L’uso libero
di Zelinda Carloni

 

Le esperienze di Giancarlo Celli e il Dioniso dal 1972 al 1977.

 

Introduzione

 

Fuori dal mercato
 

Questa espressione appare oggi familiare, nota, condivisa da coloro i quali si situano in posizione fortemente critica nei confronti della società di mercato e di mercanti, condizione ineliminabile per contrastare efficacemente i criteri che si cerca di imporre al mondo intero da parte della cultura dominante. Eppure non è stato sempre così. Le straordinarie acquisizioni del movimento contro la globalizzazione, fin dalla sua nascita, hanno fatto pensare all’estensione di un discorso libertario che fino a pochi anni prima sarebbe stato impensabile su scala così vasta e così eterogenea. Una delle discriminanti più evidenti che il movimento ha posto alle sue basi è stata proprio la battaglia concreta alla società di mercato attraverso l’estensione di pratiche che si situassero fuori dal mercato. Sottrarsi alle leggi dell’economia capitalista avanzata era ed è un obiettivo da perseguire prioritariamente, nella consapevolezza non solo della possibilità ma della necessità di sottrarsi dall’interno al modello che viene imposto. Su questo terreno di consapevolezza sono state affrontate mille pratiche (boicottaggi, pratiche di contrasto al consumo indiscriminato, commercio equo e solidale ecc.) che, pur con caratteristiche diverse, hanno confluito a formare una realtà tangibile di altro modello, senza porsi il problema di attendere di essere il nuovo modello per cominciare ad agire concretamente. Il nuovo modello si costruisce in corso d’opera e attraverso l’opera stessa, badando che i criteri fondamentali siano rispettati. Fuori dal mercato: questo è uno dei criteri più saldi e più condivisi. Ma non è stato sempre così, per lo meno non lo è stato per tutta una vasta area di sinistra che, negli anni passati, ha praticato l’impegno e la lotta politica di contrasto al mondo capitalista. Un esempio è appunto l’esperienza di Giancarlo Celli. Negli anni in cui Giancarlo Celli praticava l’“uso libero”, Lotta Continua metteva in atto il “mercato rosso” in varie parti d’Italia. La differenza fra le due esperienze è centrale: nel mercato rosso gli oggetti erano sempre “merce”, nell’uso libero la merce tornava ad essere oggetto d’uso. Il Mercato Rosso non faceva che eliminare dalla filiera di distribuzione delle merci un gradino di intermediari: i compagni si rifornivano direttamente ai mercati generali e rivendevano a prezzo più basso le merci acquistate. Ma per il resto, condizioni dei produttori comprese, tutto restava invariato. Veniva colpita una parte della distribuzione, non i criteri della forma complessiva che erano sottesi.
La pratica attuata da Giancarlo Celli era altro da questo, era aver individuato uno dei possibili mezzi di reale costruzione di una pratica politica efficace, che non si limitasse ad essere servizio, ma che diventava denuncia e critica sociale e culturale. Certo Giancarlo avrebbe avuto vita molto più facile oggi, in cui questa ottica d’azione è diffusa e condivisa, non la ebbe allora, neanche all’interno del movimento anarchico, in cui erano presenti vaste aree di inutile e improprio dogmatismo pseudocomunista. Ma certo va ascritto al movimento anarchico, per fortuna non solo a Giancarlo Celli, aver individuato con molti anni di anticipo non solo che un altro mondo era possibile, ma che lo si dovesse cominciare a costruire “qui e ora”, attraverso una pratica che fosse riconoscibile e concreta, che restituisse valore all’azione di ogni individuo e valore ad ogni azione che fosse compiuta con coerenza e consapevolezza. In quei tempi si aspettavano le masse, senza le masse qualunque azione era destituita di importanza. Gravissimo, fatale errore, a cui, per fortuna, il corso degli eventi ha posto riparo. Sarà il caso di vigilare affinché, se possibile, non si torni a ripetere inutili errori in tal senso.

