Dal 16 al 29 ottobre 2004 sono stato in
Australia, su invito del Consolato
Generale d’Italia a Melbourne, per
partecipare alla serata inaugurale (il
18 ottobre) della Settimana della lingua
italiana nel mondo a Melbourne (capitale
del Victoria). Grazie all’impegno di
Renzo Sabatini, un romano che lavora al
Consolato, e a miei contatti in
Australia, si sono poi aggiunti numerosi
altri appuntamenti anche a Brisbane
(capitale del Queensland) e a Sydney
(capitale del New South Wales).
Complessivamente ho partecipato a:
- 3 conferenze pubbliche su De
André (in italiano),
- 2 incontri pubblici
sull’anarchismo (in inglese),
- 6 interviste (radio) su De André,
- 1 intervista (radio)
sull’anarchismo in Italia,
- 1 trasmissione radio in italiano
su tematiche d’attualità,
- 2 “lezioni” su De Andrè in due
diverse università,
- 2 incontri specifici con docenti
e lettrici universitarie su
possibili rapporti tra istituzioni
universitarie italiane e
australiane.
Nel corso del viaggio ho steso
quotidianamente un piccolo diario, per
fissare l’accaduto. Sono appunti
sintetici, che ho preferito lasciare
intatti, salvo qualche minima modifica.
Non hanno alcuna pretesa di completezza
e mi scuso con le persone qui
“dimenticate”. Ci tengo a sottolineare
che questi appunti non rendono conto
della profonda emozione che ha
accompagnato questo mio viaggio, con i
tanti rapporti umani significativi
(anche se spesso veloci) instaurati con
persone le più varie.
Tra i tanti, un solo ringraziamento
sento di dover assolutamente fare. È a
Renzo Sabatini, cuore e cervello
dell’intera “operazione”.
P.F. |
Melbourne
Nella notte tra venerdì 15 e
sabato 16 atterro a Melbourne,
dopo 24 ore di volo. Trovo all’aeroporto Renzo
Sabatini, molto cortese, in mezz’ora di auto mi
porta a casa sua. E’ stato un attivo militante
di sinistra dagli anni ’70, in particolare è
stato segretario nazionale e presidente del SCI
(Servizio Civile Internazionale), di cui con sua
moglie Giovanna Gagliardo hanno contribuito ad
aprire una sezione australiana. Sono in
Australia da 4 anni ed è lui l’artefice di
questo mio viaggio in Australia. Il primo giorno
e mezzo è dedicato alla nostra reciproca
conoscenza, a lunghe chiacchierate e una
gitarella turistica domenicale.
Domenica 17 alle ore 17.00
intervista su Fabrizio De André a SBS Radio, a
copertura nazionale, che dedica due ore alla
settimana a trasmissioni in lingua italiana.
Negli uffici ultramoderni mi mostrano le varie
redazioni etniche: greca, ispanica, cinese, ecc.
L’intervista è realizzata con intelligenza da
Magica Fossati, originaria di Torino:
chiacchierando scopro che è amica di Lalli,
conosce Stefano Giaccone. Della serie: quanto è
piccolo il mondo (forse).
Lunedì 18 sempre con Renzo
al fianco: prima al Consolato, poi in auto
all’Istituto Italiano di Cultura, bella
palazzina dell’800 di proprietà dello Stato
italiano, a colloquio (ore 10.00) con Simonetta
Magnani, direttrice. Interessata all’idea della
Fondazione De André di un possibile
“gemellaggio” tra ambiti universitari italiani e
australiani nell’ambito degli studi su De André,
precisa che il ruolo dell’Istituto può solo
essere quello di favorire l’instaurazione di
rapporti tra le università. Sottolinea che
l’Università di Siena ha già avuto
collaborazioni con università australiane. Ha
vissuto e studiato a Milano (di origini è
veronese). Mi fa visitare i locali
dell’Istituto.
