L'estetica anarchica di Michael Scrivener

(traduzione dal n.1 della rivista libertaria "Black rose" di Boston)

"La forma di governo che si addice maggiormente all'artista è l'assenza di ogni governo"
Oscar Wilde

"Il pittore anarchico non è colui che esegue opere anarchiche, bensì colui che, senza curarsi del denaro e senza chiedere ricompense, lotta con tutta la sua individualità contro le convenzioni borghesi"
Paul Signac

"Un'orchestra può fare benissimo a meno del direttore"
John Cage

Sebbene l'espressione "estetica marxista" sia di gran lunga più comune dell'espressione "estetica anarchica" (1), il rapporto tra anarchismo e arte ha dato luogo a una ricca varietà di fenomeni artistici e concezioni teoriche. William Godwin, il primo filosofo anarchico, fu anche un innovatore in campo letterario e influenzò Percy Shelley, probabilmente il primo poeta anarchico. Altri scrittori, poeti, romanzieri e drammaturghi anarchici furono: Thoreau, Tolstoj, Octave Mirbeau (romanziere francese), Gustave Landauer (romanziere e rivoluzionario tedesco), i poeti simbolisti francesi del 1890, Pa Chin (romanziere cinese), B. Traven, Paul Goodman, Ursula Le Guin, Philip Levine, Julian Beck e Judith Malina. Sempre in campo letterario, però, anche molti altri autori sono stati influenzati dall'anarchismo o hanno elaborato pratiche estetiche e teorie vicine a quelle anarchiche: William Morris, Oscar Wilde, Eugene O'Neil (che mandò a Emma Goldman, in carcere per propaganda contro la guerra, un volume con le sue commedie), William Blake, Franz Kafka (che fu arrestato a Praga per aver partecipato a riunioni anarchiche), D.H. Lawrence, Henry Miller, Robert Creely, i poeti dada, i poeti surrealisti, Gary Snyder, Grace Paley, Ibsen e molti altri. In pittura, scultura e nelle arti grafiche, l'anarchismo ebbe un'influenza dominante in Russia dal 1880 fino alla conquista del potere da parte dei bolscevichi (2). In campo musicale, Richard Wagner, amico e commilitone di Bakunin, esercitò una forte influenza sulle idee anarchiche riguardanti l'integrazione sociale dell'arte e la cultura rivoluzionaria (3). Nel 20° secolo, però, gli anarchici ripudiarono l'autoritarismo wagneriano, perciò ora è John Cage il massimo esponente della concezione anarchica in campo musicale. Nel ventesimo secolo, vista la prevalenza dell'arte d'avanguardia in tutti i campi, dalla poesia alla danza, si potrebbe sostenere che l'arte sperimentale è di per sé stessa anarchica, se non sempre coscientemente e deliberatamente, perlomeno tendenzialmente.
Accanto all'arte anarchica, esiste una ricca tradizione di critica d'arte anarchica. Da Godwin e dai poeti romantici fino ai teorici contemporanei si possono riscontrare, nell'estetica anarchica, tre importanti aspetti: 1) un'intransigente insistenza sulla necessità di una libertà totale per gli artisti e un disprezzo per l'arte conservatrice; 2) una critica all'arte elitaria, alienata e una visione alternativa in cui l'arte diviene parte integrante della vita quotidiana; 3) una concezione dell'arte come strumento sociale - cioè, poiché l'arte è esperienza, è anche un modo per definire i bisogni dell'uomo cambiando di conseguenza le strutture socio-culturali (4).
In questo articolo mi propongo di analizzare tutti gli aspetti dell'estetica anarchica mettendo in evidenza soprattutto la tensione tra autonomia artistica e l'ideale sociale di un'arte non alienata e di far capire in che modo l'arte e la teoria estetica abbiano un'importanza rilevante ai fini della politica anarchica contemporanea.

