Il Comunismo Libertario

(1933)

 

Contro i pregiudizi

La Confederación Nacional del Trabajo è come un canale degli sforzi rivoluzionari del proletariato per la realizzazione di un obiettivo concreto: l'instaurazione del Comunismo Libertario. Un regime di convivenza umana che cerca di dare soluzione al problema economico senza necessità di Stato né di politica, secondo la nota formula "da ciascuno in base alle sue forze, a ciascuno secondo le sue necessità".

Il movimento emancipatore del proletariato va maturando a forza di soffrire disinganni, Da ogni sconfitta sorge rinnovato, con nuova risolutezza. È una forza in formazione, amministratrice dell'avvenire. Porta in sé un germe di perfezionamento sociale e risponde al palpito profondo di quanto vi è di umano, per cui non può perire, benché per altre cento volte possa sbagliare il suo cammino.

Al proletariato si è predicato troppo. Alcune volte la calma, altre volte la cultura, altre ancora la capacità. A giudizio dei suoi pastori non è mai stato maturo per emanciparsi. La sua preparazione, se deve essere così, sarà eterna, perché non potrà mai uscire - se non attraverso la rivoluzione - dall'ignoranza e dall'incultura, come pure dalle privazioni in cui il regime capitalista e lo Stato lo mantiene. Ogni emancipazione parziale deve costargli tanto lavoro quanto l'emancipazione totale, se deve essere collettiva e non individualmente conquistata.

Se si devono trovare soluzioni in questo modo, senza attaccare il sistema, non è possibile risolvere il problema sociale. È come l'uovo di Colombo. Se ci imbarchiamo nell'impresa di mantenere ritto e in equilibrio l'uovo su uno dei suoi poli perderemo tempo, mentre noi vogliamo avere successo con abilità e destrezza. Ci si deve decidere a schiacciare sulla tavola, con un colpo, uno dei suoi poli, alterando l'integrità dell'uovo.

La Confederación Nacional del Trabajo interpreta il movimento emancipatore del proletariato, con l'esperienza ricavata dalle azioni riformiste e col disinganno derivante dai giochi di prestigio della politica. Ha individuato un giusto cammino, quello dell'azione diretta dirigendosi in linea retta verso l'instaurazione del Comunismo Libertario, unica via per l'emancipazione. Non si tratta di costruire un'organizzazione forte che sia oggetto di ammirazione per i suoi membri e per gli altri, ma di realizzarne le finalità liberatrici. Non si tratta di un ideale da coltivare, bensì di un fronte di combattimento. L'ideale glielo presta l'anarchismo che la orienta e la anima.

Definizione: Il Comunismo Libertario è l'organizzazione della società senza Stato e senza proprietà privata. A questo fine non c'è bisogno di inventare nulla, né di creare nessun organismo nuovo. I nuclei organizzativi, attorno ai quali riorganizzerà la vita economica futura sono già presenti nella società attuale: sono il sindacato e il municipio liberi.

Il sindacato, dove oggi si raggruppano spontaneamente gli operai delle fabbriche e di tutti gli sfruttamenti collettivisti.
E il municipio libero, assemblea di antico lignaggio, in cui del pari spontaneamente si raggruppano i vicini dei paesi e dei villaggi, e che offre un canale alla soluzione di tutti i problemi di convivenza nelle campagne.

Entrambi gli organismi, con norme federative e democratiche, saranno sovrani nelle loro decisioni, senza essere sotto la tutela di alcun organismo sovraordinato, bensì solo obbligati a confederarsi tra di loro, per coazione economica degli organismi di riferimento e di comunicazione, costituiti in Federazioni di Industria.

Questi organismi assumono il possesso collettivo o comune di tutto quello che oggi è di proprietà privata, e regolano in ogni località la produzione e il consumo, cioè la vita economica.

L'associazione delle due parole (comunismo e libertario) indica anche la fusione di due idee: una collettivista, che tende a produrre un insieme armonico per il contributo e la cooperazione tra gli individui, e senza pregiudizio per la loro indipendenza; e l'altra individualista, che vuole garantire all'individuo il rispetto della sua indipendenza. L'operaio della fabbrica, delle ferrovie o il manovale, devono associarsi con i loro compagni, tanto per la sua migliore esecuzione, quanto per la difesa dell'interesse individuale. In cambio, l'artigiano e l'operaio dei campi possono vivere con indipendenza e perfino bastare a se stessi, per chi ha una radicata tendenza all'individualismo. Il Sindacato rappresenta la necessità dell'organizzazione collettivista, e il Municipio libero interpreta meglio il sentire individualista del contadino.

La miseria è il sintomo, il male è la schiavitù. Se giudichiamo solo dalle apparenze, siamo tutti d'accordo nel segnalare che la cosa peggiore dell'attuale società è la miseria. Ciò nonostante ancora peggiore è la schiavitù, che obbliga l'uomo a soccombere, impedendogli di ribellarsi. Non è peggio il Capitale che sfrutta l'operaio, arricchendosi sulle sue spalle, bensì lo Stato, che mantiene indifeso il proletariato e lo mette in riga con i fucili della forza pubblica e con la reclusione nelle carceri.

Ogni perversità che lamentiamo nell'attuale società - ma non è questo il luogo adeguato per renderle evidenti - ha le radici nell'istituzione del Potere, cioè nello Stato e nell'istituzione della proprietà privata, che per accumulazione produce il Capitale. L'uomo è il giocattolo di questi due malefici sociali, superiori alla sua volontà; diventa cattivo, taccagno e privo di solidarietà quando è ricco; e crudele e insensibile al dolore umano quando esercita il potere. La miseria degrada e la ricchezza perverte. L'obbedienza immerge l'uomo nell'abiezione, e l'autorità ne deforma i sentimenti. Nessuno ha sparso più lacrime e sangue del capitale vorace e insaziabile per i suoi interessi. Tutta la storia è piena dei crimini e delle torture realizzati dall'autorità.

L'accumulazione di ricchezze, come l'accumulazione del potere da parte di alcuni, possono avvenire solo attraverso la spoliazione degli altri. Per distruggere la misera, come per impedire la schiavitù, è necessario opporsi all'accumulazione di proprietà e potere, di modo che nessuno prenda più di quel che gli necessita, e non sia necessario che qualcuno comandi su di un altro.