Alle ore 11.00 a colloquio con il Console
Generale, cordiale, ricorda che lui e la sua
generazione sono stati accompagnati dalle
musiche di Fabrizio. Gli consegno il cofanetto
donato da Dori Ghezzi, ringrazia, ricorda i
titoli di alcune canzoni di Fabrizio che lo
avevano colpito. Ci si dà appuntamento alla sera
all’Istituto.
Alle ore 12.00 con l’autista del Consolato
andiamo a “Il Globo/Rete Italia”. Per il
quotidiano “Il Globo” mi intervista un fotografo
che si improvvisa giornalista, prende due
appunti due, probabilmente si baserà
sull’intervista/radio (registrata) che mi fa
poco dopo Ivano Ercole, capace e intelligente
direttore della radio Rete Italia – l’unica che
trasmette 24 ore su 24 in italiano e copre
l’Australia. Intervista lunga e approfondita,
con interventi anche di Renzo Sabatini.
La sera alle ore 18.30 (un’ora prima dell’orario
ufficiale d’inizio) andiamo all’Istituto
Italiano di Cultura, per la prima delle mie
presenze pubbliche: il titolo della serata è
“Faber: il cammino umano e artistico di Fabrizio
De André”. C’è già gente in arrivo, tra cui
alcuni liguri (uno è venuto da lontano in treno)
dell’Associazione dei Liguri nel Mondo. Uno di
loro, lo scoprirò dopo, è stato un partigiano.
Hanno voglia di parlare di De André ma anche
della guerra in Iraq ecc… Dopo un po’ mi
sgancio, per parlare anche con altre persone.
Il Console non verrà, ha problemi di salute
(seri), viene rappresentato dalla moglie, una
donna molto cordiale. Chiacchieriamo un po’,
racconta che suo padre (genovese) aveva
conosciuto e frequentato Fabrizio in età
giovanile. Confessa di conoscerne poco le opere,
avendo vissuto perlopiù all’estero.
La sala si riempie, varie decine di persone
restano fuori. Ci sono il direttore del
quotidiano “Il Globo”, quello della radio Rete
Italia, c’è RAI International, un free-lance
filma tutto (è un veneto che a Milano ha
partecipato nel ‘95 allo spettacolo Canti
Randagi al Piccolo, lui leggeva poesie in
dialetto tra una cover delle canzoni di Fabrizio
e l’altra).
Apre il saluto di Simonetta Magnani, segue Renzo
Sabatini, poi io. Viene proiettato il Dvd
preparato con grande capacità da Renzo, quindi
le domande dal pubblico: oltre una dozzina, di
vario genere, grande attenzione in sala, i
Liguri donano un libro a me e uno all’Istituto.
Intervengono anche i due direttori (Randazzo de
“Il Globo”, Ercole di Rete Italia), anche un
avvocato fascista (ma questo me lo diranno dopo)
che insiste sulla cifra poetica di Fabrizio.
Alla fine grandi applausi e poi – finito il
tutto – mentre si degustano la pizza e una torta
offerte dai Liguri, varia gente si avvicina per
ringraziare per la bella serata.
La prevista cena thai salta (è troppo tardi, gli
orientali hanno già chiuso) e finiamo quasi a
mezzanotte a prendere qualcosa in un
ristorantino italiano.
Martedì 19 al mattino passiamo a prendere
Alessandro Bertellotti della Radio della
Svizzera Italiana e di Rai International e poi
alle ore 10.00 due ore di “lezione” su Fabrizio
con una trentina di studentesse (tra cui
pochissimi maschi) del corso di italiano della
lettrice (sarda, di Quartu) Roberta Mandis. Per
me la cosa è molto impegnativa, le studentesse
faticano a comprendere, la Mandis mi suggerisce
di eliminare le frasi incidentali per favorire
la comprensione. Obbedisco, con fatica. Alla
fine la Mandis mi dirà che non solo
l’attenzione, ma anche la comprensione è stata
alta. L’ultima parte della lezione è riservata
alle domande, numerose, alcune un po’ ingenue.
Nell’andarsene, molte studentesse vengono a
darmi la mano e a ringraziare.
