Una Donna senza una nazione
di Emma Goldman
[tradotto da Border=0]


IL TITOLO DI QUESTO ARTICOLO NON E' DEL TUTTO ESATTO, perché io non sono
una donna senza una nazione. Ufficialmente sono una "suddita di sua maestà
 la Regina d'Inghilterra", ma in un senso più profondo, spirituale, sono
una  donna senza nazione. Cercherò di spiegarmi in questo articolo.
L'avere una nazione implica, prima di tutto, possedere la garanzia di una
certa sicurezza, avere un posto che si può chiamare proprio e da cui non
si  può essere alienato. Questo è il significato essenziale dell'idea di
nazione, cittadinanza. Senza questo diventano solo delle prese in giro.

Prima della Guerra Mondiale la cittadinanza conteneva tali diritti e
garanzie. Tranne in qualche paese europeo arretrato, i cittadini nativi o
naturalizzati avevano la certezza di avere un posto sul globo che potevano
 chiamare casa, che era il loro paese. Nessuno poteva deprivare il
cittadino  del suo diritto innato di stare in quel dato paese. Aveva
comunque il  diritto di visitare altri paesi e comunque godere della
protezione della  sua cittadinanza.

La Guerra ha completamente cambiato questa situazione. Insieme alla
perdita  di innumerevole vite umane anche il diritto fondamentale di
essere e  esistere in un posto con un certo grado di sicurezza è stato
distrutto, ciò  è avvenuto tramite un'incredibile usurpazione da parte
dell'autorità. Ogni  governo adesso si arroga il diritto di determinare
quali persone possono  vivere all'interno dei suoi confini, con il
risultato che migliaia di  persone, anzi centinaia di migliaia, vegono
letteralmente espatriate.  Costretti a lasciare il paese in cui vivevano
in quel momento, vengono  costretti a vagabondare per il mondo, il loro
destino messo alla mercè di  qualche burocrate a cui viene assegnato
l'autorità di decidere se si ha il  permesso di entrare nel "suo" paese.
Un vasto numero di uomini, donne e  anche bambini, sono stati costretti
dalla Guerra in questa terribile  situazione. Cacciati di posto in posto,
spostati di qua e di là nella  ricerca di un luogo in cui gli è permesso
respirare, non sono mai sicuri  che non arriverà l'ordine di spostarsi e
di andare di nuovo da un'altra  parte, dove un medesimo destino li
aspetta. Veri e propri Ebrei Erranti,  questi sfortunati, vittime di una
strana perversione della ragione umana  che osa dubitare del diritto di
una persone ad esistere.

Da ogni paese "civilizzato" gli uomini e le donne possono essere espulsi e
 deportati in qualsiasi momento che alla polizia e al governo gli fa
comodo.  Non sono solo gli stranieri che sono virtualmente spinti fuori
dalla faccia  della terra. Dalla Guerra Mondiale i cittadini sono anche
soggetti allo  stesso trattamento. Il concetto di cittadinanza è fallito e
ha perduto  tutto il suo significato essenziale, e tutte le sue garanzie.
Adesso il  cittadino "nativo" non è più sicuro nel "suo paese" che un
cittadino  adottato. La deprivazione della cittadinanza, l'esilio e la
deportazione  sono pratiche adottate da ogni governo; sono divenuti
pratiche legali e  metodi accettati. Adesso queste procedure sono così
comuni che nessuno si  indigna più, nessuno porta avanti parole di
protesta. Ma, per quanto  l'hanno "legalizzato", privare la cittadinanza e
l'espatrio sono tra le  azioni disumane più crudeli e primitive.

La Guerra esige un prezzo terribile in vite umane, persone rimaste
menomate  e storpie, innumerevoli cuori in frantumi e case distrutte, ma
ciò che fa  ancora più paura è l'effetto che quell'olocausto ha provocato
nei  superstiti. Ha de-umanizzato e brutalizzato l'umanità, ha iniettato
il  veleno dell'odio nei nostri cuori, ha risvegliato gli istinti peggiori
 dell'uomo, ha reso la vita quasi insignificante e la libertà e la
sicurezza  sono valori di cui si tiene poco conto. L'intolleranza e la
reazione sono  rampanti, e il loro spirito distruttivo in nessun posto ciò
è più evidente  che nel crescente dispotismo dell'autorità ufficiale e nel
suo
atteggiamento autocratico verso qualsiasi forma di critica e di
opposizione. Un'ondata di dittatura politica sta attraversando l'Europa,
con i suoi mali inevitabili di arbitrarietà irresponsabile e repressiva. I
 diritti fondamentali vengono violati, concetti etici vitali vengono
disprezzati e respinti. Le nostre cose più care, i valori culturali che
abbiamo impiegato secoli a sviluppare e costruire, vengono distrutte. La
forza bruta è divenuta l'unico arbitro in campo e il verdetto viene
accettato con un silenzio assente e servile, spesso, anche, con
approvazione.

