“I principi” (“L’Adunata dei Refrattari”, N.Y. 13.6.1936)
di Camillo Berneri



Con l’articolo che stiamo per leggere, parte dell’ennesima polemica con Max Sartin (“I principi”, “L’Adunata dei Refrattari”, N.Y. 13.6.1936), Berneri sancisce ed al tempo stesso spiega la propria determinazione dissacratoria. Si tratta di vera demolizione del dottrinarismo, senza “sconti”, neppure per Fabbri o Malatesta. Il titolo è emblematico: il lodigiano prende per le corna direttamente la base ideologica dell’anarchismo, così affermando con forza il tentativo di svecchiare il movimento libertario. Troviamo in questo scritto, senza possibilità di dubbio, la sua propensione politica.


“Lo confermo: a me il richiamo ai principi non fa né caldo né freddo, perché so che sotto quel nome vanno delle opinioni.
Questo in sede politica in particolar modo.
«L'uomo senza principi - spiega M.S. - è un uomo senza identità, pronto ad assumere in ogni occasione della vita atteggiamenti diversi, non aventi fra di loro alcun nesso all'infuori del capriccio, della passione o dell'interesse di colui che li assume. In politica individui siffatti si chiamano camaleonti o voltagabbane o girandole».
Militando da oltre vent'anni sotto la medesima bandiera politica, non avendo raccolto nel corso di questa modesta ma non indegna milizia alcun vantaggio che non fosse d’indole morale, non mi riconosco nella sopra citata definizione.
Io ho dei principi e tra questi vi è quello di non mai lasciarmi impressionare dal richiamo ai principi.
Che cosa è un principio?
La parola principio ha tre significati fondamentali, uno logico, uno normativo, l'altro metafisico o obbiettivo. Il terzo non ci interessa, ma è utile dire qualche cosa dei primi due.
Nel primo indica una proposizione generale dalla quale derivano e alla quale si subordinano altre proposizioni secondarie. L'uomo che «parte da principi» adotta il ragionamento deduttivo, il più infecondo ed il più pericoloso. L’uomo che parte dall'esame dei fatti per giungere alla formulazione di principi adotta il ragionamento induttivo: che è l'unico veramente razionale.
Nel secondo significato la parola principio designa una massima o regola dazione, chiaramente presentata allo spirito ed enunciata mediante una formula (principi morali, religiosi, politici, artistici, ecc.).
Gli anarchici, spiega M.S., sono degli individui «i quali professano in comune certi principi fondamentali strettamente indispensabili a caratterizzare il loro anarchismo. Tali principi - e non altro - costituiscono appunto i lineamenti della loro identità anarchica. Chi li ripudia, in tutto o in parte, può dirsi anche anarchico, se così gli piace; ma in realtà non lo è. Le opinioni personali di ciascun anarchico possono variare fino all'infinito su di una infinità di questioni, ma tutti gli anarchici sono tali solo se concordano pienamente su di un certo numero, piccolo ma importantissimo, di problemi fondamentali».
Quali siano i principi fondamentali dell'anarchismo non è facile stabilire, poiché se tutte le teorie anarchiche e tutte le scuole anarchiche sono caratterizzate dalle conclusioni antistatali, la motivazione di queste conclusioni è filosoficamente varia e varie sono le concezioni economiche e politiche della società libertaria.
Ad es., la negazione delle leggi è assoluta nell'anarchismo di Godwin, di Stirner e di Tolstoj, mentre non è che relativa nell'anarchismo di Proudhon, di Bakunin, di Kropotkin e di Tucker.
La proprietà è negata da Godwin, da Proudhon, da Stirner e da Tolstoj, mentre è affermata individualisticamente da Tucker, collettivamente da Bakunin, comunisticamente da Kropotkin.
Per quasi tutti gli anarchici, l’ateismo è un principio anarchico e per me non lo è affatto. Per quasi tutti gli anarchici la negazione della legge è un principio anarchico e per me non lo è. E potrei continuare.
Io, dunque, sono d'accordo con M.S. nel riconoscere che i principi sono per un movimento qualche cosa di più di opinioni individuali, ma questo non mi impedisce di considerarli come opinioni personali che hanno avuto fortuna e che non possono affatto paragonarsi a quello che nelle scienze sperimentali sono le «leggi naturali».
