Giuseppe Galzerano sta lavorando
alla seconda edizione del suo libro: Gaetano Bresci - la
vita, l'attentato, il processo, la condanna e la morte del
regicida anarchico. Siamo stati a trovarlo nel suo piccolo
paese, Casalvelino Scalo, in una casa. È alle battute finali di
questo nuovo lavoro e si muove tra il computer e tra vecchi
libri, giornali, fotocopie, appunti e varia documentazione. La
casa editrice dal 1975 pubblica libri sull'anarchismo, sul
movimento operaio, sull'emigrazione, sull'antifascismo e
Giuseppe Galzerano è autore di testi su Carlo Pisacane,
sull'attentato di Giovanni Passannante, sull'anarchico Vincenzo
Perrone, un salernitano morto per la libertà della Spagna, su
Antonio Galotti, che combatté nella rivolta del Cilento del
1828.
Da quando t'interessi di Bresci?
Cominciai nel 1970, avevo 17 anni. Su Bresci lessi il libro di
Arrigo Petacco, un saggio di Armando Meoni su una rivista di
Prato, una compagna francese mi scrisse d'essere in contatto con
le figlie di Bresci, che stavano in America, ma delle quali
purtroppo allora non pensai di farmi dare gli indirizzi. Nell'88
pubblicai il mio libro che ha avuto un discreto successo di
pubblico e di critica. Per il centenario pensavo di fare una
seconda edizione, ma poi ho cominciato a fare una nuova ricerca,
a girare per gli archivi, così un documento tira l'altro e il
mio libro è cresciuto notevolmente. Siamo sulle settecento
pagine... All'Archivio di Milano ho consultato i fascicoli
processuali, fascicoli che erano scomparsi e che sono da pochi
anni disponibili: sono 6 voluminose cartelle, per un totale di
circa 10.000 fogli. Mentre lo consultavo pensavo di essere stato
più fortunato dell'avv. Francesco Saverio Merlino, che ebbe la
nomina di difensore del regicida solo due giorni prima, chiese
un rinvio, che non fu accordato ed ebbe pochissimo tempo per
vedere le carte processuali. Ho fatto ricerche agli archivi di
Roma e di Napoli, trovando moltissimo materiale inedito. Ho
trovato "frammenti" di Bresci qui e là: delle sue lettere al
Museo Criminologico di Roma, delle foto fatte da Bresci al Museo
Nazionale dei Carabinieri. Preziosa poi mi e stata la
collaborazione dell'Archivio Berneri-Chessa di Reggio Emilia,
del CIRA di Losanna, dell'Istituto di Storia Sociale di
Amsterdam e di molti altri compagni e compagne che - su mia
segnalazione - sono riusciti a rintracciare giornali ed opuscoli
del tempo.
Anche i giornali anarchici italo-americani?
Sì, ho consultato L'Aurora, La Questione Sociale, Cronaca
Sovversiva, testate anarchiche di difficile reperibilità in
Italia. Ho riportato stralci del dibattito sul regicidio, sulla
realtà del movimento anarchico in America a cavallo tra '800 e
'900, testimonianze del lavoro dei compagni emigrati, anche
relazioni di infiltrati, che ne documentano l'attività. Riporto
quasi integralmente gli interrogatori subiti dagli anarchici
italo - americani a Paterson, questa cittadella che dalla stampa
veniva definita la "capitale dell'anarchia" e dove
effettivamente c'era una folta presenza anarchica, se tu pensi
che La Questione Sociale era un settimanale di grande
tiratura: si parlava di 15.000 copie!
Perché una seconda edizione del tuo libro?
Innanzitutto perché era esaurito e continuavo ad avere delle
richieste. Poi per ricordare il sacrificio e l'abnegazione di
Bresci, ma anche perché ci sono molte congetture e montature su
Bresci.
Novità storiografiche dalla nuova ricerca?
Innanzitutto la conferma che Bresci agì da solo e non vi fu
nessun complotto né anarchico né borbonico per giustiziare il re
d'Italia.
Ma Arrigo Petacco nel suo libro...
Mi spiace per Petacco che rilancia la tesi del complotto. Una
tesi che allora, con tutta la loro buona e cattiva volontà, non
riuscirono a dimostrare nemmeno gli inquirenti! Petacco fa una
serie di errori: a partire dalla data di nascita di Bresci, poi
sostiene che tornò in Italia sotto falso nome. Non è vero, ho
visto la lista dei 67 passeggeri, partiti da New York il 17
maggio 1900 con Il Guascogne e sbarcati a Le Havre.
Bresci è segnato con nome e cognome al n. 36. Poi parla di un
certo Granotti che avrebbe dovuto sparare se Bresci fosse venuto
meno. Anche questa fu una montatura poliziesca e il povero
Granotti riuscì a ritornare in America, sfuggendo alla cattura.
Fu processato contumace, in seguito alle accuse estorte con la
tortura ad un suo cugino di Biella, che ritrattò tutto subito
rifugiandosi in Argentina. Inoltre i consolati italiani in
America pagavano con cento dollari chiunque fornisse notizie su
Luigi Granotti e venne segnalato contemporaneamente a Shanghai e
a New York, a Buenos Aires e a Londra, e così via. Anzi ci fu
chi ne fece una professione: cambiando di volta in volta nome si
presentava ai vari consolati, riferiva e incassava. Granotti non
venne mai preso, come si era augurato in un bellissimo articolo
del 1902 Luigi Galleani. Ho scoperto che è morto nel 1949 negli
Stati Uniti - dove visse sotto falso nome senza essere molestato
dalla polizia e all'anagrafe del suo paese non sanno nulla.
