dal sito Contropotere

 

L'8 settembre 1921 il quotidiano anarchico "Umanità Nova" pubblica un articolo dell'esponente più prestigioso del movimento, Errico Malatesta, dal titolo significativo: "Guerra civile".

Nell'articolo, Malatesta delinea lucidamente i nuovi compiti che aspettano gli anarchici italiani dopo la storica sconfitta del movimento delle occupazioni delle fabbriche, lanciando la parola d'ordine della "resistenza organizzata" contro lo squadrismo fascista.

Questo lavoro ricostruisce le vicende della lotta degli anarchici contro il fascismo da quel 1921, anno di costituzione della prima opposizione organizzata al fascismo, quella degli "Arditi del popolo", al 1945, anno della "Liberazione" e della definitiva caduta del regime fascista.


 

Giorgio Sacchetti


 

Gli anarchici contro il fascismo (I)


 

 

"Mussolini è un bucaiolo che manda la gente a letto senza cena". Per questa affermazione Cesare Parenti, bracciante amico di Brozzi, subì l'ammonizione nel gennaio 1942. Questo lavoro è dedicato a tutti quelli che come Cesare Parenti seppero, fra difficoltà di ogni genere, mantenere vivo l'ideale anarchico nei bui anni del regime fascista.

 

Presentazione

 

Questo opuscolo, anche nello spirito di intenti delle edizioni "Sempre Avanti" a cui l'autore pienamente aderisce, vuole coniugare necessità divulgative e rigore scientifico della ricerca. L'obiettivo è quello di fornire, lungi da meri intenti propagandistici, una traccia di partenza a chi - amico o avversario -voglia avvicinarsi alla comprensione di questo genere di tematiche troppo spesso relegate alle "conventicole". Il presente lavoro riassume ed integra saggi dell'autore, già pubblicati o in via di pubblicazione, comprendenti singoli aspetti dell'argomento fra i quali: gli anarchici sotto il fascismo "visti" attraverso le carte di polizia; il campo di concentramento di Renicci; il contributo libertario alla Resistenza; i punti di contatto con "Giustizia e Libertà". Fonti queste che si aggiungono alle innumerevoli testate giornalistiche consultate, pubblicate in Italia, all'estero e clandestine e a quelle letterarie in parte citate nella bibliografia essenziale che conclude il lavoro. In epoca di "revisionismi" è bene sottolineare come quello degli anarchici sia da considerare un contributo, certo autonomo e originale, al grande movimento di lotta di questo secolo non ancora concluso contro i miti negativi del nazionalismo e del razzismo, contro tutti i "fascismi".

 

Nella "guerra civile"

 

"Guerra civile" è il titolo di un articolo pubblicato da Errico Malatesta su "Umanità Nova" (8 settembre 1921). E' una messa a punto lucida sui compiti storici degli anarchici italiani sull'onda delle sconfitte appena patite dal movimento operaio, con le squadre fasciste che ormai si trovano nella piena realizzazione dell'opera di così detta 'profilassi sociale' inaugurata già all'indomani dell'occupazione delle fabbriche. La parola d'ordine è: attuare la resistenza organizzata ma senza "mettersi a pari con chi noi consideriamo fuori del consorzio degli uomini civili". Su questo aspetto il vecchio militante della Prima Internazionale è irremovibile: "Qualunque sia la barbarie degli altri, spetta a noi anarchici, a noi tutti uomini di progresso, il mantenere la lotta nei limiti dell'umanità, vale a dire non fare mai, in materia di violenza, più di quello che è strettamente necessario per difendere la nostra libertà e per assicurare la vittoria della causa nostra, che è la causa del bene di tutti". Malatesta, nell'affermare quindi il suo chiaro no ad una guerriglia riservata ai professionisti della violenza, si fa piuttosto promotore di una vera guerra sociale che contrapponga popolo a governo e lavoratori a capitalisti. "Ed il fascismo scomparirà - egli scrive - quando vedrà che prepotenze non se ne vogliono più subire..".