 Giancarlo Celli e il Dioniso
 

Malgrado lui stesso non avrebbe mai voluto che così si dicesse e così fosse, il Gruppo Dioniso è stato Giancarlo Celli. Lucchese di nascita, classe 1927, laureato in giurisprudenza, negli anni Sessanta si dedicò all’attività teatrale ed espressiva in genere, connotata da spiccate valenze di denuncia e critica sociale. Nel 1965 fondò il Gruppo Dioniso, che dal 1968 si collocò nettamente in area libertaria ed anarchica. (Relativamente all’attività teatrale del Dioniso è fondamentale: Franco Quadri, L’avanguardia teatrale italiana, Einaudi Editore, Torino, 1977).
Con il Dioniso Giancarlo Celli intraprese molteplici iniziative che, partendo dal terreno culturale, si estesero a coinvolgere le persone in prese d’atto critiche nei confronti della politica, della società, della cultura e, spesso, delineando concrete alternative all’ordine sociale vigente e dominante. Gli esperimenti riguardarono il teatro (teatro “guerriglia” con partecipazione attiva), la pittura murale collettiva (in particolare in Sardegna nel 1969), il laboratorio comune di grafica e pittura, la scuola libertaria ai ragazzi, l’“uso libero”, le sedute di poesie in casa, ecc. L’attività si svolse a tutto campo, passando da Milano, alla Sardegna, a Roma.
Ed è stato a Roma, in via Arbib, quartiere Tiburtino, che fu affrontato l’esperimento dell’Uso Libero, in concomitanza con altre iniziative portate avanti dal gruppo. In realtà il Dioniso, specialmente a Roma, non contò mai più di quattro, cinque elementi componenti, ed in certi periodi Giancarlo Celli si trovò praticamente solo a portare avanti il lavoro. Malgrado difficoltà, a volte notevolissime (dormì per sei mesi in una vecchia automobile e, in seguito a questo tour de force, si ammalò seriamente ai polmoni), l’attività del Dioniso non fu mai interrotta.
Quando un infarto lo fermò per sempre aveva cinquant’anni, e l’attività del Dioniso era sempre e ancora sostenuta dalla sua presenza e dalla sua tenacia.

 I documenti presentati
 

Di seguito verrà presentata una serie di documenti originali e mai pubblicati relativi all’attività del Dioniso sull’Uso Libero.
In questa sede si è omessa tutta la parte di documentazione che non riguardasse strettamente l’esperienza di Uso Libero. In realtà l’attività del Dioniso fu molto più estesa e articolata. Ci ripromettiamo in futuro di dar conto anche di questa ulteriore area di esperienza.
Dai documenti, che saranno più eloquenti di qualunque nostra descrizione, sono state stralciate solo le parti che riguardano l’esperienza dell’Uso libero, nei quali emerge la puntigliosa opera di registrazione e documentazione che il Dioniso fece relativamente alla sua attività. La conservazione dei materiali, che a noi sono pervenuti dopo la morte di Giancarlo Celli, sta ad indicare il valore che Giancarlo attribuiva a queste esperienze. Purtroppo la documentazione non è assolutamente completa, ma certamente esauriente per delineare il quadro del lavoro svolto e della sua importanza.
È interessante notare lo scrupolo e l’attenzione posta nell’osservare il fenomeno di partecipazione in tutta la sua interezza, con uno scorcio di analisi sociologica che oggi ci consente di osservare i dati a vari livelli. E la consapevolezza politica di essere parte di una esperienza propria del movimento anarchico che ci ricorda come la pratica e non solo la teoria anarchica ha avuto nel tempo solide basi di verifica.

Documenti

Il documento che segue è lo stralcio di un originale prodotto dal Dioniso nel 1975 in cui viene presentato il gruppo dalla sua nascita, sia nella determinazione dei suoi obiettivi e linee teoriche, sia nell’escursione delle sue attività. Venne stilato a Roma da Giancarlo Celli e dagli allora appartenenti al gruppo.

