Introduzione
Fuori dal mercato
Questa espressione appare oggi familiare, nota, condivisa da coloro i
quali si situano in posizione fortemente critica nei confronti della
società di mercato e di mercanti, condizione ineliminabile per
contrastare efficacemente i criteri che si cerca di imporre al mondo
intero da parte della cultura dominante. Eppure non è stato sempre così.
Le straordinarie acquisizioni del movimento contro la globalizzazione,
fin dalla sua nascita, hanno fatto pensare all’estensione di un discorso
libertario che fino a pochi anni prima sarebbe stato impensabile su
scala così vasta e così eterogenea. Una delle discriminanti più evidenti
che il movimento ha posto alle sue basi è stata proprio la battaglia
concreta alla società di mercato attraverso l’estensione di pratiche che
si situassero fuori dal mercato. Sottrarsi alle leggi
dell’economia capitalista avanzata era ed è un obiettivo da perseguire
prioritariamente, nella consapevolezza non solo della possibilità ma
della necessità di sottrarsi dall’interno al modello che viene
imposto. Su questo terreno di consapevolezza sono state affrontate mille
pratiche (boicottaggi, pratiche di contrasto al consumo indiscriminato,
commercio equo e solidale ecc.) che, pur con caratteristiche diverse,
hanno confluito a formare una realtà tangibile di altro modello,
senza porsi il problema di attendere di essere il nuovo modello per
cominciare ad agire concretamente. Il nuovo modello si costruisce
in corso d’opera e attraverso l’opera stessa, badando che i criteri
fondamentali siano rispettati. Fuori dal mercato: questo è uno dei
criteri più saldi e più condivisi. Ma non è stato sempre così, per lo
meno non lo è stato per tutta una vasta area di sinistra che, negli anni
passati, ha praticato l’impegno e la lotta politica di contrasto al
mondo capitalista. Un esempio è appunto l’esperienza di Giancarlo Celli.
Negli anni in cui Giancarlo Celli praticava l’“uso libero”, Lotta
Continua metteva in atto il “mercato rosso” in varie parti d’Italia. La
differenza fra le due esperienze è centrale: nel mercato rosso gli
oggetti erano sempre “merce”, nell’uso libero la merce tornava ad essere
oggetto d’uso. Il Mercato Rosso non faceva che eliminare dalla filiera
di distribuzione delle merci un gradino di intermediari: i compagni si
rifornivano direttamente ai mercati generali e rivendevano a prezzo più
basso le merci acquistate. Ma per il resto, condizioni dei produttori
comprese, tutto restava invariato. Veniva colpita una parte della
distribuzione, non i criteri della forma complessiva che erano sottesi.
La pratica attuata da Giancarlo Celli era altro da questo, era aver
individuato uno dei possibili mezzi di reale costruzione di una
pratica politica efficace, che non si limitasse ad essere servizio,
ma che diventava denuncia e critica sociale e culturale. Certo Giancarlo
avrebbe avuto vita molto più facile oggi, in cui questa ottica d’azione
è diffusa e condivisa, non la ebbe allora, neanche all’interno del
movimento anarchico, in cui erano presenti vaste aree di inutile e
improprio dogmatismo pseudocomunista. Ma certo va ascritto al movimento
anarchico, per fortuna non solo a Giancarlo Celli, aver individuato con
molti anni di anticipo non solo che un altro mondo era possibile, ma che
lo si dovesse cominciare a costruire “qui e ora”, attraverso una pratica
che fosse riconoscibile e concreta, che restituisse valore all’azione di
ogni individuo e valore ad ogni azione che fosse compiuta
con coerenza e consapevolezza. In quei tempi si aspettavano le masse,
senza le masse qualunque azione era destituita di importanza.
Gravissimo, fatale errore, a cui, per fortuna, il corso degli eventi ha
posto riparo. Sarà il caso di vigilare affinché, se possibile, non si
torni a ripetere inutili errori in tal senso.
Giancarlo Celli e il Dioniso
Malgrado lui stesso non avrebbe mai voluto che così si dicesse e così
fosse, il Gruppo Dioniso è stato Giancarlo Celli. Lucchese di nascita,
classe 1927, laureato in giurisprudenza, negli anni Sessanta si dedicò
all’attività teatrale ed espressiva in genere, connotata da spiccate
valenze di denuncia e critica sociale. Nel 1965 fondò il Gruppo Dioniso,
che dal 1968 si collocò nettamente in area libertaria ed anarchica.
