Fabrizio tra i canguri
di Paolo Finzi

 

Un redattore di “A” ha trascorso due settimane in Australia per parlare del cantautore genovese e di anarchia. Ecco i suoi appunti di viaggio.

 
Dal 16 al 29 ottobre 2004 sono stato in Australia, su invito del Consolato Generale d’Italia a Melbourne, per partecipare alla serata inaugurale (il 18 ottobre) della Settimana della lingua italiana nel mondo a Melbourne (capitale del Victoria). Grazie all’impegno di Renzo Sabatini, un romano che lavora al Consolato, e a miei contatti in Australia, si sono poi aggiunti numerosi altri appuntamenti anche a Brisbane (capitale del Queensland) e a Sydney (capitale del New South Wales).

Complessivamente ho partecipato a:

  • 3 conferenze pubbliche su De André (in italiano),
  • 2 incontri pubblici sull’anarchismo (in inglese),
  • 6 interviste (radio) su De André,
  • 1 intervista (radio) sull’anarchismo in Italia,
  • 1 trasmissione radio in italiano su tematiche d’attualità,
  • 2 “lezioni” su De Andrè in due diverse università,
  • 2 incontri specifici con docenti e lettrici universitarie su possibili rapporti tra istituzioni universitarie italiane e australiane.

Nel corso del viaggio ho steso quotidianamente un piccolo diario, per fissare l’accaduto. Sono appunti sintetici, che ho preferito lasciare intatti, salvo qualche minima modifica. Non hanno alcuna pretesa di completezza e mi scuso con le persone qui “dimenticate”. Ci tengo a sottolineare che questi appunti non rendono conto della profonda emozione che ha accompagnato questo mio viaggio, con i tanti rapporti umani significativi (anche se spesso veloci) instaurati con persone le più varie.
Tra i tanti, un solo ringraziamento sento di dover assolutamente fare. È a Renzo Sabatini, cuore e cervello dell’intera “operazione”.

P.F.

Melbourne

Nella notte tra venerdì 15 e sabato 16 atterro a Melbourne, dopo 24 ore di volo. Trovo all’aeroporto Renzo Sabatini, molto cortese, in mezz’ora di auto mi porta a casa sua. E’ stato un attivo militante di sinistra dagli anni ’70, in particolare è stato segretario nazionale e presidente del SCI (Servizio Civile Internazionale), di cui con sua moglie Giovanna Gagliardo hanno contribuito ad aprire una sezione australiana. Sono in Australia da 4 anni ed è lui l’artefice di questo mio viaggio in Australia. Il primo giorno e mezzo è dedicato alla nostra reciproca conoscenza, a lunghe chiacchierate e una gitarella turistica domenicale.

Domenica 17 alle ore 17.00 intervista su Fabrizio De André a SBS Radio, a copertura nazionale, che dedica due ore alla settimana a trasmissioni in lingua italiana. Negli uffici ultramoderni mi mostrano le varie redazioni etniche: greca, ispanica, cinese, ecc. L’intervista è realizzata con intelligenza da Magica Fossati, originaria di Torino: chiacchierando scopro che è amica di Lalli, conosce Stefano Giaccone. Della serie: quanto è piccolo il mondo (forse).

Lunedì 18 sempre con Renzo al fianco: prima al Consolato, poi in auto all’Istituto Italiano di Cultura, bella palazzina dell’800 di proprietà dello Stato italiano, a colloquio (ore 10.00) con Simonetta Magnani, direttrice. Interessata all’idea della Fondazione De André di un possibile “gemellaggio” tra ambiti universitari italiani e australiani nell’ambito degli studi su De André, precisa che il ruolo dell’Istituto può solo essere quello di favorire l’instaurazione di rapporti tra le università. Sottolinea che l’Università di Siena ha già avuto collaborazioni con università australiane. Ha vissuto e studiato a Milano (di origini è veronese). Mi fa visitare i locali dell’Istituto.

