L'estetica anarchica di Michael Scrivener
(traduzione dal n.1 della rivista libertaria "Black rose" di Boston)
"La forma di governo che si addice maggiormente
all'artista è l'assenza di ogni governo"
Oscar Wilde
"Il pittore anarchico non è colui che esegue opere anarchiche, bensì
colui che, senza curarsi del denaro e senza chiedere ricompense, lotta con
tutta la sua individualità contro le convenzioni borghesi"
Paul Signac
"Un'orchestra può fare benissimo a meno del direttore"
John Cage
Sebbene l'espressione "estetica marxista" sia di gran lunga più comune
dell'espressione "estetica anarchica" (1), il rapporto tra anarchismo e arte
ha dato luogo a una ricca varietà di fenomeni artistici e concezioni
teoriche. William Godwin, il primo filosofo anarchico, fu anche un
innovatore in campo letterario e influenzò Percy Shelley, probabilmente il
primo poeta anarchico. Altri scrittori, poeti, romanzieri e drammaturghi
anarchici furono: Thoreau, Tolstoj, Octave Mirbeau (romanziere francese),
Gustave Landauer (romanziere e rivoluzionario tedesco), i poeti simbolisti
francesi del 1890, Pa Chin (romanziere cinese), B. Traven, Paul Goodman,
Ursula Le Guin, Philip Levine, Julian Beck e Judith Malina. Sempre in campo
letterario, però, anche molti altri autori sono stati influenzati
dall'anarchismo o hanno elaborato pratiche estetiche e teorie vicine a
quelle anarchiche: William Morris, Oscar Wilde, Eugene O'Neil (che mandò a
Emma Goldman, in carcere per propaganda contro la guerra, un volume con le
sue commedie), William Blake, Franz Kafka (che fu arrestato a Praga per aver
partecipato a riunioni anarchiche), D.H. Lawrence, Henry Miller, Robert
Creely, i poeti dada, i poeti surrealisti, Gary Snyder, Grace Paley, Ibsen e
molti altri. In pittura, scultura e nelle arti grafiche, l'anarchismo ebbe
un'influenza dominante in Russia dal 1880 fino alla conquista del potere da
parte dei bolscevichi (2). In campo musicale, Richard Wagner, amico e
commilitone di Bakunin, esercitò una forte influenza sulle idee anarchiche
riguardanti l'integrazione sociale dell'arte e la cultura rivoluzionaria
(3). Nel 20° secolo, però, gli anarchici ripudiarono l'autoritarismo
wagneriano, perciò ora è John Cage il massimo esponente della concezione
anarchica in campo musicale. Nel ventesimo secolo, vista la prevalenza
dell'arte d'avanguardia in tutti i campi, dalla poesia alla danza, si
potrebbe sostenere che l'arte sperimentale è di per sé stessa anarchica, se
non sempre coscientemente e deliberatamente, perlomeno tendenzialmente.
Accanto all'arte anarchica, esiste una ricca tradizione di critica d'arte
anarchica. Da Godwin e dai poeti romantici fino ai teorici contemporanei si
possono riscontrare, nell'estetica anarchica, tre importanti aspetti: 1)
un'intransigente insistenza sulla necessità di una libertà totale per gli
artisti e un disprezzo per l'arte conservatrice; 2) una critica all'arte
elitaria, alienata e una visione alternativa in cui l'arte diviene parte
integrante della vita quotidiana; 3) una concezione dell'arte come strumento
sociale - cioè, poiché l'arte è esperienza, è anche un modo per definire i
bisogni dell'uomo cambiando di conseguenza le strutture socio-culturali (4).
In questo articolo mi propongo di analizzare tutti gli aspetti dell'estetica
anarchica mettendo in evidenza soprattutto la tensione tra autonomia
artistica e l'ideale sociale di un'arte non alienata e di far capire in che
modo l'arte e la teoria estetica abbiano un'importanza rilevante ai fini
della politica anarchica contemporanea.
L'avanguardia
Per motivi di tempo e di spazio, mi limiterò alla letteratura, benché
anche le altre arti siano ugualmente importanti e meriterebbero di essere
comprese in una storia dell'avanguardia. Quando Saint-Simon coniò la parola
"avanguardia" riferendosi agli ingegneri-artisti che avrebbero governato la
nuova società, esisteva già, in Inghilterra un movimento letterario
d'avanguardia: la poesia romantica. L'arte è avanguardia quando rinnova in
modo radicale la propria forma, i propri contenuti artistici o addirittura
l'una e gli altri insieme (5). Sia l'artista che il pubblico riconoscono la
deviazione dalla norma così o il pubblico modifica le proprie aspettative
per conformarsi alla nuova arte, o la respinge in vari modi: con la censura,
con la repressione, con l'impopolarità, con il ridicolo e rifiutandosi di
chiamarla arte.
La prima avanguardia letteraria apparve in Inghilterra in un periodo di
estrema insicurezza sociale, poiché le istituzioni politiche erano obsolete
rispetto ai rapporti sociali esistenti (6).
