4.1 Le proposte innovative di Francisco Ferrer Y Guardia
Francisco Ferrer Y Guardia, il fondatore della “ Scuola Moderna, “ nacque il 10 gennaio 1859 a Alella, un villaggio a quindici chilometri da Barcellona.
Egli proveniva da una famiglia costituita da piccoli proprietari conservatori e in seguito alla prematura morte del padre, fu costretto a lavorare prestissimo come garzone di una bottega e quindi ad abbandonare gli studi.
Appena quindicenne egli entrò nella massoneria, una associazione cui rimase legato per tutta la vita e ai cui principi anticlericali sono ispirate le sue opere successive. All’età di venti anni, entrò a lavorare nelle ferrovie come controllore. Nel 1884 Ferrer fondò una biblioteca ambulante con lo scopo di favorire la diffusione, specie in Catalogna, della conoscenza scientifica e una più profonda consapevolezza circa l’importanza della rivoluzione sociale. Già all’inizio del suo impegno politico era presente in lui la vocazione educativa a favore delle masse proletarie escluse dalle fonti della conoscenza e della scienza. Nel 1886 partecipò ad una sommossa repubblicana e, in seguito alla repressione che la monarchia spagnola mise in atto nei confronti dei rivoluzionari, fu costretto a fuggire a Parigi dove insegnò spagnolo alla loggia del Grande Oriente ed in altre scuole. In seguito lavorò come segretario di Ruiz Zorilla (1833 – 1895), la più eminente figura del repubblicanesimo moderato, già presidente delle corti costituenti dal 1869 al 1871. Egli frequentò assiduamente gli ambienti massonici ed ebbe modo di conoscere leaders, pedagoghi ed intellettuali come E. Reclus, A. France, E. Zola, C. Lombroso ed A. Lorenzo che diventerà suo collaboratore. Grazie a loro ebbe la possibilità di formarsi e perfezionare convinzioni pedagogiche libertarie. A Parigi entrò in contatto anche con numerosi esponenti dell’anarchismo internazionale tra i quali Sébastian Faure, Jeans Grave, Charles Malato e Paul Robin. Ebbe soprattutto modo di conoscere da vicino l’esperienza dell’Associazione Universale per l’Educazione Integrale, fondata da Robin, direttore dell’orfanotrofio di Cempuis e quella del giornale L’école libertaire di L. Michel e J. Grave. Da Robin, Ferrer accolse alcune proposte fondamentali per l’insegnamento:
la coabitazione dei sessi e la soppressione dei premi e dei castighi. Nel 1896, rappresentò il partito operaio nella quarta circoscrizione di Parigi al Congresso Internazionale Socialista. Durante il suo forzato esilio a Parigi, egli scrisse ad un suo amico di Barcellona, dicendogli: “ Ho intenzione di fondare nella vostra città una scuola emancipatrice che avrà come scopo quello di togliere dai cervelli ciò che divide gli uomini (religioni, false idee sulla proprietà, sulla patria, sulla famiglia) e di ottenere la libertà.”[39] Quest’obiettivo fu da lui raggiunto alla morte della signora Meunier, una donna conservatrice che Ferrer aveva conosciuto ad un corso serale, in cui insegnava lingua spagnola, e che conquistò ai suoi ideali laici e libertari sull’educazione. Con la Meunier si era venuto a creare un sodalizio intellettuale, a causa del quale Ferrer fu accusato di plagio. Con lei e con una donna di compagnia, Leopoldine Bonnard, viaggiò per L’Europa e approfondì le sue conoscenze. Alla morte della Meunier, Ferrer ereditò un’ingente fortuna che egli non destinò alla causa repubblicana, come avrebbero voluto gli amici, ma che utilizzò per un ambizioso progetto finalizzato all’apertura di alcune scuole. In questo modo, il Nostro educatore, poté iniziare la sua straordinaria avventura di simbolo mondiale dell’educazione libertaria. La prima scuola da lui fondata, fu aperta a Barcellona, dove tornò nel 1901; essa si inseriva in una tradizione di pedagogia “ alternativa “ che aveva visto sorgere in Spagna l’Unión Española de Librepensadores e la Sociedad Catalana de Amigos de la Enseñanza Laica. Le scuole moderne, diffusesi rapidamente in numerosi paesi, si distinsero per il loro aggressivo anticlericalismo ed avevano dei programmi laici e monarchici. Quando in Spagna il numero delle scuole raggiunse le sessanta unità, Ferrer pensò di fondare un’università o meglio una scuola per gli insegnanti di Barcellona. La scuola di Ferrer non era una scuola proletaria in senso stretto, non era neppure gratuita, ognuno doveva pagare in relazione alle sue possibilità; essa era piuttosto