Alle ore 11.00 a colloquio con il Console Generale, cordiale, ricorda che lui e la sua generazione sono stati accompagnati dalle musiche di Fabrizio. Gli consegno il cofanetto donato da Dori Ghezzi, ringrazia, ricorda i titoli di alcune canzoni di Fabrizio che lo avevano colpito. Ci si dà appuntamento alla sera all’Istituto.
Alle ore 12.00 con l’autista del Consolato andiamo a “Il Globo/Rete Italia”. Per il quotidiano “Il Globo” mi intervista un fotografo che si improvvisa giornalista, prende due appunti due, probabilmente si baserà sull’intervista/radio (registrata) che mi fa poco dopo Ivano Ercole, capace e intelligente direttore della radio Rete Italia – l’unica che trasmette 24 ore su 24 in italiano e copre l’Australia. Intervista lunga e approfondita, con interventi anche di Renzo Sabatini.
La sera alle ore 18.30 (un’ora prima dell’orario ufficiale d’inizio) andiamo all’Istituto Italiano di Cultura, per la prima delle mie presenze pubbliche: il titolo della serata è “Faber: il cammino umano e artistico di Fabrizio De André”. C’è già gente in arrivo, tra cui alcuni liguri (uno è venuto da lontano in treno) dell’Associazione dei Liguri nel Mondo. Uno di loro, lo scoprirò dopo, è stato un partigiano. Hanno voglia di parlare di De André ma anche della guerra in Iraq ecc… Dopo un po’ mi sgancio, per parlare anche con altre persone.
Il Console non verrà, ha problemi di salute (seri), viene rappresentato dalla moglie, una donna molto cordiale. Chiacchieriamo un po’, racconta che suo padre (genovese) aveva conosciuto e frequentato Fabrizio in età giovanile. Confessa di conoscerne poco le opere, avendo vissuto perlopiù all’estero.
La sala si riempie, varie decine di persone restano fuori. Ci sono il direttore del quotidiano “Il Globo”, quello della radio Rete Italia, c’è RAI International, un free-lance filma tutto (è un veneto che a Milano ha partecipato nel ‘95 allo spettacolo Canti Randagi al Piccolo, lui leggeva poesie in dialetto tra una cover delle canzoni di Fabrizio e l’altra).
Apre il saluto di Simonetta Magnani, segue Renzo Sabatini, poi io. Viene proiettato il Dvd preparato con grande capacità da Renzo, quindi le domande dal pubblico: oltre una dozzina, di vario genere, grande attenzione in sala, i Liguri donano un libro a me e uno all’Istituto. Intervengono anche i due direttori (Randazzo de “Il Globo”, Ercole di Rete Italia), anche un avvocato fascista (ma questo me lo diranno dopo) che insiste sulla cifra poetica di Fabrizio.
Alla fine grandi applausi e poi – finito il tutto – mentre si degustano la pizza e una torta offerte dai Liguri, varia gente si avvicina per ringraziare per la bella serata.
La prevista cena thai salta (è troppo tardi, gli orientali hanno già chiuso) e finiamo quasi a mezzanotte a prendere qualcosa in un ristorantino italiano.
Martedì 19 al mattino passiamo a prendere Alessandro Bertellotti della Radio della Svizzera Italiana e di Rai International e poi alle ore 10.00 due ore di “lezione” su Fabrizio con una trentina di studentesse (tra cui pochissimi maschi) del corso di italiano della lettrice (sarda, di Quartu) Roberta Mandis. Per me la cosa è molto impegnativa, le studentesse faticano a comprendere, la Mandis mi suggerisce di eliminare le frasi incidentali per favorire la comprensione. Obbedisco, con fatica. Alla fine la Mandis mi dirà che non solo l’attenzione, ma anche la comprensione è stata alta. L’ultima parte della lezione è riservata alle domande, numerose, alcune un po’ ingenue. Nell’andarsene, molte studentesse vengono a darmi la mano e a ringraziare.

A pranzo, in un ristorante nel campus, viene anche la direttrice Annamaria Pagliaro (carrarese) che dal 1° gennaio 2005 sarà a Prato a dirigere il distaccamento della Monash University in Toscana. E c’è anche Mirna Cicioni, che la sostituirà alla direzione del dipartimento. Con loro tre parlo del progetto di “gemellaggio”, sono molto interessate, già prefigurano possibili sviluppi.

Alle 18.00 prendo il volo Qantas per Brisbane, due ore abbondanti e trovo Tiziana e famiglia all’aeroporto. Tiziana era stata parte del nostro gruppo anarchico a Milano negli anni ’70, poi la vita l’aveva portata altrove: da una decina d’anni è approdata in Australia. La sera telefono a Renzo a Melbourne e mi dice che mi ha cercato Sgrò, un calabrese presente ieri sera all’iniziativa su Fabrizio, con il quale avevo parlato.
Sgrò è stato molto attivo nelle lotte sindacali e per i diritti degli immigrati e, impegnato in politica, è diventato il primo vice-presidente di origine italiana nel Parlamento dello stato del Victoria. Ha telefonato per invitarmi a pranzo proprio nel Parlamento statale. Peccato: mi mancava un invito a pranzo in Parlamento. E poi Sgrò mi era sembrato un tipo interessante.