Fu solo intorno al 1830 che la borghesia completò la realizzazione
dell'apparato istituzionale per controllare una società basata sul
capitalismo sia nell'industria che nell'agricoltura. La disgregazione
portata nelle campagne dalla tendenza era sempre più diffusa a recintare le
proprietà terriere, la contraddizione tra il crescente potere sociale della
classe media e la sua mancanza di diritti politici, le idee laiche e
democratiche emerse con l'Illuminismo e la Rivoluzione francese, tutto ciò
contribuì a rendere possibile il fiorire dell'avanguardia romantica. Blake,
Godwin, il primo Wordsworth e Shelley maturarono una concezione estetica e
politica della creatività. Blake descrisse la dominazione e lo sfruttamento
sociali come prodotti di un'immaginazione schiavizzata che bisognava
liberare dai vincoli razionali. Blake attaccò anche la repressione sessuale
e dei sentimenti e disse che la loro liberalizzazione avrebbe portato a una
trasformazione di tutte le istituzioni sociali. Godwin insisteva così
ostinatamente sull'importanza della creatività da reputare oppressiva ed
autoritaria qualsiasi interpretazione di opere di altri artisti. Wordsworth
fu innovatore perché cercò di avvicinare la poesia alla realtà quotidiana.
Shelley provò che la percezione stessa era un'attività creativa, essenziale;
quindi, sia la percezione che la creazione estetica comportavano una
revisione radicale dei concetti sociali. Inoltre la fede di Shelley
nell'ispirazione contribuì ad allontanare la poesia dalla tecnica
neoclassica e a metterla alla portata di tutti.
La corrente del romanticismo cui mi riferisco brevemente in queste pagine
fondò, su basi estetiche, una politica radicale. Creare e percepire in modi
del tutto nuovi, che trascendano le norme estetiche vigenti, significa
contestare la legalità dell'ordine socio-politico che sostiene queste norme.
Il romanticismo radicale fu duramente attaccato e rifiutato dagli
intellettuali rispettosi della legge e dell'ordine. Mentre Blake era troppo
intransigente perché l'establishment culturale si desse la pena di
attaccarlo, le idee di Wordsworth sullo stile poetico vennero ridicolizzate;
l'impopolarità di Godwin divenne tale dopo il 1790 che dovette usare uno
pseudonimo per poter continuare ad essere pubblicato; Shelley non fu
solamente impopolare, ma alcuni dei suoi scritti più radicali vennero
soppressi, censurati e mai pubblicati durante la sua vita. Nemmeno il
deliberato allontanamento di tipo estetico di John Keats dalle questioni
socio-politiche salvò il poeta dagli attacchi reazionari perché la sua nuova
immagine, così come il suo paganesimo e l'amicizia con Leigh Hunt, lo
collocarono in quella che in modo sprezzante veniva definita la "Cockney
School". L'avanguardia fa sempre paura, sia che rivoluzioni la forma, sia
che rivoluzioni i contenuti.
I romantici, comunque, compromisero l'efficacia della loro azione
rivoluzionaria in diversi modi. In primo luogo, per giustificare
l'impopolarità e l'insuccesso commerciale, affermarono che l'artista
romantico era un Genio, la cui natura era completamente diversa da quella di
tutti gli altri (7); tutto ciò aumentò la passività del pubblico e mistificò
il concetto di creazione artistica. In secondo luogo, i romantici erano così
preoccupati per la loro impopolarità che, alcuni di essi, ad esempio
Wordsworth e Coleridge, divennero conservatori in politica, mentre altri
posero la poesia come superiore forma di conoscenza, alla quale si poteva
accedere solo se dotati di particolari qualità e da cui erano, perciò,
esclusi quasi tutti, tranne una esigua categoria di privilegiati. I
romantici non compresero appieno la natura della loro arte e spesso la
considerarono di poco superiore a quella che definivano arte popolare.
Sebbene si possa cominciare a parlare d'avanguardia a partire dai romantici,
alcune delle loro idee contribuirono a sminuire la portata rivoluzionaria e
ad integrarla nell'ambito tradizionale della cultura sociale come sinonimo
di "arte sofisticata".
Con Wagner si arrivò al culto romantico del Genio che voleva, da solo,
creare una nuova cultura. Il sentimentalismo ed il furore tardo-romantico e
il culto degli eroi di artisti carismatici come Liszt, portarono a
conseguenze estreme il disinteresse del pubblico e mistificarono l'arte. Il
culto del Genio sminuì l'importanza della partecipazione artistica e
accentuò invece quella critica della mediazione fra autore e pubblico, per
separare ciò che è buono da ciò che è cattivo, ciò che è raffinato da ciò
che non lo è.