Fino al 1917 gli Stati Uniti d'America erano riusciti, fortunatamente, a
tenersi fuori dalla follia micidiale che stava devastando il Vecchio
Mondo.  L'idea della guerra non era molto popolare, l'opinione pubblica
americana  aveva sentimenti unanimi nel non mischiarsi nel imbroglio
Europeo. Poi  improvvisamente l'intera situazione si è ribaltata: una
nazione sostenitore  della pace dal giorno alla notte è stata trasformata
in uno stato marziale  in preda ad una furia omicida. Uno studio su questo
strano fenomeno sarebbe  indubbiamente un utile contributo per poter
comprendere la psicologia  collettiva, ma ciò non è inerente a questa
discussione. Ciò ci deve solo  servire per ricordare che dopo aver eletto
Woodrow Wilson Presidente perchè  "li aveva tenuti lontani dalla guerra",
il popolo americano fu in qualche  modo persuaso a prendere parte alla
guerra in Europa. La decisione del  Presidente, che il Congresso
anti-guerra non accettò ben volentieri, ebbe  l'effetto di cambiare
l'intera psicologia degli Stati Uniti d'America. Da  paese tranquillo e
pacifico divenne una terra infiammata dallo sciovinismo,  inondato
dall'intolleranza e un bigottismo persecutorio sopraffò le  persone. La
linfa vitale di questo sospettarsi a vicenda, dell'odio e della
coercizione si dilagò da nord a sud, da est a ovest, mettendo l'uomo
contro  l'uomo, il fratello contro il fratello. Nelle camere della
legislatura il  nuovo spirito militarista si manifestò tramite
l'approvazione di leggi  draconiane nonostante le contestazioni e le
critiche.

La sanguinosa lotta europea per conquistarsi territori e mercati fu
proclamata una crociata in nome della libertà e della democrazia,
arruolamenti forzati venivano proclamati a gran voce come "la migliore
espressione del libero cittadino". L'orgia della Guerra mise sotto i
riflettori una psicosi a scala nazionale che non si era mai stata vista in
 America fino a quel momento. Messa al confronto, la temporanea
aberrazione,  in seguito alla morte violenta del presidente McKinley nel
1901, era solo  una folata leggera. In quella occasione, come si può
ricordare, Il governo  federale fece approvare in tutta fretta una legge
che rese fuori legge  tutto ciò che dava il minimo accenno di essere
anti-conformista. Mi sto  riferendo alla nota legge anti-anarchica che per
la prima volta nella  storia degli Stati Uniti si introdusse la
deportazione da parte dello  stato. Persone sospettate di avere idee
anarchiche, che non avevano fiducia  nel governo rappresentativo non
potevano entrare in America, la terra della  libertà; o se erano già nel
paese potevano avere un foglio di via per un  periodo di tre anni. In
virtù di questa legge persone come Tolstoy e  Kropotkin non avrebbero
ottenuto il permesso per visitare gli Stati Uniti,  o deportati se trovati
all'interno dei suoi confini.

Questa legge, comunque, figlia di un breve momento di panico collettivo,
rimase una lettera morta ed inutilizzata. La psicosi portata con la guerra
 fece rivivere questa legge anti-anarchica allargandolo a chiunque era una
 persona non grata al potere reggente, iniziò una caccia nazionale agli
"indesiderabili". Centinaia di uomini e donne venivano raggruppati dalle
strade, nei posti di lavoro, arrestati e deportati senza un processo.
Spesso venivano deportati per il loro aspetto da straniero o perchè
portavano uno scialle o un fazzoletto rosso.