la sintesi pratica delle più avanzate intuizioni pedagogiche del tempo. Dunque era una scuola non solo mista per sessi e che rifiutava il criterio dei premi e delle punizioni, ma a favore dell'insegnamento laico, la quale attaccava le tradizioni religiose dei Catalani. Non mancarono le reazioni dei Gesuiti che definirono la “Escuela Moderna” come: “ l’antro dell’ateismo, un luogo di pubblicazioni immorali, di riunioni blasfeme, di spettacoli antireligiosi, di libri indegni (…), un crimine contro il paese, un mostro antisociale ”. Moltissimo si è scritto sul carattere anticlericale di Ferrer, ad esempio Turin[40] e Ulmann[41] lo descrivono come affetto da una tara psichica, una maniacale psicosi, dimenticandosi che la religione opprimeva l’educazione e l’intera società spagnola di fine secolo. L’opinione pubblica moderata e molti settori operai legati ad una tradizione di sobrietà, di serietà, impersonata da leaders anarchici, accusavano Ferrer di praticare il “ libero amore ”. Oltre alla “Escuela Moderna”, Ferrer fondò anche una casa editrice, di cui il più attivo protagonista fu Anselmo Lorenzo, una delle figure più significative dell’anarchismo spagnolo, poi diresse varie riviste, ad esempio il Boletín de la Escuela Moderna (1901 – 1909), Huelga General (1901 – 1903), che rappresentò il principale strumento di penetrazione dell’anarco – sindacalismo negli strati più profondi del popolo spagnolo. Il carattere anarchico e rivoluzionario di Ferrer risultò chiaro nella rivista in cui scriveva, dove non solo appoggiò lo sciopero generale ma di esso considerò più l’aspetto rivoluzionario che quello economico. Nel 1904, Ferrer partecipò al Primo Congresso Internazionale del libero pensiero che si tenne a Roma. Nel 1905 il re Alfonso XIII, in visita a Parigi, subì un attentato che Maura, primo ministro, attribuì ad una cospirazione repubblicana anarchica diretta da Ferrer (vedi I cap.). L’imperatore, durante le celebrazioni delle nozze con Vittoria Eugenia, fu oggetto di un altro attentato da parte di un bibliotecario della scuola di Ferrer , Mateo Morral. In quell’occasione la scuola fu chiusa, Francisco Ferrer Y Guardia, che aveva dato asilo all’attentatore, fu incarcerato per undici mesi e la sua casa editrice confiscata. Grazie alla comunicazione unanime della sua innocenza e alla massiccia campagna di solidarietà popolare che ne seguì, Francisco Ferrer fu assolto nel 1907. Si rifugiò all’estero dove fondò la Lega Internazionale per l’Educazione Razionale dell’infanzia, mentre in Spagna molte scuole furono riaperte. A Valencia nacque un’altra rivista, la Humanidad Nueva, dedicata alla pedagogia libertaria e alla quale collaborarono molti pensatori anarchici e maestri razionalisti. A Londra Ferrer ebbe modo di conoscere Kropotkin (vedi I cap.), e rientrò in Spagna nel 1909 durante i fatti della Semana trágica, quando imperversava la rivolta popolare contro la chiamata alle armi dei riservisti catalani, nella guerra contro il Marocco. La protesta che fu alimentata dalla stampa repubblicana, El poble Català, El Progreso, si trasformò in una rivolta e furono bruciate scuole religiose, chiese, collegi monacali. Fu proprio la distruzione delle scuole religiose a diffondere la convinzione che esisteva un progetto politico dell’insurrezione, del quale Ferrer fu ritenuto, a torto, il capo. Abbandonato anche dai repubblicani, il Nostro riuscì a sfuggire in un primo tempo alle ricerche e nel suo rifugio scrisse la Escuela Moderna che sarà pubblicato nel 1913, dopo la sua morte. Tradito da una guardia civile, fu riconosciuto ed arrestato. Il processo contro Ferrer si tenne dopo alcune settimane e durò un giorno. Durante il processo il tribunale di guerra lo condannò senza avere nessuna prova, alla pena di morte, nonostante si levasse un’enorme e diffusa protesta in tutto il mondo. Il 13 ottobre del 1909 Ferrer fu fucilato nella fortezza di Montjiuich a Barcellona al grido di “Viva la Escuela Moderna”. Immense manifestazioni seguirono la morte di Ferrer in molte parti d’Europa ed il suo mito si espanse a macchia d’olio. Il suo nome fu celebrato come martire dell’educazione liberale ed anticlericale. Bruxelles è stata la prima città ad aver costruito una statua in suo onore, molti poeti, tra cui Pascoli[42], hanno decantato la sua figura nei propri versi, eternando nel tempo la sua vicenda umana e politica.