Una organizzazione specifica nazionale, l'Unione comunista anarchica italiana (Ucai, poi Uai) fondata a Firenze nel 1919, forte di circa 700 gruppi e federazioni in rappresentanza di buona parte del movimento in Italia; la direzione del Sindacato Ferrovieri e dell'Usi (Unione Sindacale Italiana), mezzo milione di iscritti nel 1920, che si contrapponeva per il metodo autogestionario e di azione diretta alla Confederazione generale del lavoro, riformista; 66 testate fra periodici e numeri unici pubblicati complessivamente nell'arco di tempo 1919-'25, e un quotidiano, "Umanità Nova" diretto dallo stesso Malatesta per oltre due anni: questo il biglietto da visita di una componente importante della corrente rivoluzionaria del movimento operaio nel nostro paese alla vigilia del fascismo. Con questo peso e nel contesto della rapida affermazione squadrista, in un clima di caccia al sovversivo, si era verificato un episodio dai risvolti molto gravi: l'attentato al teatro Diana di Milano, una strage che avrebbe dovuto avere come obiettivo il questore. Esecutori materiali tre giovani anarchici (strumenti inconsapevoli di una provocazione?) che volevano protestare per la immotivata detenzione di Malatesta, ridotto in fin di vita per uno sciopero della fame. Quella stessa sera - 23 marzo 1921 - quasi in contemporanea alla strage sono devastate dalle squadre fasciste le sedi milanesi di "Umanità Nova", dell' "Avanti!" e dell'Usi, mentre anche in altre parti d'Italia (specie dove il sovversivismo rosso non dava cenni di flessione) si completa l'opera di 'ripulisti'.

La prima opposizione organizzata allo squadrismo si realizza nelle formazioni armate degli 'Arditi del Popolo' alle quali gli anarchici, caso unico nella sinistra, danno appoggio ufficiale direttamente partecipandovi insieme a militanti di base e quadri socialisti, comunisti, repubblicani, sindacalisti, insieme a senza-partito, a cattolici ed ex-combattenti, con alcuni ufficiali subalterni che danno un contributo organizzativo davvero notevole. L'associazione viene ufficialmente costituita il 27 giugno 1921 ed i suoi postulati investono, non soltanto i temi della difesa delle strutture del movimento operaio dall'aggressione fascista, ma anche le grandi questioni del pane, del lavoro e della libertà. "Umanità Nova" sostiene e si fa portavoce di questo movimento armato (che fra l'altro dispone di organi di stampa saltuari: "L'Ardito del Popolo", "L'Avanguardia Sociale"), influenzato sì inizialmente da ambienti combattentistici già interventisti, ma che si pone in sostanza come il continuatore dell'esperienza di base delle guardie rosse dei tempi dell'occupazione delle fabbriche. "L'unico partito che non sconfessò gli Arditi del Popolo fu il partito anarchico. Però malgrado le proibizioni degli esecutivi i plotoni più baldi inquadrarono moltissimi giovani comunisti, repubblicani e socialisti. Nel suo inizio l'organizzazione degli AdP, specie nei suoi capi, lasciò dei dubbi. Ma la zavorra venne eliminata". E' la conferma di Giuseppe Mingrino, uno dei fondatori, socialista sconfessato il cui partito si trova già impegnato nel 'patto di pacificazione' con i fascisti. Anzi l'Uai in forma ufficiale (consiglio generale, 14-15 agosto 1921) esprimerà la propria posizione di "simpatia e riconoscenza" all'associazione per la sua opera di difesa delle libertà proletarie, auspicando per essa l'immunità da ogni infiltrazione borghese e di continuare nelle sue scelte ancora in autonomia dai partiti politici. Quanto al Partito comunista d'Italia e ai suoi organi dirigenti, dopo una prima moderata simpatia per il movimento, esso passa ad una dichiarazione, nel solco della impostazione bordighiana, di estraneità e di quasi-ostilità. Ma la matrice anche libertaria di questo genere di 'arditismo' antifascista risulta evidente sia dalla collocazione politica di molti aderenti che di quella dei promotori. Il comandante militare Argo Secondari, seppure circondato da diffidenza, è considerato anarchico per quanto 'sui generis'; il repubblicano Vincenzo Baldazzi è intimo amico ed unanimemente ritenuto 'figlio politico' del vecchio Malatesta. Quanto alla diffusione del movimento sul territorio nazionale possono essere prese senz'altro in considerazione quelle località che risultano sia dalle fonti di polizia che da un elenco di gruppi costituiti - reso pubblico in occasione di una sottoscrizione per la madre dell'ardito Nicola Lolli, ucciso dai fascisti a Monterotondo - in cui figurano: Roma, Alessandria, Ancona, Brindisi, Colle Val d'Elsa, Iglesias, Lecco, Macerata, Campobasso, Isernia. Queste località naturalmente si aggiungerebbero ad altre più conosciute per episodi eclatanti di resistenza armata in tutta l'Italia centrale, in Puglia, Emilia, Liguria e Piemonte, spesso con una sorprendente coincidenza con le zone a consolidata tradizione anarchica e/o sindacalista rivoluzionaria. I maggiori successi militari sono ottenuti sul campo a Roma, Bari, Sarzana e soprattutto a Parma nelle mitiche giornate dell'agosto 1922. La consistenza del movimento ammonterebbe, secondo dati approssimati per difetto del ministero dell'interno a quasi 5.600 armati all'ottobre 1921. Ma in questo periodo siamo già nella fase calante a causa della concomitante azione di forze di polizia e camicie nere. Mentre il comandante Secondari si dimette clamorosamente dall'associazione a causa dei ripetuti contrasti con Baldazzi e Mingrino, il prefetto di Roma impone lo scioglimento immediato del direttorio nazionale del movimento e dal quel momento sopravviveranno solo nuclei clandestini scollegati fra loro, se pure talvolta attivissimi come nelle giornate parmensi.

