Il sogno rivoluzionario di Silvano Fedi, comunista libertario, eroe della Resistenza pistoiese. Parla Artese Benesperi, suo amico e compagno di lotta.

 

Silvano Fedi, è stato indubbiamente il personaggio della Resistenza più popolare e più caro ai pistoiesi (1).

Oggi, in città, portano il suo nome scuole, polisportive, palestre, piscine e l’ampio e centralissimo Corso Silvano Fedi, mentre, sulle pendici della collina di Montechiaro dove cadde insieme a Giuseppe Giulietti, svetta il monumento di Umberto Bovi a lui dedicato e realizzato nel 1979 con i fondi di una sottoscrizione pubblica promossa da un comitato voluto dall'ANPI di Bonelle.

Tra gli elementi dell’opera, il cui metallo è oggi purtroppo deturpato da incisioni stupide ed offensive, una citazione - la copertina di Piaceri crudeli di Leone Tolstoi - ci rinvia all'esperienza di vita di Silvano che, seguendo un percorso difficile e originale per un giovane studente dell'epoca, parla di un’umanità affrancata dal bisogno in mondo senza frontiere e matura una convinta e coerente opposizione al regime fascista.

Per questo a diciannove anni, il 12 ottobre 1939, venne arrestato insieme a Fabio Fondi, Giovanni La Loggia e Carlo Giovannelli, denunziato poi al Tribunale Speciale e condannato ad un anno di detenzione.

Quando, dopo qualche tempo, la pena gli venne condonata, Fedi rientrò a Pistoia e si gettò nuovamente con entusiasmo nella lotta antifascista, saldo nel suo ideale anarchico, o come lui preferiva definirlo, “comunista libertario”. Ricordiamo che a Pistoia gli anarchici vantavano una tradizionale presenza politica fin da quando Giuseppe Manzini, padre della nota scrittrice Gianna, iniziò a fine Ottocento la stampa dell’ “Ilota”. Negli anni Venti solo il piccolo nucleo locale degli Arditi del Popolo, composto prevalentemente da elementi anarchici e animato – come ha recentemente ricordato Alberto Ciampi in un suo pregevole articolo – da Virgilio Gozzoli (2), saprà opporsi ai fascisti sul loro stesso terreno.

Fra gli anni Trenta e Quaranta la vecchia generazione anarchica pistoiese (Egisto Gori, Archimede Peruzzi, Tito Eschini ecc.), nella sua attività cospirativa, entrerà in contatto il gruppo dei giovani studenti via via raccoltosi intorno a Fedi (La Loggia, Giovannelli, Filiberto Fedi, Raffaello Baldi, i fratelli Bargellini, ecc.) ai quali in seguito si uniranno alcuni operai e tecnici delle Officine San Giorgio (Tiziano Palandri, Oscar Nesti, Giulio Ambrogi ecc.) ed il gruppo del Bottegone (Sergio Bardelli, Francesco Toni, ecc.).

La presenza dei giovani liceali, apportatrice di entusiasmo e forze nuove nel già variegato tessuto sociale che costituiva il sostrato dell’anarchismo pistoiese, fece sì che il movimento, anche con la costituzione Federazione Comunista Libertaria, si allargasse e divenisse competitivo nei confronti del Partito Comunista, che nella clandestinità si stava accreditando come la forza antifascista più consistente.

Già dopo il 25 luglio del '43 Fedi, che era stato tra gli animatori di una manifestazione popolare per le vie di Pistoia, veniva arrestato dalla polizia badogliana, ma era subito dopo liberato a furor di popolo.

Dopo l’Armistizio Silvano in seguito a dissidi politico-organizzativi emersi con gli anarchici della “vecchia guardia”, ed in particolare con Tito Eschini, costituisce nell'ottobre 1943 una propria formazione partigiana composta inizialmente da una cinquantina di uomini, le “Squadre Franche Libertarie”, che, pur collegata al Partito d'Azione, rivendica una completa autonomia, anche dal CLN, ed è formata prevalentemente da militanti anarchici o comunque di idee libertarie.