L'avanguardia

Per motivi di tempo e di spazio, mi limiterò alla letteratura, benché anche le altre arti siano ugualmente importanti e meriterebbero di essere comprese in una storia dell'avanguardia. Quando Saint-Simon coniò la parola "avanguardia" riferendosi agli ingegneri-artisti che avrebbero governato la nuova società, esisteva già, in Inghilterra un movimento letterario d'avanguardia: la poesia romantica. L'arte è avanguardia quando rinnova in modo radicale la propria forma, i propri contenuti artistici o addirittura l'una e gli altri insieme (5). Sia l'artista che il pubblico riconoscono la deviazione dalla norma così o il pubblico modifica le proprie aspettative per conformarsi alla nuova arte, o la respinge in vari modi: con la censura, con la repressione, con l'impopolarità, con il ridicolo e rifiutandosi di chiamarla arte.
La prima avanguardia letteraria apparve in Inghilterra in un periodo di estrema insicurezza sociale, poiché le istituzioni politiche erano obsolete rispetto ai rapporti sociali esistenti (6).
Fu solo intorno al 1830 che la borghesia completò la realizzazione dell'apparato istituzionale per controllare una società basata sul capitalismo sia nell'industria che nell'agricoltura. La disgregazione portata nelle campagne dalla tendenza era sempre più diffusa a recintare le proprietà terriere, la contraddizione tra il crescente potere sociale della classe media e la sua mancanza di diritti politici, le idee laiche e democratiche emerse con l'Illuminismo e la Rivoluzione francese, tutto ciò contribuì a rendere possibile il fiorire dell'avanguardia romantica. Blake, Godwin, il primo Wordsworth e Shelley maturarono una concezione estetica e politica della creatività. Blake descrisse la dominazione e lo sfruttamento sociali come prodotti di un'immaginazione schiavizzata che bisognava liberare dai vincoli razionali. Blake attaccò anche la repressione sessuale e dei sentimenti e disse che la loro liberalizzazione avrebbe portato a una trasformazione di tutte le istituzioni sociali. Godwin insisteva così ostinatamente sull'importanza della creatività da reputare oppressiva ed autoritaria qualsiasi interpretazione di opere di altri artisti. Wordsworth fu innovatore perché cercò di avvicinare la poesia alla realtà quotidiana. Shelley provò che la percezione stessa era un'attività creativa, essenziale; quindi, sia la percezione che la creazione estetica comportavano una revisione radicale dei concetti sociali. Inoltre la fede di Shelley nell'ispirazione contribuì ad allontanare la poesia dalla tecnica neoclassica e a metterla alla portata di tutti.
La corrente del romanticismo cui mi riferisco brevemente in queste pagine fondò, su basi estetiche, una politica radicale. Creare e percepire in modi del tutto nuovi, che trascendano le norme estetiche vigenti, significa contestare la legalità dell'ordine socio-politico che sostiene queste norme. Il romanticismo radicale fu duramente attaccato e rifiutato dagli intellettuali rispettosi della legge e dell'ordine. Mentre Blake era troppo intransigente perché l'establishment culturale si desse la pena di attaccarlo, le idee di Wordsworth sullo stile poetico vennero ridicolizzate; l'impopolarità di Godwin divenne tale dopo il 1790 che dovette usare uno pseudonimo per poter continuare ad essere pubblicato; Shelley non fu solamente impopolare, ma alcuni dei suoi scritti più radicali vennero soppressi, censurati e mai pubblicati durante la sua vita. Nemmeno il deliberato allontanamento di tipo estetico di John Keats dalle questioni socio-politiche salvò il poeta dagli attacchi reazionari perché la sua nuova immagine, così come il suo paganesimo e l'amicizia con Leigh Hunt, lo collocarono in quella che in modo sprezzante veniva definita la "Cockney School". L'avanguardia fa sempre paura, sia che rivoluzioni la forma, sia che rivoluzioni i contenuti.
I romantici, comunque, compromisero l'efficacia della loro azione rivoluzionaria in diversi modi. In primo luogo, per giustificare l'impopolarità e l'insuccesso commerciale, affermarono che l'artista romantico era un Genio, la cui natura era completamente diversa da quella di tutti gli altri (7); tutto ciò aumentò la passività del pubblico e mistificò il concetto di creazione artistica. In secondo luogo, i romantici erano così preoccupati per la loro impopolarità che, alcuni di essi, ad esempio Wordsworth e Coleridge, divennero conservatori in politica, mentre altri posero la poesia come superiore forma di conoscenza, alla quale si poteva accedere solo se dotati di particolari qualità e da cui erano, perciò, esclusi quasi tutti, tranne una esigua categoria di privilegiati. I romantici non compresero appieno la natura della loro arte e spesso la considerarono di poco superiore a quella che definivano arte popolare. Sebbene si possa cominciare a parlare d'avanguardia a partire dai romantici, alcune delle loro idee contribuirono a sminuire la portata rivoluzionaria e ad integrarla nell'ambito tradizionale della cultura sociale come sinonimo di "arte sofisticata".
Con Wagner si arrivò al culto romantico del Genio che voleva, da solo, creare una nuova cultura. Il sentimentalismo ed il furore tardo-romantico e il culto degli eroi di artisti carismatici come Liszt, portarono a conseguenze estreme il disinteresse del pubblico e mistificarono l'arte. Il culto del Genio sminuì l'importanza della partecipazione artistica e accentuò invece quella critica della mediazione fra autore e pubblico, per separare ciò che è buono da ciò che è cattivo, ciò che è raffinato da ciò che non lo è.
L'avanguardia anti-romantica, tuttavia, non solo rifiutò l'artista eroe wagneriano, ma formulò una teoria e una pratica artistiche basate su presupposti assai diversi. Gli artisti della nuova avanguardia, come nota Ortega Y Gasset, rifiutarono il ruolo di leader religiosi, che guidano le masse verso la conoscenza. La nuova arte era giocosa e ironica e rifiutava di esercitare sul pubblico un'autorità di tipo morale (8). Il problema principale nella teoria di Ortega è la contrapposizione che fa tra arte realista e arte astratta, definendo solamente quest'ultima avanguardia. Di fatto, il collasso del romanticismo diede vita a due correnti d'avanguardia: il simbolismo e il realismo (9). Mentre l'avanguardia realista impressionava il pubblico con i suoi contenuti (sessualità, miseria, corruzione politica, antimilitarismo, lotte operaie), i simbolisti scandalizzarono il pubblico con la loro forma e tecnica. Non è neppure sempre il caso di fare distinzioni fra forma e tecnica perché se si analizzano le opere di scrittori come Kafka o Celine bisogna trovare altri termini: tuttavia c'è stata sempre tensione tra idee realiste e simboliste.