Al momento della marcia su Roma i locali di "Umanità Nova" sono devastati e incendiati, la rotativa e la linotype resi inservibili. Malatesta settantenne si trova, al Trionfale dove abitava, testimone della benevolenza di carabinieri e guardie regie nei confronti dei fascisti. Nella sua corrispondenza con Luigi Fabbri egli riferisce delle numerose minacce di morte ricevute, ma scrive anche: "Passo spesso innanzi alla loro sede, traverso i loro gruppi e nessuno mi dice niente. E' avvenuto che quando ne ho incontrato qualcuno da solo mi ha fatto il saluto militare! Non alla romana!". L'analisi malatestiana sul primo fascismo parte dall'assunto che non vi può essere riscossa materiale senza prima una rivolta morale. Le violenze e i delitti fascisti semplicemente suscitano il desiderio di vendetta degli offesi e non quella generale riprovazione che sarebbe necessaria e che spontaneamente dovrebbe nascere in ogni animo sensibile. I fascisti evidentemente - sostiene Malatesta - sono anche fuori dal partito fascista ed hanno "l'anima fascista, lo stesso desiderio di sopraffazione".

Sul piano sindacale, oltre ai già citati Sindacato Ferrovieri (Sfi) ed alla centrale Usi, gli anarchici italiani si trovano nel vivo della lotta antifascista e antipadronale particolarmente numerosi nella minoranza consiliarista della Fiom torinese, nel Sindacato Minatori del Valdarno (il cui segretario Attilio Sassi viene condannato a 16 anni di carcere). Per iniziativa dei ferrovieri si tiene a Roma nel febbraio 1922 la riunione costitutiva di una "Alleanza del lavoro" composta da Cgdl, Usi, Sfi, Federazione lavoratori dei porti, Uil (già interventista, ora antifascista). La nuova organizzazione unitaria indice, per il 1° agosto successivo, uno sciopero generale antifascista che ha un successo limitato e che verrà ricordato come lo 'sciopero legalitario'. Troppo tardi. Dopo quattro giorni il comitato esecutivo dell'Alleanza inspiegabilmente decreta il rientro al lavoro. "I poteri, nella provincia di Parma - proclamarono all'indomani i fascisti sul loro giornale - sono passati nelle mani dell'autorità militare; è eliminata così quell'ambigua autorità politica, che per inerzia, insufficienza e inconcepibile debolezza, ha permesso a un gruppo di rivoltosi un movimento anarcoide rivolto contro la Nazione e contro i cittadini".