La conservazione della materia e dell'energia è un principio, perché in base ad esso noi cerchiamo degli equivalenti ad ogni quantità di materia e di energia che sembra nascere o sparire. Ma materia ed energia sono realtà distinte? E quel principio non essendo stato sperimentato su tutti i corpi e su tutte le energie siamo certi che sia vero? Ecco che il principio ci appare un'ipotesi. Ma quel principio è stato sperimentalmente constatato per un grande numero di corpi e di energie e, quindi, lo consideriamo una legge.
I principi di una scuola politica, di una chiesa o di una setta religiosa, ecc. sono considerati come formulazioni di leggi e non come ipotesi.
Luigi Fabbri mi scriveva (Montevideo 31.1.1921): «Tu hai perfettamente ragione della necessità di studiare e risolvere i problemi locali e i problemi speciali - dell'Italia, dell’Emilia, di Bologna, o edilizio, ferroviario, sanitario, ecc. - e non restare solo sulle generali. Ma non capisco perché vedi un difetto nel cominciare lo studio dal vedere che rapporti quei problemi possano avere con le idee anarchiche. Queste sono la bussola, per dirigerci nello studio di quelli. Secondo me lo studio dev’essere questo: vedere come si possano risolvere quei problemi nel senso anarchico, cioè della libertà, perché ciò che vogliamo soprattutto è la conquista della libertà per tutti. Se no, se cerchiamo la soluzione dei problemi speciali per loro stessi, potrebbe essere anche comoda e possibile la soluzione offertaci dalla tirannide. Ma questa noi non la vogliamo a priori, perché non vogliamo tiranni, e a posteriori perché siamo convinti che tutte le soluzioni autoritarie sono false o le più difettose. Se ci si dovesse convincere che quei problemi, tutti i problemi pratici più importanti della vita, non possono essere risolti anarchicamente, ciò significherebbe che avremmo torto di essere e di dirci anarchici; che cioè vogliamo l'impossibile. Di qui la necessità di cominciare, per ogni problema, dal vedere se esso è risolvibile o no in armonia con ciò che vogliamo e che siamo, - per non fare azione contraddittoria e sconclusionata, col risultato di fallire in pratica e in teoria. Ma la soluzione di quei problemi bisogna cercarla; e su ciò ti do ragione, e do torto ai semplicisti o paurosi che, per timore di veder barcollare i propri apriorismi, preferiscono ignorare i problemi suddetti e chiudere gli occhi di fronte ad essi».
Studiando un problema che richieda soluzioni attuali o prossime, persisto nel ritenere un errore il cominciare lo studio dal considerare i rapporti tra quel problema ed i principi anarchici. Ad es., mentre il proibizionismo americano ha fatto fallimento, quello belga ha avuto risultati notevoli. Proponendomi il problema del proibizionismo in Italia nell’anno tale, dovrò considerare tutti i termini del problema e tutte le soluzioni possibili.
Se anche le soluzioni semi-statali e semi-coattive mi si rivelano insufficienti o nocive, giungerò alla soluzione liberista e libertaria e sarò soddisfatto di questa conferma alle mie aspirazioni, ma non sarò certo di aver esaminato rigorosamente il problema se ho cominciato dal preoccuparmi del nesso tra esso e quelle aspirazioni.
Io sono fermamente persuaso che il libro di Luigi Fabbri Dittatura e Rivoluzione sarebbe riuscito molto più solido se egli non avesse avuto, scrivendolo, la costante preoccupazione di far convergere le soluzioni dei vari problemi sulla linea programmatica dell'anarchismo malatestiano.
Fabbri era un ortodosso per costituzione mentale ed affettiva, mentre Malatesta era uno scienziato (come tipo mentale) sperduto nell’apostolato politico. Malatesta ha sempre distinto la validità storica dei principi scientifici, giungendo a concludere che un vero scienziato non può sposare una teoria politica o etica. Egli ha visto come fosse poco scientifico lo sforzo di Kropotkin di provare con esempi tendenziosamente tratti dalla letteratura naturalistica le proprie visioni solidariste e si è sempre, con originale tenacia, opposto allo scientificismo anarchico: fenomeno squisitamente razionalista.
Io sono più che mai convinto che l'anarchismo ha bisogno di diventare irrazionalista e di adottare la metodologia della ricerca scientifica.
Resterebbe ora da esaminare il problema dell'astensionismo. Ma di questo argomento scriverò un'altra volta, non per ribattere le mie affermazioni ma per chiarirne lo spirito e le intenzioni”.