A poche ore dalla sua elezione
a presidente dell’Iran – cioè del paese che un tempo chiamavamo
Persia e che da millenni si distingue come il “nemico naturale” del
mondo arabo – i mezzibusti dei telegiornali si affannavano a
pronunciarne l’ostico cognome producendo suoni ingarbugliati. Ci ha
pensato lui, in capo a pochi mesi, a costringere tutti a imparare la
pronuncia esatta. Lo ha fatto nel modo più banale e volgare:
guadagnandosi le prime pagine dei giornali a livello internazionale
con una sparata degna di un guitto della politica. “Israele va
cancellata dalle carte geografiche”. Apriti cielo.
La bolsa clac dell’Impero si è dovuta faticosamente rimettere
l’elmetto e fare il proprio dovere: fungere da grancassa agli
sproloqui di una marionetta per tentare di distogliere l’opinione
pubblica dal disastro in corso. Nessun giornale italiano si è preso
la briga di ricordare alcuni punti chiave della carriera di
Ahmadinejad, primo fra tutti l’Irangate o Iran-Contras, e suona
persino sospetto il silenzio calato frettolosamente sulla
partecipazione di Ahmadinejad al sequestro del personale diplomatico
Usa a Teheran del 1979.
In Texas, guarda caso
Credo valga invece la pena di “prenderla alla larga”. Torniamo
con la memoria ai lontani anni sessanta, quando sbarcava in Texas
Muhammad bin Laden, il patriarca della nefasta dinastia. Già allora
uno degli uomini più ricchi dell’Arabia Saudita, in Texas cercava
nuovi affari.
Ne avviò diversi, ma un misterioso incidente aereo lo tolse di mezzo
del 1968. Gli successe il figlio prediletto, Salem, fratello di
quell’Osama che oggi è celeberrimo (anzi fratellastro, perché i bin
Laden amano possedere un harem e raramente i figli hanno la stessa
madre). Salem fonda nel 1973 una compagnia aerea in Texas, la Bin
Laden Aviation, ed entra in contatto proficuo con Bush senior, papà
George, erede di un impero petrolifero e agente Cia fin dal 1961,
cioè dalla Baia dei Porci in avanti. Dagli affari in combutta con
Salem ottiene così tanti soldi e appoggi da diventare capo della Cia
nel 1976, per poi introdurre nel giro anche il figlio George W., che
diventa socio del capostipite bin Laden fondando la Arbusto Energy,
multinazionale petrolifera. Nel consiglio di amministrazione
figurano due nomi eccellenti: Khaled bin Mahfouz, odierno alleato di
Osama e personaggio di spicco dell’invenzione mediatica chiamata Al
Qaeda (nessun terrorista usa questa sigla per rivendicare attentati
ma ogni attentato che torna comodo all’Impero è targato Al Qaeda), e
James Bath, entrambi uomini chiave nel successivo scandalo della
Bank of Commerce and Credit International, che la magistratura
statunitense nel 1988 ha accusato di essere la banca che ricicla il
denaro del narcotraffico per conto della Cia con il fine di
finanziare gruppi terroristi nel mondo, dall’Iraq al Nicaragua, da
Cuba all’Afghanistan, e ovviamente in Pakistan, dove venivano
smistati i micidiali missili antiaerei Stinger poi finiti anche
nelle mani dei Contras e di altri mercenari in Centroamerica, tanto
da aver spinto in tempi recenti Colin Powell a tentare di
rastrellare le rimanenze nel timore che vengano usati “in malo
modo”...
Alcune postille prima di passare al vero motivo di questo esercizio
di memoria:
- la Bank of Commerce and Credit International aveva stretti
rapporti con il Banco Ambrosiano di Roberto Calvi – e quindi con
la loggia P2 – e con la Banca Nazionale del Lavoro di Atlanta.
- Salem bin Laden, raggiunta una posizione di eccessivo potere
nel clan Bush, perisce in un “incidente aereo” guarda caso in
Texas, confermando che il mezzo di trasporto meno sicuro al
mondo è un velivolo su cui viaggia un uomo che minaccia gli
interessi di qualche statunitense, peggio se petroliere (vedi
Enrico Mattei, o anche Samora Machel statista del Mozambico, o
Omar Torrijos presidente di Panama, o l’ingombrante Zia Ul-Haq
in Pakistan, eccetera eccetera).
Quel sequestro pilotato
E torniamo dunque a quel cialtrone di Ahmadinejad.
Nel 1979, con Bush a capo della Cia e Jimmy Carter presidente inviso
ai potentati petrolifero-militari, il giovane comandante dei
Pasdaran – i guardiani della rivoluzione islamica persiana –
capeggia il sequestro del personale dell’ambasciata Usa a Teheran. È
il 4 novembre, e i pasdaran prendono in ostaggio cinquantacinque tra
funzionari e impiegati con il pretesto di volere l’estradizione
dello Scià rifugiatosi a New York dopo il trionfo di Khomeini.