Due operazioni fondamentali. Per effetto del suo modo di essere e della sua natura, l'uomo ha due inesauribili aspirazioni: il pane, cioè quello che gli serve per soddisfare le sue necessità economiche (mangiare, vestire, casa, istruzione, assistenza sanitaria, mezzi di comunicazione, ecc.) e la libertà, ossia il poter disporre della sue azioni. Una coazione esterna non ci ripugna in quanto tale, poiché transigiamo con quelle imposte dalla Natura stessa. Ci è repellente e ci fa insorgere quando è capricciosa, per il fatto di rispondere alla volontà di altri uomini. Accettiamo una restrizione quando la riteniamo giusta, e quando ci si lascia l'arbitrio di giudicarla. La rifiutiamo con tutte le nostre forze quando ci viene imposta negandoci il diritto di discuterla.

È tanto vivo, tanto intenso, questo sentimento di libertà - questa aspirazione a disporre di noi stessi - che è proverbiale il caso dell'hidalgo spagnolo che per conservarla trascina la sua miseria lungo la strada, rinunciando al pane, a un riparo, al calore dell'asilo, perché in cambio gli si impone una disciplina da caserma.

Il Comunismo Libertario deve rendere possibile il soddisfacimento delle necessità economiche rispetto a questa aspirazione alla libertà. Per amore della libertà ripudiamo il comunismo da convento o da caserma, da formicaio o da alveare, e un comunismo da gregge come quello della Russia.

I pregiudizi. Tutto questo, per chi ci legga con pregiudizi spinosamente ostili, suona come una sciocchezza. Cercheremo di segnalare quali siano questi pregiudizi, di modo che se ne liberi chi li patisce.

Pregiudizio 1º. Attribuire carattere passeggero alla crisi. Il Capitale e lo Stato sono due vecchie istituzioni in crisi mondiale, progressiva e incurabile. Due organismi che nella loro stessa decomposizione, come accade sempre in Natura, il germe degli organismi che devono sostituirli. In Natura nulla si crea e nulla si distrugge, tutto si trasforma. Il Capitale affoga nei propri detriti: la disoccupazione forzata cresce senza sosta per l'incapacità di aumentare il consumo in proporzione agli aumenti produttivi cerati attraverso le macchine. I disoccupati rappresentano forze rivoluzionarie. La fame rende codardo l'individuo isolato, che però presta la sua furia e la sua bravura quando si trova in una dimensione collettiva. Nel proletariato le idee dissolventi si sviluppano e assumono risolutezza. Lo Stato da parte sua si asfissia nel suo stesso apparato di forza. Ogni volta si vede necessitato ad intensificare la sua forza repressiva e la sua burocrazia, caricando col peso morto del parassitismo i bilanci con cui vengono spogliati i contribuenti. La coscienza individuale, sempre più sveglia, cozza apertamente con le limitazioni poste dallo Stato. L'imminenza della sua rovina ha fatto sì che alla svelta la sua evoluzione storica si staccasse dalle forme mitigate e democratiche, per vestirsi di fascismo in Italia e di dittatura nelle altre nazioni, inclusa la dittatura del proletariato in Russia.

Si tratta di crisi definitive che si pongono di fronte alla vecchia istituzione del Capitale come forze irriducibili, con le rivendicazioni crescenti del proletariato; e alla più vecchia istituzione dello Stato con le aspirazioni libertarie dei popoli. Ci sarà una sostituzione.

Non serve attaccarsi ai vecchi sistemi e cercare di trovare per essi rimedi, ristrutturazioni e riforme, benché siano tanto seduttori alla pari di Henri George, poiché arrivano tardi per rimodernare un organismo caduco. C'è da pensare a quel che lotta per nascere, a quel che vuole sostituire ciò che deve sparire, alle forze germinanti che chiedono spazio nella vita sociale.

Pregiudizio 2º. Supporre che il Comunismo Libertario sia frutto di ignoranza. Questo perché lo vedono proposto da genti che hanno fama di ignoranti e di incolti, da gente senza titolo universitario, e suppongono che il Comunismo Libertario sia una soluzione semplicista che disconosce la complessità della vita e le difficoltà inerenti a un cambio di questa entità. Questo pregiudizio comporta quello che ora ci accingiamo a menzionare.

Collettivamente, il proletariato ha più conoscenze di sociologia che non settori intellettuali e, perciò, hanno una visione maggiore in ordine alle soluzioni. Così, per esempio, i medici o gli avvocati, o i farmacisti, non hanno voglia di altre soluzioni per l'abbondanza di esercenti le loro professioni se non quella di limitare l'ingresso alle Facoltà, dicendo: "I posti sono occupati, non c'è più posto", e contrastando alle nuove generazioni, che nascono alla vita e accedono alle aule in numero sempre maggiore, le carriere o rifiutandone la protesta. E questa sì che è una soluzione semplicista e assurda, e stolta, e impropria, tipica di coloro che si valutano superiori agli altri.

Gli operai, in cambio, si azzardano a proporre soluzioni che non si limitano a una classe, né a una generazione di una classe, ma a tutte le classi della società. Una soluzione che per sociologi documentati è stata già impostata su un terreno scientifico e filosofico e che oggi può mantenersi dinanzi a tutte le soluzioni teoriche del problema sociale per garantire il pane e la cultura a tutti gli uomini.

Se si trova in bocca a "ignoranti", è proprio perché gli intellettuali che hanno fama di saggi, la disconoscono. E se il proletariato la fa propria è perché, collettivamente, ha una visione più certa dell'avvenire e un'ampiezza di spirito maggiore rispetto a tutte le classi intellettuali messe insieme. 

Pregiudizio 3º. L'aristocrazia intellettuale. Il popolo viene considerato incapace di vivere liberamente e, pertanto, bisognoso di tutela. Su di esso gli intellettuali vogliono far valere privilegi aristocratici come quelli finora goduti dalla nobiltà. Pretendono di essere dirigenti e tutori del popolo.

Non è tutto oro quel che riluce. Né è disprezzabile il valore intellettuale di tutti coloro che sono condannati alla privazione del sapere. Molti intellettuali non riescono a staccarsi dal mucchio volgare, nemmeno con le ali dei loro titoli. E invece molti operai si innalzano all'altezza degli intellettuali per la sola forza del loro valore.