L'avanguardia anti-romantica, tuttavia, non solo rifiutò l'artista eroe
wagneriano, ma formulò una teoria e una pratica artistiche basate su
presupposti assai diversi. Gli artisti della nuova avanguardia, come nota
Ortega Y Gasset, rifiutarono il ruolo di leader religiosi, che guidano le
masse verso la conoscenza. La nuova arte era giocosa e ironica e rifiutava
di esercitare sul pubblico un'autorità di tipo morale (8). Il problema
principale nella teoria di Ortega è la contrapposizione che fa tra arte
realista e arte astratta, definendo solamente quest'ultima avanguardia. Di
fatto, il collasso del romanticismo diede vita a due correnti d'avanguardia:
il simbolismo e il realismo (9). Mentre l'avanguardia realista impressionava
il pubblico con i suoi contenuti (sessualità, miseria, corruzione politica,
antimilitarismo, lotte operaie), i simbolisti scandalizzarono il pubblico
con la loro forma e tecnica. Non è neppure sempre il caso di fare
distinzioni fra forma e tecnica perché se si analizzano le opere di
scrittori come Kafka o Celine bisogna trovare altri termini: tuttavia c'è
stata sempre tensione tra idee realiste e simboliste.
Quando si esamina il fenomeno letterario che prende il nome di modernismo
l'ambiguità dell'avanguardia appare evidente. Uno dei filoni ha inizio con
Flaubert, Henry James e Mettewh Arnold, continua con T.S. Eliot, Pound,
Yeats e Joyce per finire più o meno con scrittori come Mann, Bellow e
Stevens. Sebbene la tradizione modernista critichi la società del 20°
secolo, fa un'accurata distinzione tra critica legittima e illegittima;
separa meticolosamente l'arte nobile dall'arte di bassa lega, rigettando le
produzioni letterarie troppo oscene, troppo politicizzate, troppo
semplicistiche, troppo rozze e grossolane. Il modernismo e le scuole
critiche che hanno dominato per decenni le università, sono il filtro
attraverso cui passa la letteratura d'avanguardia (10). Se un autore non può
essere apertamente messo al bando, allora viene castrato con critiche
irrilevanti e pedanti, che seppelliscono la sua arte rivoluzionaria sotto
una valanga di parole.
Il modernismo ha favorito lo sviluppo di un certo tipo di sensibilità che è
sempre stato contrastato dall'avanguardia e che negli anni '60 fu criticato
efficacemente da autori quali Susan Sontag (11). Questa sensibilità
predilige la serietà e un certo tipo di (seriosa) ironia, valorizza la
complessità, è incompatibile con la spontaneità e la sincerità, scoraggia la
spensieratezza, l'allegria e la divulgazione dando importanza all'unità
estetica e insistendo sulla necessità di porre netti confini tra arte e
società. Il modernista distingue ciò che è buono da ciò che è cattivo, il
bello dal brutto e non perde mai il controllo della propria arte; il
modernista non sbaglia mai - o, se sbaglia, non lo fa sapere a nessuno.
Oggi il modernismo è in crisi non solo perché non si producono quasi più
opere letterarie di questo genere (in letteratura, oggi, le opere più
significative sono pura avanguardia), ma anche perché lo stesso criticismo
modernista è stato oggetto, per diversi decenni, di critiche feroci. Non c'è
dubbio che l'ideologia borghese troverà qualche altra forma con cui
sostituire la dottrina modernista, ormai screditata, anche se fino a questo
momento non è chiaro in che cosa essa consisterà (12).
Se nelle democrazie borghesi il conflitto è tra modernismo e avanguardia,
nei paesi a regime totalitario gli scrittori che si staccano dalla linea del
partito sono messi a tacere, censurati, imprigionati o esiliati e, qualche
volta, uccisi. Ci si scorda facilmente che la letteratura d'avanguardia è
privilegio di pochi scrittori, gli altri, e sono la maggior parte vivono
sotto regimi di sinistra o di destra. In paesi dove la letteratura è presa
sul serio, gli scrittori rivoluzionari sono messi a tacere o controllati,
mentre, in paesi come gli Stati Uniti, dove chiunque è libero di esprimere
ciò che vuole, è molto difficile fare colpo sul pubblico. Se si esamina
attentamente la natura della libertà artistica negli Stati Uniti, ci si
rende conto che non sempre sono necessari metodi dittatoriali. Oltre al
fatto che le università e la critica propagandano l'ideologia modernista, ci
sono le idee estremamente conservatrici delle case editrici che non vogliono
correre rischi; per cui è molto difficile che un grande complesso editoriale
pubblichi le opere degli scrittori d'avanguardia. So di tre eccellenti
romanzi che sono stati rifiutati dalle case editrici (e perciò mai
pubblicati). La libertà di scrivere non è libertà di pubblicare o di avere
dei lettori. Per di più negli Stati Uniti il lavoro è così poco gratificante
che quando la gente torna a casa non vuole impegnarsi in scelte di tipo
estetico, ma subisce passivamente gli spettacoli consumistici propinati
dall'industria culturale (13). Così, benché gli scrittori siano liberi di
scrivere, la maggior parte della gente che lavora non ha la libertà di
leggere opere di avanguardia, sia perché svolge dei lavori alienanti, sia
perché la letteratura d'avanguardia non è facilmente accessibile.