(Relativamente all’attività teatrale del Dioniso è fondamentale: Franco
Quadri, L’avanguardia teatrale italiana, Einaudi Editore, Torino,
1977).
Con il Dioniso Giancarlo Celli intraprese molteplici iniziative che,
partendo dal terreno culturale, si estesero a coinvolgere le persone in
prese d’atto critiche nei confronti della politica, della società, della
cultura e, spesso, delineando concrete alternative all’ordine sociale
vigente e dominante. Gli esperimenti riguardarono il teatro (teatro
“guerriglia” con partecipazione attiva), la pittura murale collettiva
(in particolare in Sardegna nel 1969), il laboratorio comune di grafica
e pittura, la scuola libertaria ai ragazzi, l’“uso libero”, le sedute di
poesie in casa, ecc. L’attività si svolse a tutto campo, passando da
Milano, alla Sardegna, a Roma.
Ed è stato a Roma, in via Arbib, quartiere Tiburtino, che fu affrontato
l’esperimento dell’Uso Libero, in concomitanza con altre iniziative
portate avanti dal gruppo. In realtà il Dioniso, specialmente a Roma,
non contò mai più di quattro, cinque elementi componenti, ed in certi
periodi Giancarlo Celli si trovò praticamente solo a portare avanti il
lavoro. Malgrado difficoltà, a volte notevolissime (dormì per sei mesi
in una vecchia automobile e, in seguito a questo tour de force,
si ammalò seriamente ai polmoni), l’attività del Dioniso non fu mai
interrotta.
Quando un infarto lo fermò per sempre aveva cinquant’anni, e l’attività
del Dioniso era sempre e ancora sostenuta dalla sua presenza e dalla sua
tenacia.
I documenti presentati
Di seguito verrà presentata una serie di documenti originali e mai
pubblicati relativi all’attività del Dioniso sull’Uso Libero.
In questa sede si è omessa tutta la parte di documentazione che non
riguardasse strettamente l’esperienza di Uso Libero. In realtà
l’attività del Dioniso fu molto più estesa e articolata. Ci
ripromettiamo in futuro di dar conto anche di questa ulteriore area di
esperienza.
Dai documenti, che saranno più eloquenti di qualunque nostra
descrizione, sono state stralciate solo le parti che riguardano
l’esperienza dell’Uso libero, nei quali emerge la puntigliosa opera di
registrazione e documentazione che il Dioniso fece relativamente alla
sua attività. La conservazione dei materiali, che a noi sono pervenuti
dopo la morte di Giancarlo Celli, sta ad indicare il valore che
Giancarlo attribuiva a queste esperienze. Purtroppo la documentazione
non è assolutamente completa, ma certamente esauriente per delineare il
quadro del lavoro svolto e della sua importanza.
È interessante notare lo scrupolo e l’attenzione posta nell’osservare il
fenomeno di partecipazione in tutta la sua interezza, con uno scorcio di
analisi sociologica che oggi ci consente di osservare i dati a vari
livelli. E la consapevolezza politica di essere parte di una esperienza
propria del movimento anarchico che ci ricorda come la pratica e non
solo la teoria anarchica ha avuto nel tempo solide basi di verifica.
Documenti
Il documento che segue è lo stralcio di un originale prodotto dal
Dioniso nel 1975 in cui viene presentato il gruppo dalla sua nascita,
sia nella determinazione dei suoi obiettivi e linee teoriche, sia
nell’escursione delle sue attività. Venne stilato a Roma da Giancarlo
Celli e dagli allora appartenenti al gruppo.
Documento n°1.
“Il gruppo Dioniso”. Ciclostilato. Marzo 1975.
È nato come circolo culturale nel 1965. Solo nel 1968 – in seguito alla
chiarezza che impose a tutti il maggio francese – ha definito i suoi
scopi in direzione libertaria. Dal documento teorico del gruppo,
Funzione libertaria del gruppo d’intervento (stampato a Nuoro il 5
aprile 1970 e perfezionato a Roma il 7 aprile 1974), gli scopi del
gruppo sono di:
favorire l’autentico processo rivoluzionario: dall’autogestione delle
lotte sino all’autogestione del lavoro comune; dall’autogestione del
tempo libero sino all’autogestione della creatività. E, per obiettivo
finale, l’autogestione totale della vita di ogni singolo individuo;
contribuire alla definizione teorica e all’attuazione pratica della
connessione dialettica esistente tra momento culturale e momento
politico (il corsivo è nostro. N.d.C.). Ciò significa accelerare il
processo di abbattimento del potere, di ogni potere, in un unico
processo rivoluzionario per l’avvento di una società di uguali basata su
nuovi valori che sono politici e culturali insieme (idem. N.d.C.):
l’autogestione della vita ad ogni livello, il mutuo appoggio e la
collaborazione fra gli uomini, il possesso e l’uso comune dei beni, la
creatività del lavoro.