La preparazione universitaria per l'esercizio di una professione non significa superiorità in nessun senso, giacché non si conquista in una competizione libera, ma all'ombra del privilegio economico.

Quello che chiamiamo buon senso, rapidità di visione, capacità di intuizione, iniziativa e originalità, non viene comprato né venduto nelle università, ed è posseduto ugualmente da intellettuali e analfabeti.

È preferibile una mentalità da coltivare, con tutta la sua selvatichezza in cultura, che non le menti avvelenate da pregiudizi e anchilosate dalla routine del sapere.

La cultura dei nostri intellettuali non gli impedisce di mantenere incolto il sentimento della propria dignità, che a volte brilla invece in modo magnifico in gente con fama di incultura.

Un corso universitario non dà più fame, né più corpulenza, né più famiglia, né più infermità di un'attività manuale; quindi non possiede più superiorità dei un'attività di mestiere, e questo non dà giustificazioni, se non in modo semplicista e puerile, su chi debba dirigere e comandare coloro che tanto titolati non siano. 

Pregiudizio 4º. Attribuirci disprezzo per l'arte, la scienza o la cultura. Noi non comprendiamo che queste tre attività, per dare lustro, possano sistemarsi sulla miseria e sulla schiavitù umana. Per noi, invece, devono essere incompatibili con questa evitabile sofferenza. Se per brillare c'è necessità del contrasto con la bruttezza, con l'incultura e con l'ignoranza, possiamo dichiararci fin da ora incompatibili con esse, senza tema di dire nessuna eresia.

L'arte, la scienza, o la cultura, né si comprano con denaro né si conquistano col potere. Al contrario, se sono degne dei loro nomi, rifiutano ogni vassallaggio e si dimostrano non corruttibili. Sono create dalla dedizione artistica, dall'attitudine e dalla fatica investigativa, e dal gusto della stessa perfezione. Non dai Mecenati e dai Cesari. Fioriscono spontaneamente in qualsiasi parte, ed hanno bisogno solo di non trovare ostacoli. Sono frutto di quanto vi è di umano, ed è semplicistico credere che si contribuisce ad esse creando, per via governativa, un ufficio invenzioni o un premio per la cultura.

Quando alle richieste di pane, al reclamo della giustizia, ai tentativi di emancipazione si dice all'operaio che va a deturpare l'arte, la scienza o la cultura, è naturale che egli sia iconoclasta e che abbatta con una manata l'idolo intangibile con cui lo si vuole mantenere nella sua schiavitù e nella sua miseria. Chi ha mai detto che l'arte, la scienza, la cultura soffrano pregiudizi con la generazione del benessere e con il godimento della libertà?

Pregiudizio 5º. Incapacità a strutturare la nuova vita. La nuova organizzazione economica ha bisogno della collaborazione tecnica sia dell'operaio specializzato, sia del semplice lavoratore. Allo stesso modo in cui oggi perfino le forze rivoluzionarie cooperano nella produzione, domani dovrà avvenire per tutti. Cioè, non si deve giudicare la nuova vita per la nostra capacità di riunire i rivoluzionari, bensì per le capacità esistenti nell'intera collettività. Quello che dà impulso al lavoro del tecnico è la coazione economica, non il suo amore per la borghesia. Quello che darà impulso domani a che tutti cooperino nella produzione sarà anche la coazione economica che verrà esercitata su tutti i cittadini validi. Non confidiamo solo in coloro che lo facciano per devozione o per virtù.

Non abbiamo bisogno, pertanto, di abbagliare il mondo con la nostra capacità né con le nostre doti straordinarie, che saranno tanto false quanto quelle dei politici. Non offriamo di redimere nessuno. Proponiamo un regime in cui la schiavitù non sia necessaria per far produrre l'uomo, né lo sia la miseria per obbligarlo a soccombere di fronte all'avarizia del Capitale. Che non sia un capriccio né una convenienza particolare o privata a governare e dirigere, bensì che siamo tutti noi a contribuire all'armonia dell'insieme, ciascuno col suo lavoro, e ciascuno in base alle sue forze e alle sue attitudini.

Pregiudizio 6º. Credenza nella necessità di avere un architetto sociale. Credere che la società abbia bisogno di un potere ordinatore, o che la moltitudine si sfrenerebbe se non ci fossero dei poliziotti ad impedirlo, costituisce un pregiudizio fomentato dalla politica. Ciò che sostiene le società umane non è la coazione del potere né l'intelligente previsione dei suoi governanti, bensì l'istinto di socievolezza con la necessità del mutuo appoggio. Il governante ha tratto piacere dal fatto di adornarsi sempre con questi falsi meriti. Le società tendono inoltre ad adottare forme sempre più perfette, non perché questo sia cercato dai loro dirigenti, bensì per la tendenza spontanea a conseguire questo risultato negli individui che le compongono e per l'aspirazione congenita in ogni gruppo umano.

Per la stessa illusione attribuiamo alle cure di un padre la crescita e lo sviluppo di suo figlio, come se per influenza esterna crescesse e si sviluppasse. Crescita e sviluppo avvengono sempre in tutti i bambini senza necessità dell'intervento di alcuno. Quel che importa è che nessuno lo impedisca né lo intralci.

Allo stesso modo il bambino si istruisce e si educa. Per tendenza naturale. Il maestro può attribuirsi il merito del fatto che il bambino assimili e si plasmi, ma certo è che il bambino si istruisce e si educa anche senza che qualcuno lo diriga, sempre che non trovi ostacoli. E in Pedagogia razionale, il miglior ruolo da maestro è quello impregnato di umiltà biologica nel liberare il cammino ed eliminare gli ostacoli alla tendenza del bambino ad assimilare conoscenze e formarsi. Che il maestro non sia imprescindibile ce lo dimostra l'autodidatta.

Lo stesso esempio lo ricaviamo dalla Medicina. Il medico può attribuirsi la guarigione di un malato ed il pubblico crederci. Ma chi cura un'infermità è la tendenza spontanea dell'organismo a ristabilire il proprio equilibrio, sono le forze difensive dell'equilibrio stesso. Il medico, interpreta nella maniera migliore il suo ruolo quando, anche qui con umiltà biologica, si limita ad eliminare gli ostacoli e gli impedimenti alle difese curative. Non sono pochi i casi in cui l'infermo si cura nonostante il medico.