Fin qui si sono riportati i fatti salienti della vita di Ferrer, la sua figura, però, risulta tuttora difficile da definire. Molti liberali hanno visto in lui un demagogo illetterato, ossessionato dall’anticlericalismo; Berneri[43], un esponente del movimento anarchico, lo ha considerato non un pedagogista, ma un volgarizzatore di certe idee educative. Malatesta, anarchico italiano, ne ha sottolineato l’eccessiva strumentalizzazione del pensiero e dell’opera.
Carr[44] lo ha definito un libero pensatore piuttosto che un anarchico, un idealista rousseauniano piuttosto che un rivoluzionario. Junco[45] nell’analizzare l’ideologia politica dell’anarchismo spagnolo, ha sottolineato l’importanza che essa ha assegnato alla pedagogia, il cui compito non è solo quello di elevare il livello culturale del popolo al fine di contribuire alla sua emancipazione politica; la relazione tra maestro e scolaro, infatti, costituisce il modello ideale di relazione tra il cittadino adulto normale e le istituzioni che guidano e dirigono la sua vita. L’educazione è stata e sarà sempre, a parere di Junco, un’attività libertaria, dove il maestro, benché sia in una posizione superiore, non utilizza nessuna coercizione nei confronti dell’allievo. La conoscenza infatti, avendo un carattere scientifico, ha come obiettivo principale lo sviluppo della personalità di quest’ultimo. Garosci[46] nell’analizzare il primo decennio del XX secolo in Spagna, specialmente in Catalogna, ha individuato tre caratteri fondamentali:
a) la ripresa a volte concorde e a volte contraddittoria, da parte della borghesia catalana, di motivi religiosi e repubblicani;
b) la continuazione delle tradizioni solidaristiche e insurrezionali;
c) la presenza di una scuola atea, laica, anarchica.
Appare evidente come questi tre caratteri si ritrovano nella figura e nella tragedia di Francisco Ferrer. Egli voleva dimostrare ai bambini che la dipendenza di un uomo da un altro uomo avrebbe comportato sempre abusi, tirannia e schiavitù. Inoltre intese studiare le cause che favorivano il permanere dell’ignoranza popolare, dovute a un regime non solidaristico, e dimostrare le ingiustizie che si commettevano in nome di astrazioni prive di fondamento scientifico. Gli obiettivi contenuti nei programmi della “Escuela Moderna” aspiravano a formare delle intelligenze libere, responsabili, capaci di favorire lo sviluppo delle facoltà umane. In questo modo si sarebbe potuto avere uomini capaci di svilupparsi armonicamente, di rimuovere costantemente gli ostacoli e favorire la loro indipendenza intellettuale, come forza su cui basarsi per non sottomettersi a nessuno. Ferrer nutriva una profonda fiducia nella scienza e nelle capacità innate del bambino, le cui caratteristiche fisiche, mentali e morali dovevano essere rispettate e valorizzate dall’educazione. Quest’ultima a parere di Ferrer doveva abbandonare ogni forma di dogmatismo e lasciare al bambino la libertà di scegliere senza forzature, assecondandone la natura. Le idee di Ferrer non erano geniali, ma il suo merito è stato quello di aver sintetizzato le esperienze pedagogiche precedenti attorno ad una concezione più nuova. La sua tragica fine ha testimoniato la durezza dello scontro allora in atto sul terreno dell’emancipazione e, inoltre, l’oscurantismo religioso ne ha fatto un simbolo ed un martire. Nelle pagine che seguono esamineremo più dettagliatamente le idee di Ferrer, le quali benché abbiano fatto il loro tempo, sono ancora stimolanti ed istruttive specialmente per chi trova in esse il sapore della novità.
