Quasi inavvertitamente, al riparo dagli sguardi indiscreti, sta prendendo piede su scala mondiale un nuovo modello di apartheid urbana. Al Nord come al Sud, da Los Angeles a Johannesburg, da Rio de Janeiro a Lagos, si erigono, in disparte dalla società, città abitate esclusivamente da ricchi e protette da vigilantes. In questo universo di quartieri privati, arroccati dietro alti muraglioni, milioni di privilegiati accudiscono ai propri affari, al riparo dalla violenza, dalla miseria e dal degrado che li circondano. Come dare una qualche consistenza al discorso sulla riduzione delle fratture sociali e sulla lotta contro le disuguaglianze, quando questa scissione nel paesaggio urbano suggella l'esistenza di gruppi antagonisti, che si ignorano o si spiano e hanno paura l'uno dell'altro?
Waterford Crest, non lontano da Los Angeles, i residenti sono entusiasti
della vista panoramica sui monti e sui loro curatissimi campi da golf. Le case
spaziose, con tanto di piscina, e i box abbastanza grandi da accogliere tre
automobili, rappresentano il sogno di quasi tutti gli americani. Ma ciò che i
residenti apprezzano più di ogni altra cosa è la presenza dei guardiani e delle
mura di recinzione, e la protezione che assicurano. Gli intrusi, se non hanno
voglia di farsi perquisire dai vigilantes in uniforme che sorvegliano il
perimetro del quartiere con l'aiuto di videocamere e comunicano tra loro per
mezzo di walkie-talkie, esitano ad avventurarsi sui viali di questa piccola
città nella città, interamente privata. Quasi quattro milioni di americani, per
la maggior parte bianchi e conservatori, vivono così in universi chiusi,
protetti da barriere, da vigilantes e da rigidi regolamenti interni. Le strade
sono private, le scuole sono private, la polizia è privata, le stesse fognature
sono private.
Nel momento in cui a Washington è di gran moda soprattutto tra i repubblicani
propugnare lo smantellamento di tutte le regole che soffocherebbero la libertà
individuale, queste enclavi strappate allo spazio pubblico sono governate da una
giungla di regolamenti che arrivano fino a imporre le modalità per la
tinteggiatura dei muri o la manutenzione dei prati, a vietare le aste per le
bandiere o le corde per stendere i panni, o a stabilire il tipo di piante da
coltivare nel proprio giardino.
Comunità del genere, in fuga dalla città, dalla criminalità e dal contatto coi
poveri, si stanno diffondendo sull'intero territorio degli Stati uniti, dai
dintorni di Seattle a quelli di Los Angeles, dalle periferie di Dallas, Phoenix,
Washington a quelle di Miami (1). Gestite da società di
proprietari che funzionano come governi di fatto e impongono le tasse destinate
a coprire le spese per la sicurezza e la manutenzione dei giardini, sono
numerose in California e in Florida; ma anche il Minnesota, l'unico stato ad
aver votato nel 1984 contro la rielezione del presidente Reagan, ha ormai la sua
città-fortezza, testimonianza eclatante dell'emergere negli Stati uniti di una
forma di apartheid residenziale (2).
Waterford Crest ha mantenuto le promesse della sua campagna di marketing che
annunciava l'avvento di un "mondo più perfetto".
Situata nella ricca contea d'Orange, feudo della destra repubblicana e culla del
reaganismo, Waterford Crest è una delle diciassette comunità private di Dove
Canyon, oasi liberata dalla violenza in una regione ossessionata dalla paura del
crimine (3).
Nel sud della California, un terzo di tutti i complessi residenziali costruiti
in questi ultimi cinque anni sono protetti da barriere e amministrati da società
private. Secondo Bruce Sternber, membro dell'Istituto americano degli
architetti, "Los Angeles con i suoi dintorni detiene il primo posto nel paese
per la militarizzazione dello spazio. E' uno dei principali fenomeni in
evoluzione in questo periodo".
