"Il giorno che mi prenderanno, mi ammazzeranno, perché io o li picchierò o mi farò picchiare fino a farmi ammazzare." Ed è morto proprio così Steve Biko. Coerente e fedele alla proprie idee, Biko, a soli 31 anni, fu brutalmente picchiato e assassinato mentre si trovava in stato di arresto per aver "insultato" un agente: era il 12 settembre 1977.
Studente in medicina, ex giocatore di rugby ma, soprattuto, leader carismatico della lotta all'apartheid, Steve Biko fonda e guida alla fine degli anni '60 la "Black Consciousness", un movimento che è l'espressione di una generazione di giovani neri capaci, attraverso ideali nuovi e motivazioni profonde, di ridare impulso a quella lotta antirazzista e antisegregazionista che aveva subito colpi durissimi con la dichiarazione di illegalità dell'Anc (African National Congress) nel 1960 e con l'arresto nel 1962 e la condanna all'ergastolo nel 1964 di Nelson Mandela. Più seguace di Malcolm X e delle Black Panthers che ripropositore, da Garvey a Farrakhan, del separatismo folk, Steve Biko e il suo movimento inneggiavano alla "coscienza nera" per ricordare al popolo nero del Sudafrica la dignità, la fiducia, la fierezza della propria civiltà e alla diaspora nero-americana la necessità e l'urgenza di sanzioni economiche capaci di sgretolare il regime di Botha. Nell'aprile di qualche anno fa è stata creata in Sudafrica la Commissione per la Verità e la Riconciliazione con il compito non facile di trovare la verità sui crimini dell'apartheid e, quindi, di fare giustizia nel nome delle migliaia di vittime. Ma punire i colpevoli significherebbe innanzitutto processare l'intera società dei bianchi pertanto il nuovo Sudafrica guarda al futuro e la parola d'ordine è "riconciliazione sociale". E proprio in nome di questa riconciliazione sociale, la Commissione per la Verità e la Riconciliazione presediuta dall'arcivescovo di Città del Capo Desmond Tutu (premio Nobel per la pace nell'84), è stata dotata di ampi poteri di amnistia.
"Ma il perdono", ha sottolineato più volte Nelson Mandela, "non significa dimenticare. Indispensabile è fare chiarezza". E mentre i sostenitori della Commissione continuano a sostenere che "la verità è già una forma di giusizia", gli scettici e gli arrabbiati già parlano di giustizia "mutilata dalla politica". - Molti sono stati gli artisti che hanno dedicato le loro opere a Steve Biko e alla sua lotta. Nel 1980, Peter Gabriel pubblicò una canzone dal titolo "Biko"; canzone che è poi diventata nel 1989 il motivo musicale del film "Cry freedom" (Grido di libertà) di Richard Attenborungh e interpretato da Danzel Washington che racconta, appunto, la vita e l'assassinio di Steve Biko. In un'edizione del Festival di Sanremo di qualche anno fa, molti sicuramente ricorderanno l'atmosfera suggestiva e malinconica che Bruce Springsteen seppe creare con la versione acustica di una sua canzone "The ghost of Tom Joad" che l'artista dedicò a Steve Biko.