CAMPI  ELETTROMAGNETICI

                                      (Il trucco c’è ma non si vede)

 

   Sembra scontato che i campi elettromagnetici facciano male, con conseguenze negative per la salute, che colpiscono particolarmente i bambini (leucemie) o gli adulti (tumori in generale); la paura è diffusa a tal punto che chiunque provi a dire qualcosa di diverso viene sospettato di essere emissario di qualche azienda elettrica o televisiva, o cointeressato economicamente al problema.

   Ma è giusto impostare la questione con la domanda “I campi elettromagnetici fanno bene o fanno male?", facendo venire il dubbio in chi ascolta?

   Ebbene, se questa domanda fosse posta dall’uomo della strada, oggi così  disorientato, non ci si dovrebbe meravigliare, ma se invece questa domanda viene posta da responsabili istituzionali nelle vesti di assessori o sottosegretari alla Sanità o all’Ambiente, o da giornalisti “scientifici”, ci si dovrebbe chiedere, prima di rispondere, quale sia la ragione di questa domanda.

   Infatti, cosa diremmo se la domanda fosse posta per l’acqua, per il sale ecc.?

  Tutti sanno che la risposta dipende solo dalla quantità (o dose) che ne assumiamo, perché si può morire sia che restiamo senza queste sostanze, sia che ne prendiamo troppe.

   Per ogni sostanza vale infatti la norma: “Sola dosis fecit venenum”: “E’ solo la dose che fa il veleno”, stabilita da alcuni secoli da Paracelso.

   Accade così anche per le radiazioni solari (luce e radiazione ultravioletta) che creano le specie, i colori; senza di esse si morirebbe, mentre se ne prendiamo troppe (insolazione e scottature) potremmo anche star male e perfino morire.

   La domanda iniziale potrebbe allora essere mossa o da una ignoranza, o da una furba ingenuità tesa invece proprio a disorientare la ignara popolazione, inducendole a priori un dubbio nocivo, per raggiungere poi diversi obiettivi: pubblicità personale, elettorale, vendita di libri, prodotti ecc.

    La domanda da porre dovrebbe essere invece: “Quale è la metodologia corretta da seguire per stabilire la dose che possiamo assorbire e il corrispondente livello di campo elettromagnetico a cui possiamo esporci?”, visto che su questo pianeta siamo tutti immersi in un bagno di vari tipi di energia elettromagnetica, senza la quale non potremmo esistere.

   A questa domanda si può rispondere riferendoci al campo della prevenzione, le cui norme che riguardano la protezione dalle radiazioni ionizzanti, rumore ed altre nocività, vengono emesse prima (o contestualmente) per la protezione dei lavoratori e poi per la popolazione, con livelli ammissibili per la popolazione di poco inferiori (al massimo un decimo) a quelli fissati per i lavoratori esposti, perché nei luoghi di lavoro si organizzano essere difese protezionistiche.

   Con l’esperienza che si matura nei luoghi di lavoro attraverso la conoscenza della materia trattata e dei processi lavorativi, è più facile infatti controllare e convalidare il livello/dose che si cerca quale ammissibile.  

    In ogni caso nessun coefficiente di abbattimento dei livelli per la popolazione arriva ad essere centinaia di volte inferiore a quello previsto per i lavoratori, e nei decreti vengono inoltre sempre riportate le sanzioni in modo chiaro per fare intervenire efficacemente i competenti organi di controllo e vigilanza.

    Non dovrebbe capitare l’inverso, e cioè che le norme siano emesse soltanto (o prima) per la salvaguardia della popolazione, e solo successivamente per i lavoratori; in qualche Stato non viene neppure fatta distinzione tra la categoria dei lavoratori e quella della popolazione ai fini suddetti.

    Per le “cugine”radiazioni ionizzanti (raggi X, radiazioni nucleari ecc.) si è seguito una  usuale metodologia, espressa dall’iter legislativo terminato con il noto Decreto n. 230/95 che riguarda contestualmente sia la protezione dei lavoratori che quella della popolazione.