Si potrebbe pensare che la libertà per gli scrittori sia un fatto
indiscutibile, ma basta osservare la tradizione marxista-leninista per
capire che non è così. Solo negli anni '60 alcuni dei partiti comunisti si
sono decisi ad accettare altre posizioni artistiche oltre a quelle del
"realismo socialista", non prima però di avere espulso due di coloro che
all'interno del partito sostenevano una maggiore apertura in campo estetico,
il critico austriaco Ernst Fischer e il critico francese Roger Garaudy (14).
Lo stalinismo non è l'unico responsabile del conservatorismo estetico
marxista, perché nemmeno Marx, Engels e Lenin apprezzavano l'avanguardia; il
loro gusto era del tutto borghese. Sebbene Trotsky fosse più aperto e
ricettivo verso la nuova arte, pensava che il partito e lo stato avessero il
diritto - e il dovere - di sopprimere ogni forma artistica che fosse
"controrivoluzionaria", che non fosse utile alla "rivoluzione". Il
conservatorismo estetico di Mao era così eccessivo che un "moderato" come
era Teng Xiao-ping, al confronto, può sembrare un surrealista. Un esempio
molto rilevante per chiarire i rapporti tra marxismo-leninismo e avanguardia
è quello di Mayakovsky: il grande poeta futurista, massimo esponente della
rivoluzione bolscevica in campo artistico, deluso dal bolscevismo,
abbandonato dal pubblico, si tolse la vita per disperazione.
Un altro episodio, avvenuto molto più tardi, fu l'arresto del poeta cubano
Padilla nel 1971. Castro, a seguito di proteste internazionali, fu costretto
a liberarlo. I due maggiori crimini imputati al poeta erano l'omosessualità
e la tendenza di avanguardia ("individualismo borghese" come viene
definito). In un articolo che fece scalpore, i redattori della rivista
cinematografica di sinistra Jump Cut scrissero che era
assolutamente ingiusto arrestare Padilla per omosessualità, ma convennero
con Castro che la "rivoluzione" ha il diritto di controllare gli artisti e
gli intellettuali; i redattori approvarono la repressione di Padilla per le
sue idee individualiste e d'avanguardia (15). Credevo che queste idee
fossero morte da molto, ma mi sbagliavo; l'articolo era firmato da dieci
redattori. Evidentemente l'idea di libertà artistica è tuttora un concetto
rivoluzionario che ha bisogno di essere sostenuto.
Arte non alienata
L'Utopia come luogo dove l'arte non è più alienata ma è ricostruita su
basi ugualitarie, è un ideale comune a tutto il socialismo del
diciannovesimo secolo, da Fourier a Marx, da Godwin a Ruskin. Morris e
Kropotkin diedero tuttavia la più completa e interessante visione di una
nuova arte in una società che aveva superato l'alienazione. Kropotkin in
Campi, fabbriche, officine, lodò l'organicità, la partecipatività e la
collettività della cultura medioevale. Come Shelley e Nietzsche avevano
legalizzato l'alto grado di integrazione sociale della cultura ellenica,
così Carlyle, Ruskin, Morris e Kropotkin idealizzarono la cultura sociale
delle città medioevali appannaggio delle corporazioni e degli artigiani.
Kropotkin rifiutò di considerare normale l'alienazione dell'arte, cioè la
sua frammentazione in molti aspetti particolaristici, tutti estranei alla
politica, alla vita sociale e all'economia. Kropotkin e Morris vedevano
l'arte come qualcosa che si integrava con la vita sociale in tutti i suoi
aspetti. Prima d'ogni altra cosa, le case, le strade, i giardini, gli
appartamenti, i villaggi e le città dovevano essere costruiti con buon
gusto. Le cose d'ogni giorno - utensili da cucina, tende, tappeti, tavoli,
mobili - dovevano riflettere i valori estetici della società. Non solo
l'ambiente dovrebbe essere conforme alla bellezza, ma la stessa attività
produttiva dovrebbe essere animata da intenti estetici. In una società
anarchica, si avrebbe la possibilità di apprendere diverse specializzazioni
e si potrebbe partecipare a molte ed utili attività, per poi concentrarsi su
ciò che più interessa. Un lavoro noioso, eseguito collettivamente, perde
gran parte della sua pesantezza: inoltre, se questo lavoro non occupa tutto
il tempo disponibile, si avrà la libertà di valorizzare altre attività.
C'è però qualcosa di inopportuno nelle idee estetiche di Kropotkin, poiché
il suo ideale d'arte non alienata getta discredito sull'avanguardia.
Nietzsche, gli esteti, i simbolisti, i nuovi anarchici francesi che
simpatizzavano per l'avanguardia, furono definiti da Kropotkin
individualisti borghesi, intemperanti ed irresponsabili (16). Benché
Proudhon avesse difeso all'inizio la pittura surrealista di Gustave Courbet
contro l'establishment accademico nel suo Du Prince de l'art e de sa
destination sociale (1895), più tardi si allontanò sempre più dal
movimento d'avanguardia e auspicò piuttosto un'arte di tipo impegnato più
sensibile alle istanze sociali. Tolstoj, com'è noto, condannò quasi tutta la
produzione artistica, compresi i suoi romanzi, perché questo tipo di arte
era decadente, amorale e irreligiosa (17). Fortunatamente, Godwin, Bakunin e
Stirner ebbero una concezione libertaria dell'estetica, ma il fatto che tre
dei maggiori teorici dell'anarchismo la pensassero diversamente merita
un'analisi più approfondita.