Sono molti gli urbanisti che sottolineano le conseguenze sociali negative della
privatizzazione dell'ambiente urbano, intervenuta nel momento in cui gli stati e
i comuni incontrano sempre maggiori difficoltà a far fronte alle spese di
gestione dei terreni e delle strutture pubbliche. Le enclavi così costituite,
che separano gli abbienti dai nullatenenti, tendono a balcanizzare sempre più un
paese già lacerato dalle divisioni razziali, etniche e sociali. Mike Davis,
autore di un'opera che è un classico in materia di ristrutturazione urbana e di
comunità blindate (4), vede il pericolo di una "distruzione
della democrazia degli spazi pubblici": "Si incomincia così, e in pochissimo
tempo la città cessa di esistere in quanto tale"(5).
In effetti, sebbene la costituzione vieti qualsiasi discriminazione
esplicitamente basata sulla razza o sulla religione, le città private
favoriscono lo sviluppo di habitat omogenei dal punto divista razziale e sociale
e aggravano di conseguenza la frammentazione della nazione (6).
Fin d'ora, l'esistenza di comunità protette da barriere (gated communities) e i
progetti volti a moltiplicarne il numero hanno suscitato contrapposizioni tra
quartieri limitrofi, sfociate spesso in costosi processi nel corso dei quali si
pone in questione la legittimità di un simile sviluppo. E tuttavia è in continuo
aumento il numero dei proprietari immobiliari, spaventati dalla criminalità e
poco convinti della capacità dello stato di mantenere l'ordine, che scelgono di
vivere in complessi residenziali come quello di Waterford Crest. La signora Kim
Cavin, agente commerciale, ci spiega che per lei gli affari non sono mai andati
così bene: "il numero dei nostri clienti aumenta in continuazione, le vendite si
moltiplicano".
Recentemente, ad esempio, in un solo pomeriggio sessantacinque gruppi di
potenziali acquirenti si sono presentati a Waterford Crest per visitare alloggi
il cui prezzo varia da 221.000 a 266.000 dollari. Ciò che hanno visto non
assomiglia affatto alle riserve per pensionati della Florida o dell'Arizona: per
la maggior parte, i proprietari hanno meno di cinquant'anni; in genere sono
funzionari o dirigenti che guadagnano più di 60.000 dollari l'anno. Spesso i
candidati all'acquisto confessano di essere stati sedotti dalla campagna
pubblicitaria di Waterford Crest ("un mondo più perfetto"), che vanta case
confortevoli e pattuglie di sicurezza in una cornice campestre.
La signora Darlene Matthey, una casalinga quasi sessantenne, vive da oltre
trent'anni a Anaheim, non lontano da Disneyland.
Si è interessata a Waterford Crest perché sia lei che il marito vorrebbero
lasciare una città alla quale erano affezionatissimi, ma che oggi è troppo
cambiata per i loro gusti: negli ultimi dieci anni molti immigrati ispanici
l'hanno trasformata, c'è stato un forte aumento della criminalità e una
moltiplicazione delle bande.
Jeremy Toller, banchiere, abita da un anno a Waterford Crest, e benché debba
trascorrere gran parte della sua giornata in autostrada, imbottigliato nel
traffico sul tragitto casa-lavoro, non rimpiange la scelta di trasferirsi. Per
lui la vista sui monti, le strade tranquille e il senso di sicurezza compensano
largamente la maggior durata degli spostamenti: "Qui posso far crescere i miei
figli senza dovermi preoccupare dei pericoli della criminalità e della droga".
In totale sono quasi duemila gli abitanti che vivono nelle 1.350 residenze di
Waterford Crest.
Costruite, come le altre sedici enclavi private di Dove Canyon, da un gruppo di
sei società, in base a un piano di sviluppo, Waterford Crest differisce
essenzialmente nella sua concezione dalla maggior parte delle città americane.