Quando si esamina il fenomeno letterario che prende il nome di modernismo l'ambiguità dell'avanguardia appare evidente. Uno dei filoni ha inizio con Flaubert, Henry James e Mettewh Arnold, continua con T.S. Eliot, Pound, Yeats e Joyce per finire più o meno con scrittori come Mann, Bellow e Stevens. Sebbene la tradizione modernista critichi la società del 20° secolo, fa un'accurata distinzione tra critica legittima e illegittima; separa meticolosamente l'arte nobile dall'arte di bassa lega, rigettando le produzioni letterarie troppo oscene, troppo politicizzate, troppo semplicistiche, troppo rozze e grossolane. Il modernismo e le scuole critiche che hanno dominato per decenni le università, sono il filtro attraverso cui passa la letteratura d'avanguardia (10). Se un autore non può essere apertamente messo al bando, allora viene castrato con critiche irrilevanti e pedanti, che seppelliscono la sua arte rivoluzionaria sotto una valanga di parole.
Il modernismo ha favorito lo sviluppo di un certo tipo di sensibilità che è sempre stato contrastato dall'avanguardia e che negli anni '60 fu criticato efficacemente da autori quali Susan Sontag (11). Questa sensibilità predilige la serietà e un certo tipo di (seriosa) ironia, valorizza la complessità, è incompatibile con la spontaneità e la sincerità, scoraggia la spensieratezza, l'allegria e la divulgazione dando importanza all'unità estetica e insistendo sulla necessità di porre netti confini tra arte e società. Il modernista distingue ciò che è buono da ciò che è cattivo, il bello dal brutto e non perde mai il controllo della propria arte; il modernista non sbaglia mai - o, se sbaglia, non lo fa sapere a nessuno.
Oggi il modernismo è in crisi non solo perché non si producono quasi più opere letterarie di questo genere (in letteratura, oggi, le opere più significative sono pura avanguardia), ma anche perché lo stesso criticismo modernista è stato oggetto, per diversi decenni, di critiche feroci. Non c'è dubbio che l'ideologia borghese troverà qualche altra forma con cui sostituire la dottrina modernista, ormai screditata, anche se fino a questo momento non è chiaro in che cosa essa consisterà (12).
Se nelle democrazie borghesi il conflitto è tra modernismo e avanguardia, nei paesi a regime totalitario gli scrittori che si staccano dalla linea del partito sono messi a tacere, censurati, imprigionati o esiliati e, qualche volta, uccisi. Ci si scorda facilmente che la letteratura d'avanguardia è privilegio di pochi scrittori, gli altri, e sono la maggior parte vivono sotto regimi di sinistra o di destra. In paesi dove la letteratura è presa sul serio, gli scrittori rivoluzionari sono messi a tacere o controllati, mentre, in paesi come gli Stati Uniti, dove chiunque è libero di esprimere ciò che vuole, è molto difficile fare colpo sul pubblico. Se si esamina attentamente la natura della libertà artistica negli Stati Uniti, ci si rende conto che non sempre sono necessari metodi dittatoriali. Oltre al fatto che le università e la critica propagandano l'ideologia modernista, ci sono le idee estremamente conservatrici delle case editrici che non vogliono correre rischi; per cui è molto difficile che un grande complesso editoriale pubblichi le opere degli scrittori d'avanguardia. So di tre eccellenti romanzi che sono stati rifiutati dalle case editrici (e perciò mai pubblicati). La libertà di scrivere non è libertà di pubblicare o di avere dei lettori. Per di più negli Stati Uniti il lavoro è così poco gratificante che quando la gente torna a casa non vuole impegnarsi in scelte di tipo estetico, ma subisce passivamente gli spettacoli consumistici propinati dall'industria culturale (13). Così, benché gli scrittori siano liberi di scrivere, la maggior parte della gente che lavora non ha la libertà di leggere opere di avanguardia, sia perché svolge dei lavori alienanti, sia perché la letteratura d'avanguardia non è facilmente accessibile.
Si potrebbe pensare che la libertà per gli scrittori sia un fatto indiscutibile, ma basta osservare la tradizione marxista-leninista per capire che non è così. Solo negli anni '60 alcuni dei partiti comunisti si sono decisi ad accettare altre posizioni artistiche oltre a quelle del "realismo socialista", non prima però di avere espulso due di coloro che all'interno del partito sostenevano una maggiore apertura in campo estetico, il critico austriaco Ernst Fischer e il critico francese Roger Garaudy (14).
Lo stalinismo non è l'unico responsabile del conservatorismo estetico marxista, perché nemmeno Marx, Engels e Lenin apprezzavano l'avanguardia; il loro gusto era del tutto borghese. Sebbene Trotsky fosse più aperto e ricettivo verso la nuova arte, pensava che il partito e lo stato avessero il diritto - e il dovere - di sopprimere ogni forma artistica che fosse "controrivoluzionaria", che non fosse utile alla "rivoluzione". Il conservatorismo estetico di Mao era così eccessivo che un "moderato" come era Teng Xiao-ping, al confronto, può sembrare un surrealista. Un esempio molto rilevante per chiarire i rapporti tra marxismo-leninismo e avanguardia è quello di Mayakovsky: il grande poeta futurista, massimo esponente della rivoluzione bolscevica in campo artistico, deluso dal bolscevismo, abbandonato dal pubblico, si tolse la vita per disperazione.
Un altro episodio, avvenuto molto più tardi, fu l'arresto del poeta cubano Padilla nel 1971. Castro, a seguito di proteste internazionali, fu costretto a liberarlo. I due maggiori crimini imputati al poeta erano l'omosessualità e la tendenza di avanguardia ("individualismo borghese" come viene definito). In un articolo che fece scalpore, i redattori della rivista cinematografica di sinistra Jump Cut scrissero che era assolutamente ingiusto arrestare Padilla per omosessualità, ma convennero con Castro che la "rivoluzione" ha il diritto di controllare gli artisti e gli intellettuali; i redattori approvarono la repressione di Padilla per le sue idee individualiste e d'avanguardia (15). Credevo che queste idee fossero morte da molto, ma mi sbagliavo; l'articolo era firmato da dieci redattori. Evidentemente l'idea di libertà artistica è tuttora un concetto rivoluzionario che ha bisogno di essere sostenuto.