Nel romanzo utopistico I reietti dell'altro pianeta di Ursula Le
Guin (1974) il protagonista, Sherek, è uno scienziato con idee innovatrici,
la cui intransigente originalità si pone in contrasto con l'etica
egualitaria della società anarco-sindacalista. Il romanzo suggerisce l'idea
che tutte le società, anche quelle anarchiche basate su principi di
solidarietà, non vedono di buon occhio le espressioni di un individualismo
d'avanguardia (18). L'avanguardia sembra essere antisociale anche quando non
lo è. Il problema, come dimostra molto bene il romanzo, è questo: lo spirito
libertario non può esistere a lungo al di fuori dell'individualismo. La
società rivela il suo carattere autoritario quando perseguita Sherek per le
sue teorie scientifiche; benché possa esistere una società senza stato
istituzionale, tuttavia l'autoritarismo è connaturato alla gente.
Il conservatorismo estetico di Tolstoj, Proudhon e Kropotkin fa pensare alla
possibilità di un regime autoritaristico non imposto da uno stato o da una
classe capitalista dominante, bensì da una società basata sull'uguaglianza.
La società, che non va confusa con il governo, ha il diritto di
regolamentare la produzione artistica? L'anarchico deve rispondere
inequivocabilmente: "No!", perché se una società pone dei limiti all'arte
non resterà libertaria per molto tempo.
La rigida divisione che Kropotkin, Proudhon e Tolstoj fanno fra avanguardia
e arte impegnata è del tutto infelice. Non sono state molte le opere
anarchiche impegnate (19), ma quelle poche si possono considerare
d'avanguardia proprio per i contenuti di cui sono state portatrici. Se
l'arte non è inaccettabile dall'establishment culturale per forma o
contenuto, o addirittura per entrambe le cose, ha scarsa importanza per gli
anarchici. Per questo motivo, la dicotomia operata da Kropotkin è, di fatto,
puramente fittizia. Esistono vari tipi di arte d'avanguardia,
alcuni dei quali si possono definire impegnati. Il problema della
maggior parte dell'arte impegnata, cioè del tipo solitamente prodotto dai
marxisti, è che non dice nulla di nuovo. L'arte d'avanguardia, d'altra
parte, è un'avventura estetica, è un tentativo di aprire nuove vie, di
scoprire nuove possibilità di esperienza.
Benché la visione utopistica di un'arte non alienata sia un carattere
fondamentale dell'anarchismo, essa non dovrebbe essere usata come un'arma
per colpire l'avanguardia. Non voglio dire che tutto ciò che si
autodefinisce avanguardia sia buono, ma un'arte incapace di rinnovare
radicalmente i propri contenuti e le proprie tecniche non è diversa
dall'arte borghese o totalitaria.
Arte come critica sociale
Dopo l'espulsione di Alexander Berkman e Emma Goldman dagli Stati Uniti
e, in seguito, dall'Unione Sovietica, essi furono sballottati qua e là per
l'Europa e il Canada dalle burocrazie di governo, mentre il fascismo, a poco
a poco, saliva al potere. Benché Berkman e la Goldman avessero denunciato il
tradimento della rivoluzione sociale russa da parte dei bolscevichi, la
sinistra internazionale non volle mai sentirne parlare e attese fino agli
anni '50 per ammettere che qualcosa non funzionava nel "comunismo"
sovietico. Negli anni '20 e '30, Berkman e la Goldman dovettero rinnovare la
loro concezione anarchica, perché gli eventi storici l'avevano ormai
superata. La Goldman giunse alla conclusione che il problema non era solo
quello dello sfruttamento economico o del potere, perché questi due fenomeni
non bastavano a spiegare l'adesione di tanta parte della classe operaia al
fascismo e alla prima guerra mondiale. Nel 1927 scriveva a Berkman:
Tutta la scuola del pensiero anarchico, da Kropotkin a Bakunin in poi, ha
una fede eccessiva e ingenua in quella che Piötr (Kropotkin, n.d.r.)
chiama 'spirito creativo del popolo', ma io non riesco proprio a vederlo. Se
veramente il popolo fosse in grado di creare qualcosa autonomamente, come
avrebbero potuto le migliaia di personaggi come Lenin, o gli altri come lui,
rimettere il cappio al collo del popolo russo? (20). Il vero problema,
allora, era quello dell'autoritarismo, quello della volontà di sottomettersi
all'autorità politica, dell'incapacità di autogovernarsi (e questo fu anche
l'argomento dell'ormai classico saggio Nazionalismo e Cultura di
Rudolf Rocker, pubblicato in Inghilterra nel 1937 e riedito recentemente
negli USA da Michael Coughlin (l'edizione italiana, da anni esaurita, fu
pubblicata dalle Edizioni Antistato: Rocker era molto amico della
Goldman e di Berkman).
