CONTRO IL DOMINIO.
Nicoletta Poidimani, Oltre le monocolture del genere edizioni Mimesis 2006 euro 14. Postfazione di Porpora Marcasciano.
Nella sua “ casetta degli attrezzi” Nicoletta Poidimani ha oggetti d’uso molto ben affilati. Sarebbe interessante anche solo ricostruire in questa recensione i suoi riferimenti teorici, ma tradirei lo spirito del suo libro se cedessi alla tentazione di un excursus solo intellettuale. Parlerò d’altro. Per esempio di come una scrittura intelligente e chiara può portarci la concretezza di vissuti che sfidano quell’ordine del dominio “ veterosessuale” che molti/e ancora sono propensi e persuasi a pensare come categoria “ naturale” e non costruita. Nicoletta Poidimani partendo dal femminismo e dalle elaborazioni di molte teoriche del movimento, traccia una mappa che si fa anche percorso contro quel pensiero normativo che Monique Wittig chiamò , the straight mind (1). Una mente e un pensiero , diciamo , giudiziosi, che pare vogliano raccogliere in sé le virtù della buona condotta e che imposti normativamente si avvalgono delle categorie del “ naturale” che ne nascondono invece l’arbitrarietà del farsi e gli effetti coercitivi che ci espongono totalmente alla volontà dei poteri. Questo dominio , pur vecchio , ha ormai assunto dentro di sé parte di quelle entità contestatarie che solo teoricamente volevano cambiare il mondo e invece si sono trasformate in una “ zona grigia” (2) da cui mediano per avere un ruolo , spesso solo secondario, che consiste nel parlare per e tenere a bada le file di chi rivendica propri spazi e una libertà dei corpi e dei diritti aldilà delle dualità uomo-donna, ovvero come ci dice Poidimani, oltre le monocolture del genere. Poidimani è molto critica, direi dura, con questa “ zona grigia” ma nello stesso tempo riattiva il positivo delle elaborazioni femministe coniugandolo a quanto di meglio hanno prodotto le teorizzazioni degli studi di genere e postcoloniali. In un mondo complesso,come quello in cui viviamo, l’intreccio genere-razza-classe assume significati ancor più complessi di un tempo. Dopo Abu Grahib e con l’accentuarsi della povertà femminile ( John Holloway rileva come la classe ha cambiato genere) e con lo strisciante razzismo che nelle società occidentali prende forma di vecchie destre e nuovi qualunquismi, essere in un percorso di cambiamento non rinunciatario e che conta sul “ vissuto” potrebbe ai più sembrare velleitario. I fatti però parlano anche la voce dei dissident* (3) , di corpi che si sottraggono alle forzature monoculturali del genere. Siano corpi di donne, lesbiche, gay , transessuali o transgender, questa loro ribellione indica che molta strada è stata fatta e che ogni diversità può , se consapevole che la liberazione è sempre la liberazione di tutti e per tutti, innescare un effetto di ribaltamento di antiche logiche supportate dai fondamentalismi religiosi e politici. Uno dei passaggi del libro che voglio segnalare è quello sulle occidentali pratiche mediche di normalizzazione dei soggetti nat* portatori di 2 sessi ( intersessuali) o con genitali considerati , pur essendo sani , fuori norma. Il capitolo Mutilazioni sessuali “nostrane”: segreti, silenzi, bugie, indica ai lettori / alle lettrici come queste siano pratica diffusa “ in Europa e Stati Uniti su bambini e bambine portatori delle cosiddette “ anomalie genitali” , per ricondurli a un modello di “ normatività genitale “ su cui permane un preoccupante silenzio anche da parte femminista. “ (4) Continua poi indicando che “ la categoria stessa di “anomalia genitale” si fonda, nella maggior parte dei casi, sulla norma eterosessuale, e non su una necessità vitale; la rettificazione chirurgica dei genitali consiste , infatti, in un coercitivo far incarnare un genere ai corpi ritenuti eccedenti, per renderli governabili. (5)
La seconda parte del libro è una conversazione a più voci con soggetti transessuali o in transizione ftm . (6) I ragazzi danno voce a un coro che racconta il loro maschile plurale. Un divenire/essere uomo che è cercare altri modi ( altri modi è anche la frase usata dagli zapatisti del Chiapas per dire la non eterosessualità) e identità maschili con più sfaccettature. Siano soggetti che hanno già attraversato la transizione o che la vogliono solo parzialmente , questi ragazzi raccontano il loro cammino di certezze, incertezze, domande e risposte, ricerca e affrancamento da ogni gretta ignoranza.
Concludo con la citazione in epigrafe al libro: Importante non è solo ciò di cui parliamo, ma come e perché decidiamo di parlare ; bell hooks (7). Forse perché , come per i berdache presso i nativi americani (8), anche per noi quella che fino ad ora è stata sofferenza diventi significato e segno non d’elezione (altro orrore) ma di coraggio e pluralità.
Nadia Agustoni
Note:
1) Monique Wittig; The Straight Mind 1992 (saggi) . Il saggio con questo titolo venne letto a New York per la prima volta nel 1978. Una edizione in italiano è apparsa nel Bollettino del Cli , 1990 Roma, a cura di Rosanna Fiocchetto.
2) Poidimani parla esattamente di “ zona grigia del femminismo” e particolarmente riferendosi alle donne ammesse nelle istituzioni pag. 40, che indica anche come uno degli strumenti del contrattacco patriarcale.
3) Uso la parola dissident* con asterisco, invece di una vocale o due vocali con barra, ma la parola dissidenti politico sessuali è usata attualmente nei movimenti transgender e lesbici che in Messico lavorano sui temi legati alle questioni di genere . Questi movimenti aderiscono alla Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona e sono politicamente presenti su molti fronti tra cui quello contro il “ feminicidio” e sono impegnati a sostenere le lotte indigene in Chiapas.
4) Nicoletta Poidimani; Oltre le monocolture del genere , 2006 Mimesis edizioni , pag. 54 – 55 .
5) Ibidem, pag. 55 .
6) Ftm , indica la transizione da femmina a maschio.
7) bell hooks ; Elogio del margine. Razza, sesso e mercato culturale, Feltrinelli 1989.
8) I berdache presso i nativi americani godevano di alta considerazione. Sono citati nella postfazione di Porpora Marcasciano.