Sono dirigenti sindacali i primi anarchici trucidati dai fascisti negli anni Venti: Attilio Fellini segretario della Camera del lavoro di Carrara, Raffaele Virgulti di Imola, Filippetti e Catarsi di Livorno, Cesare Rossi cassiere della Camera del lavoro di Sestri Ponente, Pietro Ferrero segretario Fiom a Torino e altri.

Nel corso turbolento di tutti questi eventi i momenti da dedicare alla riflessione non sono comprensibilmente sufficienti. Tuttavia un'analisi originale, spietata e a caldo sul rapporto fascismo-masse-capi viene fatta da Camillo Berneri, uno dei più vivaci militanti e giovane intellettuale dell'anarchismo, in un suo articolo poco conosciuto pubblicato sulla rivista "Studi Politici" di Roma nel 1923. Il fatto che grandi masse proletarie siano passate dalle bandiere rosse ai gagliardetti neri dimostra, a dire del Berneri, una certa mancanza di preparazione politica e di maturità nella classe operaia; mancanza che però non può essere tutta giustificata dalla leggerezza e in alcuni casi dalla vile disonestà dei capi. "I capi, molto gentili nelle anticamere delle questure e negli uffici prefettizi, non tralasciarono di incitare il popolo contro le guardie regie, in maggioranza disgraziati privi di lavoro del dopoguerra, incapaci di rendersi conto della loro funzione [...] i primi ad accorrere ad inquadrarsi nei sindacati fascisti furono quei lavoratori che erano sempre stati pronti ad andare dove vedevano la scodella più grande".

 

La chiusura di "Umanità Nova" - I primi attentati contro Mussolini - Le leggi speciali

 

Le fortune del fascismo, una volta costituitosi in partito politico e quindi nella fase iniziale di consolidamento del regime, sono strettamente correlate alla soppressione violenta di ogni forma di opposizione attraverso l'uso combinato e complementare alle azioni squadriste di magistratura e forze di polizia. I decreti sulla stampa in vigore dal 1924 e la legislazione speciale per la difesa dello Stato, che fanno seguito alla costituzione della Milizia Volontaria di Sicurezza Nazionale, sanciranno poi una situazione di fatto, ormai conseguita in massima parte con altri mezzi.

I giornali anarchici, testate e tirature in quantità non trascurabili, subiscono la stessa sorte che viene riservata a tuttala stampa che fa riferimento al movimento operaio e socialista, ai popolari ed infine allo schieramento democratico in genere. Le aggressioni avvengono in sequenza: prima tocca agli organi quotidiani di battaglia militante - è il caso di "Umanità Nova" e del socialista "Avanti!" -, infine ai periodici di riflessione culturale e di dibattito teorico. La consistenza delle testate del movimento anarchico passa così da 28 nel 1921 a 3 nel 1926! La definitiva chiusura del giornale diretto da Malatesta, passato da quotidiano a settimanale nell'agosto 1922, si verifica alla fine del medesimo anno attraverso tappe precise: denunzie penali a causa del contenuto di vilipendio degli articoli; pesanti contravvenzioni per presunte irregolarità amministrative; tipografia devastata dall'intervento fascista. L'atto finale è la denuncia da parte della questura di Roma contro venti fra ex-redattori, corrispondenti, membri del consiglio di amministrazione di "Umanità Nova" per correità in reati di tipo associativo, istigazione, ecc.. A ciò si aggiunge il sequestro di tutto l'archivio di redazione e la confisca della cassa del giornale. Una situazione analoga si verifica anche a La Spezia, dove le camicie nere letteralmente distruggono la tipografia ed incendiano l'amministrazione de "Il Libertario", e a Pisa con "L'Avvenire Anarchico". Con Mussolini al governo si passa così quasi immediatamente ad una situazione di semi-legalità per ogni attività del movimento anarchico con un Comitato di Difesa Libertaria promosso dalla Uai, per il soccorso alle vittime politiche ed alle loro famiglie, che funziona a pieno ritmo. A Milano Carlo Molaschi pubblica l'opuscolo "Spezzare le catene / Appello ai proletari d'Italia", un j'accuse contro il sistema carcerario e contro le sentenze di classe emesse dai tribunali nei grandi processi contro i sovversivi. Il testo conclude con un perentorio invito a reagire a questa situazione "che, se ciò non facciamo già il pane ci manca, presto a tutti ci mancherà la libertà".