   Anche per le radiazioni ionizzanti, nella comunità scientifica si discusse sugli effetti delle piccole dosi (connesse ai livelli ammissibili della normativa) ma la problematica ha riguardato soltanto l’ordine di grandezza di una unità di dose (un Rem nella vecchia unità di misura), e mai un millesimo di questa.

   Infatti in seguito, misurando nei vari siti i diversi fondi naturali e le reali situazioni, ci si rese conto in termini statistici del vero rapporto di causa/effetto e dei livelli di riferimento ammissibili, e la discussione è rimasta al livello accademico; si parla poco invece del grosso problema delle scorie radioattive.  

   Comunque queste norme, così stabilite, sono oggi accettate da tutti.

   In modo analogo per le radiazioni elettromagnetiche (non ionizzanti o NIR) si ritrova un comportamento metodologico generalmente uniforme nei paesi esteri e presso l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) che da tempo ha emesso delle linee guida, secondo quanto indicato dall’ICNIRP (Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Non Ionizzanti, riconosciuta ufficialmente dall’OMS), che riguardano la difesa dagli effetti di maggiore intensità sia la protezione dei lavoratori che quella della popolazione.

   In Italia il dibattito scientifico non si é discostato da quello internazionale dell’OMS fino agli inizi degli anni 90 quando si verificò una prima scissione culturale e normativa tra le due categorie (popolazione/lavoratori) con il DPCM del 23 aprile 1992, relativo al trasporto dell’energia elettrica, che ha escluso esplicitamente i lavoratori esposti dall’applicazione del decreto.

   In parallelo si è continuato però, presso il Ministero della Sanità, a predisporre uno schema di decreto relativo ai limiti di esposizione per i lavoratori che nel 1996 aveva trovato il sostanziale consenso di tutti gli organismi competenti dello Stato alla formulazione di pareri di merito, ma che purtroppo, per “puntuali” intralci burocratici, non è mai riuscito a vedere la luce dell’emanazione finale.

   Questo decreto sarebbe stato il decreto “pilota” perché, se applicato, avrebbe fornito tutta una serie di dati a carattere epidemiologico, per la grande quantità di informazioni che si possono avere dalla vasta categoria dei lavoratori esposti.

    Inoltre questo decreto, come riportato nell’art. 8, avrebbe sanato quella che tuttora è una colpevole carenza legislativa rispetto all’applicazione della legge 626 e seguenti, là dove non esistono ancora i livelli di riferimento per la salvaguardia della salute dei lavoratori esposti ad elevatissime dosi di questo tipo di energia, di cui tutti (legislatori, sindacati ecc.) sono a perfetta conoscenza.

   Discutendo solo su una nocività, si sono moltiplicate tutta una serie di “opportunità” per coloro che, pur conoscendo la situazione, hanno potuto così polarizzare l’attenzione soltanto verso la protezione della popolazione, escludendo la nocività accertata e più elevata dei lavoratori.

   I livelli per le basse frequenze (ELF: Extremely Low Frequency), sono partiti da 0,1 microtesla per sola la popolazione, proposto inizialmente da un disegno di legge SCALIA /MATTIOLI ed altri del 15.4.1994, in contrapposizione ai livelli che superano centinaia di volte questo valore per gli effetti acuti per i lavoratori, proposti dall’OMS/ICNIRP, dal CENELEC e da altri organismi internazionali.

   Così la popolazione dovrebbe avere livelli, fatte le debite proporzioni a seconda delle frequenze, esageratamente più inferiori rispetto a quelli per i lavoratori.

    Ma vediamo in pratica cosa vuol dire nella realtà il livello (ormai famoso) di 0,1 microtesla, che è il campo magnetico misurabile ad una distanza di circa 50 centimetri da una normale lampadina da tavolo; nei luoghi domestici si trova che il livello misurabile di campo magnetico può superare molte volte questo valore, mentre in uno studio si possono misurare decine di volte questo livello che aumenta ancora se ci si avvicina ad una qualsiasi sorgente di radiazione, specialmente in cucina o in camera da letto, dove gli elettrodomestici sono i più  svariati: lavatrici, ventilatori, asciugacapelli, coperte elettriche, condizionatori ecc.