 Documento n°1.
“Il gruppo Dioniso”. Ciclostilato. Marzo 1975.
È nato come circolo culturale nel 1965. Solo nel 1968 – in seguito alla chiarezza che impose a tutti il maggio francese – ha definito i suoi scopi in direzione libertaria. Dal documento teorico del gruppo, Funzione libertaria del gruppo d’intervento (stampato a Nuoro il 5 aprile 1970 e perfezionato a Roma il 7 aprile 1974), gli scopi del gruppo sono di:
favorire l’autentico processo rivoluzionario: dall’autogestione delle lotte sino all’autogestione del lavoro comune; dall’autogestione del tempo libero sino all’autogestione della creatività. E, per obiettivo finale, l’autogestione totale della vita di ogni singolo individuo;
contribuire alla definizione teorica e all’attuazione pratica della connessione dialettica esistente tra momento culturale e momento politico (il corsivo è nostro. N.d.C.). Ciò significa accelerare il processo di abbattimento del potere, di ogni potere, in un unico processo rivoluzionario per l’avvento di una società di uguali basata su nuovi valori che sono politici e culturali insieme (idem. N.d.C.): l’autogestione della vita ad ogni livello, il mutuo appoggio e la collaborazione fra gli uomini, il possesso e l’uso comune dei beni, la creatività del lavoro.
In virtù della scelta libertaria, ne è derivata, come esigenza culturale del gruppo, l’autonomia economica, premessa all’indipendenza politica. Ciò spiega la necessità del lavoro comune e la stretta vita comunitaria, con cassa comune per tutte le esigenze politiche e individuali quando il gruppo fa interventi fuori sede (es. quasi due anni in Sardegna, 1969). Lavoro comune, oltre che attività politica, erano per il gruppo le due compagnie teatrali, Dioniso Teatro di Roma e il Dioniso di Milano. E ora, dal 1971, il Laboratorio Comune Dioniso di grafica e pittura.
Proprio per la doppia natura politica e culturale del gruppo Dioniso, le esperienze fatte in questi anni sono le più disparate e apparentemente lontane.
Citiamo le esperienze più significative:
(segue dettagliato elenco con indicazioni di luoghi, date e attività, riflessioni teoriche contingenti e prospettive di lavoro future).

 Documento n°2.
“Notizie sul Laboratorio Comune Dioniso”. Ciclostilato. Giugno 1972.

Questo laboratorio che siamo riusciti a creare quasi dal nulla in otto mesi di lavoro, di sacrifici personali e grazie alla collaborazione dei compagni di Roma, Milano, Cagliari, nonché all’aiuto di alcuni abitanti del quartiere Tiburtino, non è un laboratorio come tutti gli altri. È necessario pertanto chiarire sinteticamente alcune sue caratteristiche.
È, certo, un luogo di lavoro, ma dove si sperimentano dei nuovi valori culturali, come per esempio la produzione in comune.
Secondo noi, lavorare e produrre in un modo che sia diverso e alternativo al modo di lavorare e produrre del sistema capitalistico, che è basato sul profitto di pochi e sullo sfruttamento di molti, significa cominciare sin da oggi a produrre in comune.
Il lavoro che ognuno di noi fa non è sottoposto a qualifiche, avanzamenti, divisioni tra dirigenti ed esecutori ma è invece basato su questi punti:
ogni decisione su ciò che si deve produrre e come si deve produrre è presa dall’assemblea del gruppo;
i proventi dell’attività di ognuno vengono versati alla cassa comune;
ogni individuo preleva dalla cassa comune ciò che è necessario per la sopravvivenza, secondo i suoi bisogni e secondo la sua coscienza.
Produzione e scambio
Ma non basta produrre in comune con la cassa comune. Restando fermi a questo punto si avrebbe solo un fenomeno più avanzato di cooperazione.
Pertanto, dopo otto mesi, vogliamo fare anche un tentativo, per un breve periodo, di:
produzione in comune e per tutti.
A ben vedere, anche i lavoratori, in sistema capitalista, producono in un certo senso “per tutti”… Chi è cosciente del proprio sfruttamento capisce che i padroni hanno ingannato ed espropriato gli uomini perché noi tutti collaboriamo alla produzione della ricchezza, come lavoratori, e al mantenimento della ricchezza, come consumatori, ed abbiamo perciò pieno diritto ad usufruire di essa.
Uso libero
Pertanto riteniamo che ognuno dovrebbe dare un contributo a questa progressiva presa di coscienza dei nostri diritti sia con la parola che con l’esempio. E quindi anche noi, nel nostro piccolo ambito.
Noi sosteniamo che: produrre in modo diverso, alternativo al sistema capitalista, significa prima di tutto produrre in comune e per tutti.
Ma il sistema non è basato solo sulla produzione ma anche sullo scambio. Scambiare i prodotti in modo diverso, alternativo al sistema capitalista, significa prima di tutto prendere in uso libero ciò che è necessario secondo i bisogni e secondo coscienza.
Ecco perché, a titolo di azione esemplare, gli abitanti del quartiere possono prendere in uso libero i nostri prodotti senza pagare.
Non è affatto beneficenza. (…). La ricchezza e l’uso dei beni appartiene a tutti e non solo ai padroni, come vorrebbe il sistema e la mentalità capitalista.
(…). La strada verso la società libertaria dove, con l’abolizione dei privilegi dei padroni e con l’abolizione della moneta come mezzo di scambio, il laboratorio comune non sarà più l’eccezione ma la regola, è ancora molto, molto lunga…
Nella futura società libertaria:
- tutti produrranno per tutti
- ognuno userà dei beni secondo i bisogni e secondo coscienza
- la moneta diverrà superflua