Arte non alienata

L'Utopia come luogo dove l'arte non è più alienata ma è ricostruita su basi ugualitarie, è un ideale comune a tutto il socialismo del diciannovesimo secolo, da Fourier a Marx, da Godwin a Ruskin. Morris e Kropotkin diedero tuttavia la più completa e interessante visione di una nuova arte in una società che aveva superato l'alienazione. Kropotkin in Campi, fabbriche, officine, lodò l'organicità, la partecipatività e la collettività della cultura medioevale. Come Shelley e Nietzsche avevano legalizzato l'alto grado di integrazione sociale della cultura ellenica, così Carlyle, Ruskin, Morris e Kropotkin idealizzarono la cultura sociale delle città medioevali appannaggio delle corporazioni e degli artigiani. Kropotkin rifiutò di considerare normale l'alienazione dell'arte, cioè la sua frammentazione in molti aspetti particolaristici, tutti estranei alla politica, alla vita sociale e all'economia. Kropotkin e Morris vedevano l'arte come qualcosa che si integrava con la vita sociale in tutti i suoi aspetti. Prima d'ogni altra cosa, le case, le strade, i giardini, gli appartamenti, i villaggi e le città dovevano essere costruiti con buon gusto. Le cose d'ogni giorno - utensili da cucina, tende, tappeti, tavoli, mobili - dovevano riflettere i valori estetici della società. Non solo l'ambiente dovrebbe essere conforme alla bellezza, ma la stessa attività produttiva dovrebbe essere animata da intenti estetici. In una società anarchica, si avrebbe la possibilità di apprendere diverse specializzazioni e si potrebbe partecipare a molte ed utili attività, per poi concentrarsi su ciò che più interessa. Un lavoro noioso, eseguito collettivamente, perde gran parte della sua pesantezza: inoltre, se questo lavoro non occupa tutto il tempo disponibile, si avrà la libertà di valorizzare altre attività.
C'è però qualcosa di inopportuno nelle idee estetiche di Kropotkin, poiché il suo ideale d'arte non alienata getta discredito sull'avanguardia. Nietzsche, gli esteti, i simbolisti, i nuovi anarchici francesi che simpatizzavano per l'avanguardia, furono definiti da Kropotkin individualisti borghesi, intemperanti ed irresponsabili (16). Benché Proudhon avesse difeso all'inizio la pittura surrealista di Gustave Courbet contro l'establishment accademico nel suo Du Prince de l'art e de sa destination sociale (1895), più tardi si allontanò sempre più dal movimento d'avanguardia e auspicò piuttosto un'arte di tipo impegnato più sensibile alle istanze sociali. Tolstoj, com'è noto, condannò quasi tutta la produzione artistica, compresi i suoi romanzi, perché questo tipo di arte era decadente, amorale e irreligiosa (17). Fortunatamente, Godwin, Bakunin e Stirner ebbero una concezione libertaria dell'estetica, ma il fatto che tre dei maggiori teorici dell'anarchismo la pensassero diversamente merita un'analisi più approfondita.
Nel romanzo utopistico I reietti dell'altro pianeta di Ursula Le Guin (1974) il protagonista, Sherek, è uno scienziato con idee innovatrici, la cui intransigente originalità si pone in contrasto con l'etica egualitaria della società anarco-sindacalista. Il romanzo suggerisce l'idea che tutte le società, anche quelle anarchiche basate su principi di solidarietà, non vedono di buon occhio le espressioni di un individualismo d'avanguardia (18). L'avanguardia sembra essere antisociale anche quando non lo è. Il problema, come dimostra molto bene il romanzo, è questo: lo spirito libertario non può esistere a lungo al di fuori dell'individualismo. La società rivela il suo carattere autoritario quando perseguita Sherek per le sue teorie scientifiche; benché possa esistere una società senza stato istituzionale, tuttavia l'autoritarismo è connaturato alla gente.
Il conservatorismo estetico di Tolstoj, Proudhon e Kropotkin fa pensare alla possibilità di un regime autoritaristico non imposto da uno stato o da una classe capitalista dominante, bensì da una società basata sull'uguaglianza. La società, che non va confusa con il governo, ha il diritto di regolamentare la produzione artistica? L'anarchico deve rispondere inequivocabilmente: "No!", perché se una società pone dei limiti all'arte non resterà libertaria per molto tempo.
La rigida divisione che Kropotkin, Proudhon e Tolstoj fanno fra avanguardia e arte impegnata è del tutto infelice. Non sono state molte le opere anarchiche impegnate (19), ma quelle poche si possono considerare d'avanguardia proprio per i contenuti di cui sono state portatrici. Se l'arte non è inaccettabile dall'establishment culturale per forma o contenuto, o addirittura per entrambe le cose, ha scarsa importanza per gli anarchici. Per questo motivo, la dicotomia operata da Kropotkin è, di fatto, puramente fittizia. Esistono vari tipi di arte d'avanguardia, alcuni dei quali si possono definire impegnati. Il problema della maggior parte dell'arte impegnata, cioè del tipo solitamente prodotto dai marxisti, è che non dice nulla di nuovo. L'arte d'avanguardia, d'altra parte, è un'avventura estetica, è un tentativo di aprire nuove vie, di scoprire nuove possibilità di esperienza.
Benché la visione utopistica di un'arte non alienata sia un carattere fondamentale dell'anarchismo, essa non dovrebbe essere usata come un'arma per colpire l'avanguardia. Non voglio dire che tutto ciò che si autodefinisce avanguardia sia buono, ma un'arte incapace di rinnovare radicalmente i propri contenuti e le proprie tecniche non è diversa dall'arte borghese o totalitaria.