In virtù della scelta libertaria, ne è derivata, come esigenza culturale
del gruppo, l’autonomia economica, premessa all’indipendenza politica.
Ciò spiega la necessità del lavoro comune e la stretta vita comunitaria,
con cassa comune per tutte le esigenze politiche e individuali quando il
gruppo fa interventi fuori sede (es. quasi due anni in Sardegna, 1969).
Lavoro comune, oltre che attività politica, erano per il gruppo le due
compagnie teatrali, Dioniso Teatro di Roma e il Dioniso di Milano. E
ora, dal 1971, il Laboratorio Comune Dioniso di grafica e pittura.
Proprio per la doppia natura politica e culturale del gruppo Dioniso, le
esperienze fatte in questi anni sono le più disparate e apparentemente
lontane.
Citiamo le esperienze più significative:
(segue dettagliato elenco con indicazioni di luoghi, date e attività,
riflessioni teoriche contingenti e prospettive di lavoro future).
Documento n°2.
“Notizie sul Laboratorio Comune Dioniso”. Ciclostilato. Giugno 1972.
Questo laboratorio che siamo riusciti a creare quasi dal nulla in otto
mesi di lavoro, di sacrifici personali e grazie alla collaborazione dei
compagni di Roma, Milano, Cagliari, nonché all’aiuto di alcuni abitanti
del quartiere Tiburtino, non è un laboratorio come tutti gli altri. È
necessario pertanto chiarire sinteticamente alcune sue caratteristiche.
È, certo, un luogo di lavoro, ma dove si sperimentano dei nuovi valori
culturali, come per esempio la produzione in comune.
Secondo noi, lavorare e produrre in un modo che sia diverso e
alternativo al modo di lavorare e produrre del sistema capitalistico,
che è basato sul profitto di pochi e sullo sfruttamento di molti,
significa cominciare sin da oggi a produrre in comune.
Il lavoro che ognuno di noi fa non è sottoposto a qualifiche,
avanzamenti, divisioni tra dirigenti ed esecutori ma è invece basato su
questi punti:
ogni decisione su ciò che si deve produrre e come si deve produrre è
presa dall’assemblea del gruppo;
i proventi dell’attività di ognuno vengono versati alla cassa comune;
ogni individuo preleva dalla cassa comune ciò che è necessario per la
sopravvivenza, secondo i suoi bisogni e secondo la sua coscienza.
Produzione e scambio
Ma non basta produrre in comune con la cassa comune. Restando fermi a
questo punto si avrebbe solo un fenomeno più avanzato di cooperazione.
Pertanto, dopo otto mesi, vogliamo fare anche un tentativo, per un breve
periodo, di:
produzione in comune e per tutti.
A ben vedere, anche i lavoratori, in sistema capitalista, producono in
un certo senso “per tutti”… Chi è cosciente del proprio sfruttamento
capisce che i padroni hanno ingannato ed espropriato gli uomini perché
noi tutti collaboriamo alla produzione della ricchezza, come lavoratori,
e al mantenimento della ricchezza, come consumatori, ed abbiamo perciò
pieno diritto ad usufruire di essa.
Uso libero
Pertanto riteniamo che ognuno dovrebbe dare un contributo a questa
progressiva presa di coscienza dei nostri diritti sia con la parola che
con l’esempio. E quindi anche noi, nel nostro piccolo ambito.
Noi sosteniamo che: produrre in modo diverso, alternativo al sistema
capitalista, significa prima di tutto produrre in comune e per tutti.
Ma il sistema non è basato solo sulla produzione ma anche sullo scambio.
Scambiare i prodotti in modo diverso, alternativo al sistema
capitalista, significa prima di tutto prendere in uso libero ciò che
è necessario secondo i bisogni e secondo coscienza.