4.2 La critica di Ferrer alla scuola e all’educazione del suo tempo
Punto di partenza dell’impegno di Ferrer nell’esperienza scolastica è, secondo Codello,[47] la critica che egli ha rivolto alla funzione ideologica che la scuola svolgeva nei confronti delle giovani generazioni. Nella sua opera più nota, La Escuela Moderna[48], scritta nel 1907 e pubblicata nel 1913, Ferrer considerava la scuola come una prigione intellettuale, fisica e morale per i bambini; lo scopo era di indirizzare lo sviluppo delle loro facoltà, da parte della classe dirigente, secondo i valori dalla cultura dominante. Secondo Ferrer l’educazione del suo tempo, serviva solo per dominare, per addomesticare ed addestrare i bambini a pensare secondo i dogmi sociali. Essi non erano liberi di assecondare i propri bisogni fisici, intellettuali, morali in quanto si imponeva loro di non pensare altrimenti, perché solo in questo modo si potevano conservare le istituzioni presenti. La scuola diventava quindi uno strumento di potere nelle mani dei dirigenti, i quali erano interessati più all’asservimento dell’individuo che alla sua elevazione. Ferrer, pur essendo immerso nello spirito culturale del positivismo e del razionalismo, era contrario all’idea di Spencer sull’educazione. Quest’ultimo infatti , era convinto che per un cambiamento sociale fosse sufficiente il rinnovamento dei metodi e dei contenuti senza porsi il problema della dimensione sociale dell’educazione. Ferrer, invece, poneva in evidenza l’uso ideologico e strumentale che i governi facevano, quando formulavano piani di intervento scolastico al fine di avere lavoratori qualificati, per meglio sfruttare la forza lavoro, e così stare al passo con lo sviluppo capitalistico. Tutto ciò si era verificato con l’avanzare delle scienze e con le varie scoperte, che avevano rivoluzionato i modi del lavoro e della produzione. I governi, il cui potere si era sempre basato sulla scuola, si opposero alla diffusione dell’istruzione cercando di limitare l’educazione delle masse, in modo da mantenere il controllo del popolo. Essi pertanto, prevedendo i pericoli che lo sviluppo intellettuale dei popoli portava con sé , in seguito alle trasformazioni scientifiche, cambiarono i mezzi di dominazione, lavorando per mantenere il loro controllo sull’evoluzione delle idee[49]. Ferrer aveva criticato anche l’attività degli insegnanti. Questi venivano utilizzati dallo Stato per propagandare la cultura dominante. Gli insegnanti, infatti, obbligavano e plasmavano le giovani menti secondo i dogmi scolastici, culturali, religiosi che erano alla base della società. Oltre allo Stato anche la chiesa aveva come scopo educativo quello di formare uomini ubbidienti, servili, sottomessi, attraverso le menzogne di una falsa religione e di un falso sapere. A favore delle sue idee Ferrer prese in considerazione i programmi seguiti dalle scuole ufficiali che non tennero presente i bisogni del bambino. Infatti, i programmi seguivano degli obiettivi che solo gli insegnanti erano tenuti a conoscere, mentre i bambini dovevano esclusivamente apprendere. Di qui il ricorso ad ogni mezzo, anche coercitivo, da parte dei professori, pur di raggiungere gli obiettivi del programma e riuscire ad attirare l’attenzione del bambino. Nella Escuela Moderna, inoltre, l’autore contestava chi pensava di affidare ai Municipi, alle Deputazioni, la costruzione e la dotazione degli stabilimenti scolastici. Tutto questo era un errore per la pedagogia moderna, orientata verso una società giusta, ragionevole, pronta a far scoprire le cause che motivavano lo squilibrio sociale. Affidare la direzione della scuola allo Stato ed ad altri organismi era ancora più sbagliato, se con la pedagogia moderna si pretendeva di preparare un’umanità felice, libera da ogni funzione religiosa e da qualsiasi idea di sottomissione. Lo Stato ed altri organismi ufficiali erano, infatti, i sostenitori di privilegi e i fondatori di tutte le leggi che consacravano lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e pertanto facilitavano le ineguaglianze economiche e sociali. Di questo ci si poteva rendere ben conto, visitando le fabbriche ed altri luoghi, in cui i lavoratori erano salariati.
Ferrer a questo proposito, faceva riferimento, per dimostrare che lo Stato difendeva la ricchezza sociale e perseguitava coloro che si ribellavano alle ingiustizie, al caso del Belgio, un paese favorito dalla protezione del governo e in cui vigeva l’insegnamento statale. In questa nazione la scuola pubblica, nonostante fosse frequentata dai ricchi e dai poveri, impartiva un’istruzione finalizzata a tenere contrapposte due classi sociali (capitalistica e proletaria) e a far rispettare le leggi al fine di favorire l’armonia sociale.