Arte come critica sociale

Dopo l'espulsione di Alexander Berkman e Emma Goldman dagli Stati Uniti e, in seguito, dall'Unione Sovietica, essi furono sballottati qua e là per l'Europa e il Canada dalle burocrazie di governo, mentre il fascismo, a poco a poco, saliva al potere. Benché Berkman e la Goldman avessero denunciato il tradimento della rivoluzione sociale russa da parte dei bolscevichi, la sinistra internazionale non volle mai sentirne parlare e attese fino agli anni '50 per ammettere che qualcosa non funzionava nel "comunismo" sovietico. Negli anni '20 e '30, Berkman e la Goldman dovettero rinnovare la loro concezione anarchica, perché gli eventi storici l'avevano ormai superata. La Goldman giunse alla conclusione che il problema non era solo quello dello sfruttamento economico o del potere, perché questi due fenomeni non bastavano a spiegare l'adesione di tanta parte della classe operaia al fascismo e alla prima guerra mondiale. Nel 1927 scriveva a Berkman: Tutta la scuola del pensiero anarchico, da Kropotkin a Bakunin in poi, ha una fede eccessiva e ingenua in quella che Piötr (Kropotkin, n.d.r.) chiama 'spirito creativo del popolo', ma io non riesco proprio a vederlo. Se veramente il popolo fosse in grado di creare qualcosa autonomamente, come avrebbero potuto le migliaia di personaggi come Lenin, o gli altri come lui, rimettere il cappio al collo del popolo russo? (20). Il vero problema, allora, era quello dell'autoritarismo, quello della volontà di sottomettersi all'autorità politica, dell'incapacità di autogovernarsi (e questo fu anche l'argomento dell'ormai classico saggio Nazionalismo e Cultura di Rudolf Rocker, pubblicato in Inghilterra nel 1937 e riedito recentemente negli USA da Michael Coughlin (l'edizione italiana, da anni esaurita, fu pubblicata dalle Edizioni Antistato: Rocker era molto amico della Goldman e di Berkman).
Assai prima che la scuola di Francoforte e Wilhelm Reich indagassero la psicologia del fascismo, Berkman e la Goldman tentarono di analizzare il problema della dominazione. Il socialismo del XIX secolo, dagli utopisti a Marx e ai teorici dell'anarchismo, aveva fondato le proprie teorie e la propria azione rivoluzionaria sull'analisi delle varie forme di sfruttamento; il crollo del movimento operaio durante la I guerra mondiale, dopo la conquista del potere da parte dei bolscevichi, e l'avvento del fascismo resero necessaria una nuova formulazione delle teorie rivoluzionarie, che partisse dal concetto di dominazione.
Emma Goldman si dimostrò estremamente sensibile nei confronti di questo problema e riconobbe l'importanza dell'individualismo e dell'arte d'avanguardia (21). La Mother Earth Press pubblicò "Soul of Man Under Socialism" (L'anima dell'uomo sotto il socialismo) di Oscar Wilde, pubblicizzò il teatro d'avanguardia di Ibsen e di Hauptmann e introdusse favorevolmente il lettore al pensiero di Nietzsche. La Goldman stava elaborando una sua teoria della dominazione quando scoppiò la guerra di Spagna. Benché disapprovasse molte delle iniziative anarco-sindacaliste, e in particolare la decisione di partecipare al governo del Fronte Popolare, continuò a lavorare per la causa della rivoluzione spagnola.
Se la componente primaria dell'oppressione fosse lo sfruttamento, sarebbe plausibile relegare l'arte, e specialmente l'arte d'avanguardia, in una posizione secondaria, subordinandola alla lotta di classe. Poiché, invece, la dominazione ha un'importanza almeno pari a quella dello sfruttamento, l'arte, e in particolar modo quella d'avanguardia, rappresenta un'esperienza fondamentale. Operando sempre al limite estremo tra conscio e inconscio, l'arte d'avanguardia consente di rompere, in senso libertario, gli schemi della realtà quotidiana. Per comprendere questa realtà, che viene per gran parte plasmata e determinata da fattori che esulano dalle nostre possibilità di controllo, dobbiamo spingerci ben oltre il panorama offerto dall'industria culturale. Infine, dobbiamo deciderci anche a superare le teorie anarchiche e marxiste formulate nel secolo scorso, poiché le analisi su cui esse si fondano sono ormai da tempo obsolete.
L'impronta dell'autoritarismo contraddistingue ogni aspetto della vita moderna. Fin dalla più tenera infanzia ci insegnano a rispettare l'autorità, ad accettare le procedure burocratiche, a delegare le decisioni agli esperti, a reprimere i desideri. L'universo sociale in cui viviamo e con il quale quotidianamente ci scontriamo è impregnato di totalitarismo, al vertice e alla base, a destra e a sinistra, e l'opposizione contro-culturale non trova spazio alcuno (22).