    Se si dovesse quindi applicare una legge con il limite di 0,1 microtesla, con le dovute sanzioni amministrative e/o penali per chi dovesse superare questo livello, si dovrebbero spegnere quasi tutte le sorgenti o starne lontano; inoltre, si dovrebbero prendere provvedimenti cautelari, con mezzi di protezione personali.

    Giornalisti, scienziati e politici di ogni “genere” hanno concentrato l’attenzione su questi livelli di campo elettromagnetico sostenendone la nocività per la salute, con una conseguente produzione normativa, anche regionale, dei limiti verso la sola popolazione, ed escludendo esplicitamente i lavoratori.

    Si pensi a quei settori della lavorazione del legno, agli addetti alle saldature, a quelli della termoplastica dove l’energia elettromagnetica viene utilizzata per riscaldare i materiali, o ai lavoratori addetti alle telecomunicazioni, a quelli impiegati nella fisioterapia (in Italia sono decine di migliaia) e a tutti gli altri che usano attrezzature anche a frequenza di 50 Hz, sulla quale si concentra l’attenzione di tanti promotori legislativi.

    Per confrontare i livelli che si raggiungono nei luoghi di lavoro, con quelli che si vorrebbero nocivi per la popolazione, si possono leggere alcuni dati, riportati a pag. 84 del n.109 dei “Quaderni” di “LE SCIENZE”, dove i livelli di esposizione dei lavoratori negli altiforni e fonderie possono arrivare a 10 millitesla (centomila volte 0,1 microtesla), negli apparecchi per la saldatura della plastica il campo elettrico arriva a 1000 V/m, ma può anche superarlo perché questo valore è il fondo scala (!) dello strumento di misura.

     In questo scenario Sandro Medici, nell’articolo “Gli antennati” sul “il manifesto” del 19.3.1999, promise ”di presentare una proposta di legge che limiti le esposizioni della popolazione (a frequenze simili a quelle utilizzate per gli apparecchi di cui sopra) a soli 3 V/m”; lo stesso giornale, allora invitato a confrontarsi su questo tema, non sembra che abbia fatto una campagna di stampa altrettanto sollecita per la salvaguardia dei lavoratori.

    Ma quali livelli avrebbe dovuto infatti proporre per i lavoratori?

    Con i livelli previsti per i lavoratori simili a quelli proposti dall’OMS, ne deriverebbe una contraddizione insanabile e cioè: o si dovrebbero diminuire questi livelli (e chiudere quasi tutte le attività produttive) o aumentare quelli previsti per la popolazione con tutte le conseguenze del caso.

    Ci sono stati perfino convegni in sedi sindacali dove, alla presenza di quasi tutti i relatori istituzionali e rappresentanti del popolo, si è evitato di parlare della realtà “misurabile” nei luoghi di lavoro, che con il tempo è divenuta ormai virtuale, pur trattandosi proprio della Legge specifica.

    La ignara popolazione è arrivata anche a chiedere aiuto a improvvisati “esorcisti” che con il solito pendolino si fanno passare per solerti guaritori dal “male” dei campi elettromagnetici; sono nati “spontaneamente” comitati di ogni tipo contro i campi elettromagnetici che spesso fanno capo a determinate forze politiche; qualcuno trova l’occasione per fare della réclame per vendere mutande anti-microonde, qualcun altro per la paura è arrivato a sparare davanti alla sede della RAI dicendo che “le onde medie e le onde lunghe del televisore” gli fanno venire anche il “mal di testa” ecc.

    In difesa dei lavoratori, il problema è stato così per la prima volta sollevato durante la discussione in aula della Legge quadro, il 13 luglio 1999, dall’On. Maura Cossutta, creando lo scompiglio, in quanto è proprio la parte relativa alla protezione dei lavoratori quella dura da digerire, perché cartina da tornasole delle “incongruenze” descritte.