Sceglie di non salire in montagna, ma di muoversi incessantemente tra la città e la campagna, dove ha maggiore possibilità di rifornirsi di armi e munizioni, sia nel versante di Pistoia sino alla zona di Quarrata e alle colline del Montalbano, sia in quello di Fucecchio e Lamporecchio, dando vita con particolare abilità ad una serie di azioni clamorose basate soprattutto sul fattore sorpresa. Audacissimo e spericolato si presenta infatti con una impresa che ha il sapore della beffa: dal 17 al 20 ottobre ’43 attacca infatti, con soli sei uomini (Danilo Betti, Brunello Biagini, Marcello Capecchi,  Santino Pratesi, Giulio Vannucchi,)  per ben tre volte consecutive il munito caposaldo fascista della Fortezza di  Santa Barbara, dove preleva una gran quantità di armi, munizioni e viveri, una parte dei quali viene trasportata in montagna. Silvano, anche in seguito, destinerà sempre parte dei materiali ricavati dai suoi attacchi ai presidi nazifascisti di città e dintorni, condotti spesso senza spargimento di sangue, al rifornimento di altre formazioni partigiane pistoiesi, da quella di “Pippo” (Manrico Ducceschi), a quelle del Partito Comunista e del Partito d'Azione.

Su queste imprese di Silvano abbiamo recentemente avuto la fortunata occasione di registrare un lungo colloquio con Artese Benesperi. Benesperi, nato il 19 agosto 1915, conosce Fedi nel novembre del 1943, tramite Tiziano Palandri ed altri amici di Bonelle, da allora in poi Artese è nella lotta armata a fianco di Silvano in tutti gli altri momenti decisivi e clamorosi del suo eccezionale ed intrepido impegno antifascista ed antinazista. “Silvano  - ci dice Artese - aveva anche un grande genio e lo dimostrò in molti casi, come nell'episodio in cui io rimasi ferito, quando fu ammazzato quell'ufficiale tedesco in Valdibrana e lui riuscì ad organizzare la cosa facendo in modo che non venisse fucilato nessuno”.

Artese si riferisce a quanto accadde nella notte del  29 marzo del 1944 quando lui,  Silvano, Tiziano Capecchi e un altro compagno erano usciti per recuperare armi e vettovagliamento e casualmente si imbatterono in un ufficiale tedesco che amoreggiava con una ragazza e ne nacque una sparatoria dagli esiti suddetti.  Si trattava di evitare la rappresaglia dei tedeschi che già avevano programmato la fucilazione di dieci persone e Silvano, dopo aver fatto curare Artese, si mosse abilmente per evitarla recandosi la sera successiva a Serravalle, nella villa dove si era ritirato il noto drammaturgo Giovacchino Forzano e lo indusse, con successo, ad utilizzare la sua amicizia con  Mussolini  per evitare la strage.

Artese ricorda che successivamente Silvano decise di avvicinare il pistoiese Licio Gelli (in tempi più recenti assurto alle cronache nazionali per la vicenda della Loggia P2), un tenente di 25 anni ufficiale di collegamento fra il fascio pistoiese e la Kommandantur tedesca che già da qualche tempo aveva offerto la propria collaborazione alla Resistenza. Gelli, ormai gravemente compromesso agli occhi degli antifascisti pistoiesi, di fronte all’ inesorabile avanzata Alleata, cercava di acquisire meriti “partigiani” presso il CLN  per  poter salvare la pelle, come poi accadde; Fedi, invece, cercava una copertura per poter condurre altre clamorose e temerarie imprese, che vennero ben presto.

Infatti  Silvano ed i suoi, in questo periodo, riescono con successo innanzitutto ad attaccare (per la quarta volta!) la Fortezza, poi a disarmare gli agenti nei locali della Questura repubblichina di P.za S. Leone, ed infine ad assaltare il carcere delle Ville Sbertoli (3). In quest’ultima occasione partecipa direttamente all’azione Licio Gelli che, insieme ai partigiani Enzo Capecchi, Giovanni Pinna, Iacopo Innocenti, travestiti da fascisti, si fa aprire le porte fingendo di tradurvi Silvano ed Artese, apparentemente ammanettati.  Ben presto i partigiani impugnano le armi disarmano le guardie e liberano 54 prigionieri,  fra i quali due ebrei ed il resto quasi tutti politici. 

Il sodalizio di Silvano con Gelli, come i fatti dimostrano e come poi tutti compresero, era ovviamente un’intesa strumentale, ma occorre ricordare che, sulle prime, aveva suscitato in alcuni ambienti della Resistenza pistoiese, notevoli perplessità, fugate solo dall’intervento chiarificatore di  “Pippo” che aveva confermato la piena fiducia a Silvano (4). Tuttavia qualcosa si incrinò nei rapporti  fra Fedi ed alcuni suoi più cari compagni fra i quali Panconesi, Giovannelli, Nerozzi e Brunetti e, soprattutto, Tiziano Palandri  che lasciò Silvano per andare in montagna ad unirsi alla formazione di “Pippo”, divenendone poi un autorevole vice-comandante. Al riguardo, tuttavia, Artese oggi ribadisce quanto ebbe a suo tempo a dichiarare allo storico Renato Risaliti, trovando conferma in una analoga rivelazione fatta a quest’ultimo dallo stesso Palandri e cioè che il dissidio tra i due essenzialmente nacque perché Silvano “coerentemente alle sue idee” mostrava l’intenzione di proseguire la lotta armata per un mondo nuovo, “per la libertà del popolo…anche dopo l’arrivo degli Angloamericani”(5).