Dopo aver attraversato l'Europa, il ciclone della guerra prese sempre più
piede anche in America. Il movimento per rendere il mondo un posto sicuro
per la democrazia e la libertà, saldamente appoggiato dalla intelligentzia
 dei liberali e dal pulpito della stampa, fece degli Stati Uniti d'America
 il posto più pericoloso al mondo per un democratico e libertario. Un
regno  di terrore governava il paese, migliaia di giovani furono costretti
 nell'esercito e nella marina, chiunque veniva visto in abiti civili
veniva  considerato uno "scansafatiche" (soprattutto dalle signore alla
moda che  pavoneggiavano lungo le strade portando così il loro contributo
al concetto  di "Umanità"). Chiunque osava alzare la voce, per cercare di
arginare  questa marea maniacale e guerrafondaia, veniva insultato,
maltrattato,  considerato come un nemico, un anarchico ed un pericolo
pubblico. Le  prigioni venivano riempite di uomini e donne prima di
deportarli. Molte di  queste persone vivevano lì da molti anni
pacificamente seguendo le loro  vocazioni; altri avevano trascorso la
maggior parte della loro vita in  America. Ma la durata del soggiorno e i
mestieri utili che svolgevano non  facevano nessuna differenza. Il grande
Governo degli Stati Uniti arrivò  anche a dei sotterfugi nel deprivare i
cittadini naturalizzati della loro  cittadinanza, in modo da poterli
deportare come "stranieri indesiderabili".

Gli storici nel futuro si domanderanno e interrogarono su quello strano
fenomeno di psicologia Americana durante la guerra: mentre l'Europa subì
la  sua peggiore reazione come conseguenza della Guerra, gli Stati Uniti
(mantenendo il loro spirito di "essere i primi") arrivarono al proprio
zenit reazionario ancor prima di entrare in guerra. Senza preavviso
rinnegò  apertamente e senza vergogna tutte le sue tradizioni, usi e
costumi  rivoluzionari e introdusse le peggior abitudini del Vecchio
Continente.  Senza troppe esitazioni si trapiantarono in America i metodi
autocratici  che erano il frutto di secoli di sviluppo in Europa. Si
iniziò con  l'espatrio, l'esilio e la deportazione noncurante di qualsiasi
principio di  uguaglianza e umanità.

Si può essere certi, che quei intellettuali pacifisti che prepararono così
 solennemente l'America alla guerra, insistettero anche che la sommaria
abrogazione dei doveri e delle libertà costituzionali era una misura
temporanea resa necessaria dalla situazione vigente, e tutta la
legislazione di guerra sarebbe stata abolita dal momento che il mondo
sarebbe diventato un posto sicuro per la democrazia. Da allora sono
passati  più di dieci anni e invano leggo i giornali e le riviste
americane per  almeno un accenno al ritorno alla normalità che era stato
promesso. E' più  facile creare leggi piuttosto che abolirle, e le leggi
oppressive sono  particolarmente note per la loro longevità.

L'America con la sua abituale avventatezza ha superato la preparazione
dell'ormai esausto Vecchio Continente. La grande democrazia di Thomas
Jefferson, la terra di Paine edi Emerson, la ribelle contro Stato e Chiesa
 adesso è diventata persecutrice di qualsiasi cambiamento sociale. Il
campione storico dei principi rivoluzionari di "Nessuna tassa senza
rappresentanza" obbliga il suo popolo a combattere una guerra che è stata
intrapresa senza il loro consenso! Il rifugio dei Garibaldi, dei Kossuths
e  Schurzes si esercita nella deportazione degli eretici. L'America, le
quali  funzioni iniziavano sempre con una preghiera a Nazzareno che disse
"Tu non  ucciderai", ha imprigionato e torturato uomini che a loro volta
avevano  avuto scrupoli per l'essere umano, ha dato la caccia a coloro che
 proclamavano "pace e amore in terra". Una volta paradiso per i
perseguitati  e gli oppressi delle altre terre, gli Stati Uniti ha da
allora chiuso le  porte in faccia a coloro che fuggivano dai tiranni. Un
Golgota del  ventesimo secolo per i Sacco e Vanzetti "stranieri", per i
nativi  "indesiderabili", per i Mooney, i Billing che li costringe al
silenzio  seppellendoli vivi nelle prigioni. Glorifica i loro Lindberghs
ma  maledicono i loro padri pensatori. Crocifigge la risolutezza e
espatria le  opinioni.