Affinché le società umane si organizzino e perfezionino la loro organizzazione, non c'è bisogno che qualcuno persegua intenzionalmente quest'obiettivo, basta che nessuno lo impedisca né vi frapponga ostacoli. Un ulteriore semplicismo sta nel pretendere di migliorare l'umanità e di voler sostituire con artifici del potere e del comando le tendenze spontanee dell'uomo. Con umiltà biologica gli noi anarchici chiediamo via libera per le tendenze e gli istinti organizzativi.

Pregiudizio 7º. Anteporre la conoscenza all'esperienza. È come volere che la destrezza preceda l'addestramento, la perizia la fase di sperimentazione o i calli il lavoro.

Ci chiedono fin dal principio un regime perfetto, garanzia del fatto che le cose saranno così e non in un altro modo, senza scosse e senza tentativi. Se dovessimo imparare a vivere, non termineremmo mai l'apprendistato. Né il bambino apprenderebbe a camminare, né il ragazzo ad andare in bicicletta, né sarebbe possibile acquisire un mestiere o una specializzazione Nella vita, al contrario, le cose si fanno. Si comincia col decidersi ad operare, e operando si impara. Il medico comincia ad esercitare senza avere il dominio della sua arte, che poi acquisisce incespicando, sbagliandosi, e fallendo molte volte. Senza imparare previamente l'economia domestica, una donna trae dalle difficoltà la famiglia, amministrando una somma giornaliera insufficiente. Uno specialista diventa tale uscendo a poco a poco dalla sua goffaggine.

Vivendo il comunismo libertario sarà per noi come apprendere a vivere: La sua instaurazione ci mostrerà quali siano i suoi punti deboli ed i suoi aspetti sbagliati. Se fossimo politici dipingeremmo un paradiso pieno di perfezioni, Siccome siamo uomini, e conosciamo quello che è umano, confidiamo nel fatto che l'uomo impari a camminare nel solo modo in cui è possibile imparare a farlo: camminando. 

Pregiudizio 8º. Mediazione dei politici. Il peggiore di tutti i pregiudizi è credere che un ideale possa realizzarsi attraverso la mediazione di alcuni uomini, seppure questi non vogliano chiamarsi "politici". Il politico si accontenta di apporre un'etichetta sul frontespizio di un regime e di scrivere i nuovi postulati nella carta costituzionale. Così è stato possibile chiamare comunista la Russia, e Repubblica dei lavoratori quella spagnola, dove il numero di coloro che lavorano è di undici milioni, e di tredici milioni quello dei disoccupati. Se il comunismo libertario lo dovessero realizzare dei politici, dovremmo contentarci di un regime che non avrebbe nulla di comunista né di libertario.

All'azione politica, fatta di sotterfugi e inganni, opponiamo l'azione diretta, che non è altra cosa che la realizzazione immediata dell'ideale concepito, rendendolo tangibile e reale, e non finzione scritta e non concretizzabile o promessa remota. Si tratta dell'esecuzione di un accordo collettivo per la collettività stessa, senza metterlo nelle mani di nessun messia né incaricando nessun intermediario.

Il comunismo libertario sarà realizzabile nella misura in cui si faccia uso dell'azione diretta e nella misura in cui si cessi di avvalersi degli intermediari. 

 

Organizzazione economica della società

Il comunismo libertario si basa sull'organizzazione economica della società, essendo l'interesse economico l'esclusivo nesso di unione tra gli individui, l'unico in cui tutti si ritrovano. L'organizzazione sociale non ha altra finalità che quella di mettere in comune tutto ciò che costituisce la ricchezza sociale, cioè gli strumenti e i ricavi della produzione ed i prodotti medesimi; di rendere comune anche l'obbligo di contribuire alla produzione, ciascuno con il proprio sforzo e la propria attitudine, facendosi dopo carico di distribuire i prodotti in conformità alle necessità individuali.

Tutto ciò che non sia funzione economica o attività economica, resta fuori dall'organizzazione ed al margine del suo controllo. Nella sfera, pertanto, delle iniziative e delle attività private.

L'opposizione fra organizzazione su base politica, comune a tutti i regimi che si basano sullo Stato, e l'organizzazione economica non può essere né più radicale né più completa. Per metterlo in evidenza, forniamo il seguente: 