Brisbane

Mercoledì 20 alle ore 13.00 vado con Tiziana alla sede della radio 4HB, multietnica, che appartiene al circuito di SBS Radio: copre Brisbane e basta. Mi intervista un ragazzino, madre somala e padre milanese, emozionatissimo, alla sua prima intervista (in registrata). Parliamo per una mezz’oretta. Alla fine ci saluta commosso (gli regalo il Cd).

Nel pomeriggio faccio un salto in centro, con il catamarano di linea.

Giovedì 21 passa a prendermi in auto Claire Kennedy, inglese trapiantata in Australia, studiosa della storia recente italiana, in particolare dei DS. Parliamo a lungo, mentre andiamo nell’aula della Griffith University: ci sono una ventina di persone, perlopiù ragazze dei corsi di italiano, più qualche insegnante e qualche studente anziano. La “lezione” è intensa e molto partecipata, ad ogni apparizione in video di Fabrizio applaudono, alla fine soddisfazione e complimenti. Dura dalle 12.00 all’una. Vendo qualche Cd e Dvd.

A pranzo ci raggiunge una lettrice slavo-friulana, Sara Voscnik Murray, si parla del “gemellaggio”, c’è grande interesse anche qui, perchè alla Griffith University De André è già presente in varie fasi dell’apprendimento dell’italiano.

Sulla via per casa, ci fermiamo (ore 17.00) un’oretta da Brian Laver (cugino dell’asso del tennis Rod Laver e lui stesso, in gioventù, tennista), figura di spicco dell’anarchismo di Brisbane e australiano. Fraternizziamo e parliamo della loro concezione di partecipare alle elezioni dichiarando fin dall’inizio che non occuperanno l’eventuale posto in Comune. Si parla di comunismo anarchico, Bookchin, metodologie e prospettive dell’anarchismo. Ci si dà appuntamento all’indomani, nella loro sede.

Venerdì 22 al mattino gita turistica al Mount Coot-tha, un’altura da cui si domina il panorama della regione. Compro “La Fiamma” quotidiano italiano di Sidney (nessun collegamento, nemmeno indiretto, con la fiamma missina), c’è un articolo su De André, sull’iniziativa di Sidney di martedì prossimo. Riporta le date anche di Brisbane. Cerco in centro altri giornali italiani, qui non arriva nemmeno il “Corriere della sera” né altro quotidiano dall’Italia: l’unico è il “Corriere dello Sport”. E, di australiano, solo “La Fiamma”, “Il Globo” non arriva a Brisbane.

Si fa viva da Sidney una radio alternativa (JJJ Radio, tipo Radio Popolare) tramite gli anarchici di Brisbane. Parlo con una giornalista, Ali Benson, mi dà appuntamento per lunedì prossimo nella loro sede, in centro a Sidney, alle due del pomeriggio. Mi preannuncia che mi intervisterà sulla mia vita, in inglese.

Alle ore 19.30 al Centro Ahimsa, un grosso loft ancora in fase di sistemazione. È la sede del gruppo anarchico del quartiere West End. In una grossa sala semi-vuota, al pianterreno, ci sono una trentina di persone, di varia provenienza ed età: prevalgono i 40-50enni. Parlo per oltre due ore, in inglese, aiutato da Tiziana per la comprensione di qualche intervento più difficile. Interviene più volte Brian Laver, ma anche dagli altri numerose sono le domande e gli interventi: si parla di tante cose, vogliono capire un po’ l’Italia e il nostro movimento. Si parla anche molto di anarchia, del senso dell’essere anarchici oggi, ecc. C’è buona partecipazione, alla fine tutti paiono contenti. Mi presentano una persona anziana, in gioventù comunista, che ha regalato al gruppo la costruzione dove ci troviamo. Mi abbraccia, mi pone altre domande sull’Italia. Alla fine a casa a piedi (com’eravamo venuti), quasi una mezz’oretta a piedi. Non è vero che le auto sono solo dannose…