A pranzo, in un ristorante nel campus, viene
anche la direttrice Annamaria Pagliaro (carrarese)
che dal 1° gennaio 2005 sarà a Prato a dirigere
il distaccamento della Monash University in
Toscana. E c’è anche Mirna Cicioni, che la
sostituirà alla direzione del dipartimento. Con
loro tre parlo del progetto di “gemellaggio”,
sono molto interessate, già prefigurano
possibili sviluppi.
Alle 18.00 prendo il volo Qantas per
Brisbane, due ore abbondanti e trovo Tiziana e
famiglia all’aeroporto. Tiziana era stata parte
del nostro gruppo anarchico a Milano negli anni
’70, poi la vita l’aveva portata altrove: da una
decina d’anni è approdata in Australia. La sera
telefono a Renzo a Melbourne e mi dice che mi ha
cercato Sgrò, un calabrese presente ieri sera
all’iniziativa su Fabrizio, con il quale avevo
parlato.
Sgrò è stato molto attivo nelle lotte sindacali
e per i diritti degli immigrati e, impegnato in
politica, è diventato il primo vice-presidente
di origine italiana nel Parlamento dello stato
del Victoria. Ha telefonato per invitarmi a
pranzo proprio nel Parlamento statale. Peccato:
mi mancava un invito a pranzo in Parlamento. E
poi Sgrò mi era sembrato un tipo interessante.
Brisbane
Mercoledì 20 alle ore 13.00
vado con Tiziana alla sede della radio 4HB,
multietnica, che appartiene al circuito di SBS
Radio: copre Brisbane e basta. Mi intervista un
ragazzino, madre somala e padre milanese,
emozionatissimo, alla sua prima intervista (in
registrata). Parliamo per una mezz’oretta. Alla
fine ci saluta commosso (gli regalo il Cd).
Nel pomeriggio faccio un salto in centro, con
il catamarano di linea.
Giovedì 21 passa a prendermi
in auto Claire Kennedy, inglese trapiantata in
Australia, studiosa della storia recente
italiana, in particolare dei DS. Parliamo a
lungo, mentre andiamo nell’aula della Griffith
University: ci sono una ventina di persone,
perlopiù ragazze dei corsi di italiano, più
qualche insegnante e qualche studente anziano.
La “lezione” è intensa e molto partecipata, ad
ogni apparizione in video di Fabrizio
applaudono, alla fine soddisfazione e
complimenti. Dura dalle 12.00 all’una. Vendo
qualche Cd e Dvd.
A pranzo ci raggiunge una lettrice
slavo-friulana, Sara Voscnik Murray, si parla
del “gemellaggio”, c’è grande interesse anche
qui, perchè alla Griffith University De André è
già presente in varie fasi dell’apprendimento
dell’italiano.
Sulla via per casa, ci fermiamo (ore 17.00)
un’oretta da Brian Laver (cugino dell’asso del
tennis Rod Laver e lui stesso, in gioventù,
tennista), figura di spicco dell’anarchismo di
Brisbane e australiano. Fraternizziamo e
parliamo della loro concezione di partecipare
alle elezioni dichiarando fin dall’inizio che
non occuperanno l’eventuale posto in Comune. Si
parla di comunismo anarchico, Bookchin,
metodologie e prospettive dell’anarchismo. Ci si
dà appuntamento all’indomani, nella loro sede.
Venerdì 22 al
mattino gita turistica al Mount Coot-tha,
un’altura da cui si domina il panorama della
regione. Compro “La Fiamma” quotidiano italiano
di Sidney (nessun collegamento, nemmeno
indiretto, con la fiamma missina), c’è un
articolo su De André, sull’iniziativa di Sidney
di martedì prossimo. Riporta le date anche di
Brisbane. Cerco in centro altri giornali
italiani, qui non arriva nemmeno il “Corriere
della sera” né altro quotidiano dall’Italia:
l’unico è il “Corriere dello Sport”. E, di
australiano, solo “La Fiamma”, “Il Globo” non
arriva a Brisbane.
