elezioni a
inventarsi e coordinare i Comitati civici in 19.000 parrocchie, a guidare
3000 attivisti, lui lo stratega e l'infaticabile onnipresente regista delle
elezioni del '48, dell'anno Mariano e dell'Anno Santo. Era presente in cielo
in terra e in ogni luogo, e le elezioni del '48 - in sostanza- fu lui a
vincerle. Da 8.101.000 presi nel '46 fece il pieno con 12.741.000 battendo
il Fronte Popolare.
Si voleva insomma riconquistare il potere temporale, evitare di far vincere
i comunisti e a De Gasperi allarmato che temeva la sconfitta (aspri furono i
dissidi con Pio XII) gli dissero che non si doveva preoccupare per
l'elettorato, "ci pensera' Gedda con le sue Crociate del Grande Ritorno".
Ma fu tutto un fallimento, siamo fuori dei tempi, De Gasperi accusera'
fastidio con la presenza costante di Gedda in ogni luogo dove giungeva; se
c'era un comizio Gedda gli mobilitava le folle, 80.000 qui', 100.000 la',
spostava i reggimenti, le sue "armate", le sue "legioni della fede".
GIUSEPPE DOSSETTI non resiste, ma nemmeno De Gasperi; però quest'ultimo
critica Gedda ma ne accetta i benefici; Dossetti invece polemicamente
preferì andarsene in convento, e perfino GUALA un pio uomo, messo a dirigere
la televisione italiana scelse la stessa strada,si fece frate.
Fra il '53 e il '59 c'e' il tramonto
della strategia pacelliana (con suo "grande dolore e tristezza" - vedi link
di GEDDA già segnalato sopra) proprio con la fine dei metodi disinvolti e
fino allora utili di Gedda che verra' (pochi mesi dopo la morte di Pio XII)
messo subito da parte il 24 giugno del '59. Un uomo diventato inviso a tutta
la politica italiana, alla stessa DC, che ringrazia il "Cielo e Gedda" che
gli ha spianato la strada, poi dice a lui e ai suoi seguaci, adesso fatevi
"tutti" da parte.
Ed e' il declino di tutto l'apparato di Gedda e delle sue crociate che hanno
fatto -dicono i parvenu- solo danni. Ma e' anche la disgregazione di tutto
il pontificato di Pio XII che viene appannato e isolato in questo "suo"
mondo "chiuso", dove la sua battaglia contro il laicismo e' ormai persa,
anzi causò un boomerang. Pio XII ne era già cosciente prima ancora di
morire; ma non cercò un rapporto diverso con la nuova realta' del mondo, e
il mondo con queste nuove realta' gli si era ribellato. Ma attenzione, e' lo
stesso mondo cattolico a ribellarsi. Sta iniziando il "dissenso cattolico",
una frattura dentro l'Azione Cattolica e la Chiesa, che dall'ortodossia
assoluta che aveva caratterizzato l’Azione Cattolica durante il fascismo e
l’azione dei Comitati Civici nel '48, successe un periodo nel quale, a causa
del cattivo esempio della Democrazia Cristiana ("per la quale sono stati
fatti tanti sacrifici, ma non è più nostra...") prevalse la linea di
rispettare la democrazia qualunque essa fosse; "...ora lavorano per le
intese con i comunisti" (Pio XII, Ib. - Vedi GEDDA).
I Padri conciliari che elessero ANGELO RONCALLI, dopo la imponente figura del papa precedente, vollero un periodo pacifico, un uomo mite, condiscendente, non piu' giovane (aveva 77 anni) nonostante Pio XII avesse gia' designato GIOVANNI MONTINI e gli stessi padri conciliari lo avevano gia' indicato come suo successore.
La vocazione di Roncalli, sembra essere quella della cura delle anime. Nel Conclave di apertura, il Cardinale Segretario Antonio Bacci traccia il profilo di quello che dovrebbe essere il nuovo papa "Eminentissimi padri, non un papa dotto, dev'essere soprattutto un pontefice santo".
Angelo Roncalli pochi sanno chi e', non ha mai fatto parlare di se', non e' un anticonformista, non e' un progressista, e' animato da una fede genuina pastorale da curato di campagna, ed e' quello che ci vuole in questo periodo. E' quello che pensano dentro una certa lobby curiale nell'eleggerlo. Un papa di "transizione", un papa "pausa", un papa "tregua", dopo il grande potere di Pio XII, in cui ha esercitato un'egemonia assoluta verticale e orizzontale su tutto il clero, chiedendo una totale sottomissione tradottasi poi in soggezione.