Uno degli aspetti più deludenti del movimento della sinistra negli anni '70 è stata la ripresa di una politica fondata sullo sfruttamento, unita a un revival di conservatorismo culturale. Una politica basata sullo sfruttamento può essere, ed effettivamente fu, adottata senza differenziazione dai partiti liberali socialdemocratici, marxisti-leninisti e dalle burocrazie sindacali. Nel mondo occidentale, non è solo lo sfruttamento economico in quanto tale a privare l'individuo della sua autonomia creativa, bensì la cultura nel suo complesso. Poiché la nostra esistenza si svolge all'insegna della dominazione, dovremmo cercare stimoli libertari nell'arte d'avanguardia, non nelle teorie sulla classe lavoratrice. Anche se le iniziative di base e dei movimenti operai autonomi rappresentano una possibilità in senso anarchico, sono pur sempre solo una possibilità, e nulla di più.
Se gli anarchici non vogliono essere fagocitati, assimilati dal sistema, devono avere le idee chiare sull'autoritarismo e sulla dominazione. Se l'anarchismo non fa proprie le istanze contro-culturali di una alternativa viva e reale all'industria e al consumismo culturali, sarà sempre e solo l'ala sinistra di un movimento riformista impegnato nel vano tentativo di rabberciare il sistema capitalista. Al recupero di una politica stile anni '30 ha fatto seguito un conservatorismo culturale che rappresenta la logica reazione alle conquiste degli anni '60. Secondo Christopher Lasch, Roland Sennett e altri, il problema è rappresentato da quello che gli autori definiscono 'narcisismo' e che identificano con la contro-cultura del decennio scorso.
Le critiche al movimento contro-culturale degli anni '60 sono per molti versi interessanti e utili, ma non hanno lo scopo di costruire una nuova contro-cultura a più alto livello, bensì di demolire quella che già esiste. Lasch, ad esempio, considera l'avanguardia un fenomeno storicamente superato e presumibilmente le preferisce di gran lunga i telefilm della serie "The Waltons", nei quali la famiglia assume il ruolo di un rifugio caldo e sicuro (tra uno sketch pubblicitario e l'altro) (23). La contro-cultura libertaria deve essere all'avanguardia, se non vuole perdere di vista la dimensione reale dello sfruttamento capitalistico e della dominazione. Tuttavia, l'avanguardia deve essere messa continuamente alla prova, perché, come tutti i fenomeni che si sviluppano all'interno del capitalismo, tende a commercializzarsi. In un certo senso, il fervore innovativo dell'avanguardia risponde non solo alle esigenze della moda moderna, ma anche a una delle caratteristiche essenziali del capitalismo stesso. L'accumulazione di capitali richiede che le abitudini consumistiche siano continuamente soppiantate da nuovi bisogni, che solo una nuova produzione di beni può soddisfare.
L'avanguardia ha sempre cercato di superare la dicotomia tra arte e vita, di combattere la passività del pubblico, di demistificare la creazione estetica, di sviluppare un'arte partecipata. Essa, tuttavia, non potrà limitarsi ad indicare una via da percorrere, ma dovrà cominciare a sviluppare seriamente il suo programma. Il prossimo passo dovrà essere finalizzato all'incremento dell'educazione estetica, alla valorizzazione e alla moltiplicazione dei talenti artistici, per far sì che la gente possa creare da sola la propria arte (o possa almeno partecipare alle esperienze artistiche con maggiore senso critico). Se la gente non avrà altre esperienze, oltre a quelle offerte dall'industria culturale (che siano le opere PBS o "Charlie's Angels", "Superman", "Coming Home", Jeannie C. Riley e i Rolling Stones), non imparerà mai ad autogovernarsi e ad aver fiducia nelle proprie capacità di creare alternative alla società controllata dal governo, dall'industria, dai burocrati e dai tecnici. Per liberarsi dall'autoritarismo, la gente deve cominciare a creare una cultura autonoma. Credo che i socialisti libertari e la Rivista Root and Branch prendano una grossa cantonata sottovalutando il problema della cultura. Per loro, è importante solo la crisi economica, che costringerà la gente a creare una nuova società. Per conto mio, invece, nella situazione attuale un collasso economico porterebbe solo a una svolta autoritaria, perché la gente non è ancora sufficientemente avvezza a cooperare, a prendere decisioni in comune, a gestire la politica in modo autonomo. Se domani scoppiasse una crisi, accenderebbero tutti il televisore per farsi dire che cosa fare.
Assai più interessante è l'ipotesi avanzata da Franklin Rosemont in un articolo pubblicato su uno degli ultimi numeri della rivista Industrial Worker, organo degli IWW, nel quale collega gli obiettivi della democrazia operaia con quelli del movimento surrealista (24). Durante il Maggio Francese del 1968, uno degli slogans più diffusi fu l'immaginazione al potere. Credo che non se ne potrebbe trovare uno migliore per un anarchismo veramente moderno, che si faccia promotore di iniziative contro-culturali all'interno dell'avanguardia ed elabori nuove teorie che tengano nel debito conto e anzi assumano come dato di partenza il problema della dominazione.