La pedagogia di Ferrer ha assunto anche il carattere militante del laicismo, opponendosi alle motivazioni religiose e politiche che stavano alla base dell’insegnamento. Egli era contrario ad ogni tipo di condizionamento preconcetto e ad ogni indottrinamento ideologico e sosteneva che gli adulti non avevano nessun diritto di imprimere nelle giovani menti le loro idee particolari. Codello[50] ritiene che anche la scuola di Ferrer era per certi versi scuola ideologica, soprattutto se si considerano il suo laicismo militante ed il suo positivismo razionalista. I concetti che stavano alla base della pedagogia di Ferrer, erano riconducibili all’antiautoritarismo e all’antistatalismo, importanti quanto quelli che si riferivano all’ugualitarismo e all’attivismo. Ferrer, infatti, si deve considerare un precursore delle concezioni dell’attivismo pedagogico. Con questo termine ci riferiamo all’insieme di quelle dottrine, metodi, movimenti ed esperienze di rinnovamento educativo sviluppatosi nella prima metà del 1800, il cui fine era quello di promuovere, in polemica con l’educazione umanistica tradizionale, la partecipazione attiva dei giovani ai processi d’apprendimento. La scuola attiva cercava anche di soddisfare i bisogni concreti dei ragazzi in conformità ai progetti educativi. Ferrer voleva che i ragazzi imparassero attraverso l’esperienza diretta e perciò incoraggiava l’osservazione, la raccolta dei dati, l’analisi e gli esperimenti secondo il metodo scientifico. Credeva nel motto: « facendo si impara ». Nella pedagogia di Ferrer è anche qualificante secondo Mones[51] e Berti,[52] il concetto d’istruzione integrale dell’uomo, atta a favorire la crescita complessiva dell’individuo.
4.3 Premesse filosofiche: il razionalismo
Ferrer ha utilizzato termini quali: razionale e scientifico, come qualificanti l’educazione. La moderna pedagogia, a parere di Ferrer, doveva essere spogliata dalle tradizioni e dai convenzionalismi e porsi all’altezza del concetto razionale dell’uomo. Con il termine razionale ci vogliamo riferire ad un procedimento conforme alla ragione e funzionale a raggiungere lo scopo prefisso. Per Ferrer il razionalismo ha assunto la sua importanza in opposizione ad un’educazione religiosa e dogmatica. Infatti, sostenne, nel suo programma laico per l’insegnamento, che bisognava basarsi sul lavoro umano per raggiungere determinati scopi senza chiedere nulla a Dio. Inoltre, si rendeva conto di come la società del suo tempo si barricasse nelle sue forme primitive con l’intento di difendersi da ogni tipo di riforma razionale. A quest’ansia di non all0ontanarsi dai vecchi errori, originati da dotte credenze, era conferita un’autorità dogmatica che impediva alle verità scientifiche di illuminare tutte le menti intelligenti. Ne conseguiva l’esistenza di due tipi di dottrine: una per le classi superiori e un’altra per quelle inferiori. La dottrina scientifica restava, pertanto, limitata agli intellettuali. Il tipo di scuola fondata da Ferrer presupponeva, invece, di formare tutti indistintamente, uomini e donne, in modo tale da fornire loro tutte le conoscenze necessarie a compiere le attività guidate dalla ragione ed ispirate dalla scienza e dall’arte. Questi contenuti presenti nella Escuela Moderna sono stati riportati anche nella prefazione al libro Origine del Cristianesimo[53], nel quale Ferrer sosteneva che la “Escuela Moderna” aspirava a formare intelligenze libere, responsabili, pronte a vivere nello sviluppo completo di tutte le facoltà umane. Essa pertanto, doveva necessariamente proporsi uno scopo preciso, opposto a quello della scuola di orientamento cristiano. La “Escuela Moderna” doveva insegnare solo le verità dimostrabili, eliminando la menzogna e favorendo la luce alle tenebre. Infine, nel Manifesto per la Escuela Moderna di settembre del 1905, Ferrer affermò che il suo tipo di scuola era il mezzo più efficace per giungere alla più completa emancipazione della classe operaia. Pertanto era dell’avviso che non c’era nessun motivo di insegnare che Dio aveva creato il mondo in sei giorni dal nulla, quando già si sapeva che la materia era una, non creata, eterna. La verità era una sola e bisognava trasmetterla a tutti, se si voleva vivere