Ma gia' nei suoi primi passi, Giovanni
XXIII cambia stile, da mite diventa quasi rivoluzionario. Si muove e parla,
e anche molto; affermerà " C'e' chi aspetta dal pontefice l'uomo di
Stato, il diplomatico, lo scienziato, l'organizzatore della vita collettiva,
ovvero uno dall'animo aperto a tutte le forme di progresso della vita
moderna. Venerabili fratelli e diletti figli, tutti costoro sono fuori dal
retto cammino. A noi sta a cuore in maniera specialissima il compito di
pastore di tutto il gregge".
Parla e si muove nel gregge.
Per la prima volta fa cadere il "muro"
del Vaticano e va' fuori Roma partendo da una stazione -quella Vaticana- da
dove non era mai partito un treno, nè poteva farlo visto che era stato
costruito un cavalcavia in territorio italiano.
Prima parte per Loreto, poi ad Assisi; lungo il percorso anche dove non si
fermava il treno, nelle stazioncine, nei passaggi a livello, ma anche in
aperta campagna, una folla immensa. Poi al ritorno va' in giro per Roma,
visita gli ammalati negli ospedali, va a trovare i detenuti di Regina Coeli,
ma soprattutto appare in televisione e parla; in Piazza San Pietro le
domeniche sempre più affollata, parla; famosa quella domenica in cui
concluse un suo discorso con "..Ritornando a casa, date una carezza ai
vostri bambini e dite loro che questa è la carezza del papa".
E' il fattore che hanno trascurato chi pensava di tenerlo come ostaggio
dentro il colonnato di San Pietro, hanno cioe' trascurato i media, che
moltiplicano gli effetti di quelle visite, di quei discorsi paterni,
affabili, gioiosi, dove ognuno sembra identificarsi.
E' un effetto dirompente, Papa Giovanni "buca" il video; la gente
nell'immaginario collettivo, vedeva il papa come qualcosa di ultraterreno,
ora vedeva "venire fuori" dalla tivu' un uomo fatto di carne come loro. Nei
piu' sperduti paesi d'Italia i curati delle parrocchie scoprono che il papa
parla come loro ed e' fatto come loro, non con quella voce metallica che
arrivava da anni dall'etere, di Pio XII, o quella severita' intellettuale
che appariva nelle prime rare immagini televisive o quelle quasi
trascendentali proiettate da GEDDA con il film Pastor Angelicus, il
film presentato su tutte le piazze e parrocchie d'Italia nella campagna
elettorale anticomunista, su un camion, nel tentativo di rimpiazzare
l'effigie onnipresente di Mussolini, quell'uomo che aveva occupato tutto lo
spazio dei media per venti anni.
Insomma la figura di Giovanni XXIII conquisto' la platea, la sua preghiera, il culto, la devozione, la pieta', l'ottimismo, quell' affabilita' dimessa ma profondamente umana, turbo' e conquisto' non solo i laici, gli atei, le anime piu' rozze, ma anche i politici di sinistra intervennero più volte; non rimasero insensibili a: "tutto ciò che celebra ed esalta l'amore fra i popoli, l'uguaglianza delle razze, la tolleranza tra religioni diverse, l'avversione alla violenza....che sono le ragioni delle nostre lotte e della nostra stessa vita....che non sono estranee alla nostra esistenza" Da un articolo di G. Saragat che sarà pubblicato domani su Giustizia" (Comun. Ansa del 10 ottobre, ore 16.14)
Ma Papa Giovanni XXIII non e' solo questo, e non e' affatto un mite curato di campagna, e' un "rivoluzionario". Appena tornato da Assisi, l'11 ottobre annuncia l'indizione di un Concilio Ecumenico ma apre anche le ostilita' curiali. La sua decisione di affidare l'allestimento del Concilio alla collegialita' dell'episcopato mondiale ignorando la tradizione che lo vuole invece preparato e organizzato dal Sant'Uffizio, fa aumentare le animosità. Tanto piu' che il segretario del Sant'Uffizio e' il Cardinale OTTAVIANI, e abbiamo gia' letto alcuni suoi interventi nel criticare quelle "aperture" che invece Papa Roncalli desidera ottenere "dagli uomini di buona volonta'", così giustificando la "collaborazione tra credenti e non credenti" perchè la indica essere quest'atteggiamento una necessita', essere "il segno dei tempi".