Assai prima che la scuola di Francoforte e Wilhelm Reich indagassero la
psicologia del fascismo, Berkman e la Goldman tentarono di analizzare il
problema della dominazione. Il socialismo del XIX secolo, dagli utopisti a
Marx e ai teorici dell'anarchismo, aveva fondato le proprie teorie e la
propria azione rivoluzionaria sull'analisi delle varie forme di
sfruttamento; il crollo del movimento operaio durante la I guerra mondiale,
dopo la conquista del potere da parte dei bolscevichi, e l'avvento del
fascismo resero necessaria una nuova formulazione delle teorie
rivoluzionarie, che partisse dal concetto di dominazione.
Emma Goldman si dimostrò estremamente sensibile nei confronti di questo
problema e riconobbe l'importanza dell'individualismo e dell'arte
d'avanguardia (21). La Mother Earth Press pubblicò "Soul of Man Under
Socialism" (L'anima dell'uomo sotto il socialismo) di Oscar Wilde,
pubblicizzò il teatro d'avanguardia di Ibsen e di Hauptmann e introdusse
favorevolmente il lettore al pensiero di Nietzsche. La Goldman stava
elaborando una sua teoria della dominazione quando scoppiò la guerra di
Spagna. Benché disapprovasse molte delle iniziative anarco-sindacaliste, e
in particolare la decisione di partecipare al governo del Fronte Popolare,
continuò a lavorare per la causa della rivoluzione spagnola.
Se la componente primaria dell'oppressione fosse lo sfruttamento, sarebbe
plausibile relegare l'arte, e specialmente l'arte d'avanguardia, in una
posizione secondaria, subordinandola alla lotta di classe. Poiché, invece,
la dominazione ha un'importanza almeno pari a quella dello sfruttamento,
l'arte, e in particolar modo quella d'avanguardia, rappresenta un'esperienza
fondamentale. Operando sempre al limite estremo tra conscio e inconscio,
l'arte d'avanguardia consente di rompere, in senso libertario, gli schemi
della realtà quotidiana. Per comprendere questa realtà, che viene per gran
parte plasmata e determinata da fattori che esulano dalle nostre possibilità
di controllo, dobbiamo spingerci ben oltre il panorama offerto
dall'industria culturale. Infine, dobbiamo deciderci anche a superare le
teorie anarchiche e marxiste formulate nel secolo scorso, poiché le analisi
su cui esse si fondano sono ormai da tempo obsolete.
L'impronta dell'autoritarismo contraddistingue ogni aspetto della vita
moderna. Fin dalla più tenera infanzia ci insegnano a rispettare l'autorità,
ad accettare le procedure burocratiche, a delegare le decisioni agli
esperti, a reprimere i desideri. L'universo sociale in cui viviamo e con il
quale quotidianamente ci scontriamo è impregnato di totalitarismo, al
vertice e alla base, a destra e a sinistra, e l'opposizione contro-culturale
non trova spazio alcuno (22).
Uno degli aspetti più deludenti del movimento della sinistra negli anni '70
è stata la ripresa di una politica fondata sullo sfruttamento, unita a un
revival di conservatorismo culturale. Una politica basata sullo sfruttamento
può essere, ed effettivamente fu, adottata senza differenziazione dai
partiti liberali socialdemocratici, marxisti-leninisti e dalle burocrazie
sindacali. Nel mondo occidentale, non è solo lo sfruttamento economico in
quanto tale a privare l'individuo della sua autonomia creativa, bensì la
cultura nel suo complesso. Poiché la nostra esistenza si svolge all'insegna
della dominazione, dovremmo cercare stimoli libertari nell'arte
d'avanguardia, non nelle teorie sulla classe lavoratrice. Anche se le
iniziative di base e dei movimenti operai autonomi rappresentano una
possibilità in senso anarchico, sono pur sempre solo una possibilità, e
nulla di più.
Se gli anarchici non vogliono essere fagocitati, assimilati dal sistema,
devono avere le idee chiare sull'autoritarismo e sulla dominazione. Se
l'anarchismo non fa proprie le istanze contro-culturali di una alternativa
viva e reale all'industria e al consumismo culturali, sarà sempre e solo
l'ala sinistra di un movimento riformista impegnato nel vano tentativo di
rabberciare il sistema capitalista. Al recupero di una politica stile anni
'30 ha fatto seguito un conservatorismo culturale che rappresenta la logica
reazione alle conquiste degli anni '60. Secondo Christopher Lasch, Roland
Sennett e altri, il problema è rappresentato da quello che gli autori
definiscono 'narcisismo' e che identificano con la contro-cultura del
decennio scorso.
Le critiche al movimento contro-culturale degli anni '60 sono per molti
versi interessanti e utili, ma non hanno lo scopo di costruire una nuova
contro-cultura a più alto livello, bensì di demolire quella che già esiste.
