Come ai tempi del Vietnam
Il racconto della manifestazione anti-guerra di sabato 24 settembre

 

Sabato 24 settembre, oltre 100mila persone sono scese nelle strade di Washington per manifestare contro la guerra in Iraq e in Afghanistan, chiedendo il ritiro immediato delle truppe americane. La protesta, organizzata da United for Peace and Justice, è stata la più grande degli ultimi anni, ed è stata interpretata da tutti come una conferma del risveglio del movimento contro la guerra negli Usa. Molti hanno osservato l’inusuale presenza di giovani. Thomas Simpson, un americano che ha partecipato anche alle manifestazioni contro la guerra del Vietnam, ha preso parte anche alla protesta di Washington. Ecco il suo racconto.
 
Un momento della manifestazioneSabato scorso ho partecipato alla grande manifestazione pacifista di Washington, C'era la sensazione che i due uragani, Katrina e Rita che colpiva la costa proprio in quel momento, avessero ridotto in parte il senso nazionale di un'energia crescente contro la guerra. Tutti erano d'accordo che da una parte la catastrofe di New Orleans aveva svelato il fallimento della politica Bush, ma dall'altra aveva distratto i media dall'onda crescente di rifiuto della guerra in Iraq. Si parlava di 100-150mila (200-300mila non credo davvero), ma senza Katrina sarebbero stati il doppio.
       
Sul Metro (che a Washington è ancora nuovo e mantenuto bene, si ha quasi la sensazione di viaggiare "con stile") c’era una bella combinazione di impiegati che andavano al lavoro (nonostante fosse sabato), turisti, e gente mista che andava alla manifestazione. Io stavo schiacciato nel mezzo di un gruppo di 14-15enni di famiglie perbene, tutti vestiti "alla peacenik anni 60" cioè magliette bianche con le firme degli amici e brevi scritte di solidarietà.
 
Cindy SheehanI turisti che affollano sempre il centro di Washington sembravano o stranieri oppure americani dagli stati centrali, per i quali venire a Washington è un'insolita esperienza urbana e quindi rischiosa. Sabato sembravano provocati, intimiditi però stimolati dalla presenza di tutti i manifestanti pericolosi di cui avevano tanto sentito parlare nei loro paesi, nelle chiese, e alla televisione. Si sentiva sulle labbra dei più pettoruti l'impulso di dire la solita frase, "Ma voi avete il diritto di protestare solo grazie a noi che abbiamo sacrificato i soldati in guerre lontane!", ma sono riusciti a frenarsi.
 
La folla riempiva tutto "The Ellipse", il grande parco fra la Casa Bianca e l'obelisco del Washington Monument. Atmosfera rilassata allegra, seduti per terra gruppetti di radicali organizzati che già s'incoraggiavano usando altoparlanti a pila gracchianti, anche quando erano solo in dieci. Una cosa notevole però della folla era che c'era tante gente non affiliata con nessuna organizzazione sindacale o partitica, moltissimi cartelli scritti a mano, relativamente pochi che sfilavano dietro bandieroni d'associazione, cioè molte famiglie, sia giovani che non c'erano all'epoca del Vietnam, sia molte facce di "pacifisti-da-sempre" che conoscevano le lotte contro "la guerra" (del Vietnam) e per i diritti civili, e sembravano molto felici di vedere la forza di questa nuova generazione. C'erano sì cartelli immensi con le scritte volgari (“Bush is a motherfucker”), qualche bandiera rossa, ma l'effetto più forte veniva dalle migliaia di cartelli piccoli che esprimevano pensieri individuali.
 
Un momento del corteo visto dall'altoSfilava fra la gente un lunghissimo filo bianco con attaccati dei fogli fotocopiati con le foto di tutti i soldati morti, la corda passava di mano in mano, non ho visto né l'inizio né la fine. C'era anche un piccolo cimitero con croci rosse, una per ogni soldato morto. La cosa importante, già notata altrove, è che in contrasto con le proteste contro la guerra del Vietnam, questa volta la gente sta dalla parte dei poveri soldati, percepiti come vittime del regime spietato di Bush-Cheney-Wolfowitz. L'effetto negativo è che può sembrare che per il popolo contino meno le vittime irachene, però questa politica a favore dei poveri soldati rappresenta una lezione imparata dal movimento contro la guerra del Vietnam ed evita che il regime Bush ci dichiari anti-americani. Il bello di Cindy Sheehan è che rifiuta di porsi come leader di un partito.
 
Ad un certo punto, mentre ancora continuavano gli interventi dal palco, la massa ha cominciato a muoversi in direzione della 15esima Strada e Constitution Avenue, dove sarebbe iniziato il corteo. Poi la folla ha cominciato a sfilare in direzione della Casa Bianca. Poche filastrocche organizzate in coro. Ho passato un gruppo di cinque uomini al lato del marciapiede che alzavano cartelli contro la manifestazione. Erano per lo più circondati da gente che gli urlava, faceva il verso, cercava di organizzare canti in coro di "Vergogna! Vergogna!", ecc. Sono riuscito ad avvicinare uno che teneva un cartello con lo scritto “Osama bin Laden vi ringrazia”, cercavo di spiegargli che Bush è stato il migliore amico di Osama e che la guerra in Iraq aveva prodotto migliaia di nuovi terroristi. Prima il tipo si è rifiutato di rispondermi. La sua espressione si è ammorbidita un po' quando ha capito che non volevo insultarlo e che lo prendevo sul serio, però dato tutto il chiasso attorno non era il momento per una discussione. Poi la folla mi ha tirato verso la Casa Bianca.
 
Alla protesta hanno partecipato anche molti veteraniAbbiamo visto un gruppo di ragazzi della Repubblica Dominicana (la manifestazione era in gran parte bianca, ho visto un solo gruppo organizzato di una chiesa nera locale, e ovviamente facce di tanti colori erano sparse fra la folla). Quasi davanti alla Casa Bianca c'era il gruppo di clown che si chiamano "Miliardari per Bush" si vestono in lunghi abiti eleganti e smoking e cantano in coro filastrocche parodiando la politica dei super-ricchi.
 
Passata la Casa Bianca una prima volta, il corteo ha fatto un lungo giro del Lafayette Park. Ad un certo punto mi sono trovato fra un gruppo di No-Global che forse erano a Washington per contestare la riunione del Fondo Monetario Internazionale, che si teneva in quei giorni. Erano ben più organizzati e più militanti degli altri, in gran parte vestiti di nero, alcuni con i passamontagna alla Black Block, enormi cartelli fatti artisticamente e una specie di carro rotante con tanti tamburi sopra che faceva un fortissimo ritmo. Lì al centro di quel gruppo si stava proprio bene, sembravano più arrabbiati e feroci della manifestazione attorno, si battevano le mani, si saltava, c'era un'atmosfera un po' estatica e una sensazione di gente disposta a fare il prossimo passo.
Thomas Simpson