Ecco perché, a titolo di azione esemplare, gli abitanti del quartiere
possono prendere in uso libero i nostri prodotti senza pagare.
Non è affatto beneficenza. (…). La ricchezza e l’uso dei beni appartiene
a tutti e non solo ai padroni, come vorrebbe il sistema e la mentalità
capitalista.
(…). La strada verso la società libertaria dove, con l’abolizione dei
privilegi dei padroni e con l’abolizione della moneta come mezzo di
scambio, il laboratorio comune non sarà più l’eccezione ma la regola, è
ancora molto, molto lunga…
Nella futura società libertaria:
- tutti produrranno per tutti
- ognuno userà dei beni secondo i bisogni e secondo coscienza
- la moneta diverrà superflua
A partire dal 1973 collaborò attivamente con il Dioniso il Gruppo
Comunista-Anarchico Portonaccio, composto di un numero di militanti
certamente superiore a quello del Dioniso e che fornì un contributo
attivo alle iniziative intraprese dal Dioniso. Nel tempo questo gruppo
si stabilizzò su posizioni più marcatamente comuniste e continuò ad
operare nel quartiere di Portonaccio per parecchi anni successivi alla
cessazione delle attività del Dioniso. In parte esiste ancora, con altre
denominazioni. La presenza di questo gruppo è certamente rilevabile nel
linguaggio dei documenti seguenti che, confrontato con quello
precedente, schiettamente libertario, rivela l’influenza di ambito
marxista. Va però ascritto a questi compagni il merito di aver creduto e
sostenuto le iniziative del Dioniso in un momento in cui gli ambiti più
accreditati dell’anarchismo italiano guardavano con sufficienza a queste
proposte.
Documento n° 3.
Esperienza dell’uso libero. Fascicolo ciclostilato. Novembre 1973.
Da Notiziario–Portonaccio, Dioniso Tiburtino.
Cos’è l’uso libero?
L’uso libero è un aspetto pratico della coscienza e abitudine
comunitaria. Noi mettiamo a disposizione degli oggetti prodotti dal
laboratorio in uso libero: cioè gli abitanti del quartiere possono
prenderli, se ne hanno bisogno (o per pochi giorni o per sempre). Perché
tutto questo? Perché vogliamo contribuire a creare la coscienza che i
prodotti del lavoro appartengono alla comunità. Inoltre perché, come
dicevamo, con questa azione vogliamo cominciare a costruire sin d’ora
rapporti sociali per gettare le basi di una futura società più libera,
più giusta e quindi più felice in cui sia abolito lo sfruttamento, vi
sia l’uso comune dei beni e, di conseguenza, sia abolita la moneta, che
è lo strumento che permette ai ricchi di essere tali, accumulando la
ricchezza sul lavoro degli altri.
Considerazioni sull’esperienza di uso libero
Nel primo mese di esperimenti (giugno-luglio 1972) su 400 persone,
avvisate con un volantino, 30 hanno usufruito dell’uso libero. Circa il
10%.
Aprile 1973
Dato che l’esperimento è tuttora in atto e nuovi compagni si sono
aggiunti – ogni nuovo compagno apporta prima o poi nuove idee e nuovi
sviluppi – è difficile fare dei bilanci, tirare delle conclusioni,
indicare con certezza matematica le possibilità di ampliamento o
regressione.
Di certo possiamo ora affermare che:
non si è verificato un fatto che era nelle previsioni di alcune persone
che hanno collaborato alle fasi iniziali di allestimento del laboratorio
comune e ai primi dibattiti interni al gruppo sull’uso libero: non c’è
stata la corsa ad arraffare tutto.
Alcune di queste persone dicevano addirittura che la gente sarebbe
venuta con carrettino a prendere bottiglie, manifesti, disegni e quanto
altro avessimo esposto in vetrina e l’esperimento sarebbe durato due o
tre giorni. Invece c’è stata una disciplinata, quasi timida
partecipazione e dall’inizio dell’esperimento sono passati sedici mesi.
Di più: dopo circa due mesi dall’inizio dell’esperimento, alcuni
abitanti che avevano usufruito dell’uso libero portarono spontaneamente
oggetti che rimettemmo in circolo.
Se l’arraffamento non è avvenuto possiamo identificare tre cause:
per un lungo periodo di tempo (otto mesi) dall’arrivo in quartiere sino
al primo giorno di uso libero, gli abitanti hanno visto quotidianamente
lavorare i compagni. Lavorare nel significato più semplice della parola.