Per il 1923 si può effettuare una stima approssimativa della consistenza o quanto meno della diffusione residua dell'anarchismo organizzato in Italia sulla base di un indirizzario di 'propagandisti' sequestrato dalla polizia a Torino. Si tratta di 283 recapiti difformemente distribuiti nella penisola e con punte massime di densità nelle province di Alessandria, Aquila, Bologna, Forlì, Genova, Novara, Pisa, Reggio Calabria, Torino. Le carte del ministero dell'interno documentano comunque un certa attività anarchica a Roma, a Livorno, in Sicilia e soprattutto in Puglia dove si scopre l'esistenza di una Federazione Anarchica regionale formata da 28 gruppi.

Dopo l'assassinio di Matteotti l'antifascismo italiano riesce ad esprimere ancora un qualche sussulto di vitalità, per quanto effimero. Una situazione che sembrava totalmente sotto controllo per il governo torna a farsi preoccupante. Si teme una recrudescenza del 'Fronte unico sindacale rosso' che ricompatti tutte le forze riformiste e rivoluzionarie contro Mussolini; la diffusione della pubblicistica libertaria residua si intensifica mettendo in seria difficoltà il servizio controllo della polizia postale; si dà addirittura per 'quasi certa' la resurrezione di "Umanità Nova". Sono ancora per poco sulla breccia gli ultimi giornali: "Fede!", "L'Amico del Popolo", "Libero Accordo" e "Pensiero e Volontà". La repressione però non si farà ulteriormente attendere e - mentre nelle assisi di Firenze, Arezzo e Pisa si celebrano processi spettacolari contro centinaia di operai e contadini fra cui molti anarchici - si effettuano decine e decine di arresti in ogni parte d'Italia smantellando, fra le altre cose, una tipografia clandestina a Roma, una Unione Anarchica ligure ricostituita malgrado lo scioglimento prefettizio, un pericoloso Gruppo giovanile anarchico a Trieste. Da Verona il prefetto segnala alla direzione generale della pubblica sicurezza l'esistenza di 149 anarchici residenti nella provincia e di un gruppo ancora attivo formato da circa trenta persone, animato da Giovanni Domaschi.

Il 1926 era stato annunciato da Mussolini come "l'anno napoleonico della rivoluzione fascista". Liquidate ormai le opposizioni si doveva iniziare a mettere mano ai codici (ma questo avverrà più tardi), alle leggi fondamentali dello Stato in specie a quelle di polizia. Con l'approvazione della legge n.2008 sui "Provvedimenti per la difesa dello Stato" si compie un altro passo decisivo verso il consolidamento del regime con l'istituzione, fra l'altro, di un Tribunale Speciale. Dal 1927 al 1932 questo particolare 'tribunale' celebra quasi 4000 processi, distribuendo a 22618 imputati dieci millenni di carcere, facendo eseguire 9 condanne a morte (due a anarchici). Questi provvedimenti seguono di poco gli attentati Lucetti e Zamboni, anarchico il primo, a matrice incerta il secondo.