Lasch, ad esempio, considera l'avanguardia un fenomeno storicamente superato
e presumibilmente le preferisce di gran lunga i telefilm della serie "The
Waltons", nei quali la famiglia assume il ruolo di un rifugio caldo e sicuro
(tra uno sketch pubblicitario e l'altro) (23). La contro-cultura libertaria
deve essere all'avanguardia, se non vuole perdere di vista la dimensione
reale dello sfruttamento capitalistico e della dominazione. Tuttavia,
l'avanguardia deve essere messa continuamente alla prova, perché, come tutti
i fenomeni che si sviluppano all'interno del capitalismo, tende a
commercializzarsi. In un certo senso, il fervore innovativo dell'avanguardia
risponde non solo alle esigenze della moda moderna, ma anche a una delle
caratteristiche essenziali del capitalismo stesso. L'accumulazione di
capitali richiede che le abitudini consumistiche siano continuamente
soppiantate da nuovi bisogni, che solo una nuova produzione di beni può
soddisfare.
L'avanguardia ha sempre cercato di superare la dicotomia tra arte e vita, di
combattere la passività del pubblico, di demistificare la creazione
estetica, di sviluppare un'arte partecipata. Essa, tuttavia, non potrà
limitarsi ad indicare una via da percorrere, ma dovrà cominciare a
sviluppare seriamente il suo programma. Il prossimo passo dovrà essere
finalizzato all'incremento dell'educazione estetica, alla valorizzazione e
alla moltiplicazione dei talenti artistici, per far sì che la gente possa
creare da sola la propria arte (o possa almeno partecipare alle esperienze
artistiche con maggiore senso critico). Se la gente non avrà altre
esperienze, oltre a quelle offerte dall'industria culturale (che siano le
opere PBS o "Charlie's Angels", "Superman", "Coming Home", Jeannie C. Riley
e i Rolling Stones), non imparerà mai ad autogovernarsi e ad aver fiducia
nelle proprie capacità di creare alternative alla società controllata dal
governo, dall'industria, dai burocrati e dai tecnici. Per liberarsi
dall'autoritarismo, la gente deve cominciare a creare una cultura autonoma.
Credo che i socialisti libertari e la Rivista Root and Branch
prendano una grossa cantonata sottovalutando il problema della cultura. Per
loro, è importante solo la crisi economica, che costringerà la gente a
creare una nuova società. Per conto mio, invece, nella situazione attuale un
collasso economico porterebbe solo a una svolta autoritaria, perché la gente
non è ancora sufficientemente avvezza a cooperare, a prendere decisioni in
comune, a gestire la politica in modo autonomo. Se domani scoppiasse una
crisi, accenderebbero tutti il televisore per farsi dire che cosa fare.
Assai più interessante è l'ipotesi avanzata da Franklin Rosemont in un
articolo pubblicato su uno degli ultimi numeri della rivista Industrial
Worker, organo degli IWW, nel quale collega gli obiettivi della
democrazia operaia con quelli del movimento surrealista (24). Durante il
Maggio Francese del 1968, uno degli slogans più diffusi fu
l'immaginazione al potere. Credo che non se ne potrebbe trovare uno
migliore per un anarchismo veramente moderno, che si faccia promotore di
iniziative contro-culturali all'interno dell'avanguardia ed elabori nuove
teorie che tengano nel debito conto e anzi assumano come dato di partenza il
problema della dominazione.
NOTE
1) Che io sappia, il primo libro in cui è stata usata l'espressione 'estetica anarchica' è L'estetica anarchica di André Reszler. Oltre a questo, e a: The Artist and Social Reform, France and Belgium 1885-1898 di Eugenia Herbert (New Haven, 1961), anche Social Radicalism and the Art di Donald Egbert (New York, 1970) contiene una analisi dei rapporti tra anarchismo e arte. Nessuno di questi autori è realmente anarchico. Il libro di Hgbert è pieno di errori e di inspiegabili omissioni, quello di Reszler è approssimativo e infine quello della Herbert dà una visione limitata del problema. In questo campo, dunque, c'è ancora molto da fare: la critica estetica anarchica, da non confondersi con la storia dell'arte, è un campo assai più interessante di quanto non appaia da queste opere. Altri contributi significativi sono stati quelli di Dwight Mac Donald, Kingsley Widmer, Paul Goodman, Herbert Read, Alex Comfort e Art Efron.
2) Cfr. Herbert, op. cit., e Renato Poggioli, La teoria dell'avanguardia,...
3) Cfr. Reszler, op. cit., cap. 3 per l'amicizia tra Wagner e Bakunin.
4) Sebbene non sia un'opera anarchica in senso stretto, e neppure del tutto libertaria, Art as Experience di John Dewey (New York, 1934) dà un quadro suggestivo ed efficace delle teorie estetiche anarchiche.
