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"Fallimento o crisi?" (CRISI DELL’ANARCO-SINDACALISMO?) di Camillo Berneri
da Guerra di Classe, Ottobre 1930
"Un compagno non anarco-sindacalista rispondendo la mia lettera nella quale affermavo essere quella che attraversiamo l'ora dell’anarco-sindacalismo, mi richiamava l'esempio dell'Argentina, dove l'organizzazione sindacale diretta da anarchici s'è frantumata sotto il peso della dittatura militare e della persecuzione poliziesca. Un altro compagno mi richiama lo stesso esempio, in una sua lettera dal Sud-America.
Che delle forti organizzazioni cedano senza notevoli resistenze alla pressione di una dittatura borghese, è fenomeno che sta ad indicare dei difetti costituzionali e funzionali di quelle organizzazioni. Ma il fatto che quelle organizzazioni siano particolarmente colpite, sta ad indicare che esse costituivano una vera minaccia, un forte danno per la borghesia capitalistica.
La disfatta, quindi, va inquadrata nella crisi generale, nella quale Europa ed America sono entrate da vari anni. Non è l’anarco-sindacalismo la causa della disfatta, bensì le sue insufficienze. Esaminare quali sono queste insufficienze sarebbe materia di vari articoli, ma possiamo, in sintesi, indicarle così: sopravvalutazione della forza numerica, fiducia eccessiva nella combattività delle folle; timore di mandare all'aria le organizzazioni, il quale inceppa le controffensive armate; insufficienti mezzi e preparazione di difesa armata; perdita di vista delle immediate necessità della tattica rivoluzionaria e nell'assorbente preoccupazione di conquiste e lotte economiche.
Nessuno più di me ha criticato tali insufficienze nell'Unione Sindacale Italiana, alla quale attribuisco parte della responsabilità del movimento anarchico nel fallimento della rivoluzione italiana. Ma la coscienza delle insufficienze e delle deviazioni di questa o di quella organizzazione anarco-sindacalista non implica, non giustifica il gettar via il bagno col bambino dentro di certi anarchici puri.
La crisi dell’anarco-sindacalismo è conglobata dalla crisi universale del movimento operaio, che, giunto ad un grado di maturità e di aggressività intaccanti gravemente il privilegio capitalistico, è naturale si trovi di fronte lo Stato, gendarme del capitale, o le milizie della borghesia non sufficientemente difesa e tutelata dalle forze d'ordine pubblico.
Se l'anarchismo è particolarmente colpito laddove è alla testa della marcia proletaria, vuol dire che è sul terreno della lotta economico-sociale che egli è più temibile. La sconfitta non è che un episodio, non è che la catastrofe di determinate battaglie. La guerra di classe non s'arresta, e riverrà il giorno in cui l'anarchismo potrà trovare nelle masse, nella lotta sindacale il modo e le forze per risorgere con più rigorose e sperimentate e energie.
La crisi dell’anarco-sindacalismo ciò nondimeno esiste, anche prescindendo dalle sue sconfitte sul terreno della lotta. Ma è la crisi dell'anarchismo, di tutto l’anarchismo”.
"La fiducia eccessiva nelle masse ha trattenuta e fuorviata la funzione di pattuglia di punta degli anarchici, che si sono lasciati cullare dall'illusione che il popolo potesse insorgere, senza una serie di fatti preparatori di un’atmosfera rivoluzionaria. Questa fiducia eccessiva è un riflesso di entusiasta ottimismo populistico in alcuni, ma in molti altri, in quasi tutti ha radice nell’immoralità di non sentire profondamente la bellezza di battersi per dei principi, prescindendo dalle possibilità di trionfo facile e sicuro.
La sopra-valutazione del fatto economico, della conquista materiale è il peccato di tutto l'anarchismo, che gradualista sul terreno sindacale, comunista ad ogni costo sul terreno sociologico non sa affrontare i problemi del revisionismo.
Chiuso nell'intransigenza assoluta di fronte alla vita politica, l'anarchismo puro è fuori del tempo e dello spazio, ideologia categorica, religione e setta. Fuori dalla vita parlamentare, fuori da quella delle amministrazioni comunali e provinciali, non ha saputo e voluto condurre delle battaglie di dettaglio, suscitanti, volta a volta, consensi; non ha saputo agitare problemi interessanti grande parte dei cittadini. La battaglia anti-protezionista è stata fatta da alcuni liberali, da alcuni socialisti e da alcuni repubblicani. La battaglia per la libertà d’insegnamento è finita nelle mani dei cattolici. Da un'infinità di battaglie il movimento anarchico si è avulso, sempre allucinato dalla visione della Città del Sole, sempre perso nella ripetizione dei suoi dogmi, sempre chiuso nella sua propaganda strettamente ideologica.
Per reazione, alcuni anarchici sono stati condotti all'anarco-sindacalismo, per il bisogno non solo di partecipare alla vita delle masse, ma anche di personali esperienze.
Il campo sindacale e diventato l'unico campo che permettesse un’attività concreta. Di chi la colpa delle esagerazioni, delle unilateralità, delle deformazioni dell'anarco-sindacalismo se non di coloro che non hanno mai voluto dare al movimento anarchico un respiro più ampio, un dinamismo più complesso, una molteplicità di fronti e di battaglie?
La stampa anarco-sindacalista ha un riflesso costante dei bisogni, delle aspirazioni, delle lotte delle masse proletarie del paese, ma quella anarchica, pura, salvo qualche rara eccezione, è generica, cioè sorda e cieca alle realtà particolari dell'ambiente sociale in cui essa vive.
Il giornale di Parigi potrebbe essere fatto a New York, e quasi in nulla muterebbe. In questo fenomeno sta uno dei massimi indici della crisi dell'anarchismo puro.
Se il movimento anarchico non si decide a limitare il proprio comunismo ad una pura e semplice tendenzialità, a formulare un programma italiano, spagnolo, russo, etc. a basi comunaliste e sindacaliste; a crearsi una tattica rispondente alla complessità e variabilità dei momenti politici e sociali; a sbarazzarsi, insomma, di tutti i suoi gravami dogmatici, di tutte le sue abitudini stilistiche, di tutte le sue fobie, il movimento anarchico non attirerà più la gioventù intelligente e colta, non saprà combattere efficacemente la statolatria comunista, non potrà per lungo tempo uscire dal marasma.
La crisi dell’anarco-sindacalismo è la crisi dell’anarchismo. Ed io ho fede che nella corrente anarco-sindacalista più che in ogni altra è possibile trovare le possibilità di una rielaborazione ideologica e tattica dell’anarchismo”.