Quadro comparativo

Organizzazione Politica Organizzazione Sindacale
1. Considera il popolo un minorenne incapace di organizzarsi né di reggersi senza tutela. 1. Considerando ogni collettività professionale adatta a organizzare i suoi affari, la tutela non è necessaria, e lo Stato è d'avanzo. 
2. Tutte le virtù sono possedute dallo Stato, in ogni ambito: economia, istruzione, amministrazione della giustizia, interpretazione del diritto, incremento delle ricchezze de nell'organizzazione di tutte le funzioni.  2. L'iniziativa passa alle organizzazioni professionali. Il controllo dell'insegnamento ai docenti, della sanità ai sanitari, delle comunicazioni ai tecnici riuniti in assemblea, quello della produzione spetta alla Federazione dei Sindacati.
3. Lo Stato è sovrano, ha nelle mani la forza (esercito, polizia, magistratura, carceri). Il popolo è indifeso, disarmato; il che non impedisce di chiamarlo sovrano nelle democrazie.  3. La forza ritorna alla sua origine, giacché in ogni raggruppamento verrà data ai suoi componenti, e non essendo accumulata, ogni individuo avrà la sua porzione, e l'assemblea quella che fra tutti le venga concessa. 
4. Gli uomini si raggruppano secondo le idee politiche, religiose, sociali, cioè secondo i punti minimi, posto che proprio su di essi ci differenziamo e dissentiamo. 4. Gli uomini si raggruppano secondo l'identità delle loro preoccupazioni e necessità nel sindacato, e nel municipio libero per la convivenza locale e la comunità di interessi. In questo modo, i punti di coincidenza sono massimi. 
5. Lo Stato, cioè una minoranza esigua, pretende di avere più possibilità, capacità e conoscenza che non le diverse collettività sociali. "Uno sa più che non la totalità riunita".  5. L'assemblea riunisce in sé il massimo delle possibilità, capacità e conoscenze, in quello che professionalmente le competa. La totalità riunita sa più del singolo, per sapiente che sia.
6. Lo Stato, stabilendo una norma fissa una volta per tutte (costituzione o codice), impegna il futuro e falsifica quanto vi è di vitale, che è il molteplice e variabile. 6. Nell'organizzazione sindacale, la norma di condotta da seguire viene decisa di momento in momento, d'accordo con le circostanze.
7. Lo Stato si riserva tutto. Al popolo non spetta fare nulla, se non pagare, ubbidire, produrre e conformarsi alla volontà suprema di chi comanda. Lo Stato dice: "Datemi il potere e vi farò felici". 7. Mancando intermediari e redentori, ciascuno deve cercare di ordinare i propri affari abituandosi a prescindere dai mediatori, ed a privarsi della routine di secoli e secoli di educazione politica.
8. Divide la società in due caste antagoniste: quella di chi comanda e quella di chi ubbidisce.  8. Tutti i cittadini si riuniscono nella categoria unica dei produttori. Gli incarichi sono amministrativi, temporanei, senza che ciò dia diritto ad esimersi dalla produzione, e sempre subordinatamente ai deliberati delle Assemblee.
9. Concede solo finzioni e diritti scritti:di libertà, sovranità, giustizia, democrazia, autonomia, ecc., al fine di mantenere sempre vivo il sacro fuoco dell'illusione politica.  9. È la realizzazione pratica della libertà economica, che è il punto fondamentale. Realizza la democrazia, cioè il governo del popolo per il popolo. Realizza il Federalismo, riconoscendo la massima autonomia e indipendenza al Municipio, e ad ogni entità produttiva.
10. Il progresso e l'evoluzione sociale conduce allo Stato, dalle forme dispotiche e assolutiste fino al suo declino. Il fascismo è una soluzione tardiva, e il Socialismo anche. Dissimula ed eleva le sue prerogative, per finire col perderle a poco a poco, nella misura in cui si sviluppano la coscienza individuale e quella di classe. 10. L'evoluzione porta le collettività di mestiere ad un livello e ad un perfezionamento crescenti. Dalla difesa dell'interesse economico egoista dell'individuo, sono passate a qualificarsi per accettare la responsabilità del loro ruolo sociale.
11. Nell'organizzazione su base politica, la gerarchia aumenta fino al culmine del vertice. Al di sopra del popolo c'è il Consiglio; al di sopra ancora la Giunta; al di sopra la Deputazione; al di sopra ancora il Governatore, e al vertice il Governo.  11. Nell'organizzazione economica la gerarchia aumenta verso la base. Gli accordi di un Comitato li può revocare un Plenum; quelli del Plenum l'Assemblea, quelli dell'Assemblea il Popolo.

 

La ricchezza e il lavoro

Fra gli abitanti di una nazione due cose devono essere ripartite: la ricchezza, ossia i prodotti per il consumo di tutta la popolazione, e il lavoro necessario a tale produzione. Questo sarebbe giusto ed equo: e anche razionale. Ma nella società capitalista la ricchezza si accumula in un polo, quello che non produce, e il lavoro si accumula in un altro polo, quello che non consuma il necessario. Cioè, proprio il contrario di ciò che accade in Natura, dove più cibo e più sangue va al membro o organo che lavora.

La ricchezza viene annualmente calcolata in 25.000 milioni di pesetas. Ben distribuita potrebbe alimentare bene tutta la popolazione di Spagna, i suoi 24 milioni di abitanti, corrispondendo a ciascuno più di 1.000 pesetas l'anno, il che permetterebbe di generalizzare per tutti un relativo benessere economico.

Ma siccome in regime capitalista il capitale deve produrre almeno un 6% di interesse annuo, e l'autorità si debba valutare in base al denaro, affinché alcuni possano guadagnare milioni ogni anno, devono esserci intere famiglie che devono cavarsela con meno della metà di quello che si potrebbe corrispondere a ciascun individuo.

In regime comunista libertario non si tratta di pesetas, né di ripartirle. Si tratta solo di prodotti, che già non sono trasformabili in pesetas né possono essere accumulati, e che vengono distribuiti fra tutti i base alle loro necessità.
L'altra cosa da ripartire è il lavoro. In questo ambito riscontriamo oggi la stessa ingiusta e rivoltante disuguaglianza. Perché alcuni possano trascorrere la vita in ozio, altri devono sudare otto ore al giorno, quando non sono dieci o quattordici.

Oggi sette milioni di lavoratori sono occupati a produrre la ricchezza, con una media di otto ore di lavoro al giorno, ma se lavorassero i quattordici milioni di abitanti validi, dovrebbero farlo solo per quattro ore al giorno.

Questa è la conseguenza che si ottiene, diretta e piana, da una buona e giusta distribuzione. Questa è l'utopia che vuole realizzare l'anarchico.

 

Possibilità economiche del nostro paese

L'instaurazione del comunismo libertario nel nostro paese, isolatamente rispetto agli altri paesi d'Europa, ci farà essere - come c'è da presumere - la nazione nemica delle nazioni capitaliste. Sotto il pretesto della difesa degli interessi dei loro sudditi, l'imperialismo borghese cercherà di intervenire con le armi per affondare il nostro regime nascente. L'intervento armato da parte di una o varie potenze isolate potrebbe servire per scatenare una guerra mondiale. Per non correre il rischio della rivoluzione sociale nei propri paesi, le nazioni capitaliste preferirebbero ricorrere a una condotta subdola e finanziare un esercito mercenario, come fecero in Russia, che si appoggerebbe sui nuclei reazionari ancora sussistenti.

Il ricordo delle lotte similari e di situazioni affini nella storia del nostro popolo, ci fa essere fiduciosi nella lotta per la nostra indipendenza anche in base alle condizioni topografiche del nostro territorio. Se il popolo sperimenta i vantaggi del cambiamento e conquista un maggior benessere, sarà il difensore più deciso del comunismo libertario.

L'altra minaccia è il blocco che le marine da guerra delle nazioni capitaliste potrebbero effettuare sulle nostre coste, impedendoci, pertanto, i rifornimenti con i nostri mezzi. Per l'estensione delle nostre coste, questa vigilanza potrebbe essere facilmente elusa, ma questa possibilità obbliga a porci questa questione preliminare. Produciamo abbastanza da poter prescindere completamente dalle importazioni?