Mentre altrove i quartieri, i centri commerciali, le vie, i parchi e le
strutture collettive formano agglomerati alquanto anarchici e mal collegati alle
reti dei trasporti, qui quasi tutto è stato pianificato dagli urbanisti. Le
città private sono concepite come un blocco uniforme e integrato, facile da
difendere come una fortezza medievale, e nello stesso tempo moderno come una
struttura ad alta tecnologia.
I residenti di Waterford Crest condividono una piscina olimpica. una sauna, una
Jacuzzi e una sala per le riunioni (o per le feste). Dispongono inoltre di due
piste che circondano il complesso, la prima per chi vuole passeggiare o fare
jogging, l'altra per l'equitazione. Il sistema di sicurezza è lo stesso per
ciascuna delle diciassette comunità di Dove Canyon: un cancello d'ingresso
sorvegliato da vigilantes e una barriera d'acciaio abbastanza imponente, che
protegge i circa dieci chilometri quadrati del complesso.
"C'è un solo modo per entrare o uscire" ci spiega con orgoglio uno degli agenti
commerciali di Waterford Crest. Al momento di prendere possesso dell'alloggio, i
proprietari e i loro familiari ricevono una tessera plastificata sulla quale
figura il loro codice informatizzato. I residenti inseriscono la tessera in uno
scanner che legge i dati informatici e apre automaticamente il cancello. A
questo punto, grazie al bollino autoadesivo applicato sul parabrezza della
macchina, possono parcheggiarla all'interno di Waterford Crest senza che venga
immediatamente rimossa dalle pattuglie di sicurezza.
Quando si presenta un visitatore, i vigilantes, che fanno servizio ventiquat-tr'ore
su ventiquattro, prendono nota del suo nome e del numero di targa della sua
auto; quindi interpellano il residente del quale il visitatore ha fatto il nome
per verificare se attenda effettivamente quella persona. All'interno, le
pattuglie di sicurezza sono in contatto permanente con i vigilantes di guardia
all'ingresso; e in caso di necessità non esitano a fare appello anche alla
polizia locale.
Dove Canyon è gestita da un'associazione di proprietari, che vigila sul rispetto
di un regolamento interno il quale impone ad esempio a ogni abitante di chiedere
l'accordo preventivo degli architetti dell'associazione prima di ridipingere la
propria casa o di piantare nuovi alberi nel proprio giardino. A Waterford Crest,
il finanziamento della manutenzione delle parti comuni è assicurato da una tassa
mensile di 149 dollari, pagata da ciascun proprietario. L'elezione del consiglio
di amministrazione dell'associazione si compie a suffragio indiretto: ciascuna
delle diciassette comunità di Dove Canyon elegge un delegato, e il gruppo dei
delegati elegge a sua volta, per un mandato di due anni, i cinque membri del
consiglio. Non è raro sentire i residenti di queste enclavi protestare contro le
imposizioni fiscali di uno stato o di una contea i cui problemi e costi non li
riguardano più. Alcune comunità private hanno operato una completa secessione,
rompendo con le autorità locali e proclamandosi indipendenti. E' il caso di
Canyon Lake, non lontano da Palm Springs, nella California del Sud. Con i suoi
tredicimila abitanti, Canyon Lake è una delle più grandi città private del
paese. Le sue vie, il suo parco e il suo lago sono accessibili esclusivamente ai
residenti e ai loro ospiti.
Tuttavia, non è detto che le comunità blindate siano più sicure delle altre.
Come ha spiegato Deborah Murphy, responsabile della commissione urbanistica
dell'Istituto americano degli architetti, "sono gli abitanti, non le barriere, a
creare la sicurezza.
Invece di erigerne di nuove, faremmo meglio a preoccuparci di migliorare il
livello della nostra comunicazione sociale". La delinquenza giovanile, ad
esempio, è un nemico interno che supera senza ostacoli le barriere d'acciaio.