Si fa viva da Sidney una radio alternativa (JJJ
Radio, tipo Radio Popolare) tramite gli
anarchici di Brisbane. Parlo con una
giornalista, Ali Benson, mi dà appuntamento per
lunedì prossimo nella loro sede, in centro a
Sidney, alle due del pomeriggio. Mi preannuncia
che mi intervisterà sulla mia vita, in inglese.
Alle ore 19.30 al Centro Ahimsa, un grosso
loft ancora in fase di sistemazione. È la sede
del gruppo anarchico del quartiere West End. In
una grossa sala semi-vuota, al pianterreno, ci
sono una trentina di persone, di varia
provenienza ed età: prevalgono i 40-50enni.
Parlo per oltre due ore, in inglese, aiutato da
Tiziana per la comprensione di qualche
intervento più difficile. Interviene più volte
Brian Laver, ma anche dagli altri numerose sono
le domande e gli interventi: si parla di tante
cose, vogliono capire un po’ l’Italia e il
nostro movimento. Si parla anche molto di
anarchia, del senso dell’essere anarchici oggi,
ecc. C’è buona partecipazione, alla fine tutti
paiono contenti. Mi presentano una persona
anziana, in gioventù comunista, che ha regalato
al gruppo la costruzione dove ci troviamo. Mi
abbraccia, mi pone altre domande sull’Italia.
Alla fine a casa a piedi (com’eravamo venuti),
quasi una mezz’oretta a piedi. Non è vero che le
auto sono solo dannose…
Sabato 23 alle ore 8.15
suona il telefono, come previsto. È Umberto
Martinengo, giornalista di SBS Radio, da
Melbourne gestisce una trasmissione tutti i
sabato mattina dalle 8.15 alle 9.00 dal titolo
“Lo scandaglio”: ci sono lui in studio ed alcune
persone collegate via telefono. SBS Radio copre
tutta l’Australia, è ascoltata solo dagli
italiani (evidentemente). Oggi si parla di tre
argomenti: due italiani (l’immigrazione e la
legislazione premiale, a partire dalla
concessione dei permessi al mafioso collaborante
Brusca) e una australiana (la moralità dei
parlamentari, a partire da un caso specifico
accaduto qui). Mi presenta come redattore della
rivista anarchica “A”, mi dà più volte la
parola, alla fine mette (unica canzone) “Addio
Lugano bella” e mi chiede di commentarla.
Finisce con una domanda su chi sono oggi gli
anarchici e mi dà 3 minuti. Decisamente
simpatico. Mi chiede poi se io sia disponibile
ad intervenire ancora nella trasmissione,
dall’Italia, mediamente una volta al mese.
Accetto. Chiacchieriamo, ha fatto anche lui il
classico a Milano al Carducci, cinque anni prima
di me. Com’è piccolo il mondo…
Alle ore 16.00 alla Società Dante Alighieri,
una grande costruzione con parcheggio, prima di
entrare nella sala noto sulla sinistra una porta
del Fogolar Furlan. Accoglienza simpatica, una
quarantina di presenti, di varie età e
tipologia. Mi fanno una foto con la vedova
Castellano, una donna anziana, presente anche
perché quella di oggi si inserisce nel
Castellano Memorial, un’iniziativa all’anno per
ricordare suo marito, il signor Castellano,
morto da tempo, medico e filantropo, persona di
spicco tra i pionieri della comunità italiana
nel Queensland. L’interesse per il filmato e per
il mio intervento è notevole, molte le domande e
gli interventi.
Calco un po’ sugli aspetti controcorrente di
Fabrizio e dei suoi “amici”: tipo don Gallo che
ha dichiarato pubblicamente di aver portato ad
abortire delle prostitute extra-comunitarie.