in un regime democratico. Essa non si doveva negare agli umili perché questo significava volerli lasciare nella loro ignoranza ed accettare una società dogmatica che entrava in contraddizione con la scienza. Tutto ciò era una vera e intollerabile indegnità. Ferrer riteneva che anche alla scuola e all’istruzione dovesse essere applicato il metodo induttivo – deduttivo[54] proprio delle scienze positive. La “Escuela Moderna” si ispirava al concreto e alla scienza come unica maestra di vita; per questo, essa si proponeva di sviluppare nei bambini affidati alle sue cure, autonomia di giudizio e del pensiero critico , affinché utilizzando la ragione continuassero ad essere nemici di ogni pregiudizio. Nel processo educativo non si disciplinava solo la ragione ma si doveva tenere conto anche del sentimento e della volontà, e fare in modo che le rappresentazioni intellettuali suggerite dall’allievo, si trasformassero in sentimenti. Questi ultimi, acquistando un certo grado d’intensità si sarebbero diffusi in tutto l’essere dando calore al carattere personale. In seguito, il giovane, diventato autonomo grazie all’educazione, avrebbe convertito la scienza, per mezzo del sentimento, nell’unica maestra di vita. Questi concetti, contenuti nel primo numero del Bollettino della Escuela Moderna, furono espressi in maniera talmente forte da risultare a volte contrari all’aspetto libertario dell’educazione. La Escuela Moderna è stata per molti aspetti diversa dalla scuola di Jasnaja Polyana di Tolstoj,[55] benché entrambe andassero annoverate nell’alveo dell’esperienza libertaria. Inoltre il concetto di istruzione integrale di Ferrer era diverso da quello di Paul Robin. Come questi, egli sosteneva la validità di un’educazione pratica che rimandava alla scoperta di principi scientifici propri del positivismo e inoltre, affermava che dall’unione di teoria e prassi nasceva la dimensione rivoluzionaria del rifiuto della divisione gerarchica del lavoro. Il razionalismo su cui tale unione si basava era libertario, poiché permetteva di utilizzare la ragione. Ferrer però, diversamente da Robin, non poneva gli accenti sulla formazione professionale, così come la tradizione proudhoniana, e intrattenne con lui solo una regolare corrispondenza, senza mai visitare il suo orfanotrofio. Quando nel 1901, Ferrer fece ritorno in patria, dopo sedici anni di esilio, trovò una situazione molto difficile: l’analfabetismo dominava sui due terzi della popolazione, solo un terzo delle città aveva una scuola, di carattere conservatore e sotto il controllo della Chiesa e della burocrazia statale. Ogni anno moriva in Spagna un numero considerevole di bambini per rachitismo e tubercolosi. Le pessime condizione igienico-sanitarie facevano lievitare enormemente il numero dei portatori di handicap (circa trentamila) ai quali si aggiungevano bambini sordomuti, ritardati o insufficienti mentali.
La prima Escuela Moderna fu inaugurata l’8 settembre del 1901, con trenta alunni (dodici bambine e diciotto bambini). Subito fu praticata la coeducazione dei sessi, nonostante nella scuola spagnola non fosse stata mai attuata, tranne in alcuni villaggi, lontano dai centri e dalla vie di comunicazione, dove bambini e bambine erano radunati dal prete per apprendere il catechismo. Quando le scuole moderne si diffusero nelle città, la coeducazione dei sessi suscitò un certo scalpore e per questo motivo ogni qual volta si chiedeva l’iscrizione di un alunno, si esponevano privatamente, a ciascuno, le ragioni che giustificavano la coeducazione. Quest’ultima era, infatti, indispensabile per la realizzazione dell’ideale razionalista, in quanto gli insegnamenti della filosofia e della storia, impartiti ad entrambi i sessi, contribuivano a completare l’essere umano. Ferrer giustificava questi giudizi in un articolo che pubblicò nel secondo numero del Bollettino della Scuola Moderna, nel quale sosteneva che l’insegnamento misto era praticato presso tutti i popoli colti. Esso doveva permettere ai bambini dei due sessi di ricevere una identica educazione, di sviluppare l’intelligenza, di purificare il cuore e di temperare la volontà allo stesso modo. Purtroppo le società cristiane perpetuavano l’idea che la donna