Alcuni anni fa si è verificato un caso che ha suscitato molto clamore: i
proprietari delle ville comprese nell'enclave di Whitley Heights, sulle alture
di Hollywood, hanno fatto costruire una barriera intorno al loro quartiere di
lusso, d'accordo con il consiglio comunale di Los Angeles. Su quella collina
sorgono ville da svariati milioni di dollari, che godono di un panorama tra i
più belli di Los Angeles. Gli abitanti dei quartieri vicini hanno obiettato che
le barriere impedivano loro di utilizzare la rete stradale pubblica, e hanno
chiamato in giudizio i responsabili della costruzione.
Nel 1994 una Corte d'appello ha pronunciato una sentenza che dava ragione ai
denuncianti segnalando il pericolo di un ritorno ai "tempi feudali", e obbligava
i proprietari delle ville di Whitley Heights a smantellare le loro recinzioni e
a pagare le spese processuali (7).
Arriva Disney Un'identica controversia è sorta tra gli abitanti della ricca
comunità di Laguna Nigel, sulla costa californiana. I proprietari di un
quartiere situato in collina vogliono circondare di recinzioni le loro 250 case
e assumere vigilantes per far pattugliare la zona; e hanno fatto notare che il
valore delle loro case (che oggi varia da 350.000 a 550.000 dollari),
aumenterebbe con la messa in opera del previsto sistema di sicurezza. Infatti,
come ha spiegato Gary Moorhead, avvocato e membro dell'associazione dei
residenti, questi ultimi "sono in concorrenza, sul mercato immobiliare, con i
quartieri protetti quasi adiacenti, il cui valore è però molto maggiore, e ciò
soprattutto grazie alle recinzioni (8)".
Ma per questi residenti ansiosi di protezione, il problema nasce da un piccolo
parco che offre tra l'altro un'area di giochi per bambini. Poiché questo parco è
di proprietà della contea, gli abitanti del quartiere vicino hanno intentato
un'azione legale contro la progettata zona di sicurezza, che secondo loro
comporterebbe la confisca di un bene pubblico. E aggiungono di rifiutare l'idea
che "una guardia privata sorvegli l'uso di una proprietà pubblica; ciascuno è
libero di proteggere i propri beni; ma il problema sorge quando si vuole
blindare una proprietà pubblica". L'affare è attualmente all'esame della
magistratura.
Gli urbanisti americani prevedono il moltiplicarsi delle città private. La
Disney ha recentemente annunciato la propria intenzione di costruire in Florida
una città privata, la maggiore degli Stati Uniti, con 8.000 alloggi per circa
20.000 abitanti (9) nei pressi di Disneyworld. Si chiamerà
Celebration.
note:
* Giornalista al Los Angeles Times
torna al testo (1) L. Timothy Egan "The serene
fortress", New York Times, 3 settembre 1995
torna al testo (2) Cfr. Serge Halimi
"L'università di Chicago, un piccolo angolo di paradiso ben difeso", le Monde
diplomatique/il manifesto, aprile 1994, e Douglas Massey, "Sguardi
sull'apartheid americano", le Monde diplomatique/il manifesto, febbraio 1995.
torna al testo (3) Leggere Robert Lopez,
"Deliri di autodifesa a Los Angeles", le Monde diplomatique/il manifesto, maggio
1994
torna al testo (4) Mike Davis, La città di
quarzo. Indagine sul futuro a Los Angeles, manifestolibri, 1993
torna al testo (5) Los Angeles Times, 2
febbraio 1995
torna al testo (6) New York Times, op. cit.
torna al testo (7) Los Angeles Times, 6 aprile
1995
torna al testo (8) Los Angeles Times, 29
settembre 1995
torna al testo (9) Time, 4 dicembre 1995 (Traduzionedi
E.M.)
Tratto da Le Monde Diplomatique/il manifesto - marzo 1996