Eravamo, e siamo ancora, artigiani nel quartiere, come c’è a poca
distanza, il fabbro, l’elettrotecnico, il fotografo, o il falegname. Chi
conosce i proletari sa che essi hanno un istintivo rispetto per il
lavoro e la fatica umana, poiché essi la conoscono di persona, la vivono
quotidianamente sulla loro pelle. E pertanto hanno avuto un istintivo
proletario rispetto del lavoro dei compagni e quindi dei prodotti di
questo lavoro. Così non c’è stata la corsa all’accaparramento.
Il grado di coscienza e di autocontrollo dei proletari del Tiburtino e
limitrofi al laboratorio è ben superiore a quanto si potesse presumere,
e forse si può considerare già sufficientemente maturo per praticare
l’uso libero su scala più ampia. L’ideologia borghese non è ancora così
totale, non ha ancora stravinto.
Un recondito senso di colpa
Non è da escludere che l’arraffamento dei prodotti sia stato impedito
anche da un fattore – che consideriamo negativo – e cioè il recondito
senso di colpa che noi tutti proviamo quando si “prende” un oggetto
senza pagare.
Ricordiamo certe esitazioni di alcune madri di famiglia che erano in tal
senso significative.
“Ma possiamo proprio prendere?” “Sì” “E non dobbiamo proprio pagare?”
“No” “Devo dare subito un altro oggetto?” “No, se in futuro sentirà di
farlo, potrà dare per l’uso libero quello che vuole” “Ma dovrà essere
dello stesso valore?” “No. Non ci basiamo sul valore degli oggetti ma
sulla necessità di usarli” “E quanto tempo posso tenere questo oggetto?”
“Pochi giorni o finché ne avrà bisogno, quindi anche per sempre”
“Magnifico! Fosse così in tutti i negozi”.
Chi volesse tentare l’esperimento in altri luoghi, tenga accuratamente
presente la progressione da noi attuata e sappia interpretarla ed
adattarla alla realtà in cui si trova. Di certo la non progressione,
ovvero l’improvvisa apertura di un negozio ad uso libero, potrebbe
causare reazioni non controllabili in minoranze interessate ad
intralciare il lavoro sociale degli anarchici e rivelarsi
sostanzialmente controproducente.
(il documento segue su altri temi)
Su quali principi si basano questi negozi ad uso libero?
Chi ha oggetti o capi di vestiario o mobili in eccedenza alle sue
necessità, li consegna al negozio che provvede a ripulirli o decorarli e
vi applica un cartellino con la scritta “Lire 0”. Chi ha bisogno di
quegli oggetti o beni li prende e li usa finché gli servono.
A chi appartengono questi oggetti in uso libero? A tutti e a nessuno:
sono in uso libero.
Hanno un valore di scambio? Assolutamente no.
I capitalisti aumentano i prezzi ed i profitti? E noi ci organizziamo il
nostro mercato di uso libero.
Chiedete tutte le informazioni ai collaboratori del Laboratorio
Comune Dioniso – Via E. Arbib 26/28 Roma
(il documento segue su altri temi)
Già da più di un anno viene condotto, per iniziativa del laboratorio
comune, una pratica detta di uso libero.
Il significato della produzione e scambio ad uso libero è basato su
profondi valori ideologici e pratici. Questo processo
produttivo-comunistico in cui entrano materie prime (bottiglie, mobili,
colori, legno ecc.) e il lavoro dei compagni e dei ragazzi del
quartiere, dimostra in pratica come funzioni e come sia possibile
organizzare l’economia in una società comunista.
Tutti lavorano secondo le proprie capacità e consumano secondo i propri
bisogni.
L’esperimento condotto al Dioniso è riuscito nella misura in cui gli
oggetti non erano presi se non erano utili a chi li prendeva, ed erano
considerati per il loro valore d’uso e non come merci da accumulare o da
scambiare.
(il documento segue su altri temi)
Il valore politico dell’uso libero è perciò il seguente: esso ci
dimostra la strada su cui camminerà l’umanità una volta eliminati i
padroni, il capitalismo, ma ci dice anche che soltanto se tutte le
materie prime, tutte le industrie, tutte le fattorie, tutti i trasporti,
in tutto il mondo saranno autogestiti dai lavoratori potremo parlare di
uso libero in libera produzione.