Mentre nell’intero Iran le esecuzioni sommarie diventano un’orgia di
sangue – con l’immagine particolarmente originale delle gru a cui
vengono impiccati ad altezze vertiginose tutti i sospetti
“comunisti” in modo che si possano vedere da ogni punto della città
– le lobby che tramano per distruggere politicamente Carter trattano
sottobanco con i pasdaran, e quindi con Ahmadinejad. L’obiettivo è
di far durare il sequestro almeno fino alle elezioni, in modo da
favorire Ronald Reagan. E il sequestro durerà addirittura
quattrocentoquarantaquattro giorni... È il risultato sperato da
George Herbert Walker Bush, massone di Rito Scozzese Antico e
Accettato, nonché capo della Central Intelligence Agency. Difficile
che ci siano documenti da desecretare riguardo una delle covert
action più sporche dell’intera storia della Cia, quella che fece
perire nel deserto iraniano un intero reparto dei famigerati Navy
Seals, truppe d’elite fiore all’occhiello della macchina bellica
statunitense, commandos che vennero inviati da Carter per liberare
gli ostaggi con un blitz e che, assurdamente, perirono tutti quando
i loro elicotteri si sarebbero “scontrati a vicenda”, una versione
ufficiale insostenibile per uomini di tale esperienza di
combattimento e di volo strumentale e a vista. Chi li fece crepare
nel deserto, quei militari che avrebbero potuto salvare Carter dal
crollo di immagine e proiettarlo verso la rielezione?
Il 16 gennaio 1981 la Federal Reserve e la Banca d’Inghilterra, cioè
le banche centrali di Usa e GB, trasferiscono 7 milioni di dollari
(5 tramite Chase Manhattan Bank e 2 tramite Citibank, entrambe
controllate dalla famiglia Rockefeller) in un conto presso una banca
iraniana a Teheran. Il 21 gennaio Ronald Reagan si insedia alla Casa
Bianca e annuncia la liberazione degli ostaggi...
Oltre ai dollari, i pasdaran ottennero anche armi, e fu Israele a
organizzare reperimento e consegna. Ma sarà soprattutto con il
successivo affaire Iran-Contras gestito dal colonnello Oliver North,
cioè la triangolazione che vedeva l’Iran rifornito di armi e i
proventi usati per finanziare i mercenari antisandinisti in
Nicaragua, mettendo in moto un mostruoso meccanismo che porterà
negli Usa tonnellate di cocaina – risultato degli accordi con i
piloti che andavano a rifornire i Contras in Honduras e con i
cosiddetti Managua Boys, i rampolli delle famiglie somoziste
residenti in Usa che ne gestivano lo smercio – in seguito al quale
Israele si incarica di armare l’Iran integralista, come già faceva
con Hamas in funzione anti OLP di Arafat.
Attaccato agli stessi fili
Oggi l’ingrato – o comunque ipocrita – apprendista stregone
Ahmadinejad, per distogliere i sudditi dal disastro economico e
dalla corruzione che dilaga nel suo sventurato paese, annuncia che
Israele va cancellata dalle carte geografiche. Proprio lui che deve
tutto a Israele e agli Stati Uniti della dinastia Bush, senza i
quali non esisterebbe. Però rischia di sbagliare le mosse, perché
sembra non aver fatto tesoro della Storia, quella degli Imperi che
usano gli ascari e poi se ne liberano spietatamente, creano
Frankenstein e poi fingono di averne perso il controllo per poterne
invadere la nazione di appartenenza (do you remember Noriega ex
agente Cia?).
A meno che Ahmadinejad non stia continuando a fare la marionetta
attaccato agli stessi fili di quando prolungava il sequestro
dell’ambasciata fino a far vincere le elezioni a Reagan su volere
della Cia guidata da Bush, cioè per gli interessi dell’apparato che
da oltre mezzo secolo impone al mondo un’economia di guerra,
terrorizzando il pianeta perché è terrorizzato dall’ipotesi di
doversi adeguare a un’economia di pace, nella quale il denaro
pubblico non terrebbe più in piedi un sistema di privilegi economici
ereditato dalla Guerra Fredda.
Pino Cacucci
A proposito di quest’ultimo argomento, consiglio
vivamente la lettura del saggio di Jacques R. Pauwels, Il mito della
guerra buona, edizioni Datanews.
Israele. E tutti gli altri
Chi sia il presidente iraniano lo racconta in queste due pagine
il nostro amico e collaboratore Pino Cacucci. Noi sentiamo
l’esigenza di aggiungere qualche parola sulla sua asserita
volontà di cancellare Israele dalla faccia della terra.
Tale proposito richiama alla memoria il lucido e pubblico
progetto di Adolf Hitler di rendere la Grande Germania (e in
prospettiva il mondo intero) judenfrei, libera dagli
ebrei. Hitler l’aveva scritto nel suo “Mein Kampf”, l’aveva
messo in testa al suo programma nelle elezioni del 1933 (che
vinse democraticamente), iniziò a realizzarlo da subito con
leggi e disposizioni sempre più vessatorie. A livello
internazionale non ci furono reazioni, o quasi. Tutto filò
liscio, fino allo sterminio.
Così con gli handicappati. E con gli zingari. E con i Testimoni
di Geova.
La reazione internazionale al proposito etnocida del presidente
iraniano lascia ben sperare. Ma non bisogna mollare la presa.
Il fanatismo religioso, l’odio “razziale”, il perdurare – non
solo tra gli integralisti musulmani, non solo “a destra” – di un
diffuso e ritornante antisemitismo richiedono il massimo
dell’attenzione e della mobilitazione.
Perché non solo il popolo d’Israele, ma tutti i popoli (a
partire da quello palestinese) vedano realizzato in concreto il
loro diritto a esistere, in pace e sicurezza, al fianco degli
altri popoli.
La Redazione di “A” |
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