Giovanni non revoca il patrimonio teologico, il magistero ecclesiastico, ma insiste sui diritti dell'uomo come tale, sulla liberta' religiosa (non dimentichiamo che e' stato molti anni in Medio Oriente), sui problemi sociali, e vuole: "trasformare la Chiesa in uno strumento di dialogo e di cooperazione" offrendo l'assicurazione che la stessa Chiesa "contribuira' al progresso sociale, all'emancipazione degli oppressi, al disgelo dei due blocchi". Queste le sue ambizioni e queste le sue parole; ma le ultime vengono ascoltate con sospetto. "Ma dove vuole arrivare?"
Sembrano parole semplici, persino poco originali, ma è una "svolta" che scatenano una guerra episcopale cercando di vanificare in ogni modo, una per una tutte le riforme giovannee.
Il papa predica il "non intervento nelle faccende politiche"?, la CEI invece il 15 ottobre del '59 ammoniva tutti i cattolici che non votavano DC; rinnovò la scomunica del Sant'Uffizio ai comunisti e la estese anche ai socialisti che si stavano avvicinando ai democristiani, poi l'anatema lo lanciò anche a quei democristiani che si stavano avvicinando ai socialisti e furono tacciati senza mezzi termini come "traditori".
Il Papa l'11 settembre '61 affermava "credenti e non credenti sono tutti nostri figlioli, appartengono tutti a Dio per diritto di origine", e la CEI para il colpo ribattendo "la natura umana non puo' esplicarsi se esclude le "istituzioni e i mezzi" da Dio voluti".
Le "aperture", il "disgelo fra i due
blocchi" non tardò a venire: "La Tass di Mosca scrive: "Il Concilio
discuterà molte questioni riguardanti soprattutto la dottrina teologica, ma
non potrà fare a meno di tener presenti le questioni relative all'odierna
situazione internazionale. Felicitandosi con il capo della Chiesa cattolica,
in occasione del suo ottantesimo compleanno, Nikita Kruscev gli ha augurato
buona salute e pieno successo nel suo nobile desiderio di contribuire alla
salvaguardia della pace mondiale" (Comun. Ansa del 11 ottobre, ore
14,27).
Il Papa rispose, e le polemiche non mancarono, mentre i comunisti gioivano.
Ma Papa Giovanni XXIII prosegue imperterrito. L'11 aprile del 1963, il
prossimo anno, con la sua enciclica Pacem in Terris, fa addirittura
crollare muraglie secolari, preconcetti inveterati, altezzose preclusioni. E
non conquistera' solo le folle o affascinera' i non credenti o quelli di
altre confessioni e religioni ma conquistera' anche il suo successore
Giovanni Battista Montini, il futuro PAOLO VI, un uomo colto e raffinato,
dotato di una grande personalita'. Sembrerebbe un conservatore che dovrebbe
riallinearsi agli influentissimi cardinali che lo avevano gia' designato (e
indicato da Pio XII stesso) prima ancora di Roncalli, e invece, sorpresa,
Papa Montini salirà sul soglio pontificio e diventerà il "continuatore" di
Giovanni XXIII; riapre perfino i battenti del Concilio e delude tutti i
conservatori che speravano che con la scomparsa di Roncalli ormai "quello"
era un capitolo chiuso, sepolto con lui.
"Pacem in Terris" di Giovanni XXIII esterna la
sensibilità di un papa nei problemi correnti, che sono le ansie e le
aspettative che ha il mondo. Indica i "segni dei tempi" dei lavoratori, il
diritto di libertà e la libera manifestazione di pensiero. Clamorosamente
giustifica la collaborazione tra credenti e non credenti. E' una svolta
epocale!! Sofferta dai conservatori della Chiesa intransigenti a certe
manifestazioni progressiste e a certe aperture liberali, che non erano mai
state prese in considerazione per atavici pregiudizi o per non perdere il
potere.
Giovanni XXIII rivelo' di possedere una straordinaria sensibilita' per i
nuovi problemi del mondo contemporaneo, dove alcuni paesi industrializzati
pur procedendo verso l'opulento benessere restavano assenti o ignoravano il
grande squilibrio che esisteva fra loro e i paesi poveri, e invocava un
impegno globale per un nuovo tipo di solidarieta', indicando la strada da
seguire, le cooperazioni, quella che chiamo' "i segni dei tempi degli
uomini di buona volonta' verso altri uomini che avevano gli stessi diritti
di indipendenza". Non fu una enciclica teologica ma piuttosto una
"illuminazione" politica ai potenti del pianeta, che influi' positivamente
sul processo di distensione internazionale.