    Questo paradossale stato di cose ha influito nell’articolato della Legge, a tal punto che inizialmente sono stati proposti tre o più livelli di riferimento, con parametri del tutto cervellotici, con errori di merito, senza alcun criterio che non sia quello della confusione concettuale di chi lo ha scritto, rispetto alla realtà lavorativa e di quella di controllo, mancando in modo preciso la parte relativa alle sanzioni che si dovrebbero adottare, senza termini vaghi.

    Come zuccherino la Legge, pubblicata con il n. 36, ha rimandato ad un successivo decreto da emanarsi di concerto entro 60 giorni, le norme relative alla protezione dei lavoratori ma la stessa legge, con una insolita previsione, all’art. 3 recita: “ Qualora entro il termine previsto (di sessanta giorni, ndr.) non siano state raggiunte le intese in sede di Conferenza unificata, il Presidente del Consiglio dei Ministri entro i trenta giorni successivi adotta i decreti…”

    Sono mai state emanate queste norme? Tuttora per la 626, che si ha l’obbligo di applicare, manca il riferimento normativo per questa materia.

    I paesi europei adottano per lo più le raccomandazioni citate dall’OMS per la popolazione e quelle per i lavoratori seguono l’iter nella commissione europea che tratta gli agenti fisici.

    In assenza del decreto “pilota”, manca inoltre quella uniformità di comportamento e organizzazione delle strutture di controllo sul territorio nazionale.

    Il conseguente disordine comporta una frammentazione delle norme relative alla sola protezione della popolazione che resta disorientata anche quando si richiede un giusto controllo dalle istituzioni preposte, come per i problemi di ordinaria gestione (telefonini, forni a microonde, ecc.).

     Chi ha cercato di portare avanti una corretta metodologia di ricerca e definizioni delle dosi, non ha avuto una vita facile nelle istituzioni, e su Internet, alle voci campi elettromagnetici, si trovano moltissime informazioni e documentazioni che confermano questa sconcertante situazione. 

     Una delle tante associazione riporta come esempio, accuse fatte a dirigenti dell’Istituto Superiore della Sanità che “sono stati oggetti di attacchi personali ed anche denunciati penalmente, e poi completamente prosciolti” vista l’assurdità e l’infondatezza delle accuse.

     C’è stato un caso di un Istituto che, per il conferimento di incarichi specifici, è stato condannato dal TAR  perché è risultato “pervicace” contro un ricercatore “nonostante i numerosi ricorsi che questi ha dovuto intraprendere, risultando sempre vittorioso”. Altro che mobbing!

     Sembra che un titolato fisico sia stato addirittura licenziato con ingiustificate motivazioni e che, in questo caos che piace a molti, una ASL abbia tanti strumenti di rilevazione che non li avrebbe neppure nell’intera Inghilterra, senza parlare dei fondi stanziati per le ricerche: quali e quanti?

     Con queste numerose leggi anche regionali, in difesa della sola popolazione e con esplicita esclusione dei lavoratori, il Consigliere della Regione Lazio Alessio D’Amato ha presentato allora in data 31.3.2004, una interrogazione regionale chiedendo se in questa deprecabile situazione non sia opportuna e “urgente una iniziativa legislativa specifica per tutelare i lavoratori che sono quotidianamente, e in modo costante, esposti agli effetti dei campi elettromagnetici”.

    Finalmente, in data 24.5.2004 viene pubblicata sulla G.U. della UE la direttiva 2004/40/CE del Parlamento Europeo sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute per i lavoratori esposti ai campi elettromagneti che prevede all’art. 13 il recepimento da parte degli Stati membri entro quattro anni.

    Questa direttiva adotta in pratica i livelli dell’OMS che arrivano ad essere, alle frequenze di 50 Hz, centinaia di volte superiori ai famosi 0,1/0,2 microtesla.