Culturalmente la pratica della deportazione pone l'America parecchio al di
 sotto il livello Europeo. Infatti c'è molta meno libertà di pensiero in
America rispetto al Vecchio Continente, pochi sono i paesi così pericolosi
 per uomini e le donne di indipendenza e idealismo. Nessun offesa è più
atroce di quella di avere degli atteggiamente non convenzionali; ogni
crimine può essere perdonato tranne quello di avere un opinione diversa.
L'eretico è un anatema, l'iconoclasta il peggior colpevole. Per questi non
 c'è posto nella Grande America. In un modo singolare questo paese
raccoglie  dentro di sè, da una parte l'iniziativa imprenditoriale ed
autonomia  economica, dall'altra un tabù quasi assoluto per quanto
riguardo la libertà  etica e l'espressione culturale. Morali e
comportamenti sono dettati da  censure draconiane e guai a chi esce dal
sentiero già battuto. Nel far  passare la regola della deportazione come
legge fondamentale, l'America si  è mostrata totalmente reazionaria, ha
innalzato barriere formidabili contro  il proprio progresso e sviluppo
culturale. In ultima analisi questa linea  di condotta è un mezzo per
deprivare il popolo dei suoi valori più  raffinati e le aspirazioni più
alte. I più colpiti da tutto ciò sono i  lavoratori, gli operai, in quanto
la natura stessa della loro classe  sociale è stata creata apposta per
soddisfare le esigenze degli
industriali; quindi deportare i loro portavoce, smembrare i sindacati è il
 metodo adottato per assoggettare la classe operaia sempre di più ai
padroni.

Sfortunatamente sono i lavoratori stessi il baluardo reazionario. Nessun
lavoratore (neanche quelli che fanno i lavori più duri) in qualsiasi altro
 paese è così intellettualmente sottosviluppato come quelli
dell'Associazione Americana dei Lavoratori. L'orizzonte dei loro leader è
tristemente limitato, e questa miopia è sicuramente infantile. Il loro
ruolo nella Guerra Mondiale era abbastanza pietoso e servile tramite il
modo di superarsi l'un l'altro come propagandatori del commercio che si
basa sul massacro della guerra. Hanno messo in atto le misure più
reazionarie, troppo sciocchi per comprendere che tali misure sarebbero
rimaste come arma nelle mani dei padroni dopo il conflitto. Non hanno
imparato nulla dalle esperienze passate e hanno dimenticato la lezione
delle Sherman laws, che furono approvate dopo le lotte dei lavoratori per
controllare il credito degli industriali ma inseguito fu ribaltata e usata
 per indebolire ed evirare le organizzazioni degli operai. Come
prevedibile  le leggi marziali "temporanee", promosse dall'Associazione
Americana dei  Lavoratori, adesso vengono usate dagli industriali contro
gli operai.

Fu Fridjof Nansen, un famoso esploratore, uno dei primi a capire gli
effetti su larga scala che la psicosi della Guerra avrebbe portato,
soprattutto in ambito di espatri. Introdusse un passaporto speciale (che
porta il suo nome) che fu pensato per garantire una sicurezza minima ai
rifugiati che crescevano sempre più di numero. La Società delle Nazioni,
dopo il grande lavoro di Nansen nell'organizzare milioni di senza tetto e
orfani durante la guerra, approvarono il suo progetto del passaporto
Nansen. Pochi paesi riconobbero la sua validità, e in nessun caso la sua
validità garantiva alla persona di non essere deportato esiliata. Il fatto
 che hanno dovuto creare un simile passaporto sta ad indicare il caos che
ci  fu nel dopo guerra negli sviluppi che riguardano il concetto di
cittadinanza.

Non dobbiamo pensare che queste persone sono soprattutto rifugiati
politici, nell'esercito degli esiliati un numero significativo era
completamente apolitico, uomini e donne la cui rapacità territoriale del
proprio paese e la "Pace" di Versailles li ha deprivati del proprio paese.
 Migliaia di persone si trovarono senza documenti validi, e di conseguenza
 non gli era permesso di stare in nessun luogo. Una giovane donna di mia
conoscenza, per esempio, una persona che non si è mai interessata ad
attività sociali o politiche, in questo preciso momento vaga in questo
nostro mondo cristiano senza il diritto di fare di qualsiasi paese casa
sua, senza una terra madre o adottiva, costantemente alla mercè della
polizia di frontiera. Anche se è nata in Germania non gli viene
riconosciuta la cittadinanza perchè suo padre (adesso morto) di nascita
era  austriaco. L'Austria, d'altro canto, non la riconosce perchè il luogo
di  nascita del padre, dopo i trattati di Pace di Versailles è diventata
parte  della Romania. In fine, la Romania, declina dal considerare questa
giovane  donna come una cittadina sulle basi del fatto che non è nativa,
non parla  la lingua e non ha parenti nel paese. Questa sfortunata donna è
letteralmente senza patria, con nessun diritto di vivere in qualsiasi
parte  del globo terrestre, salva solo grazie alla momentanea tolleranza
dei  poliziotti di frontiera.