A partire dal 1973 collaborò attivamente con il Dioniso il Gruppo Comunista-Anarchico Portonaccio, composto di un numero di militanti certamente superiore a quello del Dioniso e che fornì un contributo attivo alle iniziative intraprese dal Dioniso. Nel tempo questo gruppo si stabilizzò su posizioni più marcatamente comuniste e continuò ad operare nel quartiere di Portonaccio per parecchi anni successivi alla cessazione delle attività del Dioniso. In parte esiste ancora, con altre denominazioni. La presenza di questo gruppo è certamente rilevabile nel linguaggio dei documenti seguenti che, confrontato con quello precedente, schiettamente libertario, rivela l’influenza di ambito marxista. Va però ascritto a questi compagni il merito di aver creduto e sostenuto le iniziative del Dioniso in un momento in cui gli ambiti più accreditati dell’anarchismo italiano guardavano con sufficienza a queste proposte.

 Documento n° 3.
Esperienza dell’uso libero. Fascicolo ciclostilato. Novembre 1973.
Da Notiziario–Portonaccio, Dioniso Tiburtino.

Cos’è l’uso libero?
L’uso libero è un aspetto pratico della coscienza e abitudine comunitaria. Noi mettiamo a disposizione degli oggetti prodotti dal laboratorio in uso libero: cioè gli abitanti del quartiere possono prenderli, se ne hanno bisogno (o per pochi giorni o per sempre). Perché tutto questo? Perché vogliamo contribuire a creare la coscienza che i prodotti del lavoro appartengono alla comunità. Inoltre perché, come dicevamo, con questa azione vogliamo cominciare a costruire sin d’ora rapporti sociali per gettare le basi di una futura società più libera, più giusta e quindi più felice in cui sia abolito lo sfruttamento, vi sia l’uso comune dei beni e, di conseguenza, sia abolita la moneta, che è lo strumento che permette ai ricchi di essere tali, accumulando la ricchezza sul lavoro degli altri.
Considerazioni sull’esperienza di uso libero
Nel primo mese di esperimenti (giugno-luglio 1972) su 400 persone, avvisate con un volantino, 30 hanno usufruito dell’uso libero. Circa il 10%.
Aprile 1973
Dato che l’esperimento è tuttora in atto e nuovi compagni si sono aggiunti – ogni nuovo compagno apporta prima o poi nuove idee e nuovi sviluppi – è difficile fare dei bilanci, tirare delle conclusioni, indicare con certezza matematica le possibilità di ampliamento o regressione.
Di certo possiamo ora affermare che:
non si è verificato un fatto che era nelle previsioni di alcune persone che hanno collaborato alle fasi iniziali di allestimento del laboratorio comune e ai primi dibattiti interni al gruppo sull’uso libero: non c’è stata la corsa ad arraffare tutto.
Alcune di queste persone dicevano addirittura che la gente sarebbe venuta con carrettino a prendere bottiglie, manifesti, disegni e quanto altro avessimo esposto in vetrina e l’esperimento sarebbe durato due o tre giorni. Invece c’è stata una disciplinata, quasi timida partecipazione e dall’inizio dell’esperimento sono passati sedici mesi. Di più: dopo circa due mesi dall’inizio dell’esperimento, alcuni abitanti che avevano usufruito dell’uso libero portarono spontaneamente oggetti che rimettemmo in circolo.
Se l’arraffamento non è avvenuto possiamo identificare tre cause:
per un lungo periodo di tempo (otto mesi) dall’arrivo in quartiere sino al primo giorno di uso libero, gli abitanti hanno visto quotidianamente lavorare i compagni. Lavorare nel significato più semplice della parola. Eravamo, e siamo ancora, artigiani nel quartiere, come c’è a poca distanza, il fabbro, l’elettrotecnico, il fotografo, o il falegname. Chi conosce i proletari sa che essi hanno un istintivo rispetto per il lavoro e la fatica umana, poiché essi la conoscono di persona, la vivono quotidianamente sulla loro pelle. E pertanto hanno avuto un istintivo proletario rispetto del lavoro dei compagni e quindi dei prodotti di questo lavoro. Così non c’è stata la corsa all’accaparramento.