NOTE

1) Che io sappia, il primo libro in cui è stata usata l'espressione 'estetica anarchica' è L'estetica anarchica di André Reszler. Oltre a questo, e a: The Artist and Social Reform, France and Belgium 1885-1898 di Eugenia Herbert (New Haven, 1961), anche Social Radicalism and the Art di Donald Egbert (New York, 1970) contiene una analisi dei rapporti tra anarchismo e arte. Nessuno di questi autori è realmente anarchico. Il libro di Hgbert è pieno di errori e di inspiegabili omissioni, quello di Reszler è approssimativo e infine quello della Herbert dà una visione limitata del problema. In questo campo, dunque, c'è ancora molto da fare: la critica estetica anarchica, da non confondersi con la storia dell'arte, è un campo assai più interessante di quanto non appaia da queste opere. Altri contributi significativi sono stati quelli di Dwight Mac Donald, Kingsley Widmer, Paul Goodman, Herbert Read, Alex Comfort e Art Efron.

2) Cfr. Herbert, op. cit., e Renato Poggioli, La teoria dell'avanguardia,...

3) Cfr. Reszler, op. cit., cap. 3 per l'amicizia tra Wagner e Bakunin.

4) Sebbene non sia un'opera anarchica in senso stretto, e neppure del tutto libertaria, Art as Experience di John Dewey (New York, 1934) dà un quadro suggestivo ed efficace delle teorie estetiche anarchiche.

5) Il saggio di Ortega y Gasset La disumanizzazione dell'arte (1925) contiene una brillante teoria dell'avanguardia, guastata però dall'elitarismo dell'autore. Egli confonde infatti la falsa democrazia con quella reale e l'industria culturale con la partecipazione all'arte. Ortega non accetterebbe mai la mia definizione della poesia romantica come arte d'avanguardia, poiché per lui l'avanguardia è un fenomeno molto più tardo e essenzialmente antiromantico.

