BREVI CENNI BIOGRAFICI
FRANCISCO FERRER y
GUARDIA, fondatore della ESCUELA MODERNA, nacque il 10 gennaio 1859 ad Alella,
un villaggio poco distante da Barcellona.
A
vent'anni, facilitato dalla sua posizione di ispettore ferroviario, viaggiava
avanti e indietro dalla Francia, mantenendo i collegamenti tra Ruiz Zorilla, il
leader del partito repubblicano allora in esilio, ed i suoi aderenti in Spagna.
In seguito lo raggiunse a Parigi e ne divenne il segretario, scrivendo testi in
cui appare evidente il suo spirito profondamente rivoluzionario.
Col tempo,
però, intuì che nessuna rivolta politica in Spagna avrebbe raggiunto obiettivi
duraturi, data la diffusa ignoranza della massa popolare. L'analfabetismo,
infatti, superava l'80%. Nessuna rivoluzione, a suo avviso, poteva quindi
prescindere da un radicale rovesciamento di questa situazione.
A quei
tempi era riuscito a trovare un precario mezzo di sostentamento
nell'insegnamento privato dello spagnolo. Tra i suoi allievi c'era una
ricchissima ereditiera che fu affascinata dalle sue teorie nel campo della
didattica, al punto di lasciargli tutte le sue sostanze quando morì. Da questo
lascito nacque la ESCUELA MODERNA, l'8 settembre 1901.
Per 5 anni
la scuola fiorì, diffondendo ovunque per il tramite dei Bollettini le teorie
didattiche di Ferrer, arditissime per quei tempi: le scienze esatte come base
del sapere, il laicismo, l'antimilitarismo, il gioco come strumento didattico,
l'abolizione dei premi e dei castighi, l'eliminazione del testo scolastico e
l'istituzione della biblioteca scolastica, l'igiene della scuola, classi miste,
abolizione degli esami.
Tutte
innovazioni rivoluzionarie che suscitarono un entusiasmo che andò ben oltre le
pareti dell'edificio scolastico. Suscitarono però anche allarme nelle autorità
religiose, militari e di stato. Con un pretesto, Ferrer fu incarcerato e la
scuola chiusa. Un tribunale civile dovette assolverlo per totale mancanza
d'indizi, ma gli fu negata l'autorizzazione di riaprire la scuola. La sua opera
didattica, però, continuò attraverso i Bollettini che, oltre a diffondere
nozioni di una modernità sorprendente, riassumevano anche tutte le nuove
scoperte fatte allora in tutti i campi. Ospitavano articoli femministi.
Fornivano cenni di igiene dell'infanzia e dell'ambiente. Erano un compendio di
tutti i nuovi moti intellettuali e politici che agitavano l'Europa e molte altre
parti del mondo.
Per
mettere l'insopprimibile Ferrer definitivamente a tacere, lo stato procedette a
un nuovo arresto. Questa volta fu giudicato da un Tribunale militare, condannato
a morte e fucilato, il tutto nel giro di 4 giorni. Era il 13 ottobre 1909, nella
fortezza di Montjuich (Monte degli Ebrei).
Con la sua
morte, anche i Bollettini, quel documento eccezionale di un uomo e di un'epoca,
furono nell'oblio.
Oggi sono
stati ripresi nella loro intierezza, tradotti in italiano e pubblicati dalla
casa Editrice Vulcano.
Non si
tratta solo di un documento storico. È anche un lunghissimo "testamento
rivoluzionario" di un uomo che morì, ucciso dal potere, perché volle dare
una controeducazione libertaria ai suoi compaesani e al mondo.