Mentre, l'11 settembre 1926, Mussolini transita da Porta Pia, una bomba viene lanciata contro la sua auto. L'ordigno rimbalza sulla vettura esplodendo a terra. L'attentatore era Gino Lucetti, giovane anarchico di Carrara, emigrato in Francia. Affannosa la ricerca dei complici da parte del nuovo capo della polizia, nominato per l'occasione, Arturo Bocchini. Parte della storiografia anarchica - Cerrito, Venza - ha avanzato, con argomenti convincenti, l'ipotesi che questo attentato fosse stato in realtà una azione preparata e concordata fra Milano, Trieste, Carrara e Roma, addirittura con una riunione preparatoria a Livorno. Vincenzo Baldazzi, leader dei repubblicani romani, fondatore degli Arditi del Popolo e futuro capo della resistenza nella capitale, viene più tardi condannato, pur senza prove, per aver aiutato il carrarese (fornendogli anche una pistola, come confermerà più tardi). Baldazzi abitava fra l'altro al Trionfale nel medesimo isolato di Malatesta. Le felicitazioni per lo scampato pericolo al duce da parte di Pio XI e la richiesta perentoria dei fascisti di provvedimenti legislativi idonei a prevenire questi attentati seguono l'avvenimento. Non esistendo al momento la pena di morte Lucetti viene condannato all'ergastolo; sarà liberato dagli Alleati nel 1943 e morirà subito dopo a Ischia sotto un bombardamento. A quello di Lucetti segue, dopo un mese a Bologna, il fallito attentato di Anteo Zamboni, quindicenne figlio di anarchici, linciato sul posto. Oscuri i contorni di questo episodio. Gaetano Salvemini e buona parte degli storici, pur senza prove attendibili, propendono per la tesi del falso attentato messo in opera da estremisti fascisti per accelerare ancora di più i tempi della svolta dittatoriale.

Altro strumento di repressione è il Confino di polizia per gli oppositori politici, e quindi anche per gli anarchici, segnatamente nelle isole di Favignana, Lampedusa, Lipari, Ustica, Tremiti, Ponza e Ventotene. In questi luoghi in genere si gode di un regime non strettamente carcerario e di una, molto relativa, libertà di movimento; tale però da non garantire sempre soggiorni tranquilli ai confinati che, spesso, incappano o nel regolamento di disciplina oppure in denunzie all'autorità giudiziaria. Dal momento del varo della legislazione speciale fino alla caduta del fascismo saranno emessi a carico di anarchici 667 provvedimenti dalle commissioni provinciali su un totale di 13361; in realtà il numero è senz'altro maggiore se vi si considerano anche altri nominativi qualificati invece genericamente come 'sovversivi', 'antifascisti' o in modo impreciso comunisti. Le punte più alte si registrano in Toscana, Lazio, Emilia Romagna. A Lipari, dove si trova confinato fra gli altri Luigi Galleani, funziona da subito - secondo quanto riferisce un confidente di polizia - "un gruppo anarchico che ha la sua sede all'hotel Belvedere".

I sequestri di materiali propagandistici e l'intercettazione della corrispondenza, compresa quella diretta ai confinati, denotano la sussistenza di una fitta rete di contatti interni ed esteri. Temistocle Monticelli continua a tirare le fila di questa 'trama' malgrado la sua condizione di ammonito politico. Virgilio Mazzoni da Pisa, in perfetta triangolazione, mantiene rapporti con un Comitato anarchico pro-vittime politiche d'Italia sorto in Argentina per iniziativa di Severino Di Giovanni; questi a sua volta corrisponderebbe con Ugo Fedeli esiliato in Francia. Augusto Consani da Livorno risulta in contatto con comitati di Milano e Roma. Bruno Misefari mantiene relazioni in tutto il meridione. Il chiodo fisso degli investigatori resta quello dei contatti mantenuti da Malatesta e compagni, in barba
-  si dice - ad ogni controllo, con gli ambienti dei fuoriusciti all'estero ed in particolare con Fabbri e Damiani. A Roma quindi, ed a Milano con Molaschi, si individuerebbero i maggiori centri del sovversivismo anarchico organizzato. Si lamenta inoltre l'introduzione clandestina e la distribuzione in Italia dei periodici "L'Adunata dei Refrattari", "La Lotta Umana" e "Il Risveglio", nonché di manifestini inneggianti a Lucetti stampati a Marsiglia.