5) Il saggio di Ortega y Gasset La disumanizzazione dell'arte (1925) contiene una brillante teoria dell'avanguardia, guastata però dall'elitarismo dell'autore. Egli confonde infatti la falsa democrazia con quella reale e l'industria culturale con la partecipazione all'arte. Ortega non accetterebbe mai la mia definizione della poesia romantica come arte d'avanguardia, poiché per lui l'avanguardia è un fenomeno molto più tardo e essenzialmente antiromantico.
6) Cfr. E.P. Thompson, The Making of the English Workimg Class (New York, 1963).
7) in "The Romantic Artist" (in: Culture and Society, N.Y., 1958) Raymond Williams analizza la portata sociale delle teorie romantiche.
8) Cfr. Ortega y Gasset, op. cit.,
9) Per esempio, la Herbert afferma che l'avanguardia letteraria in Francia e in Belgio, nell'ultimo ventennio del XIX secolo, fu rappresentata dai poeti simbolisti e dai romanzieri realisti. Anche Paul Goodman giunge alle stesse conclusioni nel suo "Advance-Guard Writingin in America: 1900-1950" (in: Creator Spirit Come! New York, 1977, pp. 144-164).
10) Cfr. John Fekete, The Critical Twilight: Explorations in Ideology of Anglo American Liberary Thought from Eliot to McLuhan, Londra e Boston, 1977, per una eccellente analisi sull'asservimento culturale della letteratura.
11) L'opera più significativa in questo senso è il saggio "Against Interpretation" (1964), poi ripreso in uno dei più importanti testi di critica culturale degli anni '60, Against Interpretation (New York, 1966), dove l'autrice trova nell'arguzia epigrammatica di Oscar Wilde un'alternativa allo spirito serioso del modernismo.
12) Basti pensare all'isterismo con cui gli intellettuali liberali tentano disperatamente di riabilitare il modernismo dopo la batosta degli anni '60. Uno degli ultimi numeri della rivista Salamagundi, 42 (estate-autunno 1978) è interamente dedicato alla critica di quello che viene definito radicalismo culturale: i modernisti contemporanei stanno cercando una alternativa non solo alla letteratura d'avanguardia, ma anche alla critica letteraria che rifiuta il ruolo di guardiano e custode della cultura.
13) Per ciò che riguarda il concetto di industria culturale, cfr. T.W. Adorno e Max Horkheimer, Dialettica dell'Illuminismo, Torino, Einaudi. In questo campo, la scuola di Francoforte ha compiuto studi di notevole interesse.
14) Per avere maggiori ragguagli sulla triste storia dell'estetica marxista-leninista, cfr. Marxist Models of Literary Realism di George Bistray (New York, 1978), opera assolutamente acritica, ma sufficientemente informativa. Per un tragicomico resoconto dei rapporti tra il comunismo e le opere di Franz Kafka, cfr. "From Liblice to Kafka", in Teols, 24 (estate 1975), dove viene anche messa in rilievo, l'influenza dell'anarchismo su questo scrittore.
15) Per questo vergognoso articolo, cfr. Jump Cut, 19, pp.
38-39.
16) Cfr. The Anarchiste Prince (Cleveland, 1971), di George Woodcock e Adam Avakumovic. pp. 280-282.
17) Cfr. Che cosa è l'arte?, dello stesso Tolstoj.
18) Il romanzo di Ursula Le Guin mi fu segnalato da Bob Newman, il quale mi fece anche notare una componente autoritaria dell'anarchismo di qui non mi ero mai reso conto. Newman ha scritto un saggio su The Dispossessed, che dovrebbe essere di imminente pubblicazione. Cfr. anche l'articolo su Ursula Le Guin in Cienfuegos Review, 2 (l'intero numero della rivista è dedicato al rapporto tra arte e anarchismo).
19) La Herbert analizza alcune delle opere di questo genere prodotte in Francia e in Belgio.
20) Cfr, Nowhere at Home, Letters from Exile of Emma Goldman and Alexander Berkman, a cura di Richard e Maria Drinnon, New York, 1975, p. 82.
21) Cfr. ad esempio il bellissimo saggio "The individual, Society and the State", ripubblicato in Red Emma Speaks, New York, 1972.
22) Tra gli autori che più recentemente hanno affrontato questi problemi mi preme soprattutto ricordare Michael Foucault, Gilles Deleuze e Felix Guattari. Cfr. M. Foucault, Sorvegliare e punire (Torino, Einaudi) e Nascita della clinica (Torino, Einaudi); G. Deleuze e F. Guattari, L'Anti-Edipo (Torino, Einaudi) e Capitalismo e schizofrenia.
23) Lasch esprime le sue roventi critiche nei confronti dell'avanguardia sul numero di Salamagundi citato nella nota 15.
24) Cfr. F. Rosemaunt, "Surrealism and Revolution", in: Industrial Worker, 76: 1 (gennaio 1979). Non sono d'accordo con lui nel ritenere che il surrealismo sia stata l'unica corrente rivoluzionaria all'interno dell'avanguardia, ma sono ben lieto che, una volta tanto, le opinioni divergano solo sul tipo di avanguardia a cui attribuire la qualifica libertaria.