Ancora più disastroso è la folla dei rifugiati politici ed espatriati che
vivono nel terrore di essere deportati, che fin troppo spesso significa
condannare a morte queste persone nel farli ritornare nei loro paesi dove
vige un sistema politico dittatoriale. Recentemente ho conosciuto un
signore che fu arrestato nel posto dove soggiornava e volevano deportarlo
al suo paese d'origine che era l'Italia. Se questo fosse successo sarebbe
significato tortura e morte certa. Sono familiare con parecchi casi del
genere, dove a rifugiati politici non gli fu permesso di rimanere nel
paese  dove avevano cercato rifugio e deportati in Spagna, Ungheria,
Romania,  Bulgaria dove la loro vita veniva messo a rischio. Il braccio
reazionario  riesce ad arrivare ovunque. Anche in Polonia ultimamente è
capitato di  deportare rifugiati politici russi nella loro terra madre
dove c'era la  Tcheka a riceverli. Era solo grazie ad interventi
tempestivi di amici  influenti all'estero che uomini, donne e le loro
famiglie furono salvate da  morte certa. Le dittature Europee arrivarono
anche oltre oceano negli Stati  Uniti e nel Sud America; ripetutamente
politici di discendenza spagnola o  italiana venivano deportati al loro
paese nativo come atto di "cortesia" ai  potere amici.

Questi non sono casi eccezionali, un gran numero di rifugiati si trovano
in  una situazione simile, per non parlare delle migliaia di persone non
politicizzate, denaturalizzate, espatriate e derubate della propria
dimora.  In Turchia e Francia, per citare solo due paesi, in questo
momento ci sono  mezzo milione di persone che si trovano in queste
condizioni, vittime della  Guerra mondiale, del Fascismo, del Bolscevismo,
dei cambiamenti
territoriali del dopo guerra e della nuova mania di esiliare e deportare
le  persone. La maggior parte sono tollerati momentaneamente e sono sempre
 soggette all'ordine di spostarsi da qualche parte. In numeri minori, ma
sparsi per tutta l'Europa e nel mondo, soprattutto in Belgio, Olanda,
Germania e in altri paesi del sud Europa.

Non c'è nulla di più tragico di essere gettati alla mercè di questo mondo
cristiano, lo so per esperienza personale cosa significa essere sradicati
dal proprio ambiente dove si è vissuti per tutta una vita, obbligati a
lasciare il lavoro in cui hai canalizzato tutte le tue energie e lasciare
le persone più care. Molti sono gli effetti disastrosi di tali espatri,
specialmente per le persone già adulte come erano la maggior parte delle
persone deportate dall'America. I giovani si adattano con maggiore
facilità  ad un ambiente nuovo e si acclimano in un nuovo strano mondo. Ma
coloro che  stanno più avanti con gli anni tale trapianto è una vera e
propria  crocifissione. Richiede anni di applicazione per avere una buone
padronanza  della lingua, dei costumi, dei modi di fare della nuova terra
in cui ci si  trova, e molto più tempo serve per mettere le radici, per
formare dei  legami sicuri per assicurare la propria esistenza materiale -
per non  parlare dell'angoscia, del dolore di cui soffrono le persone
sensibili di  fronte all'inumano e alle ingiustizie.

Per quanto mi riguarda, nel più profondo del significato spirituale, io
sento che gli Stati Uniti d'America "sono il mio paese". Ovviamente non
l'America del Ku Klux Klan, della censura morale, della repressione e
degli  reazionari di ogni tipo. Neanche l'America del Congresso,
dell'insensatezza  rispettabile, dei grattacieli più alti e dei portafogli
gonfi. Non gli  Stati Uniti provinciale, di un Nazionalismo accurato, del
materialismo vano  e di un ingenuità esagerata. Per fortuna esiste
un'altra America - la terra  dei Walt Whitmans, dei Lloyd Garrisons, dei
Thoreaus, dei Wendel
Phillipses. Il paese della giovane America del pensiero e della vita,
dell'arte e della letteratura; l'America della nuova generazione che sta
bussando alla porta, di uomini e donne con degli ideali, con delle
aspirazioni di giorni migliori; l'America della ribellione sociale e
promesse spirituali, dei gloriosi "indesiderabili" contro cui tutte le
leggi di esilio, di deportazione ed espatrio sono mirati.

Di quell'America io sono orgogliosa di appartenere