Il grado di coscienza e di autocontrollo dei proletari del Tiburtino e limitrofi al laboratorio è ben superiore a quanto si potesse presumere, e forse si può considerare già sufficientemente maturo per praticare l’uso libero su scala più ampia. L’ideologia borghese non è ancora così totale, non ha ancora stravinto.
Un recondito senso di colpa
Non è da escludere che l’arraffamento dei prodotti sia stato impedito anche da un fattore – che consideriamo negativo – e cioè il recondito senso di colpa che noi tutti proviamo quando si “prende” un oggetto senza pagare.
Ricordiamo certe esitazioni di alcune madri di famiglia che erano in tal senso significative.
“Ma possiamo proprio prendere?” “Sì” “E non dobbiamo proprio pagare?” “No” “Devo dare subito un altro oggetto?” “No, se in futuro sentirà di farlo, potrà dare per l’uso libero quello che vuole” “Ma dovrà essere dello stesso valore?” “No. Non ci basiamo sul valore degli oggetti ma sulla necessità di usarli” “E quanto tempo posso tenere questo oggetto?” “Pochi giorni o finché ne avrà bisogno, quindi anche per sempre” “Magnifico! Fosse così in tutti i negozi”.
Chi volesse tentare l’esperimento in altri luoghi, tenga accuratamente presente la progressione da noi attuata e sappia interpretarla ed adattarla alla realtà in cui si trova. Di certo la non progressione, ovvero l’improvvisa apertura di un negozio ad uso libero, potrebbe causare reazioni non controllabili in minoranze interessate ad intralciare il lavoro sociale degli anarchici e rivelarsi sostanzialmente controproducente.
(il documento segue su altri temi)
Su quali principi si basano questi negozi ad uso libero?
Chi ha oggetti o capi di vestiario o mobili in eccedenza alle sue necessità, li consegna al negozio che provvede a ripulirli o decorarli e vi applica un cartellino con la scritta “Lire 0”. Chi ha bisogno di quegli oggetti o beni li prende e li usa finché gli servono.
A chi appartengono questi oggetti in uso libero? A tutti e a nessuno: sono in uso libero.
Hanno un valore di scambio? Assolutamente no.
I capitalisti aumentano i prezzi ed i profitti? E noi ci organizziamo il nostro mercato di uso libero.
Chiedete tutte le informazioni ai collaboratori del Laboratorio Comune Dioniso – Via E. Arbib 26/28 Roma
(il documento segue su altri temi)
Già da più di un anno viene condotto, per iniziativa del laboratorio comune, una pratica detta di uso libero.
Il significato della produzione e scambio ad uso libero è basato su profondi valori ideologici e pratici. Questo processo produttivo-comunistico in cui entrano materie prime (bottiglie, mobili, colori, legno ecc.) e il lavoro dei compagni e dei ragazzi del quartiere, dimostra in pratica come funzioni e come sia possibile organizzare l’economia in una società comunista.
Tutti lavorano secondo le proprie capacità e consumano secondo i propri bisogni.
L’esperimento condotto al Dioniso è riuscito nella misura in cui gli oggetti non erano presi se non erano utili a chi li prendeva, ed erano considerati per il loro valore d’uso e non come merci da accumulare o da scambiare.
(il documento segue su altri temi)
Il valore politico dell’uso libero è perciò il seguente: esso ci dimostra la strada su cui camminerà l’umanità una volta eliminati i padroni, il capitalismo, ma ci dice anche che soltanto se tutte le materie prime, tutte le industrie, tutte le fattorie, tutti i trasporti, in tutto il mondo saranno autogestiti dai lavoratori potremo parlare di uso libero in libera produzione.
(il documento segue su altri temi)
Solo, quindi, ripetiamo, un mondo tutto socialista può eliminare il mercato e lo sfruttamento: insomma o il socialismo è internazionale oppure non è socialismo ma un capitalismo più mascherato e potente.