Sabato 23 alle ore 8.15 suona il telefono, come previsto. È Umberto Martinengo, giornalista di SBS Radio, da Melbourne gestisce una trasmissione tutti i sabato mattina dalle 8.15 alle 9.00 dal titolo “Lo scandaglio”: ci sono lui in studio ed alcune persone collegate via telefono. SBS Radio copre tutta l’Australia, è ascoltata solo dagli italiani (evidentemente). Oggi si parla di tre argomenti: due italiani (l’immigrazione e la legislazione premiale, a partire dalla concessione dei permessi al mafioso collaborante Brusca) e una australiana (la moralità dei parlamentari, a partire da un caso specifico accaduto qui). Mi presenta come redattore della rivista anarchica “A”, mi dà più volte la parola, alla fine mette (unica canzone) “Addio Lugano bella” e mi chiede di commentarla. Finisce con una domanda su chi sono oggi gli anarchici e mi dà 3 minuti. Decisamente simpatico. Mi chiede poi se io sia disponibile ad intervenire ancora nella trasmissione, dall’Italia, mediamente una volta al mese. Accetto. Chiacchieriamo, ha fatto anche lui il classico a Milano al Carducci, cinque anni prima di me. Com’è piccolo il mondo…

Alle ore 16.00 alla Società Dante Alighieri, una grande costruzione con parcheggio, prima di entrare nella sala noto sulla sinistra una porta del Fogolar Furlan. Accoglienza simpatica, una quarantina di presenti, di varie età e tipologia. Mi fanno una foto con la vedova Castellano, una donna anziana, presente anche perché quella di oggi si inserisce nel Castellano Memorial, un’iniziativa all’anno per ricordare suo marito, il signor Castellano, morto da tempo, medico e filantropo, persona di spicco tra i pionieri della comunità italiana nel Queensland. L’interesse per il filmato e per il mio intervento è notevole, molte le domande e gli interventi.
Calco un po’ sugli aspetti controcorrente di Fabrizio e dei suoi “amici”: tipo don Gallo che ha dichiarato pubblicamente di aver portato ad abortire delle prostitute extra-comunitarie. Sottolineo che i personaggi di Fabrizio sono spesso borderline con la legalità e cito per esempio Il pescatore, canzone che il pubblico ha appena applaudito: al giovane console del Queensland (e Northern Territories), che vedo seguire la serata con molta attenzione, sottolineo che un simile personaggio dovrebbe esser perseguito legalmente da una pubblica autorità come la sua, dato che il pescatore dice il falso ai carabinieri (omertà) per proteggere un delinquente. Poco dopo il console interviene, per ringraziare la Dante Alighieri per l’organizzazione e il sottoscritto, poi parla in particolare de La guerra di Piero e ne sottolinea l’importanza del contenuto. Gli faccio dono in pubblico del Cd e del Dvd, ringrazia e se ne va per un altro impegno.
Durante il rinfresco successivo vengo avvicinato dalla signora Castellano: l’avevo guardata mentre parlavo e il suo volto impietrito mi lasciava intendere un assoluto rifiuto della dose marcata di anarchismo, di rifiuto della morale borghese e della religione istituzionalizzata di Fabrizio.
Invece mi stringe forte la mano e si complimenta con me: è stata la più bella lecture in memoria del suo compianto marito, che – mi dice – era un po’ come Fabrizio, curava i poveri senza farsi pagare, aveva la passione della musica (avrebbe fatto il musicista se la famiglia non l’avesse costretto a fare il medico) e soprattutto non sopportava il moralismo della Chiesa e di tanti sacerdoti.
Peccato che Tiziana mi riporti a casa, volentieri sarei andato fuori a cena con i maggiorenti della comunità italiana.

Domenica 24 faccio il turista, prendo il catamarano, vado in centro, visito i giardini botanici (colazione all’australiana), poi prendo l’autobus turistico che fa in due ore il giro panoramico di Brisbane: almeno sto al fresco, con l’aria condizionata. Torno a casa, prendo tutto e Tiziana mi accompagna alla stazione ferroviaria in centro. Con il treno vado all’aeroporto.
E anche la seconda tappa è finita. Resta Sidney.

Sydney

Volo con la Virgin fino a Sidney, si balla mica male, vedo Sydney dall’alto, all’aeroporto trovo la pioggia e Peter Sheldon a prendermi. Ottima accoglienza, anche a casa sua da sua moglie Louise, erano stati tutti e due a casa nostra a Milano. Peter è un vecchio amico, è stato a lungo in Italia a cavallo tra i ’70 e gli ’80, ora è professore di economia in una delle università di Sydney. Viene da una famiglia di ebrei austriaci, sua nonna materna è morta ad Auschwitz. Fa piacere (ri)scoprire, dopo poche battute, che siamo in sintonia su tanti aspetti della nostra esperienza anarchica e sulle metodologie di intervento: per esempio, sulla questione violenza/nonviolenza.