(il documento segue su altri temi)
Solo, quindi, ripetiamo, un mondo tutto socialista può eliminare il
mercato e lo sfruttamento: insomma o il socialismo è internazionale
oppure non è socialismo ma un capitalismo più mascherato e potente.
Documento n° 4.
“Laboratorio Comune Dioniso”. Fascicolo ciclostilato 24/5/1974
Comunichiamo le decisioni prese durante la riunione del 22 maggio ’74 e
che segnano l’inizio di una svolta importante nelle esperienze di uso
libero e di scuola libera:
su proposta di un proletario del quartiere, l’uso libero viene esteso ad
un nuovo esperimento della durata di 6 mesi. E così articolato:
si redige un elenco di lavoratori, ognuno dei quali è disponibile (una o
più volte alla settimana) a svolgere il lavoro nel quale è
specializzato. Le prestazioni sono gratuite.
In tal modo si da un contributo alla costruzione della società basata
sull’uso libero e contemporaneamente ognuno avrà meno necessità di
denaro.
Tra i partecipanti alla riunione, alcuni lavoratori si sono già messi in
lista:
un elettricista – un erborista – un insegnante di italiano e latino – un
insegnante di lingue – un insegnante di disegno – un insegnante di
matematica e scienze – un insegnante di storia e geografia.
Invitiamo tutti coloro che sono interessati ad estendere il cerchio dei
lavori in uso libero, a fornire il proprio nominativo ed indirizzo nei
giorni: lunedì mercoledì venerdì dalle ore 16 alle ore 18.
In merito alla scuola libera…
(il documento segue su altri temi)
(…). Schema di adesione ai lavori in uso libero:
Al laboratorio Comune Dioniso
Il sig……desidera dare un contributo alla progressiva costruzione della
società in uso libero e pertanto vuole collaborare alla catena di lavori
in uso libero. È disponibile per questo lavoro:……
nel/i giorno/i: ……
nelle ore: …….
Per gli abitanti del quartiere, senza ricevere prestazione in moneta, ma
usufruendo a sua volta, quando ne avrà necessità, del lavoro di altri
abitanti.
Documento n° 5.
Esperienza dell’uso libero. Fascicolo ciclo stilato. Maggio 1975. Da
Notiziario Dioniso Tiburtino.
Domande e risposte sull’uso libero praticato dal Laboratorio Comune
Dioniso al Tiburtino.
In che cosa consiste l’uso libero?
L’uso libero è un aspetto pratico della coscienza e abitudine
comunitaria. Noi mettiamo a disposizione degli oggetti prodotti dal
laboratorio (oppure consegnati al laboratorio) in uso libero: cioè gli
abitanti del quartiere Tiburtino possono prenderli, se ne hanno bisogno,
o per pochi giorni o per sempre. Gli oggetti sono esposti a lire 0 in
una vetrina che dà sulla strada.
Recentemente, su proposta di un abitante del quartiere, abbiamo iniziato
anche “l’uso libero dei lavori”. Consiste nello scambio di prestazioni
di lavoro a lire 0, per ora limitato alle persone che hanno aderito
all’iniziativa. Abbiamo in elenco: 2 corniciai, 2 elettricisti, 1
fabbro, 1 ritrattista, 1 sarta, 1 consulente contabile, 1 consulente
lavori in muratura, ecc. Sono a disposizione degli altri 2-3 ore alla
settimana.
Quanti siete a praticare l’uso libero?
Attualmente circa novanta.
Chi dà la roba in uso libero?
Abbiamo cominciato noi a produrre bottiglie dipinte, manifesti, disegni
e a metterli in vetrina a lire zero. Poi anche gli abitanti del
quartiere hanno dato mobili usati, tavoli per disegnare, sedie, lastre
di compensato, poltrone letto, cucine economiche, vestiti in buono
stato, maglioni. Attualmente anche altre persone di altri quartieri
portano e prendono oggetti.
Chi siete?
Facciamo parte del “Dioniso”, un gruppo politico-culturale di tendenza
libertaria. Gruppo né soltanto politico né soltanto culturale perché,
secondo noi, occorre contribuire al progressivo annullamento di ogni
potere sviluppando un unico processo rivoluzionario per l’avvento di una
società di uguali basata su nuovi valori che sono senza dubbio politici
e culturali insieme: l’autogestione della vita ad ogni livello, il mutuo
appoggio e la collaborazione tra gli uomini, il possesso e l’uso comune
dei beni, la creatività del lavoro.