 Documento n° 4.
“Laboratorio Comune Dioniso”. Fascicolo ciclostilato 24/5/1974

Comunichiamo le decisioni prese durante la riunione del 22 maggio ’74 e che segnano l’inizio di una svolta importante nelle esperienze di uso libero e di scuola libera:
su proposta di un proletario del quartiere, l’uso libero viene esteso ad un nuovo esperimento della durata di 6 mesi. E così articolato:
si redige un elenco di lavoratori, ognuno dei quali è disponibile (una o più volte alla settimana) a svolgere il lavoro nel quale è specializzato. Le prestazioni sono gratuite.
In tal modo si da un contributo alla costruzione della società basata sull’uso libero e contemporaneamente ognuno avrà meno necessità di denaro.
Tra i partecipanti alla riunione, alcuni lavoratori si sono già messi in lista:
un elettricista – un erborista – un insegnante di italiano e latino – un insegnante di lingue – un insegnante di disegno – un insegnante di matematica e scienze – un insegnante di storia e geografia.
Invitiamo tutti coloro che sono interessati ad estendere il cerchio dei lavori in uso libero, a fornire il proprio nominativo ed indirizzo nei giorni: lunedì mercoledì venerdì dalle ore 16 alle ore 18.
In merito alla scuola libera…
(il documento segue su altri temi)
(…). Schema di adesione ai lavori in uso libero:
Al laboratorio Comune Dioniso
Il sig……desidera dare un contributo alla progressiva costruzione della società in uso libero e pertanto vuole collaborare alla catena di lavori in uso libero. È disponibile per questo lavoro:……
nel/i giorno/i: ……
nelle ore: …….
Per gli abitanti del quartiere, senza ricevere prestazione in moneta, ma usufruendo a sua volta, quando ne avrà necessità, del lavoro di altri abitanti.

 Documento n° 5.
Esperienza dell’uso libero. Fascicolo ciclo stilato. Maggio 1975. Da Notiziario Dioniso Tiburtino.