Lunedì 25 al mattino visito la city di Sidney, giro in battello di un’ora dentro al porto (meraviglioso!), poi scarpinata fino alla sede della ABC (la RAI australiana, o la BBC inglese se preferite), cui appartiene la radio JJJ.
Mi danno un badge, sono in anticipo, salgo fino alla reception della radio. All’ora prevista (ore 14.00) si presenta la giornalista Ali Benson, mi presenta un giovane giornalista che mi porta subito in sala di registrazione. Prova dei microfoni, quindi via a 10 minuti 10 di intervista in inglese su che cos’è l’anarchia, che rischi ci sono nell’essere anarchico in Italia, che cosa volete, un paragone tra Berlusconi e Howard (il loro primo ministro ultra-liberista e anti-immigrati). Alla fine un sorriso e ok mi accompagna alla porta. Sono le ore 14.12, sono passati 12 minuti dall’inizio. Sento una carenza di rapporti umani, ma riprendo a camminare con lo zaino in spalla e mi passa subito. Ho due ore buche, prendo la monorotaia che attraversa un pezzo del centro, poi con un taxi mi reco a Leichhardt, il quartiere italiano, dove c’è anche la sede della libreria anarchica Jura Books. Mi piazzo per due ore in un caffè italiano, emozionante sempre parlare nella nostra lingua in simili contesti. Vado in una plaza lì vicino, tutti negozi italiani, trovo addirittura “Il Messaggero” e due numeri de “L’Espresso”, parlo con l’edicolante (italiana).

Alle ore 18.00 mi reco alla libreria, fa gli onori di casa Cessidio, un anarchico di origini abruzzesi, che mi mostra i locali, l’archivio, il settore libreria, ecc. Arrivano le compagne e i compagni, una ventina.
Ci sono greci, brasiliani, australiani, ecc. Clima simpatico, seduti in circolo. Parlo un po’, poi iniziano le domande e gli interventi, tanti: si va avanti quasi 4 ore, si smette perché devono andare via. Si parla di Leoncavallo, Chiapas, centri sociali, sindacalismo alternativo, composizione sociologica del movimento, modalità di finanziamento della stampa anarchica, senso della militanza, case occupate, ecc. Peter, che mi è stato al fianco durante la chiacchierata per aiutarmi nella comprensione di alcune parole e di quelli che dovrebbero parlare inglese ma…

Martedì 26 al mattino vado in centro, salgo al 45° piano di un grattacielo nella City, alla sede del Centro Italiano di Cultura (accanto al Consolato Italiano). Mi riceve il direttore Butti, palermitano. Parliamo un po’ dell’appuntamento della serata, di Fabrizio, ecc. Prima di salutarmi è perentorio: “Finzi mi raccomando: niente politica, né passata né presente né futura. Qui si parla del cammino umano e artistico di un poeta, quindi – ribadisce – niente politica”. Gli spiego che lo stesso Fabrizio chiarì che per lui l’anarchismo era parte del suo modo di vivere e di vedere il mondo, quindi non è possibile prescinderne. Butti insiste, spiega che nella comunità italiana di Sidney sono ben rappresentate sia la destra sia la sinistra e che l’Istituto, apolitico, vuole e deve restare al di sopra delle parti. È evidentemente preoccupato del mio essere anarchico.