Proprio per la doppia natura – Politica e Culturale – le esperienze
fatte in questi anni sono le più disparate e apparentemente lontane.
Citiamo le esperienze più significative…
Da quanto tempo è in atto l’esperimento di uso libero?
È cominciato nel giugno-luglio 1972.
Che risultato ha dato? Fa presa sull’abitante medio del quartiere?
Ha dimostrato, per esempio, che i proletari non arraffano. C’è stata una
disciplinata, quasi timida partecipazione. Se non è avvenuto l’arraffamento
possiamo elencare alcune ragioni:
eravamo e siamo ancora artigiani nel quartiere. Chi conosce i proletari
sa che essi hanno un istintivo rispetto per il lavoro e la fatica umana,
poiché essi la conoscono di persona e pertanto hanno un istintivo
rispetto per il lavoro dei compagni e dei prodotti di quel lavoro;
un recondito senso di colpa che insorge quando si prende un oggetto
senza pagare. (È un condizionamento derivante dall’ideologia della
proprietà).
Gli oggetti in uso libero sono aumentati invece di diminuire. All’inizio
dell’esperimento (giugno 1972), erano circa 50. Nell’ottobre 1972 erano
219. Nel novembre 1973 erano 357. In un anno e mezzo l’incremento è
stato pari a 7 volte. Cioè, per ogni oggetto preso ne sono tornati sei o
sette.
Sulla base della vostra esperienza, quali consigli dareste a chi
volesse aprire un negozio a uso libero?
Consigliamo di lavorare per un certo periodo nel quartiere producendo
qualcosa di utile. Dopo qualche mese, o meglio, dopo che la maggioranza
degli abitanti è a conoscenza della vostra esistenza, annunciare con un
volantino l’inizio di un esperimento nuovo, detto di “uso libero”.
Spiegare il suo significato politico, dare il volantino solo a quelle
persone che vi conoscono già come lavoratori. Allestire una vetrina con
cartelli “lire 0”. È psicologicamente importante che coloro che
fabbricano gli oggetti li consegnino essi stessi ai richiedenti.
Che valore politico ha l’uso libero?
Ha diversi aspetti:
è innanzitutto un’azione esemplare per dimostrare come avverrebbe lo
scambio in una società anarchica.
Ha un valore politico attuale di violenza ideologica.
È un’azione di contestazione del concetto di “valore”, su cui si basa il
sistema monetario e il sistema di sfruttamento: infatti, è solo
attribuendo valori diversi in scala progressiva, dall’oro fino alla
forza umana, che è possibile per i capitalisti accumulare un margine di
ricchezza sul lavoro altrui.
L’uso libero ha anche un valore politico attualissimo e quotidiano di
difesa del salario del lavoratore. È evidente che più oggetti si
scambiano in uso libero più si risparmia in moneta. Diventa dunque un
nuovo metodo per il lavoratore per difendersi dall’aumento dei prezzi, i
quali saranno costretti a calare dal momento che diminuisce la domanda
di merce.
Come si collega l’uso libero al movimento delle comuni?
Finora abbiamo parlato di scambi di oggetti. Ma bisogna pur produrre
degli oggetti nuovi, dei beni, delle derrate. Chi mai produrrà gli
oggetti per l’uso libero? Non certo i capitalisti, che non hanno il
minimo interesse a che si diffonda questo “deprecabile” uso! Dunque,
essendo l’uso libero lo specchio della coscienza comunitaria, solo dalle
Comuni urbane e da quelle agricole ci si può aspettare il nascere di una
nuova economia basata sull’uso libero. Senza dilungarci su tutti i tempi
intermedi di questo difficile processo, possiamo almeno dire che:
occorrerebbe far sorgere diverse comuni in un territorio ristretto in
modo che i contatti siano più facili;
ogni comune dovrebbe mantenere un doppio regime di economia, finché
perdura il sistema capitalista. Una parte dei prodotti destinati all’uso
libero (e vedremo con chi), e l’altra per lo scambio contro moneta: è
quello che stiamo facendo attualmente al Dioniso;
per un lungo periodo di tempo l’uso libero dovrà essere limitato al
circuito delle comuni, per evitare che speculatori del mondo capitalista
prelevino prodotti in uso libero e poi vadano a venderli al mercato.