Vediamo. Le statistiche attuali non sono applicabili in tutto al domani, perché i loro numeri non danno tanto la valutazione di quello che bisogna importare, quanto quello che è oggetto di importazione; il che non sempre è la stessa cosa. Così, per esempio, il carbone può essere prodotto sul nostro territorio dai giacimenti molto abbondanti, nonostante che attualmente venga importato dall'Inghilterra, perché il carbone inglese per quanto riguarda il prezzo compete con il nostro Pur non essendocene necessità, perché in Andalusia se ne offriva in abbondanza, quest'anno ci è importato grano argentino.

Le statistiche dimostrano che per quanto riguarda la produzione agricola bastiamo a noi stessi: esportiamo in grande quantità olio, arance, riso, legumi, patate, mandorle, vini e frutta. Siamo autosufficienti per quanto riguarda i cereali, nonostante l'importazione di mais. Abbiamo sovrabbondanza di metalli.

Ma siamo tributari dall'estero per quanto attiene al petrolio e suoi derivati (benzina, oli pesanti, lubrificanti, ecc.), al caucciù, al cotone e alla cellulosa. Essendo la base dei trasporti, la carenza di petrolio potrebbe comportare un serio contrattempo nella strutturazione della nostra economia. Per questo, in caso di blocco, sarebbe necessario dare impulso nel loro complesso alle attività di ricerca di giacimenti petroliferi, che seppure non ancora scoperti sulla loro esistenza non sussistono dubbi di sorta. Il petrolio può essere ottenuto per distillazione del carbon fossile e della lignite, entrambi abbondanti nel nostro paese. Quest'industria esiste già e dovrebbe essere incrementata, fino a dare il necessario rifornimento alle necessità economiche del paese. Si può risparmiare benzina mescolandola con un 30 o 50% di alcool, con eccellenti risultati in tutti i motori. L'alcool è inesauribile, atteso che si ottiene dal riso, dal grano, dalla patata, dalla melassa, dall'uva, dal legno, ecc.

Il caucciù potrebbe essere ottenuto sinteticamente, come già si fa in Germania.

Il cotone è già raccolto nel nostro paese, soprattutto in Andalusia, con grande successo e, a giudicare dal suo progressivo incremento, sarà presto sufficiente per le necessità nazionali. Lo si potrebbe coltivare al posto di vigne e ulivi, due produzioni che eccedono il nostro consumo.

L'industria del legno può essere incrementata fino a far fronte alle necessità, compensando ciò con l'intensificazione della riforestazione.

L'eucalipto e il pino da legname sono i migliori fornitori di cellulosa.

Ma la produzione attuale ci fa essere ottimisti nel far conto sulle possibilità produttive della Spagna, che può considerarsi un paese da colonizzare, che non ha mobilitato nemmeno una decima parte della sua ricchezza.

L'energia elettrica è incalcolabile, inferiore solo a quella della Svizzera. Sta per cominciare la costruzione di bacini artificiali e di canalizzazioni per l'irrigazione. Non coltiviamo nemmeno la metà della superficie coltivabile, calcolata in 50 milioni di ettari. Stanno per migliorare le coltivazioni, intensificandole attraverso la generalizzazione dell'uso delle macchine agricole, che oggi sono usate solo nelle tenute dei ricchi proprietari.

Si va a fare il primo sforzo per adattare la produzione al consumo. C'è eccedenza di terra. Ma oltre alla terra c'è eccedenza di braccia, che è come dire eccedenza di produttori.

L'eccedenza di braccia, lungi dall'essere un problema per il comunismo libertario, è al contrario garanzia del suo successo. Se ci sono braccia in avanzo, è logico che ci tocchi meno lavoro, e delle due l'una: o si deve ridurre la giornata lavorativa, o si deve aumentare la produzione.

L'eccedenza di braccia ci offre la possibilità di ridurre la giornata lavorativa per individuo, sostenere l'incremento di certi lavori (costruzioni di bacini e irrigazioni, riforestazione, aumento delle coltivazioni, incremento della produzione siderurgica, e sfruttamento delle cascate, ecc.) di aumentare la produzione in determinate industrie.

Grazie all'organizzazione del lavoro in serie è facile improvvisare il personale, e ancor di più aumentare il rendimento di una fabbrica, per raddoppiare la sua produzione giornaliera senza aumentare il numero delle macchine.

Può dedursi, conseguentemente, che il nostro paese può bastare a se stesso e resistere, pertanto, al rigore di un blocco per vari anni. Le soluzioni che oggi, a freddo, vengono alla mente a noi che non siamo tecnici, saranno superate dal vederci incalzati dalla necessità, stimolando il nostro ingegno e la nostra inventiva per effetto delle circostanze avverse.

Non si può affidare tutto all'improvvisazione né si può disdegnarne l'aiuto in circostanze critiche, poiché è in esse che ci offre più risorse.

 

Realizzazione

Il Comunismo Libertario si basa su organismi già esistenti, grazie ai quali si può organizzare la vita economica nelle città e nei villaggi, tenendo conto delle specifiche necessità di ogni località. Si tratta del Sindacato e del Municipio Libero.

Il Sindacato riunisce gli individui associandoli secondo il tipo di lavoro o la quotidiana convivenza nel suo svolgimento. Si riuniscono dapprima gli operai di una fabbrica, officina ecc., costituendo la cellula più piccola, autonoma in ciò che le è specifico. Queste cellule, riunite con le altre affini, formano la sezione dentro il Sindacato di Ramo o d'Industria. C'è un Sindacato per riunire coloro che non possono costituirsi numericamente in Sindacato. I Sindacati locali sono federati fra di loro, costituendo la Federazione locale, con un Comitato formato da delegazioni dei Sindacati, un Plenum, costituito da tutti i Comitati, un'Assemblea generale, che in definitiva è titolare della massima sovranità.

Il Municipio libero è l'Assemblea dei lavoratori di una piccola località, cittadina o villaggio con la sovranità necessaria per affrontare tutte le questioni inerenti alla località. Istituzione di antico lignaggio, benché vincolata dalle istituzioni politiche, può recuperare la sua antica sovranità, facendosi carico dell'organizzazione della vita locale.

