ISRAELE: ANARCHICI CONTRO IL MURO
Anarchists Against the Wall
Anarchists Against the Wall (anarchici e
anarchiche contro il muro) è un gruppo aperto il cui principale interesse è
l'azione diretta non-violenta congiunta israelo-palestinese nei territori
palestinesi occupati. I suoi scopi principali sono collaborare con la società
civile palestinese nelle pratiche di disobbedienza civile all'occupazione,
utilizzando l'insurrezione popolare dal basso come alternativa a politiche
basate invece sulle diverse fazioni e partiti; creare un'alternativa alla
violenza nella lotta di resistenza e far sì che israeliani e palestinesi
resistano all'occupazione fianco a fianco. Anche se essere anarchici non è un
criterio per unirsi al gruppo, la maggioranza delle attiviste e degli attivisti
israeliani si riconoscono nell'anarchismo e il gruppo opera basandosi su
principi anarchici.
Dalla sua nascita nel marzo 2003 il gruppo si è
prevalentemente concentrato sulla resistenza contro la costruzione del muro
dell'apartheid nel West Bank. A partire dal 2002 Israele ha iniziato a costruire
una barriera, nota come muro dell'apartheid, dentro ai territori occupati. Oltre
ad aumentare in maniera consistente le sofferenze causate dall'occupazione
rendendo ancora più difficili i movimenti della popolazione all'interno del West
Bank, il percorso del muro comporta massicci furti di terra agricola ed
espulsioni della popolazione palestinese dai propri terreni.
Quando è
iniziato a diventare evidente che la costruzione del muro si sarebbe trasformata
in un enorme strumento di oppressione, un gruppo anarchico israeliano ha deciso
di usare la questione del muro come catalizzatore per azioni dirette congiunte
israelo-palestinesi. Dall'inizio del conflitto questa è stata la prima volta in
cui israeliani e israeliane e palestinesi si sono trovati fianco a fianco in
azioni di resistenza all'occupazione.
(Anarchists against the
Wall)
"Per dedicarsi ad azioni congiunte di israeliani e palestinesi è
necessario creare la base personale e relazionale che rende possibile il fare
politica assieme. È necessario costruire fiducia. La gente in Europa si deve
rendere conto che non usiamo la parola "Apartheid" solo come uno slogan. C'è una
separazione assoluta tra le due società. Costruire relazioni personali e
fiducia, che sono la base dell'azione politica, è il passo più difficile e
contemporaneamente il più importante."
"Gli israeliani devono vedere
l'occupazione. È impossibile e inutile raccontargliela. La maggioranza delle
persone che ha fatto questa esperienza, che ha visto, ha cambiato totalmente la
propria vita. Si sono sentiti chiamati a risponderne personalmente, perché è
diventato per loro impossibile non sentire profondamente
l'ingiustizia."
La cosiddetta "barriera di separazione" o per meglio
dire Muro dell'Apartheid, di cui sono già stati costruiti più di 150 dei primi
650 Km previsti, non si limita a separare, per presunti motivi di sicurezza, la
popolazione israeliana da quella palestinese, ma penetrando nei Territori
Occupati ed accerchiando molti centri abitati, espropria terre, distrugge
coltivazioni e pozzi, separa la popolazione dalle proprie fonti di sussistenza,
rende i movimenti interni ancora più difficoltosi di quando già non faccia
l'attuale sistema di suddivisione in aree e annette, di fatto, una larga
percentuale di territorio palestinese, soprattutto intorno alle zone degli
insediamenti israeliani e a quelle strategicamente più interessanti.
Proteste, manifestazioni e campi politici contro il Muro, gestiti ed
organizzati da segmenti della società civile palestinese, hanno rappresentato un
ritorno dell'Intifada come movimento dal basso, sostanzialmente disarmato e non
militarizzato. Le zone dove attualmente si compiono i lavori di costruzione sono
state protagoniste di diffusi momenti di insurrezione popolare, spesso con la
presenza e il sostegno di attiviste e attivisti internazionali e israeliani, tra
cui Anarchists against the Wall.
La violenza della repressione ha comportato
oltre alla drammaticamente consueta uccisione di civili palestinesi, anche il
ferimento grave di due compagni israeliani, Gil Naamati nel dicembre 2003 e Itay
Levinsky nel marzo 2004. Se in Italia solo l'informazione indipendente e di
movimento ha dato spazio alle notizie delle azioni e della repressione
conseguente, in Israele stampa, radio e televisione si sono trovate invece
costrette ad affrontare il tema di giovanissimi cittadini israeliani, ebrei e
disarmati, colpiti in maniera quasi mortale da un esercito cui tradizionalmente
si attribuisce una funzione difensiva e protettiva.