6) Cfr. E.P. Thompson, The Making of the English Workimg Class (New York, 1963).

7) in "The Romantic Artist" (in: Culture and Society, N.Y., 1958) Raymond Williams analizza la portata sociale delle teorie romantiche.

8) Cfr. Ortega y Gasset, op. cit.,

9) Per esempio, la Herbert afferma che l'avanguardia letteraria in Francia e in Belgio, nell'ultimo ventennio del XIX secolo, fu rappresentata dai poeti simbolisti e dai romanzieri realisti. Anche Paul Goodman giunge alle stesse conclusioni nel suo "Advance-Guard Writingin in America: 1900-1950" (in: Creator Spirit Come! New York, 1977, pp. 144-164).

10) Cfr. John Fekete, The Critical Twilight: Explorations in Ideology of Anglo American Liberary Thought from Eliot to McLuhan, Londra e Boston, 1977, per una eccellente analisi sull'asservimento culturale della letteratura.

11) L'opera più significativa in questo senso è il saggio "Against Interpretation" (1964), poi ripreso in uno dei più importanti testi di critica culturale degli anni '60, Against Interpretation (New York, 1966), dove l'autrice trova nell'arguzia epigrammatica di Oscar Wilde un'alternativa allo spirito serioso del modernismo.

12) Basti pensare all'isterismo con cui gli intellettuali liberali tentano disperatamente di riabilitare il modernismo dopo la batosta degli anni '60. Uno degli ultimi numeri della rivista Salamagundi, 42 (estate-autunno 1978) è interamente dedicato alla critica di quello che viene definito radicalismo culturale: i modernisti contemporanei stanno cercando una alternativa non solo alla letteratura d'avanguardia, ma anche alla critica letteraria che rifiuta il ruolo di guardiano e custode della cultura.

13) Per ciò che riguarda il concetto di industria culturale, cfr. T.W. Adorno e Max Horkheimer, Dialettica dell'Illuminismo, Torino, Einaudi. In questo campo, la scuola di Francoforte ha compiuto studi di notevole interesse.

14) Per avere maggiori ragguagli sulla triste storia dell'estetica marxista-leninista, cfr. Marxist Models of Literary Realism di George Bistray (New York, 1978), opera assolutamente acritica, ma sufficientemente informativa. Per un tragicomico resoconto dei rapporti tra il comunismo e le opere di Franz Kafka, cfr. "From Liblice to Kafka", in Teols, 24 (estate 1975), dove viene anche messa in rilievo, l'influenza dell'anarchismo su questo scrittore.

15) Per questo vergognoso articolo, cfr. Jump Cut, 19, pp. 38-39.
 

16) Cfr. The Anarchiste Prince (Cleveland, 1971), di George Woodcock e Adam Avakumovic. pp. 280-282.

17) Cfr. Che cosa è l'arte?, dello stesso Tolstoj.

18) Il romanzo di Ursula Le Guin mi fu segnalato da Bob Newman, il quale mi fece anche notare una componente autoritaria dell'anarchismo di qui non mi ero mai reso conto. Newman ha scritto un saggio su The Dispossessed, che dovrebbe essere di imminente pubblicazione. Cfr. anche l'articolo su Ursula Le Guin in Cienfuegos Review, 2 (l'intero numero della rivista è dedicato al rapporto tra arte e anarchismo).

19) La Herbert analizza alcune delle opere di questo genere prodotte in Francia e in Belgio.

20) Cfr, Nowhere at Home, Letters from Exile of Emma Goldman and Alexander Berkman, a cura di Richard e Maria Drinnon, New York, 1975, p. 82.

21) Cfr. ad esempio il bellissimo saggio "The individual, Society and the State", ripubblicato in Red Emma Speaks, New York, 1972.

22) Tra gli autori che più recentemente hanno affrontato questi problemi mi preme soprattutto ricordare Michael Foucault, Gilles Deleuze e Felix Guattari. Cfr. M. Foucault, Sorvegliare e punire (Torino, Einaudi) e Nascita della clinica (Torino, Einaudi); G. Deleuze e F. Guattari, L'Anti-Edipo (Torino, Einaudi) e Capitalismo e schizofrenia.

23) Lasch esprime le sue roventi critiche nei confronti dell'avanguardia sul numero di Salamagundi citato nella nota 15.

24) Cfr. F. Rosemaunt, "Surrealism and Revolution", in: Industrial Worker, 76: 1 (gennaio 1979). Non sono d'accordo con lui nel ritenere che il surrealismo sia stata l'unica corrente rivoluzionaria all'interno dell'avanguardia, ma sono ben lieto che, una volta tanto, le opinioni divergano solo sul tipo di avanguardia a cui attribuire la qualifica libertaria.