L'economia nazionale risulta dal concerto tra le diverse località che compongono la nazione. Quando isolatamente ogni località ha la sua economia ben amministrata e organizzata, l'insieme deve essere armonico, e perfetto l'accordo nazionale. La perfezione non la si vuole imporre dall'alto, ma si vuole vederla fiorire dalla base, perché sia un risultato spontaneo e non un effetto forzato. Se l'accordo tra gli individui si stabilisce attraverso il rapporto fra di loro, l'accordo tra le località è effetto della stessa relazione, dalla circostanziale e periodica attività dei Plenum e dei Congressi, e da quella persistente e continuata posta in essere dalle Federazioni di Industria che hanno questa specifica incombenza. Le comunicazioni e i trasporti sono industrie che non possono essere legate a un circoscritto interesse locale, ma che devono essere assoggettate ad un piano nazionale.

Studieremo separatamente l'organizzazione nelle città e quella dell'economia generale.

 

Nella campagna

È in campagna dove la realizzazione del Comunismo Libertario risulta maggiormente semplice, poiché si riduce a mettere in vigore il Municipio libero.

Il Municipio o Comune libero, è la riunione in Assemblea (Consiglio) di tutti gli abitanti di un villaggio o paese, con sovranità per amministrare a decidere tutti gli affari locali, ma in primo luogo la produzione e la distribuzione.

Oggi, il Consiglio è sotto tutela, essendo considerato come un minorenne, e i suoi accordi possono essere revocati dagli organismi superiori dello Stato, istituzioni parassitarie che vivono a sue spese.

Nel Municipio libero sarà di proprietà comune, a differenza di oggi, tutto quello che è situato nella sua giurisdizione: monti, alberi, pascoli, terre coltivabili, prodotti della pastorizia e dell'allevamento di bestiame, edifici, macchinari, attrezzi agricoli, i prodotti immagazzinati o accumulati in eccesso dagli abitanti.

Non esisterà pertanto la proprietà privata se non come usufrutto di ciò che serva a ciascuno, come la casa, i vestiti, i mobili, gli strumenti professionali, l'orto, il bestiame minore e gli animali da cortile, che ciascuno voglia per proprio consumo o distrazione.

Tutto ciò che ecceda le necessità personali potrà essere raccolto in qualsiasi tempo dal Municipio, previa deliberazione dell'Assemblea, poiché tutto quello che accumuliamo senza che ci sia necessario non ci appartiene, giacché lo sottraiamo agli altri. La Natura ci dà un titolo di proprietà su quello di cui abbiamo bisogno, ma quello che eccede le nostre necessità non può essere oggetto di appropriazione senza commettere una spoliazione, senza un'usurpazione a danno della proprietà collettiva.

Tutti gli abitanti saranno uguali:

Chi rifiuti di lavorare per la comunità (eccetto i bambini, gli infermi e gli anziani) sarà privato degli ulteriori diritti: a deliberare ed a consumare.

Il Municipio libero sarà federato con quelli delle altre località e con le Federazioni di Industria nazionali. Ogni località offrirà in interscambio i prodotti eccedenti, chiedendo per contro quelli di cui necessiti. Contribuirà con prestazioni personali alle opere di interesse generale, come ferrovie, strade, bacini di irrigazione, cascate, riforestazione, ecc.

In cambio di questa cooperazione all'interesse regionale o nazionale gli abitanti del Municipio libero potranno beneficiare di servizi pubblici come: poste, telegrafi, telefoni, ferrovie, trasporti, luce e energia elettrica con i suoi derivati, asili, ospedali, sanatori e terme, insegnamento superiore e universitaria, articoli e generi non fabbricati sul posto.

L'eccesso di braccia sarà compensato con lavori e produzioni nuove, a cui la località si presta, e distribuendo fra tutti la giornata lavorativa, riducendo le ore di lavoro la durata della giornata per ciascun operaio.

Il paesano non deve allarmarsi per questo Municipio libero, in cui in modo simile vissero i suoi antenati. In tutti i villaggi esiste lavoro in comune, proprietà comunale più o meno estesa, sfruttamenti in comune (legname e pastura). Nei costumi rurali ci sono inoltre espedienti e procedimenti per dare soluzione a tutte le difficoltà che si possano presentare, e in cui non deve decidere per nulla la volontà di un individuo, per quanto eletto a tale scopo dai più, bensì l'accordo di tutti.

 

Nella città

Nelle città il Municipio libero è rappresentato dalla Federazione Locale, potendo esistere negli insediamenti urbani grandi organizzazioni similari di quartiere. La federazione Locale dei Sindacati di Industria ha la sua massima sovranità nell'assemblea generale di tutti i produttori della località.

Il suo compito è di guidare la vita economica locale, ma specialmente la produzione e la distribuzione, in vista delle necessità del luogo ed anche delle domande di altre località.

Al momento della rivoluzione i Sindacati assumono il possesso collettivo delle fabbriche, delle officine e dei cantieri; delle case degli edifici e delle terre; dei servizi pubblici, dei vari generi e materie prime immagazzinati.

La distribuzione la organizzano i sindacati produttori, valendosi di Cooperative e dei locali dei negozi e dei mercati.

Per godere di tutti i diritti è necessaria la tessera di produttore, rilasciata dal rispettivo Sindacato, da cui risultino, oltre ai dati necessari per il consumo - come per esempio il numero dei familiari - i giorni di lavoro e la durata delle giornate lavorative. Questo requisito non è richiesto solo per i bambini, gli anziani e gli infermi.

La tessera di produttore conferisce tutti i diritti:

La Federazione locale curerà il soddisfacimento delle necessità del luogo, e lo sviluppo delle sue industrie specifiche, quella che abbia migliore capacità o quella che serva alle necessità nazionali.

Nell'Assemblea generale di distribuirà la forza lavoro fra i diversi Sindacati, e questi la distribuiranno fra le loro sezioni, così come fra le entità lavorative, mirando sempre ad evitare la disoccupazione e ad aumentare la giornata produttiva attraverso le turnazioni degli operai dell'industria, ovvero a diminuire in debita proporzione il numero delle ore lavorative giornaliere per singolo lavoratore.

Tutte le iniziative che non siano puramente economiche devono restare di competenza dell'iniziativa privata di individui i gruppi.

Ogni Sindacato deve cercare di portare a termine le iniziative che vadano a vantaggio di tutti, e specialmente quelle dirette alla difesa della salute del produttore e a rendere gradevole il lavoro.