Senza volerlo sono stato un po' un "detective" della storia...Ho
potuto consultare il suo fascicolo e numerosi altri fascicoli di
persone che vennero implicate e ricostruire vari interessanti
percorsi umani e politici.
E il povero Bresci come morì?
Fu un suicidio di stato, avvenuto nel penitenziario di Santo
Stefano. Questo si capisce subito e lo si capì anche allora.
Bresci era il detenuto più sorvegliato d'Italia e nelle sue
condizioni era impossibile non solo tentare ma pensare il
suicidio. Le prime versioni furono contraddittorie, si parlò di
un fazzoletto (immaginarsi un po'!...), di un asciugamano, del
lenzuolo. Ma poi i giornali, che pubblicavano le veline del
ministero, scrissero un barlume di verità: il cadavere puzzava.
Il che significa che era stato strangolato alcuni giorni prima
della data ufficiale. Non solo, ma metto in dubbio anche la data
di morte, perché secondo una testimonianza che ho trovato
sarebbe avvenuta prima. Poi, grazie ad un'altra testimonianza,
faccio il nome dell'ergastolano che materialmente compì
l'assassinio di Bresci e fu premiato con la grazia reale, mentre
il direttore del carcere fece carriera e il suo stipendio passò
da 4.500 a 9.500 lire. Più di un raddoppio.
E il complotto borbonico del quale parla Petacco?
Nemmeno questa ipotesi è nuova... Ne aveva già parlato Benedetto
Croce nel 1926 scrivendo che nel 1904 un giornalista
filoborbonico era venuto in Italia - su incarico di Maria Sofia
- per liberare Bresci. Attenzione alla data: si può liberare un
detenuto che è stato ucciso tre anni prima? E poi perché un
giornalista e non, che so, un generale o un esperto? Un
giornalista scrive, liberare qualcuno significa anche
combattere... Siamo ad una confusione di ruoli. Questa
congettura cade subito. E già allora Errico Malatesta, che venne
chiamato in causa anche dalla stampa comunista, rispose con un
articolo uscito su Il Risveglio di Ginevra dando della
"lavandaia" a Benedetto Croce. Che poi la regina avesse
addirittura organizzato l'attentato... Beh, sostenere questo
significa non conoscere gli anarchici, la loro straordinaria
indipendenza, la loro assoluta non ubbidienza, la loro convinta
avversione all' istituto monarchico. D'altra parte l'ex regina
di Napoli non poteva avere nessun interesse dinastico, non aveva
figli e il marito era morto nel 1894... Mi sembra poi pacifico
che un anarchico non ha interesse a sostenere una dinastia o
un'altra, che il trono sia occupato da una casata o da un'altra
non lo riguarda, perché è contrario a tutte le monarchie.
Il 29 luglio scorso è caduto il primo centenario del
regicidio. Che cosa ha rappresentato quel fatto nella storia del
nostro Paese?
Innanzitutto una svolta politica e sociale di grande portata. È
vero che morto un papa se ne fa un altro e difatti al trono salì
il figlio di Umberto, ma il fatto che raccolse la corona nel
sangue paternò gli fu di grande insegnamento. Abbandonò la
politica repressiva e reazionaria del padre, l'Italia divenne un
paese un po' - se mi è consentito il termine - più democratico
proprio grazie alle tre revolverate di Bresci. Non solo, ma quel
violento scossone all'istituto monarchico, contribuì - insieme
con Passannante e con altri - a far diventare nel 1946 il regno
una repubblica. Una repubblica che purtroppo ha dimenticato i
precursori che hanno sacrificato la propria vita a questo
obiettivo...
Si associa il tirannicidio a Bresci ed agli anarchici.
Invece...
Invece il tirannicidio non è stato introdotto nella lotta
politica dagli anarchici. Nella storia dell'umanità e delle
lotte dell'uomo per la libertà è stato praticato fin dai tempi
dei greci e questi uomini coraggiosi sono stati sempre esaltati
dalla cultura del tempo. Anche la chiesa ha predicato e
giustificato il regicidio! Per non andare troppo lontano nel
tempo, quando nel 1860 Garibaldi arriva a Napoli, uno dei suoi
primi atti fu un decreto nel quale riconosceva una pensione di
30 ducati mensili alla madre di Agesilao Milano e alle due
sorelle una dote di duemila ducati. Agesilao Milano fu un
soldato calabrese di origini albanesi che nel 1856 attentò alla
vita del re di Napoli e fu enormemente celebrato ed esaltato dai
monarchici piemontesi. L'Italia è spesso un paese schizofrenico:
come mai un regicidio è "buono" e un altro è "cattivo"? Queste
distinzioni non hanno senso. D'altronde Bresci dichiarò
chiaramente che volle colpire unicamente il re, individuando
nella figura del re il massimo responsabile della miseria, della
fame, dell'emigrazione, delle cannonate di Bava Beccaris...
Il tuo prossimo lavoro?
Ancora "attentati"... Riprenderò un vecchio progetto sugli
attentati anarchici contro Mussolini e comincerò da quello di
Bologna, attribuito ad Anteo Zamboni, un quindicenne
vigliaccamente linciato dalle camice nere e i genitori
condannati a 30 anni di carcere... Poi verrà l'attentato di
Angelo Sbardellotto. Ho già raccolto molto materiale e devo solo
mettermi a scrivere. Spero di poter uscire l'anno prossimo.
F.P.
Il libro
"Gaetano Bresci La vita, l'attentato, il processo, la
condanna e la morte del regicida anarchico" di
Giuseppe Galzerano può essere richiesto all'editore
Galzerano 84040 Casalvelino Scalo SA tel. e fax
0974-62028 |
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