L’estremo sogno rivoluzionario di Fedi, che forse probabilmente sarebbe rimasto solo tale e che oggi Artese vede con un certo distacco (“Silvano aveva grandi ideali, forse difficilmente realizzabili e grande capacità organizzativa, ma per fare le cose grandi ci vogliono anche grandi  mezzi: gli americani hanno vinto la guerra perché erano capaci di costruire una nave al giorno, mentre noi, con poche pistole e qualche  mitra, avremmo potuto fare ben poco”), venne tuttavia interrotto il 29 luglio 1944. Nel primo pomeriggio, in una stradina di campagna nei pressi della Croce di Vinacciano, mentre Silvano con alcuni compagni attendeva che alcuni malfattori, i quali avevano abusato del nome della “Fedi”, consegnassero alla formazione (secondo quanto stabilito un paio di giorni prima da un tribunale del CLN pistoiese riunito a Ponte alla Pergola) della merce rubata da restituire ai proprietari, cade in un'imboscata tesagli dai tedeschi e nel successivo conflitto a fuoco muore insieme a Giulietti. Nella circostanza viene ferito Marcello Capecchi, che come quasi tutti gli altri partigiani che accompagnavano Fedi, riesce fortunosamente a salvarsi, eccetto Brunello Biagini che verrà catturato e fucilato il 1° agosto. La presenza di un forte contingente di soldati, ben nascosti ed appostati,  in quel posto e a quell'ora, ancora oggi non trova per molti convincente spiegazione e per questo pensano che Silvano sia stato tradito da una delazione.  Lo pensa anche Artese, ma sull’identità dei presunti delatori non si sbilancia. Il giorno dopo “... è effettuato un rastrellamento alla Collina di Pontelungo: gli arrestati sono portati nei locali della ex-Gil di Pistoia, in piazza S. Francesco, per essere sottoposti ad interrogatorio” (6). Fra questi anche Artese  ed Enzo Capecchi che riescono rocambolescamente a fuggire (7). Essi assumeranno il comando della “Fedi” sino alla liberazione Pistoia, nella quale la formazione giungerà dopo aver occupato, in seguito a duri scontri con i tedeschi e varie perdite, Vinci, Lamporecchio e Casalguidi (8).

 

1)       Vd. C.O. Gori, Arrivano i partigiani, Pistoia è libera, in “Microstoria”, n. 35 (mag./giu. 2004).

2)       A. Ciampi, Virgilio Gozzoli, vita irrequieta di un anarchico pistoiese, in “Microstoria”, n. 37 (set./ott. 2004).

3)       Cfr. S. Bardelli-E. Capecchi-E. Panconesi, Silvano Fedi. Ideali e coraggio,  Pistoia, Nuove esperienze, 1984, pp. 45-68.

4)      Cfr. G. Petracchi, Al tempo che Berta filava. Alleati e patrioti sulla linea gotica (1943-1945), Milano, Mursia, 1996, pp. 89-91.

5)      R. Risaliti, Antifascismo e Resistenza nel Pistoiese, Pistoia, Tellini, 1976, pp. 213-214.

6)       Marco Francini (a cura di) La guerra che ho vissuto. I sentieri della memoria, Pistoia, Unicoop Firenze-Sezione soci Pistoia, 1997, p. 364.

7)       R. Corsini, Le tappe della vita di Silvano Fedi, in “Bollettino Archivio G. Pinelli”, n. 5 (lug. 1995).

8)       Su Silvano Fedi, oltre ai già  citati, vd. anche: R. Bardelli-M. Francini, Pistoia e la Resistenza, Pistoia, Tellini, 1980, pp.59-61; I. Rossi, La ripresa del Movimento Anarchico e la propaganda orale dal 1943 al 1950, Pistoia, RL, 1981, pp. 26-30, 133-143; P. Bianconi, Gli anarchici italiani nella lotta contro il fascismo, Pistoia, Archivio Famiglia Berneri, 1988, pp. 83-97; Gli anarchici contro il fascismo: Pistoia, in “A Rivista Anarchica”, n. 20 (1973); La  scuola nel regime fascista: il caso del Liceo classico di Pistoia, Pistoia, Amministrazione comunale, 1977, pp. 51, 55.