L’allargamento del circuito avverrà solo con l’inclusione di nuove
comuni.
Cosa succederà quando il nuovo sistema sarà abbastanza forte da
fronteggiare il vecchio sistema monetario non possiamo prevederlo
(repressione? Reciproca tolleranza?) e forse per il momento è inutile
perché non siamo neppure alla realizzazione del punto 1.
Che prospettive di sviluppo ha l’uso libero nell’ambito del sistema
capitalista?
Abbiamo già implicitamente risposto nel pezzo precedente.
È chiaro che, comunque, l’uso libero è antitetico al sistema capitalista
in quanto è al di fuori del sistema monetario e un’affermazione totale
dell’uso libero si può produrre soltanto con l’abbattimento del
capitalismo.
Quando è aperto il negozio ad uso libero?
Ogni lunedì e sabato pomeriggio dalle ore 16 alle 19,30, in via Arbib
26-28 – Roma.
Documento n° 6.
Esperienza dell’uso libero. Fascicolo ciclostilato. Ottobre 1975.
Da Notiziario Dioniso Tiburtino.
Pubblichiamo i dati completi relativi all’esperimento sociale di Uso
Libero, iniziato nel giugno 1972.
In tutto questo tempo abbiamo annotato su uno schedario quanti oggetti
sono stati presi e quanti ne sono stati dati da ogni partecipante. È
così possibile comunicare i dati reali che documentano in modo
inoppugnabile il progressivo radicarsi nel quartiere di questa nuova
esperienza. Questa iniziativa ha suscitato ultimamente anche l’interesse
della stampa borghese. Hanno pubblicato articoli sull’Uso Libero i
settimanali “Panorama”, “Il Tempo Illustrato”, “ABC”, “Novella 2000”.
Anche il settimanale della Federazione Anarchica Italiana “Umanità Nova”
ha pubblicato un servizio nel luglio 1975. Inoltre un regista
underground ha girato un filmetto a colori sull’esperimento di Uso
Libero, che speriamo di poter presto programmare. Purtroppo, la maggior
parte degli articoli dei giornali borghesi ha cercato di presentare
l’esperimento come una specie di “baratto”. Ripetiamo ancora una volta
che l’Uso Libero non è baratto, ma un libero scambio secondo la
coscienza e secondo il bisogno di ognuno dei partecipanti.
Inoltre, alcuni giornali hanno scritto che il negozio ad Uso Libero è
sorto ad imitazione di alcuni negozi hippies di San Francisco, negli
Stati Uniti. Teniamo a chiarire che ciò non è esatto, perché ci siamo
ispirati al Libero Scambio esistente nelle comunità agricole spagnole,
durante la guerra civile.
Ci auguriamo che l’Uso Libero si estenda anche ad altri quartieri,
perché rappresenta anche una nuova lotta a difesa del salario del
lavoratore. Infatti, più oggetti si scambiano in uso libero e più si
risparmia moneta.
Prospetto dei partecipanti all’uso libero – per età:
sino a 10 anni 19
da 11 a 18 anni 39
da 19 a 25 anni 40
da 26 a 50 anni 16
da 51 in poi 1
non specificati 5
totale 120
Prospetto dei partecipanti all’uso libero – per sesso:
donne 61
uomini 59
Prospetto dei partecipanti all’uso libero – per professione:
studenti 69
lavoratori 51
di cui: 14 operai, 10 impiegati, 6 casalinghe, 4 insegnanti, 2 attrici,
2 pittori, 1 bidello, 1 corniciaia, 1 militare, 1 traduttore, 9 non
specificati
Quello che segue è lo stralcio di un volantino con indicazioni di
metodo per gli interventi proposti in occasione dell’occupazione di una
cartiera abbandonata a Tivoli, ottobre 1976. Tra gli altri interventi
suggeriti ai compagni, quello selezionato riguarda l’Uso Libero.
Documento n° 7.
“L’esperimento sociale iniziato nel giugno 1972 continua”. Volantino
ciclostilato. Ottobre 1976.
(contiene sintesi del documento precedente)
Esperimento di uso libero
- All’aperto in zona centrale / Un tavolo apribile da tappezziere/
Oggetti e vestiario messi sul tavolo ordinatamente con cartelli
lire zero / Distribuire a tutti i passanti un volantino (vedi
campione di volantino allegato). / L’intervento deve durare almeno 2/3
giorni.
Zelinda Carloni |