Sottolineo che i personaggi di Fabrizio sono
spesso borderline con la legalità e
cito per esempio Il pescatore, canzone
che il pubblico ha appena applaudito: al giovane
console del Queensland (e Northern Territories),
che vedo seguire la serata con molta attenzione,
sottolineo che un simile personaggio dovrebbe
esser perseguito legalmente da una pubblica
autorità come la sua, dato che il pescatore dice
il falso ai carabinieri (omertà) per proteggere
un delinquente. Poco dopo il console interviene,
per ringraziare la Dante Alighieri per
l’organizzazione e il sottoscritto, poi parla in
particolare de La guerra di Piero e ne
sottolinea l’importanza del contenuto. Gli
faccio dono in pubblico del Cd e del Dvd,
ringrazia e se ne va per un altro impegno.
Durante il rinfresco successivo vengo avvicinato
dalla signora Castellano: l’avevo guardata
mentre parlavo e il suo volto impietrito mi
lasciava intendere un assoluto rifiuto della
dose marcata di anarchismo, di rifiuto della
morale borghese e della religione
istituzionalizzata di Fabrizio.
Invece mi stringe forte la mano e si complimenta
con me: è stata la più bella lecture in
memoria del suo compianto marito, che – mi dice
– era un po’ come Fabrizio, curava i poveri
senza farsi pagare, aveva la passione della
musica (avrebbe fatto il musicista se la
famiglia non l’avesse costretto a fare il
medico) e soprattutto non sopportava il
moralismo della Chiesa e di tanti sacerdoti.
Peccato che Tiziana mi riporti a casa,
volentieri sarei andato fuori a cena con i
maggiorenti della comunità italiana.
Domenica 24 faccio il
turista, prendo il catamarano, vado in centro,
visito i giardini botanici (colazione
all’australiana), poi prendo l’autobus turistico
che fa in due ore il giro panoramico di
Brisbane: almeno sto al fresco, con l’aria
condizionata. Torno a casa, prendo tutto e
Tiziana mi accompagna alla stazione ferroviaria
in centro. Con il treno vado all’aeroporto.
E anche la seconda tappa è finita. Resta Sidney.
Sydney
Volo con la Virgin fino a Sidney, si balla
mica male, vedo Sydney dall’alto, all’aeroporto
trovo la pioggia e Peter Sheldon a prendermi.
Ottima accoglienza, anche a casa sua da sua
moglie Louise, erano stati tutti e due a casa
nostra a Milano. Peter è un vecchio amico, è
stato a lungo in Italia a cavallo tra i ’70 e
gli ’80, ora è professore di economia in una
delle università di Sydney. Viene da una
famiglia di ebrei austriaci, sua nonna materna è
morta ad Auschwitz. Fa piacere (ri)scoprire,
dopo poche battute, che siamo in sintonia su
tanti aspetti della nostra esperienza anarchica
e sulle metodologie di intervento: per esempio,
sulla questione violenza/nonviolenza.
Lunedì 25 al mattino visito
la city di Sidney, giro in battello di un’ora
dentro al porto (meraviglioso!), poi scarpinata
fino alla sede della ABC (la RAI australiana, o
la BBC inglese se preferite), cui appartiene la
radio JJJ.
Mi danno un badge, sono in anticipo, salgo fino
alla reception della radio. All’ora prevista
(ore 14.00) si presenta la giornalista Ali
Benson, mi presenta un giovane giornalista che
mi porta subito in sala di registrazione. Prova
dei microfoni, quindi via a 10 minuti 10 di
intervista in inglese su che cos’è l’anarchia,
che rischi ci sono nell’essere anarchico in
Italia, che cosa volete, un paragone tra
Berlusconi e Howard (il loro primo ministro
ultra-liberista e anti-immigrati). Alla fine un
sorriso e ok mi accompagna alla porta. Sono le
ore 14.12, sono passati 12 minuti dall’inizio.
Sento una carenza di rapporti umani, ma riprendo
a camminare con lo zaino in spalla e mi passa
subito. Ho due ore buche, prendo la monorotaia
che attraversa un pezzo del centro, poi con un
taxi mi reco a Leichhardt, il quartiere
italiano, dove c’è anche la sede della libreria
anarchica Jura Books. Mi piazzo per due ore in
un caffè italiano, emozionante sempre parlare
nella nostra lingua in simili contesti. Vado in
una plaza lì vicino, tutti negozi
italiani, trovo addirittura “Il Messaggero” e
due numeri de “L’Espresso”, parlo con
l’edicolante (italiana).