Al pomeriggio (ore 18.30) nel bel salone di Casa Italia ci sono un centinaio di persone, dopo il saluto di Butti comincio il mio intervento, poi parte il film. Mi riprometto di interromperlo più volte con miei interventi, come ho fatto a Brisbane, ma non posso. Mentre il filmato scorre, sono steso per terra in uno stanzino retrostante con problemi connessi con un ernia inguinale che mi è saltata (fisicamente) fuori. Il direttore del Centro e quello del Co.as.it (un ente che si occupa di assistenza ai nostri emigrati, lui è figlio di un militante del PCI di Spoleto, ha visto un concerto di Fabrizio nella sua città) vengono a vedermi, si impressionano, mi chiedono se voglio un medico.
Francamente sono preoccupato anch’io, mi prospettano l’ipotesi di parlare con il microfono restando steso nello sgabuzzino. Dopo una mezz’oretta riesco finalmente ad aggiustare le cose e rispunto per… i funerali di Fabrizio (nel filmato).
Tutto ok: rispondo alle domande del pubblico. Le prime riguardano proprio i rapporti di Fabrizio con il PCI e la sinistra in genere, e quelli con gli anarchici.
Vedo che Butti, in prima fila, è teso. Poi mi farà i complimenti per come me la sarei cavata.
A farmi capire che comunque me l’ero cavata bene dal punto di vista che più mi interessa è lo sguardo del vecchio Jack, in ultima fila. Questo bel vecchietto di 79 anni, piccolino, con una grande barba bianca, è venuto apposta per incontrarmi dalla sua capanna nel sud dello stato del New South Wales, a oltre 400 km. da Sydney. È un anarchico bulgaro, vive qui da decenni, pubblicava irregolarmente una rivistina anarchica (“Red and Black”), seria e ben curata. Lo conosco da sempre, è stato anche in Italia.
Mi ricordo, una quindicina di anni fa, a Barcellona per un congresso della CNT: non avendo trovato da dormire a casa di qualcuno, si era adattato a dormire rannicchiato in una cabina telefonica. Fa il contadino, ha un po’ di terra e la coltiva, vive con la massima semplicità, da sempre sottoscrive per la stampa e le iniziative anarchiche (anche a noi di “A” ogni tanto arriva una sua letterina manoscritta con dentro un po’ di soldi).
Capisce bene l’italiano e lo parla anche. Segue gli interventi e mi sorride. Vuol dire che va bene…
Durante il rinfresco sono molte le persone che vengono a complimentarsi e a dir la loro. Ci sono due di Mantova che hanno saputo che sono figlio di un mantovano. C’è il solito milanese. Mi contattano anche due insegnanti di italiano all’Università, si scusano per non essere riuscite ad organizzare una lecture all’università come è stato fatto a Melbourne e a Brisbane, mi lasciano la loro e-mail per restare in contatto per il progetto di “gemellaggio” con l’ambiente universitario italiano in tema di De André.
Va bene anche la vendita di Cd e Dvd. In complesso nel mio giro australiano si sono venduti quasi un centinaio di pezzi tra Cd, Dvd, ecc.

Mercoledì 27 e Giovedì 28 sono privi di impegni. Ne approfitto per un salto di 24 ore ad Uluru, nome aborigeno della famosa Ayers Rock. Tre ore e mezzo di volo Qantas per vedere il monolite nel deserto e le vicine colline rosse. In tutto 11 ore di scarpinate e trasferimenti, per conoscere soprattutto qualcosa della storia e della vita degli aborigeni. Penso che Fabrizio li avrebbe affiancati a zingari, indiani d’America, sardi. E magari si sarebbe ispirato per una poesia delle sue…
Venerdì 29 ultimo giorno in Australia, la sera alle 21.00 partenza dell’aereo per Milano, via Dubai e Roma. Alla mattina passo all’Istituto Italiano di Cultura, saluto il direttore, fraternizzo con un impiegato qui in Australia da un decennio, Danilo Sidari. È di Taggia (Imperia), conosce alcuni anarchici della zona che conosco anch’io, fraternizziamo. Resto alla sua scrivania a scrivere questo resoconto e intanto parliamo. Ci si lascia indirizzi e promesse di rivederci, alla fine un abbraccio commosso nel distacco: ventimila chilometri pesano.
Mentre sono all’Istituto, mi telefona una cantante lirica, nata in Australia da famiglia italiana. Si chiama Nadia Pellicciari Piave, si dice dispiaciuta di non aver potuto venire alla conferenza di martedì e ci tiene a raccontarmi per telefono del suo incontro con Fabrizio, ai tempi della registrazione de Le Nuvole. Allora lei faceva parte del coro della RAI di Milano, con altre due coriste fu chiamata da una sua amica a far parte di un coro per un cantante famoso (ma non le dissero quale). Scoprì che era quel De André di cui aveva comprato una decina di anni prima il primo lp Rimini. Ne ricorda la puntigliosità, fece rifare molte volte il loro breve intervento, lavorarono due giorni, lo ricorda come persona simpatica e cita una telefonata a “Dora” (ricorda che la chiamò così) per dirle di buttare la pasta dopo un quarto d’ora. È un piccolo, strano tassello in più.

Nel pomeriggio passeggiata sulla nota spiaggia di Bondi, considerata la più bella di Sydney se non dell’Australia, in compagnia di Alison Leitch, amica (e compagna) da quando stava in Italia negli anni ’80. Apprendo qualcosa in più sull’Australia, il sistema formativo, la vita a Sydney.
Poi in taxi all’aeroporto. Fine.

 Paolo Finzi