Domande e risposte sull’uso libero praticato dal Laboratorio Comune Dioniso al Tiburtino.
In che cosa consiste l’uso libero?
L’uso libero è un aspetto pratico della coscienza e abitudine comunitaria. Noi mettiamo a disposizione degli oggetti prodotti dal laboratorio (oppure consegnati al laboratorio) in uso libero: cioè gli abitanti del quartiere Tiburtino possono prenderli, se ne hanno bisogno, o per pochi giorni o per sempre. Gli oggetti sono esposti a lire 0 in una vetrina che dà sulla strada.
Recentemente, su proposta di un abitante del quartiere, abbiamo iniziato anche “l’uso libero dei lavori”. Consiste nello scambio di prestazioni di lavoro a lire 0, per ora limitato alle persone che hanno aderito all’iniziativa. Abbiamo in elenco: 2 corniciai, 2 elettricisti, 1 fabbro, 1 ritrattista, 1 sarta, 1 consulente contabile, 1 consulente lavori in muratura, ecc. Sono a disposizione degli altri 2-3 ore alla settimana.
Quanti siete a praticare l’uso libero?
Attualmente circa novanta.
Chi dà la roba in uso libero?
Abbiamo cominciato noi a produrre bottiglie dipinte, manifesti, disegni e a metterli in vetrina a lire zero. Poi anche gli abitanti del quartiere hanno dato mobili usati, tavoli per disegnare, sedie, lastre di compensato, poltrone letto, cucine economiche, vestiti in buono stato, maglioni. Attualmente anche altre persone di altri quartieri portano e prendono oggetti.
Chi siete?
Facciamo parte del “Dioniso”, un gruppo politico-culturale di tendenza libertaria. Gruppo né soltanto politico né soltanto culturale perché, secondo noi, occorre contribuire al progressivo annullamento di ogni potere sviluppando un unico processo rivoluzionario per l’avvento di una società di uguali basata su nuovi valori che sono senza dubbio politici e culturali insieme: l’autogestione della vita ad ogni livello, il mutuo appoggio e la collaborazione tra gli uomini, il possesso e l’uso comune dei beni, la creatività del lavoro.
Proprio per la doppia natura – Politica e Culturale – le esperienze fatte in questi anni sono le più disparate e apparentemente lontane. Citiamo le esperienze più significative…
Da quanto tempo è in atto l’esperimento di uso libero?
È cominciato nel giugno-luglio 1972.
Che risultato ha dato? Fa presa sull’abitante medio del quartiere?
Ha dimostrato, per esempio, che i proletari non arraffano. C’è stata una disciplinata, quasi timida partecipazione. Se non è avvenuto l’arraffamento possiamo elencare alcune ragioni:
eravamo e siamo ancora artigiani nel quartiere. Chi conosce i proletari sa che essi hanno un istintivo rispetto per il lavoro e la fatica umana, poiché essi la conoscono di persona e pertanto hanno un istintivo rispetto per il lavoro dei compagni e dei prodotti di quel lavoro;
un recondito senso di colpa che insorge quando si prende un oggetto senza pagare. (È un condizionamento derivante dall’ideologia della proprietà).
Gli oggetti in uso libero sono aumentati invece di diminuire. All’inizio dell’esperimento (giugno 1972), erano circa 50. Nell’ottobre 1972 erano 219. Nel novembre 1973 erano 357. In un anno e mezzo l’incremento è stato pari a 7 volte. Cioè, per ogni oggetto preso ne sono tornati sei o sette.
Sulla base della vostra esperienza, quali consigli dareste a chi volesse aprire un negozio a uso libero?
Consigliamo di lavorare per un certo periodo nel quartiere producendo qualcosa di utile. Dopo qualche mese, o meglio, dopo che la maggioranza degli abitanti è a conoscenza della vostra esistenza, annunciare con un volantino l’inizio di un esperimento nuovo, detto di “uso libero”. Spiegare il suo significato politico, dare il volantino solo a quelle persone che vi conoscono già come lavoratori. Allestire una vetrina con cartelli “lire 0”. È psicologicamente importante che coloro che fabbricano gli oggetti li consegnino essi stessi ai richiedenti.
Che valore politico ha l’uso libero?
Ha diversi aspetti:
è innanzitutto un’azione esemplare per dimostrare come avverrebbe lo scambio in una società anarchica.
Ha un valore politico attuale di violenza ideologica.
È un’azione di contestazione del concetto di “valore”, su cui si basa il sistema monetario e il sistema di sfruttamento: infatti, è solo attribuendo valori diversi in scala progressiva, dall’oro fino alla forza umana, che è possibile per i capitalisti accumulare un margine di ricchezza sul lavoro altrui.
L’uso libero ha anche un valore politico attualissimo e quotidiano di difesa del salario del lavoratore. È evidente che più oggetti si scambiano in uso libero più si risparmia in moneta. Diventa dunque un nuovo metodo per il lavoratore per difendersi dall’aumento dei prezzi, i quali saranno costretti a calare dal momento che diminuisce la domanda di merce.
Come si collega l’uso libero al movimento delle comuni?
Finora abbiamo parlato di scambi di oggetti. Ma bisogna pur produrre degli oggetti nuovi, dei beni, delle derrate. Chi mai produrrà gli oggetti per l’uso libero? Non certo i capitalisti, che non hanno il minimo interesse a che si diffonda questo “deprecabile” uso! Dunque, essendo l’uso libero lo specchio della coscienza comunitaria, solo dalle Comuni urbane e da quelle agricole ci si può aspettare il nascere di una nuova economia basata sull’uso libero. Senza dilungarci su tutti i tempi intermedi di questo difficile processo, possiamo almeno dire che:
occorrerebbe far sorgere diverse comuni in un territorio ristretto in modo che i contatti siano più facili;
ogni comune dovrebbe mantenere un doppio regime di economia, finché perdura il sistema capitalista. Una parte dei prodotti destinati all’uso libero (e vedremo con chi), e l’altra per lo scambio contro moneta: è quello che stiamo facendo attualmente al Dioniso;
per un lungo periodo di tempo l’uso libero dovrà essere limitato al circuito delle comuni, per evitare che speculatori del mondo capitalista prelevino prodotti in uso libero e poi vadano a venderli al mercato.
L’allargamento del circuito avverrà solo con l’inclusione di nuove comuni.
Cosa succederà quando il nuovo sistema sarà abbastanza forte da fronteggiare il vecchio sistema monetario non possiamo prevederlo (repressione? Reciproca tolleranza?) e forse per il momento è inutile perché non siamo neppure alla realizzazione del punto 1.
Che prospettive di sviluppo ha l’uso libero nell’ambito del sistema capitalista?
Abbiamo già implicitamente risposto nel pezzo precedente.
È chiaro che, comunque, l’uso libero è antitetico al sistema capitalista in quanto è al di fuori del sistema monetario e un’affermazione totale dell’uso libero si può produrre soltanto con l’abbattimento del capitalismo.
Quando è aperto il negozio ad uso libero?
Ogni lunedì e sabato pomeriggio dalle ore 16 alle 19,30, in via Arbib 26-28 – Roma.