    In data 15.6.2004 l’Assessore alla Sanità della Regione Lazio Marco Verzecchi risponde alla suddetta interrogazione scrivendo che “si ritiene opportuno attendere la successiva legge di recepimento della Direttiva Europea, per poter procedere, anche in sede di Coordinamento Tecnico delle Regioni Province Autonome di Prevenzione nei luoghi di Lavoro, ad una valutazione complessiva della materia che consideri, oltre le prescrizioni minime europee, anche la realtà italiana ed particolare quella della nostra regione.”

    Successivamente alla Camera viene presentata dall’On. Gabriella Pistone una interrogazione con la quale si chiede che il governo “emetta con urgenza il provvedimento di Recepimento ai fini della salvaguardia della salute dei lavoratori esposti ai campi elettromagnetici, attualmente privi di specifici strumenti normativi di protezione in materia, la cui carenza rende incompleta l’applicazione della legge 626/94”.       Alcune domande allora:

    Quanti anni ancora ci vorranno per vedere operativa la norma per la protezione dei lavoratori se dobbiamo attendere il recepimento tra quattro anni e la trafila prevista dalla Regione Lazio?  Dieci anni? Se tutto va bene.

    Se lo scenario di “potere” è quello descritto, quanti  saranno gli “esorcisti” che lotteranno per la difesa dei lavoratori? E quali livelli proporranno?

   Con i livelli previsti per la popolazione, o anche dieci volte superiori, si dovrebbero chiudere la maggioranza delle aziende; e allora?

   Perché i livelli per i lavoratori devono essere centinaia di volte di più di quelli che proteggono la popolazione?

   Cosa si può fare per riparare i danni così prodotti da questo tipo di “cultura”, ed errata concezione del rischio?     

   Perché questa “sinistra” non lotta per i lavoratori? Se perdesse dei voti (e dei posti) difendendo i lavoratori, potrebbe lottare per questi?

   Dovrebbe quindi fare autocritica, sostituendo dirigenti, comitati, sindacati ecc., arroccati (per gli interessi più vari) in posizioni ad alto contenuto demagogico, per poter lottare uniti per i lavoratori, per i quali però, sembra un paradosso, questa “sinistra” non è oggi in grado di proporre né i livelli alti né quelli bassi.

   E i datori di lavoro? Che sonni dormono? E’ ironia dire “tranquilli”?

   Chissà poi quanti decenni ci vorranno ancora per vedere realizzato un controllo realmente efficace di questo tipo di energia, attraverso un decreto unitario, con l’unificazione delle competenze, con la normativa per l’omologazione delle macchine e sorgenti NIR, con la mappatura delle istituzioni, delle attrezzature e del personale, con una sua dignitosa formazione e un suo migliore utilizzo, visto che ancora oggi si effettuano i cosiddetti “ipercontrolli”(ascensori ecc.).

   Questa “sinistra” vicenda mette in luce, oltre al falso uso della scienza che viene fatto da chi dovrebbe vigilare e promuovere norme e riforme corrette, l’“utilizzo” di una quantità di denaro di gran lunga sproporzionato rispetto al grosso problema degli infortuni mortali e traumatici sul lavoro.

    Questi arrivano ad essere infatti oltre 1400 morti ed un milione di infortunati all’anno (superiori di gran lunga alla media europea) i quali costituiscono ancora oggi, a causa delle vere dosi velenose che vengono assunte dai lavoratori, il maggiore e inesauribile alimento del traffico giornaliero che avviene negli Obitori e nei Pronto Soccorso di tutta Italia; altro che una estrapolata improbabile leucemia all’anno nella popolazione esposta a 0,1/0,2 microtesla!

    Chi pagherà infine i danni ai lavoratori per le overdosi di onde elettromagnetiche che hanno assunto (e le assumeranno ancora per parecchi anni) per l’omissione (possiamo dire il “boicottaggio”?) del decreto per i lavoratori, obbligato dalla 626? Perché di queste overdosi non ne ha mai parlato nessuno?

    Una specifica Commissione d’indagine ad alto livello scientifico potrebbe rimettere ordine nel settore e scoprire questo “trucco”, non fosse che per il rispetto che si deve avere per chi muore o si infortuna veramente sul lavoro.              

 

 

 

 

Tullio Cardia