Alle ore 18.00 mi reco alla libreria, fa gli
onori di casa Cessidio, un anarchico di origini
abruzzesi, che mi mostra i locali, l’archivio,
il settore libreria, ecc. Arrivano le compagne e
i compagni, una ventina.
Ci sono greci, brasiliani, australiani, ecc.
Clima simpatico, seduti in circolo. Parlo un
po’, poi iniziano le domande e gli interventi,
tanti: si va avanti quasi 4 ore, si smette
perché devono andare via. Si parla di
Leoncavallo, Chiapas, centri sociali,
sindacalismo alternativo, composizione
sociologica del movimento, modalità di
finanziamento della stampa anarchica, senso
della militanza, case occupate, ecc. Peter, che
mi è stato al fianco durante la chiacchierata
per aiutarmi nella comprensione di alcune parole
e di quelli che dovrebbero parlare inglese ma…
Martedì 26 al mattino vado
in centro, salgo al 45° piano di un grattacielo
nella City, alla sede del Centro Italiano di
Cultura (accanto al Consolato Italiano). Mi
riceve il direttore Butti, palermitano. Parliamo
un po’ dell’appuntamento della serata, di
Fabrizio, ecc. Prima di salutarmi è perentorio:
“Finzi mi raccomando: niente politica, né
passata né presente né futura. Qui si parla del
cammino umano e artistico di un poeta, quindi –
ribadisce – niente politica”. Gli spiego che lo
stesso Fabrizio chiarì che per lui l’anarchismo
era parte del suo modo di vivere e di vedere il
mondo, quindi non è possibile prescinderne.
Butti insiste, spiega che nella comunità
italiana di Sidney sono ben rappresentate sia la
destra sia la sinistra e che l’Istituto,
apolitico, vuole e deve restare al di sopra
delle parti. È evidentemente preoccupato del mio
essere anarchico.
Al pomeriggio (ore 18.30) nel bel salone di
Casa Italia ci sono un centinaio di persone,
dopo il saluto di Butti comincio il mio
intervento, poi parte il film. Mi riprometto di
interromperlo più volte con miei interventi,
come ho fatto a Brisbane, ma non posso. Mentre
il filmato scorre, sono steso per terra in uno
stanzino retrostante con problemi connessi con
un ernia inguinale che mi è saltata
(fisicamente) fuori. Il direttore del Centro e
quello del Co.as.it (un ente che si occupa di
assistenza ai nostri emigrati, lui è figlio di
un militante del PCI di Spoleto, ha visto un
concerto di Fabrizio nella sua città) vengono a
vedermi, si impressionano, mi chiedono se voglio
un medico.
Francamente sono preoccupato anch’io, mi
prospettano l’ipotesi di parlare con il
microfono restando steso nello sgabuzzino. Dopo
una mezz’oretta riesco finalmente ad aggiustare
le cose e rispunto per… i funerali di Fabrizio
(nel filmato).
Tutto ok: rispondo alle domande del pubblico. Le
prime riguardano proprio i rapporti di Fabrizio
con il PCI e la sinistra in genere, e quelli con
gli anarchici.
Vedo che Butti, in prima fila, è teso. Poi mi
farà i complimenti per come me la sarei cavata.
A farmi capire che comunque me l’ero cavata bene
dal punto di vista che più mi interessa è lo
sguardo del vecchio Jack, in ultima fila. Questo
bel vecchietto di 79 anni, piccolino, con una
grande barba bianca, è venuto apposta per
incontrarmi dalla sua capanna nel sud dello
stato del New South Wales, a oltre 400 km. da
Sydney. È un anarchico bulgaro, vive qui da
decenni, pubblicava irregolarmente una rivistina
anarchica (“Red and Black”), seria e ben curata.