Negli anni 1927-'28 suscita scalpore la scoperta a Cecina di un anomalo gruppo anarchico denominato "Gli Scarponi", formato da 15 membri (fra cui alcuni ex arditi del popolo) tutti denunziati al Tribunale Speciale. Nell'affare intervengono personalmente il capo della polizia Bocchini, il segretario generale del Pnf Augusto Turati, il federale di Livorno. Ciò a motivo del fatto che il gruppo era mascherato da circolo sportivo 'fascista'. Sono sequestrate armi, documenti compromettenti ed un gagliardetto rosso-nero con la scritta "Gruppo Anarchico di Cecina". Anche in Sicilia, secondo quanto relaziona il capo di stato maggiore della Milizia, si assisterebbe ad una ripresa antifascista grazie proprio all'attivismo di gruppi anarchici locali animati da Salvatore Renda, a sua volta in corrispondenza con il noto 'terrorista' Paolo Schicchi, riparato all'estero ma in procinto di rientrare al fine di fomentare un'insurrezione popolare nell'isola. Da Parigi e dagli Stati Uniti intanto non cessa il flusso di sottoscrizioni verso l'Italia, pro detenuti, per Malatesta e Galleani.

Da moltissime prefetture del Regno si riferiscono piccoli episodi, ma in gran quantità, di scritte murali inneggianti all'anarchia, segno di una resistenza dura a morire. La situazione interna è del resto ben descritta sul numero unico di Parigi "Resistere" organo del Comitato anarchico pro-vittime politiche d'Italia, pubblicato alla fine del 1928. Dalla relazione morale e dal rendiconto sulla attività dell'organismo emergono dati di un certo interesse. La colonna dei sottoscrittori spazia fra Europa, Russia e Americhe. Si rileva un netto miglioramento nei servizi di soccorso con un contributo verso l'Italia di circa 8.000 franchi francesi mensili.

Il 1929 vede svilupparsi un'agitazione a livello europeo in favore del ferroviere anarchico svizzero Giuseppe Peretti, detenuto in Italia e condannato a due anni in quanto accusato di soccorso alle vittime politiche. Insieme a lui sono deferiti al Tribunale Speciale altre ventisette persone ritenute responsabili di apologia di reato e ricostituzione di associazioni anarchiche disciolte e contrarie all'ordine nazionale, 'delitti' perpetrati a Milano e a Verona.

Con l'inizio degli anni Trenta la crisi economica dilagante contribuisce a creare una situazione di malcontento generalizzato, favorevole ad uno sviluppo dell'attività rivoluzionaria anarchica e cospirativa. Nasce in Francia l'Ucapi (Unione comunista anarchica dei profughiitaliani)alloscopo di intensificare l'azione e la propaganda verso l'interno; erede dell'Uai mantiene contatti epistolari (che non sempre rimangono segreti) con Malatesta. Intanto l'attentato (fallito) in Belgio del giovanissimo socialista Ferdinando De Rosa contro la vita del Principe di Piemonte - azione individuale ma nella quale si dice siano implicati 'giellisti e anarchici italiani'- ha una certa eco anche in Italia dove si sviluppa un'agitazione di solidarietà a favore del giovane attentatore con manifestini distribuiti a Parma, Milano, Torino e Bologna.