Papa Paolo VI alla sua elezione lo disse subito "mi proclamo al servizio di una chiesa che non si cura solo di se' e di Dio, ma delle realta' dell'uomo di oggi". Smette dunque come il suo predecessore di tenere separata la Chiesa dal resto del mondo, cerca un rapporto diverso con le nuove realta', (ma sono solo tentativi, buoni propositi, e lo vedremo presto- si sentirà sconfitto, addolorato, e molto triste) abbandona gli sfarzi dei cortei, le formalita', si rivolge agli aspetti essenziali della fede, moltiplica i viaggi, inaugura quelli intorno al mondo, va a Calcutta, in Africa, in America, dove troviamo slanci di tradizionalismo ortodosso e tanto solidarismo.
Ma fuori dalle mura vaticane , il "nuovo potere" pseudo-cattolico (che ha preso come simbolo la croce) si muove diversamente e anziche' rinchiudersi in se stesso conquista i centri nevralgici della societa'. Il "nuovo pontefice" scrivera' l'Espresso "e' Fanfani non Paolo VI". E dopo verra' il "potefice massimo" Moro, perchè come abbiamo visto nelle pagine precedenti di quest'anno, sta gia spuntando all'orizzonte la sua egemonia nella politica italiana, lui sarà il grande regista dei prossimi sedici anni, che termineranno in un modo drammatico, proprio perchè alla fine, pur contando negli ultimi mesi poco, della Dc ne era diventato il simbolo; ed era un fastidioso emblema per alcuni, e anche scomodo perchè Moro stava già quasi salendo le scale del Quirinale.
Quest'anno (con le alleanze a tutti i costi) il potere (compreso quello esercitato su una società nuova, ma non ancora matura, ubriacata da un artefatto benessere) sta passando nelle mani dei politici; di alcuni rozzi politici, e i due papi si dimostreranno fragili e ininfluenti. I Comitati Civici di Gedda voluti da Pio XII, erano nati come semplici unioni elettorali a supporto della Democrazia Cristiana degasperiana; dovevano risvegliare la devozione di un popolo per renderlo capace di porre delle restrizioni alle caotiche vicende politiche di quegli anni (esprimendo in modo universale la sostanza di quei valori contenuti in quel filone originale del pensiero cristiano che parla di fraternità e dell'uguaglianza). Ma non saranno i Comitati Civici, le Peregrinatio Mariae, le adunate oceaniche a Roma e Bologna dell'Azione Cattolica a condizionare la DC. Sara' la DC a fagocitarli, mettere a proprio servizio l'AC. Già Pio XII aveva fatto "l'amara scoperta", "con tristezza", ." l' AC, la DC non è più nostra!".
Scrive Silvio Lanaro "la sponda offerta dal papa si rivela fragile per ricomporre i fermenti che ribollono entro il mondo cattolico e per arginare una spinta di una contestazione ecclesiale senza precedenti. Il primo scontro riguarda l'autonomia dei credenti e l'autorita' del clero. E i dissensi sono originati da un'intrusione - considerata illecita o perlomeno arbitraria - della gerarchia nei rapporti fra i fedeli e i loro pastori "naturali": si tratta di ribellioni contro il ruolo gregario assegnato ai laici, di proteste contro la rimozione o il trasferimento di parroci, il rifiuto di nomine imposte dall'alto, di denuncia del comportamento morale, politico e religioso di uno o piu' sacerdoti. Il richiamo allo spirito incontaminato del Vangelo innesca ben presto anche esperienze ecclesiali "alternative", o comunque esenti da ogni ufficialita' e dipendenza amministrativa, di cui il fiorire delle "comunita'" e' sicuramente il frutto piu' maturo e piu' diffuso. Le comunita' nascono un po' ovunque, in un mondo che e' profondamente cambiato sotto l'impulso dell'ascesa economico sociale delle classe lavoratrici...... e dell'estendersi delle comunita' politiche indipendenti" Silvio Lanaro - Storia dell'Italia repubblicana - Marsilio Editore 1995.