Lo conosco da sempre, è stato anche in Italia.
Mi ricordo, una quindicina di anni fa, a
Barcellona per un congresso della CNT: non
avendo trovato da dormire a casa di qualcuno, si
era adattato a dormire rannicchiato in una
cabina telefonica. Fa il contadino, ha un po’ di
terra e la coltiva, vive con la massima
semplicità, da sempre sottoscrive per la stampa
e le iniziative anarchiche (anche a noi di “A”
ogni tanto arriva una sua letterina manoscritta
con dentro un po’ di soldi).
Capisce bene l’italiano e lo parla anche. Segue
gli interventi e mi sorride. Vuol dire che va
bene…
Durante il rinfresco sono molte le persone che
vengono a complimentarsi e a dir la loro. Ci
sono due di Mantova che hanno saputo che sono
figlio di un mantovano. C’è il solito milanese.
Mi contattano anche due insegnanti di italiano
all’Università, si scusano per non essere
riuscite ad organizzare una lecture
all’università come è stato fatto a Melbourne e
a Brisbane, mi lasciano la loro e-mail per
restare in contatto per il progetto di
“gemellaggio” con l’ambiente universitario
italiano in tema di De André.
Va bene anche la vendita di Cd e Dvd. In
complesso nel mio giro australiano si sono
venduti quasi un centinaio di pezzi tra Cd, Dvd,
ecc.
Mercoledì 27 e
Giovedì 28 sono privi di
impegni. Ne approfitto per un salto di 24 ore ad
Uluru, nome aborigeno della famosa Ayers Rock.
Tre ore e mezzo di volo Qantas per vedere il
monolite nel deserto e le vicine colline rosse.
In tutto 11 ore di scarpinate e trasferimenti,
per conoscere soprattutto qualcosa della storia
e della vita degli aborigeni. Penso che Fabrizio
li avrebbe affiancati a zingari, indiani
d’America, sardi. E magari si sarebbe ispirato
per una poesia delle sue…
Venerdì 29 ultimo giorno in
Australia, la sera alle 21.00 partenza
dell’aereo per Milano, via Dubai e Roma. Alla
mattina passo all’Istituto Italiano di Cultura,
saluto il direttore, fraternizzo con un
impiegato qui in Australia da un decennio,
Danilo Sidari. È di Taggia (Imperia), conosce
alcuni anarchici della zona che conosco anch’io,
fraternizziamo. Resto alla sua scrivania a
scrivere questo resoconto e intanto parliamo. Ci
si lascia indirizzi e promesse di rivederci,
alla fine un abbraccio commosso nel distacco:
ventimila chilometri pesano.
Mentre sono all’Istituto, mi telefona una
cantante lirica, nata in Australia da famiglia
italiana. Si chiama Nadia Pellicciari Piave, si
dice dispiaciuta di non aver potuto venire alla
conferenza di martedì e ci tiene a raccontarmi
per telefono del suo incontro con Fabrizio, ai
tempi della registrazione de Le Nuvole.
Allora lei faceva parte del coro della RAI di
Milano, con altre due coriste fu chiamata da una
sua amica a far parte di un coro per un cantante
famoso (ma non le dissero quale). Scoprì che era
quel De André di cui aveva comprato una decina
di anni prima il primo lp Rimini. Ne
ricorda la puntigliosità, fece rifare molte
volte il loro breve intervento, lavorarono due
giorni, lo ricorda come persona simpatica e cita
una telefonata a “Dora” (ricorda che la chiamò
così) per dirle di buttare la pasta dopo un
quarto d’ora. È un piccolo, strano tassello in
più.
Nel pomeriggio passeggiata sulla nota
spiaggia di Bondi, considerata la più bella di
Sydney se non dell’Australia, in compagnia di
Alison Leitch, amica (e compagna) da quando
stava in Italia negli anni ’80. Apprendo
qualcosa in più sull’Australia, il sistema
formativo, la vita a Sydney.
Poi in taxi all’aeroporto. Fine.