 Documento n° 6.
Esperienza dell’uso libero. Fascicolo ciclostilato. Ottobre 1975.
Da Notiziario Dioniso Tiburtino.

Pubblichiamo i dati completi relativi all’esperimento sociale di Uso Libero, iniziato nel giugno 1972.
In tutto questo tempo abbiamo annotato su uno schedario quanti oggetti sono stati presi e quanti ne sono stati dati da ogni partecipante. È così possibile comunicare i dati reali che documentano in modo inoppugnabile il progressivo radicarsi nel quartiere di questa nuova esperienza. Questa iniziativa ha suscitato ultimamente anche l’interesse della stampa borghese. Hanno pubblicato articoli sull’Uso Libero i settimanali “Panorama”, “Il Tempo Illustrato”, “ABC”, “Novella 2000”. Anche il settimanale della Federazione Anarchica Italiana “Umanità Nova” ha pubblicato un servizio nel luglio 1975. Inoltre un regista underground ha girato un filmetto a colori sull’esperimento di Uso Libero, che speriamo di poter presto programmare. Purtroppo, la maggior parte degli articoli dei giornali borghesi ha cercato di presentare l’esperimento come una specie di “baratto”. Ripetiamo ancora una volta che l’Uso Libero non è baratto, ma un libero scambio secondo la coscienza e secondo il bisogno di ognuno dei partecipanti.
Inoltre, alcuni giornali hanno scritto che il negozio ad Uso Libero è sorto ad imitazione di alcuni negozi hippies di San Francisco, negli Stati Uniti. Teniamo a chiarire che ciò non è esatto, perché ci siamo ispirati al Libero Scambio esistente nelle comunità agricole spagnole, durante la guerra civile.
Ci auguriamo che l’Uso Libero si estenda anche ad altri quartieri, perché rappresenta anche una nuova lotta a difesa del salario del lavoratore. Infatti, più oggetti si scambiano in uso libero e più si risparmia moneta.

Prospetto dei partecipanti all’uso libero – per età:
sino a 10 anni 19
da 11 a 18 anni 39
da 19 a 25 anni 40
da 26 a 50 anni 16
da 51 in poi 1
non specificati 5
totale 120
Prospetto dei partecipanti all’uso libero – per sesso:
donne 61
uomini 59
Prospetto dei partecipanti all’uso libero – per professione:
studenti 69
lavoratori 51
di cui: 14 operai, 10 impiegati, 6 casalinghe, 4 insegnanti, 2 attrici, 2 pittori, 1 bidello, 1 corniciaia, 1 militare, 1 traduttore, 9 non specificati

Quello che segue è lo stralcio di un volantino con indicazioni di metodo per gli interventi proposti in occasione dell’occupazione di una cartiera abbandonata a Tivoli, ottobre 1976. Tra gli altri interventi suggeriti ai compagni, quello selezionato riguarda l’Uso Libero.

 Documento n° 7.
“L’esperimento sociale iniziato nel giugno 1972 continua”. Volantino ciclostilato. Ottobre 1976.

(contiene sintesi del documento precedente)
Esperimento di uso libero
- All’aperto in zona centrale / Un tavolo apribile da tappezziere/ Oggetti e vestiario messi sul tavolo ordinatamente con cartelli lire zero / Distribuire a tutti i passanti un volantino (vedi campione di volantino allegato). / L’intervento deve durare almeno 2/3 giorni.

 Zelinda Carloni