Mentre all'estero, proprio per una convergenza sulla pratica dell'antifascismo militante, si instaura una certa collaborazione fra gli anarchici e il movimento 'Giustizia e Libertà', nel febbraio 1931 e nel giugno 1932 rispettivamente, venivano arrestati e poi fucilati gli anarchici Michele Schirru, proveniente dagli Stati Uniti, e Angelo Sbardellotto, proveniente dal Belgio, per 'intenzione' di attentare alla vita del duce. Per Schirru si è anche parlato di una possibile intesa con Emilio Lussu. Negli anni Venti, in Usa e soprattutto in Francia, si erano susseguiti gli attentati, una decina almeno, messi in opera da anarchici italiani contro autorità consolari e alti esponenti fascisti in quei paesi. Anche in Italia, agli inizi del decennio successivo, si verificano episodi di questo genere: a La Spezia; a Livorno (dove anarchici e comunisti assaltano con le bombe una caserma fascista); a Villasanta (Milano) ed altrove. Almeno quindici attentati contro sedi e dirigenti locali del Fascio sono effettuati nel periodo 1930-'33. Sempre con l'accusa di "avere l'intenzione" di compiere attentati terroristici vengono arrestati gli anarchici Vincenzo Capuana e Angelo Vellucci, provenienti dall'America, e Tranquillo Pusterla ad Arezzo.

"Preferiamo la sconfitta alla vittoria che ha bisogno della forca", sosteneva Errico Malatesta, ma - affermerà più tardi Giovanna Berneri - quando in un paese tutte le libertà sono soppresse, quando tutti gli uomini liberi sono in prigione, al confino o in esilio, l'atto di protesta individuale diventa una necessità e può essere salutare.

Con i tentativi falliti di Schirru e Sbardellotto si colma la misura; OVRA (polizia politica) e prefetture si impegnano in modo ulteriore nella così detta 'revisione' sugli elementi anarchici e nella stretta vigilanza a seguito anche di nuove disposizioni appositamente impartite dal ministero dell'interno. Si arrestano perfino tre persone sorprese a deporre garofani rossi sulla tomba di Schirru. Ciò nonostante le maglie del controllo si rivelano sufficientemente larghe almeno per consentire la propaganda. Macchinisti in servizio sulle linee ferroviarie di confine e marittimi si prestano al trasporto clandestino ed alla distribuzione di manifestini ed opuscoli. Fra le altre cose vengono introdotti e capillarmente diffusi l'appello "Una parola di anarchici ai lavoratori d'Italia" ed il numero unico "Lotta anarchica per l'insurrezione armata contro il fascismo", stampati in Francia. Un'operazione di polizia a vasto raggio porta alla scoperta di 'covi' e basi di appoggio per questa propaganda in ogni parte del paese, perfino fra i confinati nelle isole. Seguono arresti, abbondanti sequestri di manifesti sovversivi e deferimenti conseguenti al Tribunale Speciale. A Ponza Bruno Misefari ed Alfonso Failla promuovono fra 80 dei 400 confinati presenti la costituzione, insieme ad una cassa comune di solidarietà, di una 'Federazione Anarchica Italiana' con una piccola biblioteca funzionante ed assidue 'conversazioni teoriche'. A Torino, a Livorno ed a Genova nel corso dell'anno 1931 vengono smascherati altrettanti 'complotti' orditi da associazioni anarchiche ricostituite nella clandestinità con coordinamento a livello cittadino ed organizzate in gruppi rionali.

La morte a Roma di Errico Malatesta, sopraggiunta per broncopolmonite il 22 luglio 1932 e che segue di pochi mesi quella di Luigi Galleani, si ripercuote senza dubbio sulle strategie del movimento anarchico italiano dell'esilio e dell'interno che, quantomeno, perdono un loro punto di riferimento non solo simbolico. Un'epoca ed un percorso politico iniziati nel secolo precedente ancora con il metodo cospirativo sono interrotti dall'evento luttuoso. Nella capitale viene distribuito un manifestino di commemorazione stampato alla macchia ("Errico Malatesta è morto!"). Il governo rivolge ancora un severo richiamo alla divisione Polizia politica al fine di aumentare ulteriormente il controllo "in considerazione dell'intensificata attività dei gruppi anarchici e della loro persistenza nell'ordire attentati contro il Regime".