non apparteneva a se stessa, essendo solo un attributo dell’uomo e legata al suo dominio. La scienza invece, con il suo spirito redentore rendeva la donna da schiava, pupilla rispettata. L’opera della donna in ambito lavorativo, affermava e consolidava ciò che l’uomo produceva. Per questo essa non andava relegata al focolare e le conoscenze a lei impartite dovevano essere in quantità e qualità le stesse che si davano all'uomo, in modo da conciliare lo spirito progressista di quest'ultimo e la forza del sentimento della donna. Queste ed altre idee di Ferrer contribuirono a far sorgere nel giro di pochi anni molte Scuole Moderne. Nel 1905, nella sola provincia di Barcellona, esistevano più di centoquarantasette succursali e nel 1908, nella sola città di Barcellona, le Scuole Moderne erano ben dieci con circa mille studenti. Sorgevano in quel medesimo anno in tutto il territorio nazionale, altre scuole a Madrid, Sevilla, Malaga, Granada, Palma de Maiorca, Valencia, Cordoba. I presupposti su cui le Scuole Moderne si basavano erano:
un’educazione intesa come elemento determinante della rivoluzione sociale (in questo Ferrer si avvicinava più a Kropotkin che a Bakunin);
il rifiuto assoluto dell’insegnamento religioso e quindi la non accettazione di una sorta di neutralità rispetto alla religione (Ferrer su questo punto si differenziava da Robin);
il rifiuto assoluto d’ogni ingerenza dello Stato nell’educazione e nell’istruzione;
oltre alla coeducazione dei sessi anche quella della classi sociali. Il tutto doveva avvenire in un sistema educativo d’insegnamento misto e non classista.
Un po’ alla volta l’attività scolastica si arricchì di una biblioteca, di una casa editrice per stampare i testi in modo autonomo ed idoneo a propagandare le idee libertarie, anticlericali ed antimilitariste. Tra l’ottobre del 1901 e il maggio 1909 uscì per sessantadue numeri il Boletín de la Escuela Moderna, diretto all’inizio, da Anselmo Lorenzo. Ferrer completò il suo disegno con la fondazione di una scuola finalizzata alla formazione degli insegnanti secondo i principi laici e razionali. La pedagogia di Ferrer si basava sulla convinzione che alla base delle differenziazioni di classe e delle disuguaglianze sociali vi fosse l’ignoranza, per questo motivo l’educazione era elemento rivoluzionario per eccellenza. Le idee ed il pensiero erano, a parere di Ferrer, elementi che contribuivano al cambiamento sociale più delle condizioni materiali. La Escuela Moderna aveva quindi, una missione redentrice da compiere nei confronti del proletariato dell’intera umanità. Il concetto di educazione cui la scuola si rifaceva, basandosi sulla scienza positiva, assumeva un carattere rivoluzionario, poiché liberava le menti da ogni dogma. Ferrer, nel definire la sua pedagogia come libertaria, privilegiava i contenuti e considerava i campi del sapere come forieri di emancipazione, perciò bisognava diffonderli e mutuare da loro una metodologia di libertà, di ricerca, di autonomia. La scienza in Ferrer assunse in questo modo, una concezione idealizzata che ha risentito degli influssi culturali dell’epoca.
[39] Lettera citata da MAURICE DOMMANGET, Francisco Ferrer, Paris, Società D’Editions et de librerie, 1952, p. 15
[40] YVONNE TURIN, La educación y la Escuela en España 1874 – 1902, Madrid, Aguilar 1967
[41]
JACQUES ULMANN, The tragic week A study of Anticlericalism in Spain,
Harward, Ariel, 1968
[42] “ Uno scoppio di fucili/ ubbidienti ad un breve cenno di spada/ da dentro una torva solitaria cinta di mura e fosse/ echeggiò nelle scuole della terra/ rimbombò nelle officine del mondo:/ e i pensatori levarono gli occhi dal libro/ e i lavoratori alzarono il pugno dall’incudine/ e si volsero al tramonto dov’era baglia di fiamme ed odore di roghi/ Francisco Ferrer/ era là caduto in un tetro fossato/ e gli uccisori incoscienti/ sfilavano davanti al cadavere insanguinato/ di colui che volle redimere anch’essi, infelici!/ Stringetevi l’uno all’altro avanti a questo martirio/ o Pensiero e Lavoro umani/ Quelli che Ferrer non poté redimere con la parola/ vi redima con il sangue!” in AAVV Francisco Ferrer Guardia, Bologna 1909, citato da F. Codello Educazione ed Anarchismo, Ferrara, Corso, 1995 p. 124.