Paolo VI viaggia a Calcutta fra i diseredati, va a
Gerusalemme a riconciliarsi con gli ebrei, va in ogni angolo del mondo, fa
il pellegrino dell'ecumenismo, ma poi in Italia liquida Don Milani a
Barbiana del Mugello "come un pazzerello scappato dal manicomio", e
(errore ancora piu' enorme) si affianca all'ostinato e arrogante Cardinale
Florit a Firenze contro Don Mazzi e va' contro e si scontra con l'intera
comunita' dell'Isolotto. (ne riparleremo nei prossimi anni)
Stava avvenendo in Italia una svolta epocale, la fine dell'unita' politica
dei cattolici, la socialdemocrazia al potere e stava nascendo la sinistra
cattolica, dove perfino il nuovo presidente delle ACLI (mandato a casa
Gedda) proclamava la fine del collateralismo; c'era il dissenso cattolico
che era persino piu' vasto di quello politico, c'era l'esigenza dei
diseredati di Firenze che esprimevano una collocazione piu' ampia. Insomma
lo scisma era gia' in atto, ma a Roma papi e cardinali minimizzavano. Non
vedevano, non sentivano, e se intervenivano era per condannare senza aver
nulla capito (anche se molti avevano capito, e poi capiranno gli stessi
italiani, di aver perso per strada qualcosa).
Era proprio questa conoscenza della realta' del mondo esterno che mancava ad alcuni esponenti della Curia, e non accettavano chi invece comprendeva molto bene quanto stava avvenendo sull'altra sponda del Tevere, senza esseri stati sul Gange o sul Giordano. Iniziò l'Arno a straripare. Quando tutti i fedeli uscirono dalla chiesa dell'Isolotto mentre arrogante vi entrava Florit doveva essere questo un segnale preciso, perfino drammatico per la Chiesa tutta, ma non fu recepito. E quel giorno segno' una data storica per il "dissenso cattolico". Il vero potere temporale crollo' di fatto in quel giorno all'Isolotto, non a Breccia Porta Pia. Nessuno aveva mai osato tanto, ne' da una parte ne' dall'altra, e questo voleva dire una sola cosa: una grande insanabile frattura.
Ma ne riparleremo nel corso di questi anni, scrutando anche i paradossi che si verificarono e le limitate attitudini (fu usata l'autorita' secolare per adempiervi) a rianimare in Italia le pratiche del culto cattolico. E questo non per carenza di carisma, di spiritualita', ma dovuta a una vera e propria resa di poteri e all'incapacita' di comprendere. Sara' la politica a impossessarsi delle comunita', con lo stesso sistema di Gedda, con i Festival dell'Unita', con quelli dell'Amicizia, con gli oceanici e faraonici convegni dove parlano i nuovi "pontefici" con i fiori rossi in mano gli uni, o con i nuovi "santini" con l'effigie della nuova "razza padrona" gli altri (quella razza che distribuisce "ai clienti" posti di lavoro, anche in aziende fallimentari, tanto pagherà lo Stato (e saranno cos' tanti i debiti che dovranno poi pagarli i nipoti e i pronipoti, molto al di là del 2000).
Sara' questa "razza" per trent'anni esatti a dare
le nuove prebende, cariche, e potere locale fino all'ultimo piccolo paese.
Non hanno doti soprannaturali, nè sono esempi di virtù) ma hanno in mano i
soldi, e davanti a questi si genuflettono tutti, perfino i piccoli parroci
che nei paesi hanno le chiese vuote, e se vogliono sopravvivere devono anche
loro umiliarsi davanti al potente di turno, chiedere a lui favori per vivere
e sopravvivere. Poi negli anni '90, vedranno sfasciarsi tutto, non ci
capiranno piu' nulla, non sapranno nemmeno piu' per chi votare, diventeranno
tutti orfani. Nel vedere saltare su altri carri (rossi, verdi, neri ecc.) i
loro vecchi padrini, subito riciclatisi, che predicano di montare su i piu'
disparati carri; e' emblematica la frase di un monsignore "state zitti,
lasciateci almeno piangere in silenzio dalla vergogna". Una ingloriosa
lapidaria frase messa sopra quella tomba di 30 anni di politica che con
tangentopoli ha visto i suoi protagonisti sprofondarci dentro.
Il più onesto e con un'altrettanta frase lapidaria, fu quella di Fanfani
"Siamo noi i responsabili, abbiamo allevato degli individui mediocri".