 

Assetto dell'economia generale

La coazione economica obbliga l'individuo a cooperare nella vita economica locale. La stessa coazione economica deve pesare sulle collettività, obbligandole a cooperare nell'economia nazionale. Ma questa non deve dipendere da un Consiglio centrale né da un Comitato supremo, germi dei autoritarismo e focolai di dittature, nonché nido di burocrati. Abbiamo detto che non ci serve un architetto né un Potere ordinatore estraneo al mutuo accordo tra le località. Quando tutte le località (città, villaggi, paesi) abbiano dato ordine alla loro vita interna, l'organizzazione nazionale sarà perfetta. Ed altrettanto possiamo dire di quelle locali. Quando tutti gli individui che ne fanno parte abbiano assicurato il soddisfacimento delle loro necessità, la vita economica del Municipio e della Federazione sarà perfetta anch'essa.

In Biologia perché un organismo goda del fisiologismo o della normalità, è necessario che ciascuna delle sue cellule svolga il suo ruolo, e per questo è necessaria solo una cosa: assicurare l'irrigazione sanguigna e le connessioni nervose. Lo stesso possiamo dire riguardo a una nazione. La vita nazionale è assicurata e si normalizza in quanto ogni località abbia il suo pieno ruolo, avendo assicurata l'irrigazione sanguigna consistente nell'avere ciò che manca e nell'eliminare quello che intralcia, attraverso i trasporti, che pongono in relazione le località le une con le altre per la reciproca conoscenza delle rispettive necessità e possibilità mediante le comunicazioni.

E qui entra in gioco il ruolo delle Federazioni Nazionali di Industria, organismi adeguati alla strutturazione dei servizi collettivizzati che devono essere sottoposti ad una pianificazione nazionale, come le comunicazioni (poste, telefoni, telegrafi) e trasporti (ferrovie, navi, strade e aerei).

Al di sopra dell'organizzazione locale non deve esistere nessuna superstruttura, al di fuori di quelle con una funzione speciale che non possa essere svolta localmente. I congressi sono gli unici ad interpretare la volontà nazionale ed esercitano circostanzialmente e transitoriamente la sovranità conferita loro dagli accordi plebiscitari delle assemblee.

Oltre alle Federazioni Nazionali dei Trasporti e delle Comunicazioni, possono esistere Federazioni Regionali o Territoriali, come quelle idrografiche, forestali o dell'energia elettrica.

Le Federazioni Nazionali renderanno di proprietà comune le strade, i collegamenti, gli edifici, i macchinari, gli apparati e le officine, e offriranno liberamente i loro servizi alle località o agli individui che cooperano con il loro peculiare sforzo per l'economia nazionale: offrendo i propri prodotti eccedenti, prestandosi ad una superproduzione di ciò che le necessità nazionali richiedano, e che rientri nelle loro possibilità; e contribuendo con le loro prestazioni personali ai lavori che questi servizi richiedano.

È compito delle Federazioni Nazionali delle comunicazioni e dei trasporti porre in relazioni le une con le altre tutte le località, incrementando il trasporto tra le regioni produttrici e quelle consumatrici, dando preferenza agli articoli suscettibili di deteriorarsi e che devono essere rapidamente consumati, come il pesce, il latte, la frutta e la carne.
Dalla buona organizzazione dei trasporti dipende che sia assicurato il rifornimento alle località che abbiano delle esigenze, e che quelle superproduttrici vengano decongestionate.

Né un cervello unico, né un ufficio di cervelli possono realizzare questa coordinazione. Gli individui si intendono fra loro riunendosi, e le località mettendosi in relazione. Una guida direzionale, in base alle produzioni particolari di ogni località, permetterà di facilitare i rifornimenti, orientando su quello che si può chiedere a una località e quello che le si può offrire.

Che la necessità obblighi gli individui ad unire i loro sforzi per contribuire alla vita economica locale. Che anche la necessità forzi le collettività a riunire le proprie attività in un interscambio nazionale, e che il sistema circolatorio (trasporti) e il sistema nervoso (comunicazioni) svolgano il loro ruolo nel sostentamento delle relazioni locali.
Né il coordinamento dell'economia, né la libertà dell'individuo esigono ulteriori complicazioni.

 

Fine

Il Comunismo Libertario è un alveo aperto perché la società si organizzi spontaneamente e liberamente e l'evoluzione sociale si svolga senza deviazioni artificiose.

Si tratta della soluzione più razionale del problema economico, in quanto risponde a una distribuzione equa della produzione e del lavoro necessario per realizzarla. Nessuno deve sfuggire a questa necessità di cooperare allo sforzo produttivo, giacché è la stessa Natura ad imporci questa dura legge del lavoro, nei climi in cui gli alimenti non si producono spontaneamente.

La necessità economica costituisce un nesso sociale. Ma è e deve essere anche l'unica coazione che la collettività deve esercitare sull'individuo. Tutte le altre attività, culturali, artistiche, scientifiche, devono restare al margine del controllo della collettività, e gestite dai gruppi che si impegnino in tali attività.

Poiché la giornata di lavoro obbligatorio non esaurirebbe, come non la esaurisce oggi, la capacità di lavoro dell'individuo, al margine della produzione controllata ne esisterebbe un'altra, libera e spontanea, frutto dell'inclinazione e della passione, che trova in se stessa soddisfazione e ricompensa. In questa produzione sta il germe di un'altra società, quella che l'anarchismo esalta e propaga; e fino a quando essa dia soddisfacimento alle necessità della Società, non sarà necessaria la tutela economica delle organizzazioni sugli individui.

Ci vengono fatte mille obiezioni, tanto vuote nella loro generalità che non meritano di essere confutate. Una, molto ripetuta, è quella riguardante il c.d. lazzarone. Il lazzarone è il frutto naturale di climi esuberanti dove la Natura giustifica la pigrizia, rendendo indolente l'individuo. Riconosciamo il diritto ad essere pigro, sempre che colui che voglia avvalersene acconsenta a condurre la sua vita senza alcun aiuto da parte degli altri. Viviamo in una Società in cui il pigro, l'inetto, l'antisociale, sono tipi che fanno fortuna e godono dell'abbondanza, del Potere e degli onori. Se rinunciano a tutto questo non c'è inconveniente a conservarli, per esibirli nei musei o nelle sale di spettacolo, come si esibiscono oggi gli animali fossili.

Isaac Puente