[43] CAMILLO BERNERI, Francisco Ferrer in “Il Monito” a. II, n. 31, Parigi, 9 ottobre 1926, citato da Codello, Educazione ed anarchismo, Ferrara, Corso, 1995, p. 142.
[44] CARR cit. p. 558
[45] JOSÉ ÁLVAREZ JUNCO, La ideologia politica dell’anarquismo Español 1868 – 1910, Madrid, XXI siglo, 1976, p. 527
[46] ARIALE GAROSCI, Problemi dell’anarchismo spagnolo, in Anarchici e anarchia nel mondo contemporaneo, Atti del convegno promosso dalla Fondazione Einaudi, Torino, Einaudi, 1971, p. 69
[47] FRANCESCO CODELLO, Ferrer e la Scuola Moderna, in I problemi della pedagogia , N. 1 - 3, 1997, pp. 105 - 123
[48] FRANCISCO FERRER Y
GUARDIA, La Escuela Moderna, Barcellona, S.E, 1912 (prima
edizione) ora in Scuola Moderna.
[49] « ( … ) Los gobernantes se han cuidado siempre de dirigir la educación del pueblo y saben mejor que nadie que su poder está casi totalmente basado en la escuela, y por eso la monopolizan cada vez con mayor empeño.Pasó el tiempo en el que los gobernantes se oponían a la difusión de la instrucción y procuraban restringir la educación en las masas. Esa táctica les era antes posible porque la vida económica de las naciones permitía la ignorancia popular, esa ignorancia que facilitaba la dominación. Pero las circunstancias han cambiado: los progresos de la ciencia y los multiplicados descubrimientos han revolucionado las condiciones del trabajo y la producción: ya no es posible que el pueblo permanezca ignorante; se le necesita instruido para que la situación económica de un país se progrese contra la cocurrencia universal. Así reconocido los gobernantes han querido una organización cada vez más completa de la sociedad, sino porque necesitan individuos obreros, instrumentos de trabajo más perfeccionados que fructifiquen las empresas industrales y las capitales a ellas dedicados ( … ) ». (Nell’impossibilità di reperire il testo stampa spagnolo mi sono avvalsa del testo riportato su internet al sito http: // nodo 50 . ix . apc. Org/ lucha-autonoma/ docu ESTU.html . Nell’edizione italiana da me utilizzata il testo corrisponde alle pp. 60 – 61).
[50] CODELLO, cit. p. 110.
[51] J. MONÉS, Ferrer
en la tradición del pensiamento libertario, J. MONÉS, P. SOLA’, E.
M. LAZARO, Ferrer Y Guardia la pedagogia libertaria. Elementos para
un debete, Barcelona, Icaria, 1980, p. 107.
[52] G. BERTI, L’istruzione integrale come propedeutica all’integrazione del lavoro nel pensiero di alcuni classici dell’anarchismo, in AA.VV., La ricerca pedagogica tra scienza ed utopia, La Nuova Italia, 1979, p. 109.
[53] Prefazione a: Malvert, Origen del Cristianesimo y Pensamientos antimilitaristas. (Riprodotto nel bollettino della Escuela moderna anno II n°7 p. 81).
[54] Il metodo induttivo si fonda su una forma di ragionamento che dall’esame di uno o più casi particolari, giunge ad una conclusione la cui portata si estende al di là dei casi esaminati. Il metodo deduttivo presuppone il contrario.
[55] TOLSTOJ (1828 – 1910) intorno agli anni sessanta del secolo scorso realizzò un’esperienza educativa, che destinata ai figli dei suoi contadini, suscitò una certa ammirazione tra gli anarchici. Nella sua scuola nessun insegnamento, nessuna attività educativa era predisposta o progettata e tutto si basava sulla spontaneità infantile. Non esistevano orari, premi, punizioni, interrogazioni. L’insegnante, per Tolostoj, doveva impegnarsi unicamente a sviluppare nel ragazzo “ l’ordine interiore.” Tuttavia gli elementi che lo allontanavano dall’anarchismo politico erano: l’interesse religioso, lo spiritualismo, la componente ascetica; mentre i fattori che lo avvicinavano riguardavano: la dimensione libertaria del suo pensiero pedagogico, il sincero credo nell’uguaglianza universale e nell’abolizione della proprietà privata